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Tra i Monti Troodos

 
 

Kakopetria, 10 agosto

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Kakopetria, 10 agosto

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" Il sabato e la domenica non ci sono autobus in Cipro, e il lunedì si trovano chiuse poi le chiese", mi lamentavo in francese con le due signore ch'erano appena sopraggiunte, in automobile, di fronte al cancello barrato della chiesa ortodossa di Ayos Nikolaos tis stegis, verso la quale mi ero avviato a piedi una mezz' ora prima da Kakopetria, dove a dispetto di quelle mie lamentazioni ieri l'altro ero pur giunto, di domenica, con uno dei pochissimi autobus, se non l'unico, che circoli nei giorni festivi sull' isola da una località all' altra.

E l'acqua che per i pendii dei monti qui scorre dappertutto, nel refrigerio che ti consente di abbeverarti anche al solo rumorio del suo scrosciare, aveva alleviato il mio passo lungo i tornanti dell' erta, nel lasciarmi alle spalle il vecchio villaggio di Kakopetria e il suo torrentello sottostante, che ieri sera mi si è offerto impetuoso alla vista ed all' udito, come mi sono affacciato al balcone della stanza dell' hotel Kifissia nel quale ho preso alloggio.

A dispetto di quanto del sito dell' hotel diceva la guida, in quel rio dunque le acque non vi erano in secca, pur se sotto i pioppi che se ne sopraelevavano, verso i monti irrorati dal chiarore lunare, potevo solo udirne il continuo scrosciare ristoratore, nella brezza fresca che si levava dintorno.

Una volta che mi sono ritemprato sotto la doccia e mutato d'abiti, io prima ancora che di preoccuparmi di cenare, ho valicato il torrente per visitare il vecchio villaggio che mi fronteggiava, lungo i ciotolati su cui dalle dimore, di conglomerati di pietre, si affacciavano ovunque balconi e ballatoi, fragranti e fioriti di fiori e di essenze nei vasi penduli.

Ovunque, intorno, le acque correnti lungo i percorsi.

Di fronte ora al cancello chiuso dell' Agios Nicolaos, ma non ho desistito dall' accedervi così come le francesi, sollecitati dall' accorrere, al di là delle reti, di alcune delle tante ragazze che vi erano operose in un convito coloniale, fra delle suore e delle donne di carità.

Se non l' interno, potevamo visitare almeno l'esterno?

Non c'era difficoltà, purchè non ci dilungassimo più di tanto.

A stento, discesi per l'erta, sia io che le due francesi abbiamo identificato la chiesa nell' edificio che ci soggiaceva, dato che la copertura a falde spioventi che ne rivestiva la cupola, per farne scivolare la neve che cade d'inverno, e la trabeazione lignea ch' era a supporto delle murature, di primo acchito la facevano sembrare una dimora alpestre.

Ma nell' aggirarne poi i fianchi, la stessa umiltà per la quale la chiesa si era fatta serva del suo tegumento, è venuta conferendole l'ammanto di una sua grazia montana.

Già intanto stavano accorrendo e ci erano intorno le ragazze, a sollecitarci di concludere la visita.

Ho chiesto loro dell' acqua nel ripartire, e mi è stata indicato un rubinetto da cui scaturiva fresca, e quand'io ero già volto al cancello d'ingresso, una di loro mi ha richiamato, sorridente, venendomi incontro con una cesta ricolma di prugne, " Ancora, ancora", invitandomi a prenderne più ancora di quante mi fossi concesso.

E la freschezza integra ( verginale) di quelle giovani ridenti e operose, era la stessa luminosità, nella discesa, che schiariva l'aperto fra le verdi vallate.      

 


 

 

Troodos 10 agosto

 

Troodos, 10 agosto

 

Brilla il più sfavillante scintillio di stelle, in una notte di luna, sull' ostello in cui alloggio e sui monti di Troodos, sulla mountain bike, appoggiata a un pino, con la quale la mia impresa montana ha avuto già termine, sulle poche luci accese, e l' oscurità notturna, in cui mi sono perso nel più piccolo villaggio turistico che possa esistere a Cipro.

