all' indice delle opere degli anni 1997-2000 | ||
Sogni
§ Sogni Nel primo
dei due sogni di questa notte, forse ch'ero stato prelevato dal mio letto,
nella mia dimora, o mentre ero altrimenti in viaggio nel sud del
Mediterraneo? eccomi invece all'interno delle frontiere algerine, per una
missione, ignoravo quale, dai cui rischi cercavo di distogliermi, ad ogni
modo, già nella periferia di Algeri dov' ero giunto di primo mattino, e
dove mi aggiravo, clandestino, per raggiungere gli scavi di antiche città
nel deserto, situate ove non incombessero stragi e attentati,- ma come,
senza passaporto e visto d' ingresso, clandestino e senza dinari algerini?
La gente locale, quel quartiere erano rassicuranti, l' ambiente sembrava
protetto da rischi terroristici, e il fonduk dove mi si offriva il cibo
del viandante di primo mattino, era contiguo a rovine popolate di animali
da cortile, che si rivelavano antiche vestigia affascinanti, in arcate di
volte infrante contro il cielo. Stupefatto, ne cercavo ragguagli sulla
guida, aggirandomici con cautela, perché erano di certa sulle mie tracce,
messi in allarme,- autorità o terroristi? o entrambi insieme? - dall'
insolito straniero solitario, sul quale dovevano essere
già state fatte delazioni, sicché temevo già da parte loro la
mia cattura, nel muovermi solo sul retro delle rovine. Mi ci
ritrovavo ora fra dei cumuli sconnessi che mi proteggevano, presso le
pareti opposte, così come mi proteggeva la cerimonia nuziale, con tanti
invitati, cui si prestava la magnificenza di quei resti, già confuso tra
la folla, di una via del centro, ma che presto sbandava, correva atterrita
addensandosi a me d'intorno, all' avanzare di neri terroristi che
uccidevano chiunque in cui si imbattessero nel fare terra bruciata,
durante la sequenza in atto, più memorabile, del grande film sul popolo
algerino. Poi, era il
delitto che avevo commesso di cui non restavano tracce che nel mio senso
di colpa, che compromettendomi, mi faceva perdere il controllo di me in
quella casa strana e nuova, in una reazione nervosa che avrebbe potuto
insospettire mia madre, e perché mai, Ma ora
dovevo ritrovare con lei la calma, nella mia piccola nuova stanza in cui
mio raggiungeva, e ove minimizzavo con lei l'accaduto di poco prima,
simulandomi felice e contento della nostra nuova vita cui era rinato mio
padre, - ma che con la scoperta del' omicidio, di chi ne fosse l' autore,
si sarebbe invece annichilita insieme con lui, Lei avrebbe
potuto così testimoniare che in quei giorni non aveva notato nulla di
sospetto nel mio atteggiamento, alcunché di nervoso e agitato, la massima
tranquillità felice, inconciliabile con il senso di colpa di un delitto. Che tendine
ridenti, con lei accoccolata a lato, - ma di chi era l'altra stanzuccia di
sopra, vi era forse una presenza ostile, alcunché nascosto di
compromettente?- lei che tornava a credermi affidabile, calmatomi, poco
prima che uscisse con mio padre. Io allora,
per colmo di simulazione, per tranquillizzarla ancor più, così
rasserenando anche me stesso, la volevo raggiungere tra la folla sfocata
sul tramway successivo, che la superava, la perdeva, alla fermata ov'era
scesa inaspettatamente.
Referenziato E' stato
alcune settimane fa, quando tra gli annunci esposti in quella agenzia
immobiliare ch' è di fronte alla stazione ferroviaria della mia città,
in cui facevo ritorno da dove
vive mia madre, ho letto interessato alla cosa dalle mie necessità di
trasloco, quell' inserto in cui ci si dichiarava disposti ad affittare un
appartamento solo a persone referenziate. La parola
" referenziato", la quale in netta evidenza vi era sottolineata,
mi ha suscitato istantaneamente un angosciato sgomento, perché mi ha
fatto immediatamente supporre che se io voglio restare una persona "
referenziata" sul mercato immobiliare, io che non ho sostegni o
riserve o disponibilità d'altro tipo che la mia affidabilità, che s' io
voglio restare un insegnante al quale le istituzioni e le famiglie
consentano di insegnare, è Per poter
sopravvivere pertanto nei rapporti domiciliari e professionali che mi
consentono di abitare e avere un lavoro, mi era
dunque giocoforza restare un autore virtuale (sommerso),
clandestino, destinato a finire i suoi giorni come gli attuali misero e
ignorato; e in quei momenti, di pavidità, o di un soprassalto di cautela,
mi ha risollevato il pensiero, che già mi era sconfortante, che giacerà
negletto senza che nessuno lo esumi dal suo loculo bibliotecario,
quanto è già temerario che abbia anche solo prescelto di far
venire alla luce, in quelle poche pagine degli albori della mia verità
umana.
