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A che punto? 6 agosto. Mentre un' infermiera gli cambiava
i cerotti sanguinolenti degli innesti Ognuno di loro allineato nel suo
letto verso la morte, col suo monitor acceso al capo del letto. L' aveva rifiutato, mi è venuto
dicendo, per il timore di disturbare gli altri degenti, di recare
fastidio, per la stessa insofferenza, in effetti, con cui di malanimo
sopporta di essere assistito e di ricevere cure, e piuttosto patisce il
dolore in silenzio anzichè accusarlo perchè gli sia lenito,
contrariandosi dell' assistenza assidua non già per essere lasciato in
pace solo con il suo male ad affrontare la morte, ma perchè quanto più
è prossimo alla fine, - oramai le cellule cancerogene gli divorano un
litro di sangue al giorno,- illuso dai sedativi sempre più potenti e
dalla vitalità artificiale delle trasfusioni di plasma, tanto più si
presta a credere di potersi ristabilire, non vuole ritrovarsi in
ospedale, non medita che l'ora di esserne fuori, di ritrovarsi a casa a
vedere nella sua camera la televisione, "E il nostro cane?
Ho già tanto voglia di rivederlo.." " E i tuoi nipotini che hai a
casa mia?-gli ho chiesto, riferendomi ai miei canarini che ha ugualmente
in simpatia.- Ti salutano, sai?- Quando l'hanno ricoverato, con il
piede destro tumido dal gonfiore, si è irritato che mia madre non
avesse preso con se i suoi pantaloni e le sue scarpe. E stamane, prima di entrare, in
quel negozio di effetti personali che precede l' ingresso al
Policlinico, nel visionare le pantofole che vi erano in vendita perchè
mio padre gliene ha richiesto un paio, quando ha voluto chiederne il
prezzo faticava a dire alla esercente perchè non poteva indicarle che
numero mio padre potesse più calzare. " Quando ti ho confuso con
tuo fratello, sono contento, mi sono detto quel giorno, perchè lui sa
guidare, e nel pomeriggio potrà portarmi in giro". " Dove finisce tutto il
sangue che mi mettete in corpo", l' altro giorno ha chiesto ad uno
dei medici, senza che venga a capo per questo della sua situazione
effettiva. Rifiuta di vedere e sapere
diagnosi e prognosi, quello che registrano le tabelle in capo al suo
letto, ove ogni due giorni la sua pressione sanguigna risulta
precipitata ai valori minimi. E così anch'io L' assiduità delle cure al suo
capezzale si è fatta tale, per sventare ogni sintomo, ogni inquietarlo
del male, così snervante in questo è diventato l' assillo continuo di
mia madre, che di fatto, a lui che ignora che cosa le cure gli
differiscono o sopiscono, tale assistenza continuativa rischia di
farglisi molesta quanto e più del suo male. Mia madre Ad un certo punto lo si è visto
con la testa e i piedi sopraelevati e il bacino e la schiena infossati,
reclino nella cavità del letto quasi che vi fosse imbarcato. Nemmeno quando per fargli piacere,
per lenire un trauma del nostro passato comune, ho detto a mio padre che
ho ripreso i miei giri in bicicletta, lungo il Pò, e gli ho chiesto di
reinsegnarmi come si fa a montare una camera d'aria, ella ha rinunciato
fastidiosa ad entrambi ad intromettersi, a volere dire la sua a
sproposito su palmers e copertoncini e camera d'aria, ella che deve
sempre presumere di potere dire la sua in ogni circostanza pratica. Così facendo ha reso più ancora
difficoltosa a mio padre la pronuncia delle parole che gli si faceva
stentata, Fossi mio padre, a tale insistenza
Tutto questo, ancora per quanto? Come se mi costasse di più, come
se la cosa che mi è davvero intollerabile, fosse al presente
sacrificare l' estate per una sua morte chissà quando di là da venire.