Vi avevo lasciato l'ostello per cercare un minimarket o pantapolio che fosse ancora aperto, pur di procurarmi i limoni per il the che mi risani la costipazione postuma al mio rientro in mountain bike, ma vanamente, dato che qui non sono in vendita né ortaggi né frutta.

E brilla il più sfavillante scintillio di stelle, in una notte di luna, anche sulle cabine telefoniche che qui invece sovrabbondano sono la sola infrastruttura che qui non sia deficitaria, sussista, in sovrannumero, da una qualsiasi delle quali ho tuttavia mancato di telefonare a mia madre, di per segnalarle le mie nuove coordinate in altura, nel timore di cattive notizie di un qualche peggioramento del mio uccellino ch'è in muta, e brilla, il più sfavillante scintillio di stelle,  sulla mia stanzetta e la limitrofa camera numero 5 e chi vi alloggia,  la dark lady, diafana e nera, che nella sua castellania sopra l' ingresso dell' ostello, ne è la manager perpetuamente invisibile e perennemente presente.

Vi ho messo piede, nel primo pomeriggio, senza fortunosamente ruzzolare con lo zaino per i tre scalini subito dopo la soglia, credendo già, come negli altri ostelli sull' isola di Cipro/ ciperei, che fosse latitante chi lo gestiva, e stavo per intromettermi in una camera per depositarvi lo zaino prima di registrare il mio arrivo, quando alle mie spalle - ora so che è avvenuto appena lei mi ha visto arrivare dalla sua stanza sopra l' ingresso- ho sentito sopraggiungere la sua presenza, e lei mi è apparsa nella in tutta la sua giovinezza funerea, scarna e con i capelli fluenti lungo il corpo sinuoso, due enormi occhiali che ne affondavano lo sguardo, insondabile, macroscopizzandone le rughe incipienti.

Vuole mostrarmi e sorprendermi che sa anche l' italiano, quando all'atto di registrarmi le dichiaro la mia nazionalità, ma io le parlo  ribadendoglielo dicendoglielo in francese, in cui è assolutamente a suo agio, lei sciorinandomi come lo parli perfettamente.

Ma tutto quello che mi dice sull' isolamento di Troodos per chi si serva di mezzi di linea, della necessità di prenotare il minibus per il ritorno a Kakopetria, onde poterne se si vuole ripartire al mattino prestissimo, lo so già fin anche nei dettagli, ciò che mi urge di sapere, di cui sono incerto, è piuttosto se in Troodos si possono noleggiare delle mountain bike.

Certamente, basta rivolgersi all' hotel Jubilée.

Nemmeno brigo a disfare i bagagli, che sono già all' ingresso su più in alto dell' hotel emerito.

Ma per trionfale che vi sventoli uno striscione beninvitante, mi bastano le condizioni impostemi per il prelievo del mezzo- il sequestro del passaporto finché non riporti la bici, lo stato in cui la vedo tenuta e mi è invece trasmessa,  senza catene alcune di sicurezza, senza i coperchini delle valvole degli pneumatici- per capire a quale organizzazione/"organisation" ho dovuto affidarmi.

Mi avvio sulla strada aperta , sia quel che sia, e tra i vari percorsi scelgo la discesa fino a Pano Platres, frenando anche più del necessario, per le precauzioni che richiede la mia scarsa esperienza di discesista.

E la bike scende a meraviglia, e io assecondo la discesa fino a quando una segnalazione turistica mi avverte, che a sinistra, posso svoltare verso il monastero della Trooditissa e di lì raggiungere Prodromos, da cui non ci vuole molto a fare rientro a Troodos, così sveltendo il percorso prefigurato sulla guida.

Svolto in tal verso e inizio ad essere messo alla prova, tra l' infoltirsi intorno dell' ammanto boschivo, nel farsi un saliscendi del percorso intrapreso.

Ma tra il mio fisico e la bike, con il cambio dei rapporti, si instaura una sintonia che mi rende sostenibile lo sforzo, e che mi consente di riuscire ad affrontare e superare ogni incremento di pendenza, con una fatica ch' è finanche irrisoria dei miei timori.