Traslocando Puntuale
" dieci minuti prima o dieci minuti dopo, al più", alle cinque
meno dieci anziché alla cinque del pomeriggio, l' altro giorno ha suonato
al citofono il ragioniere
dell' agenzia di traslochi, per una stima preventiva
dei costi. Così come
in mattinata ho trovato già ad attendermi nell' ufficio dell' agenzia
immobiliare che avevo prescelto, il consulente della società finanziaria
ad essa incorporata, per studiarle poi tutte nei miei riguardi,
inutilmente, nell' impossibile tentativo di cercare nel mio stipendio di
insegnante i margini per un mutuo che mi consenta di acquistarmi una casa. E in banca
quando mi sono rivolto all'addetto , non vi era mia richiesta sui tassi d'
interesse che mi verrebbero praticati se questa o quella differente forma
di prestito mi necessiti( occorra) per il trasloco, Quando
invece, se anziché all'interesse, abbia inteso fare affidamento ai
sentimenti e al grato ricordo, a presumibili vincoli di affetto o di
amicizia, ai tributi immaginari di ammirazione e di stima, quale congiunto
o allievo o chi altri v' è mai, che da anni non ho smesso di attendere
invano, o sul conto del quale non mi sembri che mi sia anche solo illuso,
che in qualche modo mi consideri o mi ascolti.
Que reste-t-il Ieri sera,
nell' imminenza della partenza, mi sono finalmente risolto a rivedere Bibò
in una videocassetta, dopo che sono settimane, restio, che non torno a
prelevarne il cadaverino dal congelatore. Ma non vi ho
assistito che alle riproduzioni di un povero fantasma del mio passato,
purtroppo, che più nulla, nè il cospetto delle spoglie, nè le immagini
dei voletti o il canto che ne risenta, può più risuscitare davvero nel
presente, in cui non ne resta che un compianto esteriore. Poco prima
con l'altro uccellino, Bibì, avevo preso il fresco sulla soglia del
balcone, pensando mestamente che mi mancava un uccellino all' appello, ma
che era come, se anche senza di lui, oramai si fosse ugualmente al
completo. Era forse
perché come da giorni mi vado amareggiando, più di quanto non ne tragga
conforto, Bibì ne ha preso il posto nel mio affetto, e Forse in
quanto non c' è che un identico amore, in noi, il quale amore, che un
individuo umano o un animaletto volatile ne sia il prediletto, E quando
prende corpo in un nuovo amato, che del precedente perde anche la vaghezza
del ricordo? Forse che
nel video non dicevo a Bibò le stesse paroline dolci che bisbiglio ora a
Bibi, intanto che con la videocamera ne contornavo l' imperturbabilità
serale sul posatoio più alto, e nel
rivederlo, distanziato dalla morte, non ne disvelavo allora soltanto a me
stesso, l' alterità animale che lo rendeva indifferente a ogni mio moto
sentimentale? E quello
scrutarmi, in quelle pupille, non ero lo stesso sguardo in cui ora
intenerendomi vedo fissarmi Bibi? Come se
l'anima di Bibò vi fosse trasmigrata, quando è invece il mio sentimento
d'amore che vi si è reincarnato. Se così
fosse, nella mia vita così avrei fatto posto alla perdita del mio
uccellino, purtroppo, e lui, se è finito anche in me,
è dunque cessato per chiunque sia, non è oramai più niente, come
gli infinitamente altri uccellini finiti annichiliti Anche se
ancora lo piango, oramai che piango più di lui, se ne piango solo un'
entità vagamente remota, l' ombra dell' ombra della sua vaga ombra, di
cui nemmeno la riproduzione dell' immagine e del canto, neanche la salma
nella stanza accanto, può più restituire la trascorsa realtà vivente,
in ciò che nel suo essere era per me. Eppure a
quante altre cose che finiscono nel pattume dell' indifferenza sono
tranquillamente acquiescente, mentre non so rassegnarmi, e reagisco con
dolore, a che sia così anche per lui. Ritorna Eppure nel
ritorno nel desiderio di ogni corpo che ho bramato,
desiderandolo come era allora, bruciante ed esaltante, ogni
occasione perduta si rifà diversamente viva, di ogni corpo,
ad ogni riappello, si fa vividamente diverso l' appetito inesausto. Di mio padre E che debbo
pur dire del mio lutto per mio padre, di fronte alla cui immagine defunta
trascorro senza più struggermi, con il quale mi sento di inscenare in
cimitero una comunicazione d'affetti, che se fosse reale, perché mai non
potrebbe avvenire dovunque, qualora il suo spirito ancora vi fosse, anche
qui, ora, in questa stanza dove ne scrivo, e dove ho appena cessato di
dolermi invece della fine della mia uccellino, e di consolarmi che a