Prima che... 9 agosto Ma , l'altro ieri, quando sono
accorso all' annuncio della sua crisi e del suo shock che ha patito di
notte,- che gioia, nonostante l'aggravamento repentino ritrovarlo ancora
consapevole e vivo, potergli ancora dire, per ringraziarlo così
implicitamente della bici di corsa che mi ha regalato, e tentare di
redimermi di averlo fatto talmente patire un' estate scorsa per quel suo
dono, che mi recherò i prossimi giorni in cicloturismo sul lago di
Garda, fino a Riva, più oltre verso Pinzolo e la Val di Genova, e
vedere che è che è ancora memore, ha ancora affetti, che si ricorda
ancora la località precisa da cui hanno inizio le difficoltà per chi
affronti la costa bresciana della Gardesana. E ieri il telefono di mia madre
che non rispondeva staccato, l'affanno, le pillole, il calmante che si
fa sonnifero e mi impedisce di potere essere sveglio all' ora che
partono gli ultimi treni utili, io che mi rimetto a ciò che ne
sortisce, e non sforzo i miei complessi per trarmi dalla confusione e
partire pur nell' abulia, nella giornata che finisce tra i laghi e al
sole ove il verde a riva è splendido di luce, in prossimità di
quegli atleti canoisti che si denudano al cambio degli indumenti
e mi invasano di carnalità maschile e di desiderio inesausto, che si
protrae di notte, fra le coltri, in un desiderio implacato di vita e di
sole e di sesso, nel primo mattino in un piacere come gli altri di
gremire la piazzetta, di esservi a prendere i pasticcini e il caffè,
nell' angolo riparato e fresco e stagionato del bar consueto, in una
soddisfazione nel sentirmi alacre e capace di questo, che era già oltre
la pena e la morte di mio padre, che stanotte è peggiorato ancora di più,
al quale, mi comunicava mio fratello, hanno dovuto applicare anche la
bombola dei medicinali per fronteggiarne in tempo il dolore acuitosi più
insostenibile e ultimativo. .........e l'appetito e la vitalità
incessante, vorace degli uccellini, la luce e l'afa della calura, di
primo mattino, nello strazio della fine di mio padre e dell'attesa di liberarmi della sua fine, che sia così e
non altrimenti che così, che solo oltre l' andirivieni dal suo
capezzale d'agonia, possa riattendere al sole e al piacere di quel poco
di estate che mi resta, ed essere libero di rintracciare quel giovane
che ha così fede nella sua attività pittorica, e con il quale ho
goduto e mi sono estasiato tanto, per ritrovare in lui l'aiuto solidale
che ho perduto e già cerco, con mio padre, nel povero mio padre, " Poverino", così di
lui già mi diceva mia madre, quando tra mercoledì e giovedì ha
vomitato, si è orinato addosso, è rimasto sotto shock, " Tu che lo puoi
fare!..." il giro del lago di Garda in bicicletta, che gli ho
ripromesso che avrei ripetuto, poi... Quando sono entrato nella sua sala
d'ospedale, avrei voluto che tanto dolore, lo spasimo che contorceva in
una smorfia e in un ansito di sofferenza il suo povero, caro volto,
fossero solo lo spasimo e il dolore del suo corpo, che oramai, in
quegli occhi persi, la sua mente non ci fosse più, che non mi
stringesse le mani, e seguitasse a restare Ed invece quando le sue mani hanno
cominciato a contorcersi, invocando lenizione, a dibattesi nel vuoto, e
l'infermiera per fargli l'iniezione ha sollevato le ossa
disgiunte/infrante dei suoi arti, il suo sguardo, i suoi occhi, tutto il
suo essere è emerso alla luce della coscienza nel grido soffocato,
perchè inarticolabile, di un dolore che lo straziava oltre ogni
immaginabile soglia, atterrito da tanto male possibile, puro, assoluto,
nello sguardo che si scrutava intorno, che è lo stesso dell' animale
sgomento che il dolore, per intrusione altrui, possa ferirlo a tal
inimmaginabile punto sin nel suo essere più profondo. L' iniezione lo assopiva di nuovo
in un dolore sedato, in cui i suoi lineamenti si distendevano un
poco, in una parvenza di sonno incosciente, sin che riprendeva a
sbuffare, ansimante, lo storcimento di una bocca essicata invocava ciò
che lo stomacava in una smorfia acre di rigetto, come soltanto
inumidivamo la bocca, e le mani iniziavano a dibattere un dolore già
insostenibile, gli occhi mostravano di individuarmi e di perdersi nell'
atrocità del fondo. Che potevamo fare noi suoi figli,
che stringergli con affetto la mano, infondere nel suo freddo un po di
calore, detergergli la fronte madida di sudore , baciarlo e ribaciarlo,
dirgli e ripetergli " poverino, caro, sappiamo quanto stai
soffrendo, ti fa tanto male, lo vediamo..." Quando ho potuto restare con lui