Fatico, piuttosto, a riconoscermi in tanta mia sicumera di scalatore, eppur' eccomi già al convento della Troodoitissa, che trovo inflessibilmente chiuso " a ogni turista", così dicono le segnalazioni e i monaci che respingono i sopraggiunti.

" Ma io sono un visitatore, non un turista," (" but i'm visitor, not tourist"), ci scherzo su con un inglese, tutta la cui corpulenza è un allargamento vitale al senso dell' humour, nel porsi in risalita anch' egli, senza farsene un cruccio, dall' interdizione barbuta dei monaci.

Riparto, e continuo ad avere vita facile, " è stato agevole/facile fino ad ora- persisto posso perseverare ad essere cauto con le due signore, due inglesi, che si fermano anch'esse nella radura dove mi sono arrestato, a godermi lo spettacolo del Commandaria vinaceo.

Chiedo loro ed esse mi usano la cortesia di scattarmi una foto da trionfatore ciclistico, " for my mother", mi giustifico, la bicicletta e lo zainetto e la borraccia a terra davanti, alle spalle i monti svettanti della mia impresa di scalatore.  

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E avanti ancora, senza cedimenti, senza impiantarmi, finché oltre un'altra Panagia, vedo profilarsi un villaggio in prossimità, ed i cartelli mi avvertono che sono già a Prodromos!

Sedici i chilometri che ho appena percorso, otto ancora quelli per lo più in discesa, mi conforta la guida, del rientro a Tròodos per la via più breve.

Sta ora Trodoos di là del monte Olimpo che mi è di fronte, come mi accenna anche con le mani l' uomo del paese che mi interpella e con il quale mi intrattengo, quando in Prodromos faccio sosta a un ristorante sotto un pergolato.

Mi ci sono cibato anche di frutta-uva e pesche-, prima di ripartire su per il primo tratto del percorso al ritorno, una salita il cui termine appare lontano.

La pendenza aumenta come la strada si incurva, al che io per sostenerne la durezza, con uno sforzo sopportabile, passo ad un rapporto ancora più leggero, e la bicicletta s' ingrippa, va in folle, ne è discesa la catena.

La rimetto sù, mi riavvio, riaffronto la salita, ma/e come di nuovo l 'erta si fa più dura, e debbo passare a un cambio più leggero, la catena di nuovo si disingrana e scende giù . Così Come anch'io devo scendere, raggiungere a piedi un pianoro per agevolare di rimontarla, mentre mi sento di nuovo lo stesso, e purtuttavia non sono più tale.

La crisi è già nel dubbio che si insinua, che si radica, sulle mie effettive risorse fisiche.

E' il mezzo che mi ha tradito, o il mezzo non è venuto forse meno, trasudo, perché venendomi meno le forze come l'ascesa è diventata vera, l' ho sottoposto a un' eccessiva tensione?

Eppure risalgo e la salita non mi da tregua, e io tento un rapporto più agile e la catena ridiscende.

Anche così procedo, (così )a strappi, anche se mi taglia le gambe, mi toglie il respiro, la presa d'atto che devo comunque reperire la forza di farcela, tornante dopo tornante, svolta dopo svolta, di quella continua salita che si fa sempre più dura, in questo senza ch'io possa fare affidamento ai rapporti più agevoli, facilitanti, che debbo temere siano stati il solo supporto, finora, della mia credibilità incredibile di scalatore ciclista.

E' una crisi di amara sfiducia, innanzitutto, una mortificazione ingloriosa che mi attanaglia le gambe nella sua morsa, e che a un' ulteriore salto della catena mi fa scendere, procedere a piedi, per rimontarla e risalire a bocconi.

Non sono state le mie che velleità di cicloturista, che disfatta, è ribadita la mia inettitudine fallimentare a ogni mezzo meccanico, nel seguitare a rimontare una catena che seguita a scendere,- e se fosse il deragliatore, o che altro? e che ne so io, privo così, nella mia incapacità umana, di ogni autonomia di corsa come cicloturista!

