Poesie 2007-2011
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Strema, mio Dio, il demone cui non basta la sua anima cara maggio 2004 |
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sabato 5 luglio 2008
ultime poesie ( 2007)
Sii tu, in me
Sii Tu in me,
in così strenua fatica,
del ramo il turgore che germina ancora,
la linfa che ripercorre l' inaridirsi
della fibra stremata,
sii Tu in una voce, che ancora richiama,
fra l'acredine della morsa il soffio d'amore.
Karma
Se allo sguardo temi il volto, larva di luna,
ed al limitare il piede vacilla,
mentre la parola sbianca
svanendo, immancabilmente,
quanto tu fosti
già bestia di fogna,
sterco di lastrico,
in quante altre vite morte tu soffocherai
ove sfiaterà il grido all'apparire del boia,
povero seme, dovunque ricadi,
stritolato tra i sassi dalla ruota che gira.
****
Amicizia
Che ho sofferto?
Se per quante gole di pianto
a te son giunto
Shiva Nataraja
Sii danza, o Dio,
che di bestia in fiore
ci ricongiunga
Kuttanad (1)
Sfoglia, la brezza,
(del bambino)/ del bimbo le pagine
in riva all'acque
****
Anche se fosse,
Anche se fosse
amalo per sempre,
sia la tua vita
***
Pianto d'amore,
Pianto d'amore,
risgorgano parole
a farsi canto
Anitre al largo, di sera
Qui ancora, tu vivi,
gracidano le voci
a cui ritorni
16 ottobre 2007
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giovedì 1 novembre 2007
Ultime foglie,
Ultime foglie,
sugli azzuri abissi
tremuli ori
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Gelido sterpo
Che gelido sterpo
finché ti sogno e nel cavo
stilla la linfa.
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Lettera di Natale revisione del 18 dicembre 2011
Verrà il giorno, mio caro,
che con i tuoi figli e( con) la tua sposa raccolti accanto
parlerai delle mie ceneri sparse,
e sedendo presso il tulsi (2) delle nostre deità
ricorderai l'amico che tornava ogni volta, da cosi lontano,
a sorvolare con te le nevi eterne dell' Himalaya,
od a fronteggiare gli oceani ove finisce l'India,
per condurti, nudo e tremante,
(nel Triveni Sangam) ove ti immergesti nel Sacro Fiume,
e parlerai loro di come, inavvertitamente,
l'amico dello Sposo sia diminuito a poco a poco,
sino a farsi solo una voce così vicina e tanto lontana ,
perché fossi tu, o mio diletto,
a crescere in loro come marito e padre ,
nell'attesa di un tempo, poi,
che fino alla fine dei miei giorni ci ritrovasse uniti,
al calore terminale di uno stesso tetto.
Verrà, quel giorno, ed io vi vedrò seduti senza di me,
voi intorno ai resti del mio ricordo,
io ancora intorno a voi,
in voi sino alla fine del vostro tempo,
(nell'attesa che) fin che anche voi, miei cari,
ad uno ad uno usciate dai vostri giorni,
per ritrovarci insieme, infine da sempre,
nella casa davvero di tutta la vita.
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Ora so,
Ora so, quando
tu mi chiami e io mi volgo
di Chi è che la voce
Note
1) Kuttanad, le backwaters del Kerala
2) tulsi, basilico in hindi. Per le sue valenze religiose, è al centro del
cortile di ogni famiglia di fede Hindu
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Poesie in itinere -tra Shimla e Srinagar- estate 2008
In Shimla - al Jakhu Temple di Hanuman
Al tempio del Dio
le bestie che incarna
fameliche intorno,
fumida nebbia
la pioggia che stilla
i declivi divini.
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Notte d’India
nubi di galassie,
ombra io del grembo
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In Manali
Alta sui monti
tra le chiarìe di nubi
traluce la luna,
Tu alito muto
nella schiusa dei monti
muovi ogni moto.
revisione del 18 dicembre 2011
Il gelo rafferma la coltre di neve
Il gelo rafferma la coltre di neve
sul roveto spento del bene adempiuto,
nella fredda miseria le mani d'angeli, congiunte,
nevicano il grigiore della luce dei cieli,
ora che più non incarna, che nel loro irrorarci ,
il sangue d'amore la livida bocca.
Variante
1) Il gelo rafferma la coltre di neve sull’addiaccio che serba il seme nel
grembo,
fin che al primo tepore che sciolga i cristalli,
che infervidi in linfa il ristagno d'orrore,
nel volto di gloria del tempo
delle uova di serpente si schiuda la cova
dicembre 2008
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2009
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L'urlo di morte
E l'urlo di morte si sperse nell'acqua tersa,
nella chiarità del cielo, nell'aria aperta,
il volo spiccava ancora alto
una colomba tremula,
al battito del palpitante cuore,
a una (alla) ricusata lacrima,
levandosi dal lastrico
del calpestio ulteriore,
della consunzione che fu splendore.
gennaio 2009
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Morte, mia cara morte,
Morte, mia cara morte,
se chiuderai i miei occhi
prima ch'io i suoi.
venerdì 20 febbraio 2009
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domenica 5 aprile 2009
Om,
oh, andato, andato,
all'altra sponda,
del tutto andato, ( oltrepassato)
e qui rimasto...
om gate, gate, paragate, parasamgate bodhi svaha...
oh, andato, andato,
oltrepassato,
oltrepassato del tutto,
e qui rimasto....