da solo, avrei voluto sanare il mio rimorso, dirgli che quella mattina
la bici da corsa che m'aveva regalata l'avevo rilucidata nel garage, ma
nel suo dolore atroce, che poteva più importargli di me, di noi altri,
si sfigurava ogni affetto e sentimento, ogni nostro volto che ravvisasse
di fronte alla tenacia di un dolore
che si faceva di nuovo una mostruosità insostenibile. Sopraggiungevano il fratello più
anziano, suo figlio, la moglie dell'
altro, ed era allora che il suo povero corpo stremato eruttava un'
atrocità fetida, di cui le infermiere accorrevano a ripulirlo, senza
che la soglia del dolore si attenuasse, anzi, la sua recrudescenza lo
faceva insofferente anche dell' appiglio della nostre mani, conferiva E le infermiere che chiamavamo
istantaneamente, insistentemente, ritardavano per attenersi alla sola
consegna di somministrargli una pillola" No sopra, sotto la lingua,
così...". Ed egli aveva la forza ancora, e
la lucidità, da quella cavità orale ch'era una strettoia
insormontabile di solo dolore, di rigettarla con schifo nauseato. " Non sono capace- an son mia
bon- protestando col suo residuo di coscienza nauseabonda. Mia sorella era già accorsa a
chiamare invece il medico, per un' iniezione che da troppi minuti
differiva intollerabilmente. A poco poco si ricomponeva,
riprecipitava nell' incoscienza apparente, mentre un gorgoglio veniva
accompagnando il suo respiro,- io ho pensato soltanto, con sollievo, che
si fosse così ottenuta una tregua provvisoria del male, avvertivo i
parenti che erano rimasti nella sala d'attesa che potevano rientrare,
scendevo al ristorante del Policlinico ad ordinare un cappuccino, sgomento, se sotto lo
stupefacimento dei farmaci mio padre non era in coma, di quanto potesse
protrarsi quella atrocità d' agonia. Si, come aveva detto mia sorella
ai medici del policlinico, erano valse sino all' altro ieri, le
chemioterapie ad assicurare a mio padre una vita vivibile, ma quel suo
patimento in corso da ieri... Era già morto, quando sono
rientrato nella sala clinica. Sì, alla sepoltura a Modena, non
valeva la pena di ricondurlo al paese d'origine. Le locandine, nella polisportiva
ciclistica, al centro ricreativo della via dove abitavano e vissero
prima i miei genitori. Qualcuna, certo, anche nel paese
d'origine. Occorre che ci rivolgiamo solo a
coloro che gli vollero bene e per lui ebbero affetto. Provvederò io, a che il decesso
sia comunicato anche tramite il giornale della nostra città che
acquistava ogni giorno. Tacerò, per il momento, che
significhi che mia sorella abbia trovato sorprendente il mio agire di
ieri, mentre è stata sua libera scelta, che mio nipote sia partito
comunque per la Grecia, rendendosi irreperibile nella isola di Milos,
disattendendo anche i suggerimenti che restasse nel Peloponneso. Lascerò che si sfoghi nel mio
pianto in solitudine, quanto ha creduto di dire a conforto mia madre,
nel farci presente con quanta dignità mio padre abbia saputo affrontare
il dolore. Se si pensa, che per non recare
disturbo, non infastidire i medici e il personale assistente, ha
resistito in silenzio a dei dolori già tremendi a sopportarsi, - più
fiale di Feldene Ho contenuto il pianto, sul treno,
perchè il dolore restasse solo mio. Benché mi fossi isolato in uno
sguardo volto oltre i vetri, a metà del viaggio un giovane straniero
avvenente, dalla pelle oscura, mi ha considerato e chiesto di "
Pego-gn-aga." Gli ho detto che avrebbe dovuto
scendere alla fermata seguente e prendere un altro treno. Ma come se d' improvviso non se ne
fosse dato per inteso, per il modo in cui l'ho guardato, mostrandomene
attratto, mi si è seduto nel sedile davanti atteggiandosi cordiale,
sorridente. Che la sorte dovesse farmi già
trascorrere dalla morte al sesso invitante? Era indiano. Ah come non capirlo
dal suo indian look, gli ho detto, accennando ai suoi pantaloni rigati
in simil- seta sgargiante. Era di Bombay, Calcutta? No, di
Nuova Delhi, quattrocento chilometri distante. E come si trovava in Italia? Bene,
solo che era senza lavoro. Misteri, che ci si possa trovar bene in
Italia senza lavoro. Come era strano, che mutando
destinazione ora mi si dicesse diretto nella mia città, che non gli
importasse più nulla di Pegognaga. Ed io che facevo? L' insegnante,
ero uno statale, che dipendeva dallo stato. Potevo dargli venti,
trentacinquemila lire? Era chiaro adesso che meditava Tacendogli che non ero disposto
che a stare solo, la sera in cui è morto mio padre. Rimuginavo che avrei potute
dargliene diecimila, solo che fosse stato diretto a Pegognaga.