Li, ad arrancare, su pedali che ruotano a vuoto, in un saliscendi di sella in cui ansimo e gemo, non sono più che un patetico vecchio, velleitario, che si è tentato e improvvisato uno scalatore!...

Intravedo un cartello che avverte dell' uscita di automezzi da una viottola a sinistra, un altro ancora, più avanti, che per la presenza della base militare inglese fa divieto di scattare foto, sono esausto ma ancora ce la faccio, con i soli rapporti usando i quali la catena rimane ingranata, riesco anche a superare un soldato che ai bordi della strada monta di guardia, il segnale di una confluenza dopo del quale la strada cominicia ad alternare qualche tratto in discesa, finché, dopo un altro dosso,  divento certo che si fa tutta in discesa. Finalmente...

Ma è a tal punto che l' orgoglio, o altro che sia, la volontà che le mie cronache non siano la sola testimonianza di quanto ho mancato, se ho fallito, Filottete appiedato, mi fanno arrestare e ridiscendere tutto il tratto, di chilometri e chilometri, che ho ultimato solo a strappi e smontando di sella, e rivoltata la bicicletta in salita, inizio a ripercorrerlo nella tensione di tutto il mio essere, imponendomi, quando ho scalato di nuovo un primo tornante, di affrontare anche l'altro tutto di seguito, che ansimi e renda pur l'anima, tale è il mio sforzo, il successivo non è ugualmente arduo/ duro, eccolo riapparire di nuovo, quel primo cartello, l'altro che avverte del divieto militare di scattare foto, riecco anche il soldato, che nel vedermi risalire, si insospettisce e si irrita gridandomi e mi grida che ci faccia lì ancora di nuovo, non l'ha capito, da come pur di continuare a risalire senza soluzione di continuità, emetto un gemito a ogni pedalata seguente, ma ce la faccio, ce l' ho fatta, a ritrovarmi dove la discesa declina senza avere mai smesso di pedalare, o arrestato la corsa per mettere il piede a terra, nella contentezza, o consolazione che sia, con la quale fra i boschi che si infittiscono di pini neri, è un volo lieve dell' anima e del corpo, la discesa che in pochi minuti mi ritrova in Troodos.       

            

 

 

La dark lady

 

Rientro in ostello, come in un western legando a un albero il mio destriero meccanico, mi accingo in cucina a predispormi del the, e comincio a notare che in cucina, come in ogni lato o recesso  dell' ostello, non v'è niente che serva o si estenda, o fornello o lavello o parete o portello o porta o finestra, non impianto o sistemazione di cose, purchè possa esso fungere da appoggio o da infisso da affissione, che non rechi il cartellino o il foglio di qualche avvertenza.

Disposte, lì in cucina, con una preveggenza inesorabile, nella ideatrice, di ogni possibile mancanza di cognizione e di civilizzazione di chi ne fa uso:

"Remember to clean the cooker after using it. Tank you"

" Please wash your dishes, dry them, and put them away. Please".

" Please leave the Kitchen area as you would like to find it".

Un sole che ride, pulito, ad allietare ogni ingiunzione.

Sulla stufa generale, al centro del salone, sta scritto in bella evidenza " The stove is the sole responsability of the warden".

mentre campeggia sulla soglia d'ingresso, ad ogni stanza,

" please, close this door!!".

Accedo al bagno, e mi precede sulla soglia l'avvertenza generale della signora in nero:

" Water is precious in Cyprus.Please don't wate it. Tank you.

E' accanto al boiler con su scritto " do not touch the boiler", prima dello stanzino della doccia sulla cui soglia dalla nostra sovrastante sovrintendente /accuditrice è stato richiesto, come in cucina" Please leave the bathrom as you would like to find it.Tank you".

Vado prima a defecare nel gabinetto, ed ecco che mi inchino e mi vedo affisso davanti dalla sua entità preventiva:

If you don't want a bloched toilet, please don't put anything into it. " L'idea ribadita anche in tedesco " Papier und ahnliche dinge verstapfer das klo".

Dentro la doccia indi mi attende il seguente suomonito " please wipe the floor after having a shower and open the window".