distanza di mesi e mesi ne sopravviva almeno una forma di rimpianto,
seguitando a eludere invece in morte come in vita, quell' intimità da cui
rifuggivo con mio padre? E' del mio
senso di colpa, o di inadeguatezza umana, In me può
insorgere la stessa ripulsa a rimpiangerlo, quando di lui che mi
sopravanza è il senso della umana miseria, pur sapendo, ed è il mio
appiglio, quanto è nel torto tale mio sentire, verso l' essere umano che
più di ogni altro mi amasse, e in cui più che in ogni altro facessi
affidamento. Prose
ulteriori Il Venerdì
Santo
Venerdì Santo Quando sono
rientrato nell' appartamento di mia madre dai negozi del centro, dove allo store della Levi's mi ero acquistato un pullover
bianco da tennis, è bastato
che le leggessi in soggiorno alcune pagine da "Le Ceneri di
Angela", sulle condizioni di vita igieniche del protagonista e dei
suoi familiari superstiti, ch'erano allora dei diseredati del
sottoproletariato irlandese, al tempo della seconda guerra mondiale, perché
la sua memoria e il colloquio tra me e lei si riattivassero, al ricordo
che le sopravveniva di come anche per lei, nella nostra famiglia,
sussistessero nel successivo dopoguerra indigenze simili, se non così
infime, Nel corso i
giorni precedenti della lettura del libro, a riesumarmi la
miseria della nostra vita di allora,
e che intendevo ora rievocare con lei a quelle medesime pagine , è
stata la pena che mi è sovvenuta in mente, a un certo punto del libro,
quando gli eventi che vi si raccontavano mi hanno ricordato il tormento
che ha funestato il mio villaggio, allorché tra alcune persone anziane ed
adulte si è diffuso un focolaio
di infezione tubercolotica. Ad uno ad
uno furono costrette a lasciare il paese per mesi e mesi di isolamento in
un dispensario di Parma, nel terrore successivo, al rientro, che ogni loro
posata o tovagliolo o indumento potesse trasmettere il male ai propri
congiunti, ai propri figli additati dalle vociferazioni malevole. Dovettero
infatti patire, oltre alla malattia, la vergogna che l' infezione fosse
addebitata a una loro sporcizia," quando- mi ha detto mia madre,- la
Bruna - una delle donne colpite dal male-, era una che ci teneva talmente
ad essere ordinata e pulita".
Le pagine
che per lei ho prescelto, e che venivo leggendole,
descrivevano invece i patimenti di Frank McCourt ancora bambino e
dei suoi familiari quando ogni giorno, mattina e sera, le persone dell'
intero vicolo di Limerick, in cui vivevano, andavano a scaricare i secchi
di merda e piscia nel cesso che avevano di fronte all' uscio di casa.
Ch'era il cesso di tutte le undici famiglie del vicolo. " Mamma
dice che non è lo Shannon a farci morire ma la puzza di quel cesso",
avevo appena finito. E già a tali evenienze, benché noi si vivesse in
una frazione di campagna, anziché in un quartiere di città, per mia
madre era esattamente così anche da noi. " Ti
ricordi in fondo alle case, quel cesso che c'era in prossimità della
fossa biologica? Due assicelle nel casotto sulla buca collegata a quella
massa? Dopo la
guerra era per più famiglie il solo cesso di cui si disponeva, e tutti ci
si andava a fare i propri bisogni, a scaricarvi gli orinali, solo che a
volte l'accumulo era tale che si correva il rischio di toccarne il culmine
quando ci si chinava. Si preferiva allora andarla a fare in campagna,
pulendosi con delle foglie di vite o dei fogli di giornale." Tacevo, o
era inutile dirle, che a differenza dei Mc Court il cesso non l'avevamo di
fronte alla cucina, e che la nostra situazione, per quello che mi
ricordavo, era più simile a quella che per i Mc Court
è sopraggiunta quando, sfrattati, sono andati a vivere presso dei
loro parenti meno miserabili, in quanto che, quando ero bambino, potevamo
già da tempo disporre di un nostro cesso familiare, anche se era
anch'esso fuori di casa, all' estremità dei fabbricati di cui divenne
possessore unico mio zio paterno, a seguito della divisione insorta tra le
nostre famiglie. Nonostante
l'opposizione di mia nonna, che
mia madre *mi riferiva ancora fremendone, anche la famiglia di mio padre
ne ebbe allora uno analogo e proprio, edificato più vicino nel garage, e
il cui ricordo in me si era venuto sovrapponendo a quello del precedente,
anche perché, poi, quando mio zio venne arricchendosi, se ne edificò uno
più interno, e più civile, e quel camerino venne trasformato in un bagno
dove d'estate si faceva la doccia. Noi
seguitavamo intanto, secondo l'usanza generale precedente, a fare di