Intanto lui aveva cessato di
sforzarsi di corrispondere al mio sguardo, di simulare alcun interesse
per la mia persona. " Se sei diretto a Pegognaga,
ti ricordo che è alla prossima stazione che devi scendere. ... E' questa la stazione in cui
devo cambiare se vai Pegognaga. .
Eccolo il treno diretto a Ferrara su cui devi salire per arrivarci. E'
la prima fermata Pegognaga". Ed egli, senza alcun cenno di
commiato, mi ha assecondato ed è sceso per tale destinazione. (Chissà, mi viene solo ora da
pensare, talmente senza slanci o entusiasmi è sceso dal treno, che la
scelta più virtuosa o la meno viziosa non fosse invece per lui quella
del mio domicilio.) Al primo piano condominiale,
quando sono stato di fronte alla sua porta, non ho potuto tacere della
morte di mio padre alla signora Wanda, alla quale aveva fatto ricorso
mia madre per contattarmi al telefono. La dolcissima, buonissima,
gentilissima, soavissima signora Wanda, di parole delicate di conforto
cristiano. "Io spero tanto -lei
dicendomi-, di ritrovarci uniti un giorno, con coloro che abbiamo tanto
amato e con i quali abbiamo condiviso tanti dolori terreni. Anche se cristianamente non
avrebbe dovuto pensarlo, e auspicarlo, confidandomi quante volte ha
pregato per altri agonizzanti che la morte sopraggiungesse come una
liberazione, quando si perviene a soffrire quanto ha sofferto mio padre. Sono salito di sopra mentre mi
preparava da bere un gingerino, per recarle le foto di mio padre . " Che bell' uomo. Ed anche
sua madre.Che bella donna..." Le ho taciuto che ciò che invece
sento si sperare, è che la morte sia giusta, nell' annientarci tutti di
una identica fine comune. Nel corso del divenire ove tutto
passa, mio padre, come chi lo compiange, e sarà domani come lui rantolo
e putrefazione. Ma quando mi ha compianto come
figlio bravo e buono, avanti e indietro a recarsi a trovare suo padre
morente, no, non ho potuto invece tacerle, che non sono stato quel bravo
figlio che diceva di me. E lei non mi ha smentito, lei che
aveva intercettato troppi appelli a me volti, di mia madre, per non
ravvedersi di questa mia immagine edificante di figlio. So di avere mancato tanto verso
mio padre, nel consentire durante la sua malattia ed agonia, che
contrarietà, ossessioni e compulsioni, rancore o risentimento verso i
miei congiunti per i quali anche quel poco che facevo e che ho fatto di
bene per mio padre non era mai niente rispetto al loro apporto Siano di impossibile ammenda
queste parole. Il senso di colpa vorrebbe che io espiassi morendo
con un cancro simile al suo. Purché il male mi lasci solo il
tempo di riordinare ciò che lascio, per me così sia, anche tra poco.
Locandina funebre A coloro ai quali è stato caro, si comunica che il giorno 9 agosto
è mancato all' affetto dei suoi cari
Carlo Bergamaschi
di anni 75 Ne danno il doloroso annuncio la
moglie Niva, i figli Marzia, Odorico, Andrea, il nipote Nicola e i
parenti tutti. La cara salma riposa nel cimitero
di San Cataldo di Modena. Modena, San Giacomo delle Segnate
il ****** Quel che non ho... Solo mentre lunedì mattina mi
avviavo alla stazione per essere in tempo al suo funerale, dopo avere
acquistato ad ogni edicola di passaggio copie del giornale locale con la
sua locandina funebre, ho avuto l' idea di quanto avrei potuto
sottoscrivere al suo nome sull' inserto funerario:
Carlo Bergamaschi,
di anni 75
ciclista, partigiano, alimentarista,
sportivo interista,
coniuge e padre rimpianto. Fino alla consegna all' addetto
stampa della Gazzetta, nemmeno mi era sorta l'idea di intervenire
personalmente sul testo preimpostatomi dall' addetto delle aziende
funebri, tutto preso dalla fretta e dalla furia di arrivare comunque in
tempo per trasmetterlo alle stampe, quando per non perdere il penultimo