Nè faccio a tempo a usare il lavello nel corridoi antistante per lavarvi i miei panni, che lei ha già inteso dissuadermene in quanto vi sta scritto" please don't use this basin for washing clothes.Use the kitchen sink."

Certune di tali avvertenze, come quella di asciugare il pavimento del bagno o di aprirne la finestrella dopo che si è fatta la doccia, di non poggiare i bagagli sopra le brande, ricorrono puntualmente nell' incustodia degli altri ostelli, per quanto sbiaditi dall' usura di restare inascoltati.

Ma questi ammonimenti evidenziano un' inchiostratura indelebile, già nei seguenti termini di accoglienza, se ritorno sui miei passi alla soglia d'ingresso:

" Please wipe your feet! Tanks!"

Questa sollecitazione ch'è intesa dalla lady a onde evitare l'ordura dell'orda, dopo che la felicitazione per il sopraggiungere dell' ospite dell' " enyoi your? stay, il tripudio breve " del " Welcome to youth hostel",  già erano stati da colei freddati, in capo alla virgola, dalla manifestazione della più completa disistima anticipata nel suo possibile grado di educazione e di autocontrollo, civiltà raggiunto, espresso già da in un pressante "ma per favore", " But please" " no noise in or around the hostel after p.m.", " Keep all communal area clean." "Tank you".

Al centro del soggiorno d'ingresso, in tutta evidenza,

campeggiando a regolamentare il visitor-ospite, non l'avesse ancora capito, il segnale di tutti i segnali, la prescrizione di tutte quante :

"Please read all the signs and respect them, Tank you".

Nella mia stanza, ove mi ritiro, inizio a contare tre altre sue avvertenze, per motivate e necessarie che siano:

" No smoking", " E chi fuma?",  " Don't put your luggage in  the beeds," d'accordo, " please note that the hostel is not at your disposal between 10 a. m and 3 p.m." ne terrò conto, che vi figurano insieme a un' altra di un' esplicità compita, che mi ricorda/ è di monito che " a youth hostel is not a hotel" esortandomi, come già in cucina ed in bagno, " please, leave your room as you found it." Tank you, ovviamente.

Ma che ancora può sorprendermi, in tale spropositata ricorrenza di ogni sorta di ordine e invito nell' ostello -maniero, è in capo al letto il " please" strano," don't move the curtain", a non spostare assolutamente la tenda che ricade fra le brande.

" E' perchè mai?, mi chiedo, istigato a delinquere, anche solo a intravedere che cosa la coltre può nascondere, da quello che pare, assolutamente, il titolo di un film dell' orrore dei più allucinanti... " Non aprite quella porta..."

La mia dimora si viene trasformando in una spiritata casa thriller, nella dimora stregata della troidoitissa di tutte le troidoitisse, la mia dark lady di tutte le forze dell' inferno...

E scosto la tenda come la mia signora in nero ha già inesorabilmente previsto, sicchè mi attende di leggervi, al di là, affisso auna porta bianca retrostante:

" Danger! Do not walk on the balcony.It might collapse!

E chi vi si attenta a metterevi piede...

Quando basta permanere nel soggiorno sottostante,e inalarvi l' aria satura di gas, per ogni impianto in uso di riscaldamento, per avvertire quale possa essere, piuttosto, la fine più certa della nostra signora e dei suoi occasionali ospiti. 

 

 

Il sentiero di Artemide

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12 agosto, tra Limassol ed Haifa.

 

 

Taba, 14 agosto

 

 

Antea

 

 

31 agosto 1997

 

Da Spalato ad Ancona

 

Inizio e già interrompo di scrivere questa breve Nota di viaggio, per trascrivere, prima che me ne dimentichi, il cognome del signor Trumbic presso il quale ho alloggiato così felicemente, in una camera privata ch' era un appartamentino in una posizione incantevole in prossimità del peristilio del Palazzo di Diocleziano, per poi ricercare, sulla mappa di Spalato, senza ritrovarla, il nome della via in cui egli abita, - posso pur desumerla da via Dioclecijanovna, ma nell' indirizzo devo indicare, in qualche modo comprensibile, che è dopo, e verso piazza Narodnj. Ma perchè, anzichè andare a ricercare al rientro nella mia città a  casa mia, e chissà dove, come si dice, per inviare alla signora ch'era con lui, che ignoro se fosse sua moglie o sua sorella, una caffettiera dall' Italia, per consentirle di fare il caffè espresso e non solo alla turca, come me lo ha offerto buonissimo, non lo chiedo alla giovane donna che è seduta su una poltrona accanto, alla quale ho guardato i bagagli prima della partenza.