giorno i nostri bisogni nel cesso esterno, mentre di notte ricorrevamo
ognuno al nostro pitale, ma solo per orinarvi dentro, tranne in caso di
emergenza, tenendolo nel ripostiglio del comodino - " era fatto
appunto per questo", ha puntualizzato mia madre- da dove lo
prelevavamo ogni mattina per allinearlo
con gli altri lungo le scale del granaio. Dove le
donne di casa ogni mattina andavano a prenderli, per svuotarli nel cesso
esterno e riportarveli disinfettati con il cloro. ( Mia madre
si è ricordata, a proposito, dell'incidente divertente che il giorno
delle nozze di mia sorella è capitato a una sua più anziana cugina di
città, ch'è ancora vivente, che dopo avere riposto come lei le aveva
detto,- dopo che si era inurbata non si ricordava più che in campagna si
faceva così, Ma quel
comune cessetto fetido all' aperto, dell' intera corte, eccome se anch'io
lo rivedevo ancora, vicino alla massa, dal fetore e dalla belletta livida
della quale, e dalla vista del pollame e dei tacchini che vi finivano
dentro, seppellendovisi, ho appreso che non era necessario proiettarsi con
l'immaginazione nell' Africa di Tarzan e delle sue liane salvifiche, Era proprio
in quei pressi quando poi non vi andava quasi più nessuno, che nella
bella stagione erano avvenute alcune delle trasgressioni di noi piccoli,
che di nascosto vi fumavano dei sigaretti fatti con foglie di vite. Nell'Irlanda
dei Mc Court accadeva invece, che col bel tempo, fosse peggio ancora a
seguito di quel cesso, perché allora l' odore si faceva più forte, ed
arrivavano le mosche, i mosconi e i topi. Già, le
mosche, di cui le anticipavo quel che sostenesse il padre dello scrittore,
nella pagina seguente, quando commentava che gli faceva schifo pensare che
fino a un attimo prima la mosca della zuccheriera stava sulla tazza del
cesso, o quel che ne rimane. " Ci si
faceva caso anche allora, cercando di non pensarci... " Mi
ricordo l'uso del flit...-le davo la stura. "
" quello che mi faceva anche allora senso, era che proprio vicino a
dove si mangiava si tenessero le moscarole... erano dei recipienti di
vetro con del vino addolcito di zucchero, dove le mosche finivano per
infilarsi senza riuscire più a venirne fuori... all'ora della cena se ne
contavano delle decine, morte e raccolte lì vicino alle pietanze... Poi si sono
cominciati a usare lo zampirone, le carte moschicide, ... le
strisce di plastica e i cordami pesanti agli ingressi delle case",
memore, io a questo, dei pomeriggi d'ozio di me bambino, in cui con le
palette seguitavo a schiacciare mosche contro i muri, o attendevo che
gremissero le carte moschicide, per staccare tali nastri di vittime ed
andarle a bruciare nel loro friggio generale. " Erano
i pavimenti di allora con il terriccio e l'umidità che restava nelle
fessure, che favoriva la nascita delle pulci*-secondo mia madre.- Mentre
eri lì che lavoravi in casa, in certi punti sentivi che ti salivano lungo
le gambe... Allora
cominciavi a schiacciartele addosso... E *i
pidocchi, nella testa dei bambini, o quando ti coricavi in certi letti o
ti mettevi certi abiti... Proprio come nel libro che tu leggi..." A dispetto
della volontà di mia madre di rinvenire a tutti i costi delle situazioni
identiche, tra la nostra povertà in famiglia e la miserrima miseria
irlandese dei Mc Court, seguitavo a leggerle di come accanto a quel
gabinetto dell' intero vicolo di Limerick, figurasse anche la stalla di un
grosso cavallo, la cui puzza si riversava nella casa di Mccourt bambino
insieme a quella dei gabinetti. " Oh,
era proprio così anche per noi...-invece lei trovava il modo di dire e di
sorprendermi- Prima che tu nascessi e quando c'era ancora tuo nonno, si
teneva in famiglia un cavallino, per quando si doveva andare a fare le
compere per il negozio nei paesi vicini. E la sua stalla dava proprio a
ridosso del cesso in fondo ai fabbricati di tuo zio. Accanto c'era pure il
porcilino, dove si teneva il maiale che si faceva accoppare..." E per parte
mia potevo adesso ricordarle che all' esterno defluiva uno scolo a cielo
aperto, dove i nostri terreni confinavano con quelli di una famiglia di
coltivatori diretti. " C'era
sempre una puzza.... -lei riprendeva- Me lo ricordo bene perché era lì
vicino che si andava a lavare, ove sotto la tettoia dei nostri edifici di
fronte,- ora la rivedevo anch'io com'era prima che i pilastri franassero-
c'erano una tromba e una vasca per l'acqua....