treno utile ho lasciato che di me dicessero ogni male di dio gli amici di
mia sorella che avevo lasciato al chiuso dell' ascensore, fuggendomene via
senza recare alcun soccorso evidente o diretto, con la sola assicurazione,
trafelato da sei rampe di scale che avevo ripercorso in un baleno, che
avevo dato tutte le disposizioni del caso a che telefonassero ai vigili
del fuoco, a mia madre e alla sua dirimpettaia troppo oberate dai chili di
peso, per scendere fino da loro a liberarli; intanto che il consorte della
dirimpettaia da solo non ce la faceva, per la ragione colpevole di quel
contrattempo, per il fatto che ben in cinque erano saliti in
sovraccarico, a far rigirare in senso inverso i tiranti dell'
acensore nella canina sottotetto in cui era salito. A un giovane parente di mia madre
che era venuto a porgerci le sue condoglianze, ed al quale per potere
attendere quegli amici di mia sorella mi ero affidato perchè mi desse un
passaggio fino alla stazione dei treni, alla quale sarei arrivato in
ritardo per la corsa che dovevo prendere se vi fossi giunto a piedi dopo
avere atteso illoro arrivo, prima che mi facesse scendere davanti alla
stazione ugualmente chiedevo di telefonare ai vigili del fuoco,
preoccupato che il vocio e il gridio delle imprecazioni rivoltemi contro,
potesse lasciare soprattutto le amiche e consorti in debito di ossigeno,
prima dell' arrrivo dei soccorritori pubblici e privati.
" Cinque/ sei
funerali e nessun matrimonio " ridacchiavo tra di me in treno
nel fugare l'apprensione crescente, il timore che ilmio decisionismo fosse
stato avventato/ sconsiderato. " Ed evitate di sprecare
ossigeno nell' insultarmi troppo, nello strillare cos'ì tanto,
anaerobizzereste l' ambiente suicidandovi lì dentro, entrereste in Bod,
che cos' è? eh? il Debito di Ossigeno, nel rapporto di scambio tra aria
ed acqua, tra l' ossigeno residuo dei vostri polmoni e ... capito? Evvia,
non è la prima volta che succedono disgrazie simili, anche sulla Gazzetta
di Giovedì, si dava notizie di marito e moglie morti in un incidente
mentre andavano a un funerale, eh, ne succedono di disgrazie del genere,
l'importante è di stare a seguirle qui dall' esterno, respirando ancora a
pieni polmoni da semplici spettatori..." Ben stava a mia sorella, che
quando sono accorso lungo le scale, " C'è tuo fratello e il suo
amico?-ha subito chiesto, dubitando che potessi fare alcunchè di pratico
o di efficace. Ma quando, immediatamente come
sono arrivato un' ora dopo a Mantova ho subito telefonato, era lei a
rispondermi ed a rassicurarmi gentile che era tutto finito bene. Un signore di un
piano di sotto a quello dei miei genitori, dopo essersi lungamente
dilungato a deprecare la dabbenaggine dei rinchiusi in ascensore, è
bastato che dicesse che azionassero due levette su in alto ai lati dei
portelli della cabina, perchè d' incanto l'ascensore si aprisse e i
detenuti dentro ne sortissero all' istante fuori, previo un salterello. Ma quello che m'importava comunque
sapere era se sarebbero comunque arrivati i vigili del fuoco, se E solo al rientro dal funerale,
mia madre mi avrebbe confermato che sì, così era stato, che a
liberazione avvenuta avevano dovuto ritelefonare ai vigili del fuoco, che
già si erano avviati a intervenire, per farli rientrare perchè tutto era
già stato risolto. Mentre al funerale mi ci avviavo
ripensando a quella peripezia, a come la vita ricominciava anche con essa,
mi è parso bene non aaver fatto alcun intervento d'autore, tra quegli
altri inserti mortuari ove ugualmente il deceduto era" mancato all'
affetto dei suoi cari", e che ne differivano solo perchè vi era
"triste", l' "annuncio" che noi cari davamo invece
come "doloroso".