Dopo? Esattamente come in italiano, verso fatico a decifrare che si dice " ravno" ?    

 

 

Brani

 

... così come oltre le porte d'accesso alla cittadella del  palazzo ( di Spalato) ad occidente si espande splendida e si trasfigura nella fantasmaticità, vivida di tegole rosse, della pietra bianca ( scialbata) delle case e delle torri delle sue piazze medioevali- rinascimentali,

 

..............oltre la cittadella in cui si è tramandato il Palazzo di Diocleziano, la immaginazione riesumatrice delle cui vestigia in corrispondenza con la configurazione dei suoi sotterranei evacuati e ripristinati, è stata una delle mie più affascinanti avventure archeologico-rinascimentali.

 

 

 

 

 

Redazioni antecedenti

 

 

E più non parli

 

E più non parli che con gli agli uccellini e ai i morti,

non deliri che i vivi ti auspichino,

nel disfarsi di nubi all' orizzonte

i giorni mendicanti alle tue porte,

e suggelli in effigi gli scomparsi

ne suggelli effigi,

veli il riassonnarsi

in nuvolii di piume,

-al predisporne i fiori, le sementi,

tu dicendoti amen,

così è il plenilunio e così sia.

 

 

E più non parli Seconda versione

 

E più non parli che con gli agli uccellini e ai i morti,

non deliri che i vivi ti auspichino,

i giorni mendicanti alle tue porte/ soglie

nel disfarsi di nubi all' orizzonte,

e suggelli in effigi/e gli scomparsi

ne suggelli effigi,

veli il riassonnarsi

in nuvolii di piume,

se ancora fossero, come se oramai non fossero dovunque,

le loro pupille in te non si riaprissero al tremore,

- al predisporne i fiori, le sementi,

(così) tu dicendoti amen,

così è il plenilunio e così sia.

 

 

Un mese dopo

 

25 settembre 1998

 

Quando sul far del mezzogiorno mi approntavo infine ad uscire, prima l' uno, poi l'altro,  oggi due passerottini sono infine sopraggiunti di nuovo al mio balcone, splendidi del loro nuovo piumaggio in cui sono usciti appena di muta, tra la fragranza espansavi dal basilico nella sua fioritura estrema.

" Finalmente troverà chi se ne sazi, e non subirà la diagenesi di cementificarvisi,  ne sono stato ulteriormente contento-, tutta la semente ch' è espansa da settimane e ho espanso sul piano del davanzale, mi sono felicitato, e non sarà solo il *ricettacolo delle in altri visitatori che non siano solo le camole che me l'hanno fatta rigettare, e le cui larve che rinvenivo ancora, senza tregua,  fra le cibarie residue del mio uccellino, ad una ad una ad una ad una poi riposto declinato rigettato, come e quando, senza tregua, ho seguitato a riporre fra quei grani sul balcone, ne rinvenivo ancora delle larve in ogni cibaria residua del mio uccellino delle altre, dopo i giorni seguenti il mio rientro dal Vicino Oriente, la settimana seguente al rientro dello stesso mio uccellino da Modena, dove stazionava presso mia madre.

Come nell' appartamento vi si è ritrovato, tra le scaffalature, il piccolino ha fatto un balzo di soddisfazione dall' uno all' altro posatoio, ha favorito di nuovo nell' una e nell' altra mangiatoia, quindi nel beverino, poi nella vaschetta del grit, e allora soltanto mi ha riconosciuto alfine riconoscendomi integralmente,  ed è corso di continuo inesausto correndo inesausto al mio richiamo, ai miei vezzeggiamenti amorevoli, non appena reindividuandomi di nuovo come il mio sembiante si è per lui reinserito in questa sala del soggiorno ove ne scrivo e lui si  è appena addormentato, di notte, e ch' è tutto il suo habitat planetario.