" La
massa, gli stallini, i porcili, con i cessi di fuori anche in paese, sotto
casa, ...per questo, ne era convinta, c'erano allora così tanti tafani e
mosche. E lì
vicino, prima dello stallino e del porcilino e del cessetto, le ricordavo
a mia volta che c'erano i depositi della farina del forno di mio zio, dove
chissà che scorribanda facevano i topi... E dicono di
un tempo! soggiungevo, di
com' era tutto più sano e più integro una volta, quando solo che mi
ricordi, ugualmente, di quanto mi costava fatica lavarmi e tenermi
pulito... Specialmente
d' estate, ed ero già un
giovane, per fare il bagno mi occorreva accatastare la legna delle
cassette, far fuoco sotto la fornacella, aspettare che l'acqua nel paiolo
fosse calda, riversarla nella tinozza per poi lavarcisi e farla uscire,..,
alla fine più che lavati si era affumicati " E che
dire di quando io vivevo in campagna, -mi ribatte mia madre-, che il bagno
andavo a farlo nella stalla..., ci si lavava, sì, ma se ne usciva che si
*sapeva una puzza..." D' inverno
il bagno lo si faceva invece in casa, ricorrendo alla stufa, e prima
ancora, quando eravamo ancora riuniti insieme, nello stanzino ch'era
accanto al forno... Anche lì, per lavarsi tutti quanti, occorreva seguire
un'ordine di precedenza... Primo tuo zio e la signora tua zia, quindi i
tuoi cugini, perché di loro era il forno, e poi tuo padre e la sua
famiglia... Tua nonna, poi, per quel che si lavava..." Non è il
ricordarne la puzza che se ne avvertiva anche in negozio, io penso, che
possa offenderne la memoria, e lascio che lei ne parli, impietosa nei suoi
riguardi, e senza ripensamenti, ancora vent'anni dopo ch' è morta... "
Allora nessuna donna della sua generazione portava le mutande...e la sua
camicia di sotto, non esagero, quando se la
levava restava in piedi da sola... Si puliva
con la veste quando andava al gabinetto,- mi precisa- e ... lascia
che ti racconti- come se fosse la prima volta, mentr' io dal riso
divertito ed accanito con cui me ne parla, so già che cosa mi verrà
raccontando, pur se i particolari di quell' accadimento li ho
dimenticati-, che ti dica di quando si è pulita con i soldi. Infatti lei
li teneva infilati in una tasca nella camicia di sotto, dove aveva messo
quel giorno anche la carta per pulirsi. Per sbaglio
ha usato gli uni invece che l'altra. E' stata tua
zia ad accorgersene... E allora,
con un legnetto... li ha poi lavati e rilavati... sperava già
di poterci comperare un cappotto per i tuoi cugini... Ma tua nonna
come si è resa conto di averli smarriti, i suoi soldi, ha anche capito
come poteva essere stato. Ha
cominciato a fare ritorno nel cesso, a scrutarvi dentro, dove dovevano
essere ma non li ritrovava Tua zia ha
visto anche tutta questa scena, tua nonna, che in continuazione, vi andava
avanti e indietro senza darsi pace, e ben sapendone il perché, seguitava
a chiederle che avesse, che cosa continuava a cercare tanto,... ma tua
nonna non faceva parola, non si attentava a dirle la ragione , finché per
l'attaccamento a quei soldi non è stata più in grado di resistere e le
ha detto il motivo. " Sono
questi?" allora tua zia glieli ha sventolati davanti, nel consegnarle
quei soldi a malincuore. E tua nonna
li ha presi e non ha neanche accennato a ringraziarla. " Se
penso, mi diceva sempre tua zia, che se (le ) tacevo potevo comperare un
cappotto ai miei figli...".
"Ma
perché, a sua volta, mia nonna doveva tacerle di che si trattava? Non era
una colpa se..." " Ah,
lei non poteva ammettere anche solo di sbagliarsi...E poi sapeva che tua
zia avrebbe raccontato il fatto a tutto il paese...". Non è stata
la sola volta che le è accaduto una cosa del genere, mi ha seguitato poi
a raccontare. E' capitato,
ancora, che una sera lei li avesse messi a differenza del solito sotto le
lenzuola, e che poi, quando invece gli altri giorni era l'una o l'altra
nuora che doveva farle il letto, fosse stata lei a rivoltarlo, a riversare
allora le lenzuola alla finestra, sparpagliando tutti i soldi per strada. In un' altra
circostanza come al solito tenendoli in grembo, non si è accorta che nel
chinarsi le erano caduti fino in fondo alla scatola delle scarpe, senza più