Così doveva essere, dovendo io
fare da In luogo del ricordino funebre, ho
lasciato all' ingresso della camera mortuaria, quei giornali, per coloro
che avessero voluto conservare con esso copia dell' avviso funebre che vi
era stampato. All' ingresso, vi erano il
fratello e la sorella che solo la pietà di fronte alla morte avevano
rappacificato con mio padre. L' avessero visto soffrire, nella
sua agonia, oh, avrebbero sentito che un solo istante di quel dolore
sarebbe valso da indulgenza plenaria per tutto il male che il loro
fratello avesse potuto commettere verso sua madre, all' atto del presunto
abbandono di cui lo avevano incolpato. E mentre le mie lacrime non
potevano trovare conforto nelle preghiere funebri, ovesi invitavano gli
angeli ad accompagnarne l'anima al cospetto dell' Altissimo, mi
impressionava e mi s'infiggeva l'idea cristiana di quale potesse essere
stata la colpa, male per male, che in quella sua atroce agonia il fratello
" Carlo", resosi a Dio in tutto ciò che egli era stato, avesse
dovuto espiare tanto atrocemente per essere puro e santo al suo cospetto. Ed io che avevo ispirato in lui ed
in mia madre la colpa, assistendo alla sua morte ne ho contratto il senso,
mi sono venuto confermando, perchè solo al cospetto di tanta atrocità,
ho inteso il mio identico abbandono, la mia identica diserzione del suo
capezzale, io che differivo o posponevo o mi indispettivo fino a pochi
giorni prima dell' incombenza di andalo a trovare, per quanto lo
amassi.,mi fosse caro vederlo, convincendomi d'essere anch'io in lotta con
la morte, nello sforzo che non potevo ritardare oltre di passare alla
stampa , alla scrittura finalmente, della mia congerie di opere ed opere
che sono ancora sui dischetti tracce virtuali. Dovevo pure, almeno quelle pagine,
dell' incontro di medenine con quel funzionario tunisino, inviarle per
iscritto a questo o quel critico, smaniavo, è un tale azzardo la mia vita
di artista, così avanti negli anni e senza nulla di ancora pubblicato,
non potevo e non volevo finire come Fenoglio, cche mirava a farsi
scrittore a sessant'anni, ed è stato straziato dalla morte che il meglio
di quanto aveva scritto era ancora incompiuto, ( vedi M. Corti, Beppe
Fenoglio. Storia di un continuum narrativo, se ben ricordo), mi sembrava
che la lezione che dovessi trarre dalla vicenda di mio padre, fosse che
non dovevo e che non debbo farmi fregare dalla morte, e che per questo
dovessi scrivere e scrivere e cercare il sesso ogni pomeriggio possibile
nei solo possibili recessi fluviali, fin che ancora ho qualche attrattiva
ed è estate e i luoghi d' incontro all' aperto sono ancora frequentati,
intanto che lui veniva morendo e io venivo rarefacendo per questo i miei
incontri con lui, le occasioni di confortargli gli ultimi giorni di
vita... Quando ho ripreso poi il treno
verso casa, eccoli Oramai non vedo più il suo volto
in agonia. Per i giorni di vacanze che
restano non andrò in alcun luogo. Non voglio, affatto, che la sua
morte diventi la condizione perchè possa tornare a godere e divertirmi.
E oggi pomeriggio nell' uccellino
che ho ghermito, per tagliargli le unghie, ho sentito riurlare Poi, per mio sollievo, il
piccolino si è fatto calmo nella mia mano e mi ha lasciato scorciare. Domani, che sarà il rientro nella
casa che fu sua, nelle sue stanze, se mia madre e mio fratello se ne
saranno già andati? Per conto suo Vi sono rientrato ieri di nuovo,
nella sua casa , tutto solo nelll' ordine vuoto e senza più nessuno dei
vani, nella sua stanza ricercavo e ritrovavo ripristinato il vecchio
letto, come già era avvenuto il giorno seguente i suoi funerali, ogni
cosa che vi era rimasta disposta come quando lui vi giaceva, sul suo
capezzale i miei steli di lavandsa che lo commemoravano. Solo in soggiorno avevano mutato
la disposizione dei mobili. Io mi sono attenuto a tutto quanto
vi ho rinvenuto, nel frugare
in una scatola sul comò, tra le cassette registrate, per cercarvi se vi era un' altra copia dell' intervista che
avevo fatto a mio padre sulla storia sua di partigiano e di ciclista e su
quella di campione sportivo di mio zio, per accertare con il
radioregistratore se non fosse contenuta tra quellae senza titolo,
e scoprirvi che quella che io possiedo, e di cuoi ho fatto copie su
copie, è l'unica che può consentire il miracolo di riudire la sua voce,