( e qui distrutto...)
( e qui disfatto)
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sutra del loto, IV
Splendida notte
tra placide anitre a riva
(è) la casa in fiamme
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Immoto incanto
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7 aprile 2009
china la luna
sui balenii nei fili
del sordo caos.
poi sul pontile
il treno che s'arresta
in vagoni accesi
revisione del 18 dicembre 2011
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Autunno
Quiete che langue
giorno dopo giorno
in cui sfuma l'estate.
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Tramonto sul lago
In purpuree acque
dell'estremo bagliore
svena la luce
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Lume di pieve,
oltre il tremito d'acque
che scorre a una riva
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E' appena stato
che fossi bambino,
nel fardello già disfatto
di un corpo di vecchio.
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SUMIT SEN
2007-2009
figlio mio
ciao, Sumit, addio mia stella, mio amore infinito.
Addio Sumit,
mio amore, mio tesoro,
infinito mio bene,
che niente e nessuno sveglierà più,
addio, morta mia cenere
già esalata fra i campi
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Che miracolo, nella mia desolazione, potere ancora intendere l'incanto
dell'Adagio della Trauersinfonie op. 44 di Haydn, nell esecuzione mirabile dell'Orchestra
da Camera di Mantova ( Amadeus, numero ultimo del dicembre 09 )
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sabato 5 dicembre 2009
Due Haiku per il mio Sumit
Sumit,
Sumit, bimbo mio
cuore della mia vita
senza più vita
Sumit, mio Sumit!
miei spenti occhi di sole,
mia stessa morte.
2010
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(Variante dicembre 2011 )
Al ritrovarci
Non fu il vostro peccato
che cessò il mio battito
nel cortile dei miei giochi e pianti,
o l'insinuarsi del veleno che mi soffocò il respiro,
fu perchè così, in verità ed amore,
ancora più fulgido si fece il fulgore
del desco in cui vi ritrovaste insieme.
Mi trattennero nell'oscuro passo
quante lacrime del vostro bene,
al punto che fui l'inviato,
a scongiurare lo schianto,
che l’ uno sul ciglio dell'altro vi asciugò il pianto,
bevendo fino in fondo
voi l'amarezza del calice,
il succo del dolore che non passa altrimenti,
l'amore che mi portaste fu talmente tanto.
Ora resterà lieve
l'attesa che rientrino anch'essi
ad uno ad uno,
ora che per giocare
abbiamo tutta l'eternità davanti.
Primi di aprile 2010
Commentario
Dolore
Gesù prega il Padre
di fare passare da lui il calice,
e il Padre esaudisce la preghiera del Figlio.
Il calice di dolore passerà da lui,
ma solo perché
verrà bevuto.
Gesù sa bene questo, mentre per la seconda volta si prostra a terra nel
Getsemani:
il dolore passerà da lui
se lo subirà.
solo assumendolo su di sè
supererà e sconfiggerà il dolore.
La sua croce è il suo superamento
Dietrich Bonhoffer
IL miracolo del messaggio pasquale.
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Un giorno quando avrete finito di percorrere la mulattiera del Calvario e
avrete sperimentato come Cristo l'agonia del patibolo, si squarceranno da cima
a fondo i veli che avvolgono il tempio della storia e finalmente saprete che la
vostra vita non è stata inutile. Che il vostro dolore ha alimentato l'economia
sommersa della grazia. Che il vostro martirio non è stato un assurdo, ma ha ingrossato
il fiume della redenzione raggiungendo i più remoti angoli della terra.
( don Tonino Bello, Alla finestra la speranza pg.51)
*
Mercoledì 7 aprile 2010
Che gelo astrale (nuova versione)
Che gelo astrale
se ne ascolto la Voce
si fa fuoco d'amore
Bambino mio
Bambino mio,
mi senti in Dio,
o tu non sei più neanche
la tua cenere?
Variante:
Bambino mio,
mi senti in Dio,
o non è più neanche
la sua cenere?
Per Sumit Sen ( 2007-2009), adorata anima mia, a due mesi dall'anniversario di
ciò che è successo.
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6-8 febbraio 2011
Due haiku
Sumit, piccolo Iddio,
spenti occhi di sole,
morta mia vita.
( variante di un precedente Haiku)
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Già fui io poeta
quanto morto e sepolto
e ancora in vita.
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Bambino mio, di tutto ciò che sento, penso, e argomento,
Bambino mio, di tutto ciò che sento, penso, e argomento, della realtà e di Dio,
infinitamente infiniti, la tua morte permane l'annientamento di qualsiasi senso.