ritrovarli, per giorni e giorni, finché a rinvenirveli è stata mia
madre. Li aveva
dati subito a mio padre per riconsegnarglieli, e mia nonna quando li ha
riavuti, in tutta risposta, " sapevo che qualcuno li aveva
presi", aveva detto prima ancora o invece di felicitarsi. Non penso
che lo credesse per davvero, cerco di dirle, per alleviare il suo
risentimento tuttora intatto verso mia nonna morta,- se ha allora detto
una tale enormità,- ed è per questo, in effetti, che ritengo che mia
nonna abbia allora parlato in tal modo,- non esitando ad accusare qualcuno
anche se sapeva che non era vero per niente, l' ha fatto pur di non
sfigurare, pur di non risultare lei, per quanto incolpevole, la
responsabile dello
smarrimento dei soldi",. **La miseria
che così ritorna nella mente
di mia madre, assediandola, Ciò che le
si imponeva allora di subire, senza potervisi opporre, senza che potesse
che sentirle " Di
notte, poi, mi sogno ancora di essere in famiglia, di esservi ancora
dentro e di dovere ancora subire senza sapere che dire e che fare, come
oppormici e reagire... E mi risveglio ancora agitata e ferita... Non si
poteva dir nulla, o fare niente in proprio con tua nonna, era lei alla
testa di ogni cosa, e occorreva chiederle il permesso di tutto, per
qualsiasi compera o necessità, anche se si fosse dovuto chiamare il
medico. Quando tu
avevi già più di un anno e già camminavi, ed è stato necessario
ingessarti per la lussazione alle anche, ho dovuto ricorrere allo zio
Gino, perché almeno lui facesse venire a casa il dottore. Camminavi
sbilanciato ora su una gamba ora sull'altra, avevi bisogno di tenere in
mano qualcosa per non oscillare, oh, ti rivedo ancora, che per stare
diritto tenevi in mano un peperone... E quando il
medico è venuto- lei, " Chi è che sta male? Chi è che l' ha
chiamato?- gli ha inveito contro rabbiosamente. Era poco
prima di Natale, e mi ricordo ancora come se fosse adesso, che cosa poi mi
ha detto, dopo che il dottore ti ha inviato dallo specialista e se ne è
andato via: " Almeno tu avessi aspettato che fossero passate le
Feste!...". Capisci,
quando io, come gli altri, ti vedevo camminare così male, ed ero talmente
in angoscia... Ed in città
ho dovuto andarci da sola, della famiglia, in compagnia per mia fortuna
della merciaia. Sembrava
dapprima che tu non avessi niente, poi le lastre, al pomeriggio, hanno
confermato che ti si doveva mettere il gesso che già Come urlavi,
dentro alla sala, quando ti hanno divaricato le gambe, l'ortopedico ha
perfino dovuto darti una sberla Ed adesso
come faccio mi sono detta, quando mi sono ritrovata con te che avevi tutte
e due le gambe ingessate. Come ci arrivo alla corriera? E come ti potevo
trasportare così a casa? La merciaia
che è venuta a vedere come procedevano le cose, mi ha detto allora di non
muovermi, di aspettare lì, che lei sarebbe tornata a casa in corriera
prima di me, e avrebbe chiesto in famiglia che venissero a prendermi. " Ma
come si fa?" mi ha detto. E solo
allora si è mosso tuo padre, ha ricordato mia madre tacendo ogni
commento, e l' ho visto infine venire a raggiungermi con la
Topolino". Sei mesi ho
portato il gesso. Poi il mare e la sabbia di Riccione hanno reso
rapido il recupero. Così
dicendo, mia madre che già non riusciva a cessare di avversare mia nonna,
seguitando a detestarla, e a patirne le imposizioni, anche vent'anni dopo
che era morta, di mio padre ricordava con disagio la condotta " E'
ancora come se tutto mi fosse presente- ha seguitato a ripetermi- come se
fossi ancora in famiglia a dibattermi, me lo sogno di notte, quel
travaglio, e la mattina sono tutta in tensione...". Quella
pagina di Mc Court, come lei ha cessato di sommuovere ricordi, ho finito
quindi di leggergliela. Papà Mc
Court - un terrorista, così come mio padre era stato un partigiano-,
finalmente si era deciso ad andare in comune a protestare per il
gabinetto, lamentandosi che la sua pestilenzialità, in famiglia, avrebbe
potuto sterminarli tutti. Siamo in
tempi pericolosi, aveva riconosciuto il tizio del comune. Per me era
invece tempo di accomiatarmi da lei. Da come, così,
cerco almeno, nel mio estremo ritardo, in spirito di verità di ravvivare
il possibile tra me ed i miei familiari.