Che mai ne era più, per lui, del suo quieto soggiorno presso mia madre, delle cure con le quali lo ha aveva accudito durante tutta la sua copiosa muta, divisa tra le sue perdite di piume e l' insofferenza della calura del cane Dingo, lei stessa stremata dall' afa incessante, al pari di quanto al rientro nella quotidianità, non ancora lavorativa, si erano vanificate così come che ne era più, per me, le ansie e le tensioni e le esaltazioni del viaggio, delle ansie e delle tensioni angosciose e delle esaltazioni del viaggio, già dissoltesi nel rientro nella mia quotidianità, - che allora non era ancora lavorativa,- al pari di come un  sasso caduto al fondo di acque su di lui placatesi pure /anche nei loro cerchi concentrici, in ragione della per la nella stessa ingratitudine vitale, avida di altro, che mi faceva già immemore di quanto in Cipro, nel Sinai, in Israele, ho vissuto di arduo e di meraviglioso,  di inesorabilmente insuperabile e di sconfortante, e mortificante, o che a costo di tutto ho incantevolmente ritrovato e alfine raggiunto, di stupefacente , di quanti altri mi sono venuti incontro nel viaggio, mi sono stati di aiuto e di esperienza, recandomi l' umano conforto, impagabile, della cortesia e della gentilezza, dell'interesse cordiale per la mia persona.

Ancora le scuole non erano prima ancora che le scuole fossero riprese, e già scenari e vicende e vicissitudini del viaggio, e volti e patemi e soddisfacimenti soddisfazioni, si erano fatti irreali quando ancora le scuole non erano prima ancora che le scuole fossero riprese, evanescenti, quasi che come se il viaggio, al pari del gioco, fosse stata solo una fiction di che cos' è la vita, la realtà vera, di che cosa siano l' autentica gioia e l' autentico dolore, l' angoscia e la tragicità e l' esaudimento effettivi il compimento di sé effettivo... secondo l'inganno che vi sia una realtà ultima, siano essa gli interessi, o gli affetti più cari, alla cui resa dei conti si vanifica il futile e l' inutile, e il tremendo o ciò che vale della vita si disvela (di) fondamentale, ... come se della la perdita estrema di chi più mi ha amato, od ho adorato, ancora effettivamente ne soffrissi la sentissi, e già l'altro uccellino, che credevo irrevocabile, non si fosse reincarnato in questo vivo e sano che adoro mi è ugualmente caro.

Del resto ogni volta che visito mia madre, (non) se ci tengo tenessi tanto a fare ritorno al loculo di mio padre, ogni volta che visito mia madre, è perché lì soltanto, in effetti, lui in me ancora si ravviva, è ancora alcunchè cui mi illudo di potermi rivolgere.

Ed anche i nuovi allievi, nella classe prima, che dopo dieci giorni di scuola mi sembra di avere avuto già da una vita, dove andranno in me avranno da andare non avessero a finire, adempiuti i doveri, se non nella dimenticanza vaga e grata in cui era già precipitata, nei nomi e nei volti, anche la generalità di quelli che ho ritrovato in seconda, o nella rimozione di tutto ciò che per me di sofferto, o di vergognoso, comportava il loro riapparirmi davanti.    

 

 

 

 

 

 

 

 

 Lettera a Sosi sui miei racconti

 

Cara Sosi,

 

infinitamente grazie di quanto mi hai scritto, di così intelligente e comprensivo sui miei scritti.

Altro che stupidaggini, e tu lo sai benissimo.

La sua lettura trepidante per me ne è stata alquanto emozionale, e mi è occorso dunque del tempo per una puntualizzazione attenta di tutto quanto vi dici.

Del resto l' essere amato, e l'essere letto, è per me tuttuno, credo oramai...

Mi è giunto particolarmente caro, e toccante, quanto vi hai asserito, di solidale, della disincarnazione in scrittura della mia esistenza, nel mio essere diverso e inattuale nel mondo, sotto l'ammanto manieristico o barocco delle forme dei racconti.