di risentirlo e di riaverlo tra noi com' era egli da vivo. Dovevo adesso aprire le finestre-
verande che davano sulla città, sul suo cimitero, per innaffiare cone
avevo promesso a mia madre i suoi vasi di piante e di fiori, prima di fare
ritorno sulla tomba di mio padre, per vedere la lapide che vi hanno postas,
porvi i fiori di lavanda che avevo strappato da un' aiuola come quando lì
venivo a trovarlo, a suggello di una memoria che non volevas cedere di
amarlo, di averne cura. I miei congiunti sono già partiti
tutti per altre destinazioni, senza curarsi im morte, come in vita,
della ricaduta della fine di mio padre sul mio destino. E dunque se io solo dovevo
rimanere a casa, perchè non voglio che la morte di mio padre sia
l'occasione per cui tutto immediatamente riprende, e si ritorna a vivere e
a svagarsi, perchè anche se qualche giorno di vacanza vorrei farlo prima
della ripresa mortificante della desolazione scolastica, non ho a chi
affidare senza timore di sorta i miei canarini, se dunque io soltanto
dovevo restare, che almeno, mi sono detto, ribadisca la Ma ieri mattina, tra quelle
pareti, non c'era acrimonia in quel che facevo, mentre iniziavo a riempire l' inaffiatoio e a travasarne
l'acqua in serbatoi piccoili, e scoprivo ch'erano decine le piante e
pianticine di mia madre, c'era l'adempiere a un rito, a un dovere nei
riguardi di mio padre, mentre dalla terrazzina mi riaffacciavo sulla
finestra a lato dello stanzino ove si erano compiuti gli ultimi giorni di
mio padrte, ne fissavo l' anonimia delle tapparelle abbassate tra le tante
altre dei palazzi condominiali e delle case circostanti, e un nodo
iniziava a serrarmi la gola, nell' avvertire a dispetto delle cure che ci
parevano interminabili, quanto la sua situazione ci era penosa,
intollerabile la sua sofferenza, come la vita si fosse rapidamente
sbarazzata di lui, e benchè sapessimo certa la sua fine, e che si era
protratta oltre ogni termine natuirale se non fosse stato talmente
assistito, come egli ci era, mi era mancato, infinitamente prima di quanto
potessimo accettarlo. Se davvero la sua vita non
immaginavo che potesse giungere sino a domenica scorsa, perchè mi
ritrovavo ora in tasca per andare al suo cimitero ov'egli era già sepolto
e murato e provvisto di una lapide, i biglietti che avrebbero dovuto
servirmi per il viavai ancora dal Policlinico? Come poveretto ci aveva liberato
in fretta di tutto il peso che costituiva per ogni nostro egoismo, e mi si
rivelava niente tutto quello che io potevo avere fatto per lui, ogni
sacrificio o differimento, a fronte di tutto quello cui avevo ceduto per
ritardare o diradare di andare a trovarlo, a fronte, in quelle stanze, sul
suo capezzale, del vuoto che ora era subentrato al suo posto, del niente
che era subentrato per lui alla vita, in quella casa vuota di lui che non
poteva più goderne gli agi e la vista, le cibarie in frigorifero o
l'appoggio a questo o quello schienale, l' ascolto degli apparecchi spenti
o il riposo in un letto. E cos'avevo inteso, di che cosa mi
ravvedevo o pentivo, se ora non potevo, prima di recarmi sul suo cimitero,
non scendere al supermercato sottostante, per comperarvi quelle lattine,
quei succhi di frutta, quegli alimenti nient'affatto indispensabili di cui
scarseggiavo nel frigo di casa, e che come mai avrei potuto andare ad
acquistare di sabato pomeriggio in quello ch' è vicino a casa mia, se
intendevo Vi ho acquistato anche le tre
bottiglie dell' aceto che ho lasciato a mia madre, per averne le tre prove
d'acquisto che mi servono per concorrere per la vincita di un telefonino,
dopo che quello che ho acquistato mesi or sono per essere in contatto
con i miei congiunti sul decorso della malattia di mio padre, l'ho
restituito esasperato dalla sua inaffidabilità tecnologica,. Potrebbe pur sempre servirmi per
le chiamate dei numeri di urgenza, come, mi sono detto, potrebbe servire a
mio fratello, sapere per il suo regime dietetico che l'ossessiona, o a mia
madre per fare più presto in cucina, questo o quell' altro espediente che
non detto, che ho appena appreso, la cui impellenza di comunicarsi, o di
dirsi, nella sua insignificanza era rimasta inalterata o inscalfita dalla
morte di mio padre, e si riproponeva in tutto il suo assillo smanioso di