Ninì mio Come si
accanisce ninì, l'uccellino mio, nella sua bella avidità sul
radicchietto di campo, per poi sorseggiare alcune gocce d'acqua e ripetere
il richiamo. Salsa Vedi il file
autonomo così titolato, e revisionato il 15 luglio 98
Salsa Nel caldo
mattino d'estate di quel venerdì di giugno, -l'afa precoce che mentre
innaffiavo i fiori diffondeva un
afrore di fradicio,- non avrei voluto ascoltare che quel ritmo
irresistibile di macarena, che lo sfrenarsi ancora della salsa provocante,
intanto che mi rinfrescavo e ritempravo sotto la doccia, mi rivestivo di
toni grigio-azzurrini, finalmente in anticipo sui tempi di inizio delle
lezioni, per consentirmi una breve visita, di estremo commiato, prima
delle esequie fissate per le dieci, di lì a poco più di un'ora. Nell'
obitorio, ch' è poco distante dalla scuola, avrei dovuto
pur entrare con le mie pesanti cartelle, "Balla
tu cuerpo allegria macarena...eh macarena ", ma non volevo, senza
soluzione di continuità, trascorrere da tale invasamento alla desolazione
che avevo ghermito e schiantato l' amica, che Mi ero
soffermato con lo sguardo sulla tinta dei suoi capelli nella solarità
inoltrata, di una tonalità che ne dissimulava la canizie più di quanto
non la celasse, il bel volto di lei tutto preso da quello che il negozio
ostentava in vetrina. Alle otto di
quel martedì sera il figlio, non ancora trentenne, le avrebbe detto che
intendeva andare a letto poiché si sentiva stanco, dove di lì a un
quarto d'ora lei l'avrebbe Così avevo
appreso a scuola ch'era avvenuta la tragedia, quando il mattino seguente
aveva iniziato a trapelare la notizia... Sul
*riproduttore, per predispormi, in luogo dei ritmi latinoamericani mettevo
(pertanto) un disco di musica portoghese, vi ascoltavo la voce e i fado di
Amalia Rodrigues, il suo canto struggente che nel cielo del mattino mi
schiudeva " Starà
a casa anche domani, allora, ..." ricordavo ancora sgomento " C' è
in giro la voce che la profe di Matematica sia assente perché le è morto
il figlio, e dunque pare proprio che non ci farà lezione le ore
seguenti..." Come se
nell' attesa degli imminenti mondiali di calcio, niente dovesse anche solo
scalfire il loro piacere di scherzare e di fare battute sulle reciproche
squadre. Rimasi Comunque
fosse li avevo poi convocati, i loro rappresentanti, consigliandoli che piuttosto che esprimerle pubblicamente e ufficialmente le
loro condoglianze, con una partecipazione al suo lutto sulla gazzetta
locale, cercassero di esserle vicini
personalmente, che qualcheduno di loro, anche a nome degli altri,
si recasse a farle visita presso la camera ardente, ... Ma quando
quel pomeriggio, solo sul tardi, mi ero deciso io stesso a farle visita
presso la salma del Prima di
recarmici, indugiando, a lungo avevo riordinato la casa, e mi ero
riassicurato più volte che il mio abbigliamento
fosse curato, mentre ero anche allora in ascolto di musica sudamericana,
riassaporando il piacere di ritrovare nella mia vita a posto ogni cosa,
almeno per quanto, a un' apparenza momentanea, vi era intatto di
esteriore. Mi
inquietava/turbava in particolare, nel mio indugio, l' affrontare la vista
della salma di un giovane uomo, per quanto non l'avessi mai visto da vivo,
io che da quando, allorché vivevo in paese, mi recai in visita a quel
ragazzo comunista ch'era rimasto stroncato su un campo di gioco da un
arresto cardiaco, di giovani defunti non avevo avuto modo di vederne più
altri. Ogni cosa a
posto, della mia vita ordinaria, non fosse stato per l' esito della
telefonata a mia madre... Che mi aveva
fatto sapere che loro, tutti quanti, lei, e mio fratello, sarebbero
convolati a Londra, la settimana seguente, da mio nipote che vi studiava. Dunque per
il suo primo volo in aereo, e il viaggio a Londra, non le era di
impedimento la malattia recente, l'operazione subita, il motivo per il
quale E nella sua
voce c'era quel tono di incomprensione infastidito, quasi che io la
mettessi a disagio, la imbarazzassi, nell' atteggiarmi ancora a suo
figlio, a loro congiunto, e che io, il mio caso difficoltoso, non ne
costituissimo più che un appendice superflua, che un imbarazzo
fallimentare di cui non volessero in effetti più saperne. " E'
patetico, è patetico, mi ero ripetuto, " Dev'
essere per l'autopsia ancora in corso", mi ero poi detto quel tardo
pomeriggio, nell' allontanarmi dall' obitorio,
sentendomi invero risollevato dal contrattempo, perché mi
agevolava in quello, che poi, sapevo che sarei comunque andato a cercare
in riva al fiume, a volervi fare, di scabroso, con la stessa bocca che
avrebbe dovuto rendere le sentite condoglianze. Non
dubitavo, infatti, che vi avrei trovato chi vi cercavo, chi la sera
precedente avevo finto di non riconoscere in quel dimenarsi di corpi nudi,
a ridosso di un' auto nella radura. " Non
ti fidar di un bacio a
mezzanotte...", seguitando a canticchiare imperturbato . All' atto
poi dell' approccio, prima del suo compimento,
mi ero guardato intorno nel folto circostante verso le acque,
addentrando lo sguardo in quella folta sodaglia ch'era il sottobosco di
ontani e pioppi, e avevo risposto al canto degli uccelli, confortandomi
