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E' un giorno di scuola
nelle aule della sua infanzia, ov'egli
è intento a fare il maestro.
Quando la porta si apre e
in un'aria di festa entra il leader conclamato dal Paese.
I bambini battono le mani
e gioiscono, essi non possono che ripetere le cantilene e i ritornelli, e
i giochi, ch' Egli diffonde in ogni canto del Paese.
Intorno intanto scendono
coriandoli e si stendono festoni.
C'è un odore dolce di
cipria e di cerone.
Solo lui, il professore,
nell'aula non consente e se ne sta in disparte. Non sorride compiacente.
E il leader conclamato
che non lo tollera, allora punta in sua direzione, lo accosta, lo riversa,
quindi frapponendo la mano fra bocca e bocca, lo preme nell'atto di
baciarlo.
E'una pressione
silenziosa ed inflessibile, in cui il leader persiste conferendo il
massimo risalto alla mano interposta.
Che la cosa sia ben
evidente al pubblico onnipresente.
E ciò che così il
leader vuole lui lo sa.
Che la sua bocca infine
attratta, anche solo ne lambisca cedevole la mano, che istantaneamente lo
ricaccerà allora via, in un moto vincente di disgusto.
Non avrà allora nemmeno
bisogno di additarlo al generale disprezzo.
Ma lui sottoposto alla
sua forza, del leader non avverte che un odore forte di mentolo, che il
sentore intollerabile della sua igiene per il pubblico.
E il leader sommo non
riuscendo in alcun modo ad avvincerlo, scompare insieme con l'acclamazione
circostante.
E' così dunque ch' Egli
può tutto, ottenendo che le folle, che per sua virtù vedono e sentono
tutto ciò che le informa e che le diverte, non avvertano niente del
suo abominio.
Nel corridoio vorrebbe
inseguirlo, gridarne al seguito lo scandalo.
Si rivolge all'uno,
all'altro genitore, a questa o all'altra mamma...
Grida la vergogna
dell'oltraggio infertogli, dovrebbero sentirne sdegno almeno loro, che
sono donne o che furono degli uomini di lotta, un tempo...
Le guarda, ne vede lo
sguardo, che nei suoi riguardi si mostra dispiaciuto certo, ma
interessatamente dispiaciuto: egli è pur il giudicante dei loro figli, ma
in verità, sotto la loro maschera rincresciuta il suo dolersi fa a loro senso,
più che altro, perché lede il leader che è l'uomo dei loro sogni, in
cui non si credono più miserabili e indigenti, per il quale al di là di
ciò che sono, vivono una vita di finzioni su uno schermo...
Non hanno più altrimenti
occhi per vedere, orecchie per intendere, intendimento per
intendere...
Ah, quell'accostare,
dell'accorata madre, il risvolto del soprabito al volto che si compunge e
si ritrae...
Ed egli fa per gridare
con ancora più forza e meno ritegno...
E più ci ritenta più
gli manca la voce, una forza non gli fa gli uscire le parole di bocca,
gliele ritorce nel fiato che si strozza.
Altri
Sogni successivi
Nel
primo dei due sogni di questa notte, forse ch'ero stato prelevato dal mio
letto, nella mia dimora, o mentre ero altrimenti in viaggio nel sud del
Mediterraneo? eccomi invece all'interno delle frontiere algerine, per una
missione, ignoravo quale, dai cui rischi cercavo di distogliermi, ad ogni
modo, già nella periferia di Algeri dov' ero giunto di primo mattino, e
dove mi aggiravo, clandestino, per raggiungere gli scavi di antiche città
nel deserto, situate ove non incombessero stragi e attentati,- ma come,
senza passaporto e visto d' ingresso, clandestino e senza dinari algerini?
La gente locale, quel quartiere erano rassicuranti, l' ambiente sembrava
protetto da rischi terroristici, e il fonduk dove mi si offriva il cibo
del viandante di primo mattino, era contiguo a rovine popolate di animali
da cortile, che si rivelavano antiche vestigia affascinanti, in arcate di
volte infrante contro il cielo. Stupefatto, ne cercavo ragguagli sulla
guida, aggirandomici con cautela, perché erano di certa sulle mie tracce,
messi in allarme,- autorità o terroristi? o entrambi insieme? - dall'
insolito straniero solitario, sul quale dovevano essere
già state fatte delazioni, sicché temevo già da parte loro la
mia cattura, nel muovermi solo sul retro delle rovine.
Mi
ci ritrovavo ora fra dei cumuli sconnessi che mi proteggevano, presso le
pareti opposte, così come mi proteggeva la cerimonia nuziale, con tanti
invitati, cui si prestava la magnificenza di quei resti, già confuso tra
la folla, di una via del centro, ma che presto sbandava, correva atterrita
addensandosi a me d'intorno, all' avanzare di neri terroristi che
uccidevano chiunque in cui si imbattessero nel fare terra bruciata,
durante la sequenza in atto, più memorabile, del grande film sul popolo
algerino.
Poi,
era il delitto che avevo commesso di cui non restavano tracce che nel mio
senso di colpa, che compromettendomi, mi faceva perdere il controllo di me
in quella casa strana e nuova, in una reazione nervosa che avrebbe potuto
insospettire mia madre, e perché mai, ancora,
se nulla sapeva di quello che avevo commesso, di sanguinoso e feroce, in
quel delitto, che era su tutti i giornali, di cui ignorava che suo figlio
stesso era l'autore, quando avrei potuto reagire diversamente all'
aggressione subita, non tempestare di colpi di accetta quell' uomo.
Ma
ora dovevo ritrovare con lei la calma, nella mia piccola nuova stanza in
cui mio raggiungeva, e ove minimizzavo con lei l'accaduto di poco prima,
simulandomi felice e contento della nostra nuova vita cui era rinato mio
padre, - ma che con la scoperta del' omicidio, di chi ne fosse l' autore,
si sarebbe invece annichilita insieme con lui,
Lei
avrebbe potuto così testimoniare che in quei giorni non aveva notato
nulla di sospetto nel mio atteggiamento, alcunché di nervoso e agitato,
la massima tranquillità felice, inconciliabile con il senso di colpa di
un delitto.
Che
tendine ridenti, con lei accoccolata a lato, - ma di chi era l'altra
stanzuccia di sopra, vi era forse una presenza ostile, alcunché nascosto
di compromettente?- lei che tornava a credermi affidabile, calmatomi, poco
prima che uscisse con mio padre.
Io
allora, per colmo di simulazione, per tranquillizzarla ancor più, così
rasserenando anche me stesso, la volevo raggiungere tra la folla sfocata
sul tramway successivo, che la superava, la perdeva, alla fermata ov'era
scesa inaspettatamente.
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