comunicarsi mondanamente. Tralascio e rinvio per il momento
di annaffiare le piante, faccio le compere e risalgo e ridiscendo verso la
stazione degli autobus, prendo il numero 5 che passa dopo pochi minuti, ed
arrivo al cimitero quando ne è già avvenuta la chiusura. Come è stato quante volte, prima,
ho iniziato a supporlo solo troppo tardi, non è bastato che già lo
sapessi, quando mi sono sovvenuto che non alle dodici e trenta, o all'
una, ma alle 11,30 quando vi eravamo andati invano l'altro mattino io e
mia madre e mio fratello, era fissato il termine ultimo del mattino. Ritorno a piedi, riproponendomi di
stravolgere i miei piani, di sacrificarmi per quel giorno, di restare nel
pomeriggio e di tornarvi a visitarlo, chiedendomi se ne valga la pena, è
poca la distanza effettiva che imparo per la prima volta tra
l'appartamento e il cimitero, eccola in distanza la loro casa precedente,
oltre l' incolto speculativo che la nasconde sulla destra, ed eccolo di
fronte, già ùin prossimità, oltre corso Italia, il palazzo che nasconde
retrostanti i loro vani, nel ricongiungersi alla vista del periplo che il
destino ha tracciato alla sua
ultima esistenza incapace di opporsi, le dimore dove il suo corpo di
inurbato ha conosciuto un agio crescente, prima di finirvi malato, e di
essere trasportato provvisoriamente e poi definitivamente nel Policlinico,
e patirvi il decesso, ed essere ora la salma che è stata condotta e
trasposta dietro quella lapide, in quel loculo, ove quel cadavere che non
sente più niente di niente e adesso ignora tutto di tutto, al quale non
può importare alcunchè di onoranze e di fiori, che io vi sia andato o
ritorni a casa senza averlo visitato, è tutto quanto di freddo e
maleodorante resta di mio padre. Ma quando riapro la loro porta di
casa, di mio padre e mia madre, rientro nella sua stanza, mi riaccomodo
sulla poltrona da cui gli parlavo, lì in quel letto cui mi inginocchio in
lacrime, è lo spirito di mio padre che giace malato, che mi ascokta e cui
imploro perdono, fra quelle coltri su cui mi distendo, da cui mi risollevo
per rispettarvi chi vi giace. Mi è di conforto nelle lacrime,
nei sussulti, sentirlo che di nuovo è vivo in me, che tanto ancora lo
desidero e lo amo, io che credevo fino a poco anzi di non essere più
capace di piangerlo, e che nelle parole fredde in cui giovedì ne avevo
parlato con la proprietaria del mio appartamento nel versarle l'affitto,
mi dolevo di riuscire già a farmi così tanta forza, a farmene quella
ragione che lei mi diceva che dovevo farmene, poichè per quanto me ne
facevo una ragione, riuscivo a parlare come niente fosse della sua agonia,
lo sentivo già irrimediabilmente morto dentro di me, che ne avevo e ne ho
già perso irrecuperabilmente l'immagine di sofferente terminale. Ma in quel conforto non tarda a
sopravvenire Non mi resta, e non posso fare
altro, Non reca ancora la sua immagine la
lapide murata, solo il nome e cognome, le date di nascita e di morte, la
scritta "I tuoi cari posero", una croce e una lampada e un'urna
per i fiori. Li risistemo, ponendo dinnanzi
quelli ancora freschi, inserendovi i miei steli di lavanda. E bacio irresistibilmente quel
marmo, e tra le lacrime che riaffluiscono sento schiudervisi le sue labbra
avide di affetto, ogni volta che ricambiava il mio bacio di saluto,
costretto in un letto sempre più penoso. Non ha senso che abbia irrorato
d'acqua ogni pianta e pianticina di mia madre, e che l' acqua non la
ricambi in quel suo vaso. Una signora mi indica dove è una
fontanella con un rubinetto, da cui attingo più durata per quei fiori. E anche se è volto a ciò che non
è più che una salma, e nessuno, mi è dolce e caro in un ultimo bacio
suggellare in quel marmo, chi è mi è stato il più dolce e amorevole e
caro dei padri. Di come mio padre sapesse Mio padre negli ultimi giorni
aveva ripreso coscienza di stare morendo. Quando due giorni avanti, a
seguito del primo contraccolpo, parlandomi piano e riferendosi a quanto
aveva patito la notte, mi aveva detto " o che dolore
alle gambe, e in tutto ilcorpo, che trambusto", nei suoi occhi
esterefatti era decifrabile che " se l'era vista brutta", si era
sentito perduto. A mio cugino a riconferma ha
confidato il giorno seguente" Domani è più facile che sia di là
che di qua".
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