che la vita mi fosse comunque possibile, che seguitasse ad essere per me
uno spettacolo che da quella tragedia n'era solo turbato, anzi, nel quale
la parte mia prossima, imminente, sarebbe stata quella certa di godere. Nella
reciproca stretta, poi, mentre assaporandolo ne odoravo la fresca
fragranza, chissà, avevo pensato, che cosa lui mi direbbe, se gli
confidassi che la camicia scura e i pantaloni eleganti che ho indosso sono
ancora gli abiti, che non ho voluto togliermi, con i quali avrei or ora
dovuto fare visita a un morto. La mattina
seguente, a rendermi ancora più esaltato, avrei ritrovato anche mia
madre, nella sua telefonata, quando nella sua voce ho sentito che si
preoccupava veramente di quando avrei potuto andare a trovarla, dei miei
travagli di trasloco. Era avvenuto
poco prima che facessi lezione nella classe di cui era insegnante anche la
mia sventurata collega, e che vi tenessi la lettura del giornale locale,
della notizia di quel decesso, che recava con l'immagine
del defunto. Ma quando
ebbi a chiedere a loro quale notizia di quelle che avevo letto li avesse
interessati, chi di loro era intervenuto si era preoccupato piuttosto di
sapere altro, se la squadra che avrebbe dovuto affrontare avrebbe disposto
dell' atleta che si diceva fosse rimasto ferito La visita
avvenne quel pomeriggio - e quando mi apparve il morto, io in quei suoi
lineamenti oscurati, grevemente maschili, non Lei, alla
quale feci solo un cenno, che non piangeva, che sembrava vigorosa/ Suo marito,
bello ed elegante, stava all' estremità superiore della bara, e nel suo
cospetto avvertii tutta la sicurezza e il riparo che seguitava a offrirle,
chi e che cosa, lei, l'aveva
preservata così positiva e dinamica e aperta alla vita. Mi
allontanai di lì a poco, che non c'era più ragione che ci sostassi
oltre, se ero dibattuto dalla volontà di assistere alla corsa ciclistica
che poi mi avrebbe entusiasmato, il Giro d'Italia, e del cui esito, la
vittoria di Pantani, mi felicitai con l'uccellino stesso che rimase sorpreso in
gabbia del mio trasporto "Non
immaginavo di vederla così giù...." il mattino seguente mi disse l'
allieva stessa ch'era parsa più degli altri colpita e sollecita. Oh, fosse
stata solo inconsapevolezza giovanile della morte... purtroppo, per loro,
quando appresi che l'intera classe si era assentata per il funerale del
giovane, venne adombrandomi e prese corpo il sospetto di quanto poi
fecero. Per
sincerarmene uscii con il permesso della Presidenza e mi recai alla
chiesa, e di loro, chi trovai invece che sostava al bar, chi mi avvidi che
a scuola, saltando le mie ore, da casa era sopraggiunto direttamente, a
differenza di quei pochi Ma che
valeva adirarsi con loro, con chi li giustificasse,
parlarne al preside perché provvedesse, restio o incapace, anche
costui, di fare altro che stendere un velo pietoso... A sera,
essendoci intravisti in chiesa, ebbi modo di discorrere di quella morte
con una mia coinquilina, che venni a sapere allora soltanto ch' era stata
un' insegnante, ora in pensione, che si era recata alle esequie perché il
giovane defunto l' aveva avuto come allievo alle medie, " Era così
gentile, così riservato, un alunno di quelli che non ti
dimentichi..." Io le dissi
a mia volta che vi avevo presenziato *per parte della madre, ch' era una
mia cara collega, la quale proprio per destinarsi solo ai figli, stava per
entrare allora in pensione. " Un
padre, una madre, se ti muore, te ne fai una ragione, è nelle aspettative
prima o poi di perderli -lei mi disse-. Invece quando ti muore un
figlio.." " Io
non ne ho di figli, ma credo che sia nell' ordine dei sentimenti naturali
che una madre preferisca di essere lei a morire prima, piuttosto che di
dover assistere alla morte di un figlio. "
Mostravano forza, coraggio, ma ora, chissà, finito tutto..." Ed a questo
ci congedammo.. E' così che
avevo perduto mia madre in quanto madre, pensai quando fui da solo in
appartamento. Quando ebbi
a capire che per lei valeva la sua vita più della mia. Non che gliene
avessi voluto per questo, no E pensai
allo schianto che avevo provato quando mi era
morto di recente l'uccellino adorato, il solo dolore, che avessi
vissuto, che fosse assimilabile al lutto di un genitore. Forse era
anche per sottrarmi a tanto, che la mia vita era stata così
solitaria/sola. Così
refrattaria a ogni affetto straziante. Ma la
rifiutavo, io allora, questa vita che sopravviveva? Innaffiai le
mie pianticine. La baciai,
la primula, che a stento era fiorita e seguitava ad ergere il suo fiore. "Ma si
muore tutti allo stesso modo- mi dissi nella sera celestiale- Ugualmente
reclinando il capo sullo stelo o sul collo. Senza che
nulla possa più darti alimento, o esserti d'appetito e di conforto, sia
esso il complesso di scambio nel terreno, o che altro di organico, la
trama degli affetti e dei divertimenti o di quanto persegui, che per
usura, o di schianto, cessano a quel punto di recarti la vita". La sera
smagliante, oltre i vetri aperti, - per me ancora invitante l'ascolto di
salsa e di samba.
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