Ciò è quantomai vero quale mia determinazione permanente, e a farmi recedere, culturalmente, al di là del fissarsi tragico nel" non confidare negli uomini" ( Singer) della mia condizione umana, - di cui è indizio quanto disperi di venire alla luce editorialmente, come io mi affidi ai " pochi infelici",  nel tempo presente non può essere di certo, pur nelle sue meraviglie incantevoli, l'universo imperante della rappresentazione mediatica dell' esistente, particolarmente per come trionfalmente si è risolto in Italia, ove il primato della  telefonia cellulare sullo stesso personal computer per me altro non attesta, di perturbante, che il trionfo dell' oralità e dell' indiscrezione dissacrante, sul leggere e sullo scrivere invece più intimi.

Ma è altresì vero, di peggio, che sempre di meno i miei sovraccarichi e traviamenti scolastici, o la casalinghitudine, mi consentono la sublimazione di scrivere, e che purtuttavia viaggio, d'estate, e che la scrittura si fa allora per me rammemorazione in atto di esperienza vissuta, un vivere e rivivere, per davvero , ciò che rispetto all' esistente restante e mortificante, domestico e scolastico, si configura anche come altro, nonostante il dolore e la miseria che posso patire nel corso del viaggio, le cui vicissitudini vengo riesumando sino a che nella loro rievocazione, tramite l' opera scritta,  abbia  tregua il confliggervi l' uno contro l'altro di verità e bellezza.

Della genesi di quei racconti quel che non potevi sapere, comunque, è che soltanto la pagina iniziale è recente, e che si tratta per lo più di juvenilia che risalgono fino alla caduta del muro di Berlino, e poco oltre, cui torno e ritorno, tuttavia, con opera di restauratore e di archeologo di me stesso, sicché a questo deve oramai limitarsi la mia opera di intervento, nelle revisioni che mi suggerisci e di cui condivido la natura critica.

Il " Giardino pubblico", infatti, per iniziare dal racconto che ti è piaciuto di meno, è la riesumazione e il tentativo di riequilibrio che anch'io ritengo solo parzialmente riuscito, del testo di esordio della mia intera narrativa.

In esso, che è debitore in questo a Robert Walser, ho cercato di dare la parola a un  " idiot savant",  solo che la natura al tempo stesso ingenua e sentimentale del suo dire, di conseguenza, con la perdita del testo originario, tale dizione nel restauro conservativo non sono mai riuscito a contemperarla tra erudizione e slanci goffi di contatto, con il risultato di una forma troppo affettata o sdilinquentesi.

Anche " Essere uomini", mi sembra, pecca di troppa sostenutezza enfatica, al punto che vi finiscono travisati, e soffocati, i miei intenti originari di non realizzarvi affatto della oratoria ideale, ma la parafrasi in un discorso riprovevole di seduzione, di quanto allora mi infastidiva dell' eloquio di successo di Pietro Citati.

Credo che tu abbia ragione anche per la lungaggine di " La fiera di paese", che della raccolta di tutti ritengo tuttavia il testo più bello e di valore, il più alto, insomma.

Mi rincuora, invece, a conforto di un  altro giudizio favorevole sulla " Petite Histoire" , ed a smentita di una stroncatura prematura del " Necrofilo", che ti siano invece piaciuti questi testi in cui non confidavo granché, dei quali hai colto benissimo quelli che eventualmente ne sono i contenuti meritori.

Per quanto attiene alle tue richieste ultime, certamente tali testi puoi farli vedere a chi ritieni della schiera eletta dei " pochi infelici" (ulteriori?), nella loro edizione che alla luce anche di quanto hai osservato ho ulteriormente e interminabilmente riveduta e corretta, e che ti invio insieme ad un' altra che puoi trattenere per te.

A mio volta ti chiedo, come figura già in questa edizione, se posso inserire nell' opera anche la tua lettera e questa risposta.

                          Ringraziandoti con affetto di tanto

 

Mantova, il giorno di Santo Stefano del 1998.        

                                        Odorico B.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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