Adorata anima mia
28 febbraio 2011
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Sumit,
sei tu, sempre,
il passaggio a vuoto
dei nostri giorni
Marzo aprile 2011
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Ma più non riaffiori
dal farsi tue acque morte
i miei
fondali
settembre 2011
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sabato
26 novembre 2011
Per Sumit Sen ( 2007-2009)
“ O figlio mio, per te ho tentato tutto il possibile,
ho convocato ogni combattente, ogni medico e sapiente,
ad ogni dio per te mi sono piegato nel gemito,
ma per te io non ho potuto fare niente.
Non ho potuto riscattarti alla morte.
La tua sorte non sta nelle mie mani.
Il potere supremo è di Colui che è intangibile da ogni ingiuria,
Al cui cospetto è impotente ogni forza del mondo"...
Riscrivendo Attar, Parole di Sufi Massime di Hasan al-Basri
versione antecedente
“ O figlio mio, per te ho tentato tutto il possibile,
ho convocato ogni combattente, ogni supplice e sapiente,
ogni più incantevole giovane ornata di ogni ricchezza,
ad ogni dio per te mi sono piegato nel gemito
ma non ho potuto riscattarti alla morte.
Io non ho potuto fare niente.
La tua sorte non è nelle mie mani.
Il potere supremo è di Colui che è intangibile da ogni ingiuria,
Al cui cospetto è impotente ogni forza del mondo"...
Riscrivendo Attar, Parole di Sufi Massime di Hasan al-Basri
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giovedì 3 novembre 2011
The riverbank field Seamus Heaney
Quale mio omaggio alla grandezza poetica di Seamous Heaney, nostro concittadino
onorario, e per il suo tramite a quella eccelsa di Virgilio, offro al pubblico
dei lettori di questo giornale le mie traduzioni di tutti i testi poetici di
mia conoscenza del poeta irlandese, Premio Nobel 1995, di cui il genio
virgiliano è stato ispiratore.
Ogni mio atteggiarmi che appaia di disdegno di recenti dichiarazioni
esautoranti l’ uno e l’altro, è puramente e deliberatamente intenzionale.
Da Catena Umana- Humain Chain 2010
The riverbank field
Il campo in riva al fiume
Ask me to translate what Loeb give as
“ In a retired vale … a sequestered grove”
And I’ll confound the Lethe in Moyola
By coming through Back Park down from Grove Hill
Across Long Rigs on the riverbank-
Which way, by happy chance, will take me past
The domos placidas, “those peaceful homes”
Of Upper Broagh. Moths then on evening water
It would have to be, not bees in sunlight,
Midge veils instead of lily beds; but stet
To all the rest: the willow leaves
Elysian-silvered, the grass so fully fledged
And unimprinted it can’t not conjure thoughts
Of passing spirit-troops, animae, quibus altera fato
Corpora debentur, “spirits”, that is,
“ to whom second bodies are owed by fate”.
And now to continue, as enjoined to often,
“ In my own words”
“All these presences
Once they have rolled time’s wheel a thousand years
Are summoned here to drink the river water
So that memories of this underworld are shed
And soul is longing to dwell in flesh and blood
Under the dome of the sky.
after Aeneid VI, 704-15,
748-51
Chiedimi ch’io ti traduca ciò che per Loeb 1
è “ in una solitaria valle…
un appartato bosco”2 e ti
trasfonderò il Lete nel Moyola,
pervenendo attraverso Back Park
giù da Grove Hill, per tutto Long Rigs
sino alla riva del fiume3- un percorso
che per un caso felice, mi porterà oltre
le domos placidas,4 “quelle placide case”
di Upper Broagh. Falene su acque serali
invece che api5 nella luce del sole,
invece che aiuole di gigli6
velami di moscerini; ma “stet”
sorga tutto il resto, come uguale,
le foglie di salice elisio-argentee,
l’erba dei prati così in resta 7,
e incalpestata, che non può
non evocare pensieri di schiere
di spiriti in transito , animae,
quibus altera fato corpora debentur, 8
“di spiriti”, cioè, “cui secondi corpi
siano attribuiti dal fato”.
Ed ora per continuare, come spesso
mi si ingiunse” con le mie parole”
“ Tutte queste presenze
Dopo che hanno fatto orbitare
Per mille anni la ruota del tempo
Sono convocate qui a bere Letee acque
A che vada persa ogni loro memoria
Di questo mondo a voi sotterraneo
E l’anima sia ardente di rientrare
In carne e sangue sotto la volta celeste9”
da Eneide VI, 704-15, 748-51
Commento
Il paesaggio terreno in cui transita il poeta è lo stesso umile paesaggio dell’
Irlanda del Nord dove trascorse la sua infanzia favolosa- da Seamus Heaney
rievocato mirabilmente nelle pagine prosaiche di Attenzioni- e dove il fiume
Moyola scorre in un parco- ma è tale la virtù della poesia, che al poeta basta
che traduca Virgilio, secondo gli spunti che gli offre l’edizione Loeb, senza
ancora ricorrere a parole sue, perché tale realtà si traduca a sua volta in
quella ultraterrena dei Campi Elisi evocati da Virgilio nel canto VI dell’
Eneide, ed al contempo l’oltremondo si trasfonda nella realtà circostante che
se ne fa apparenza, ne diventa la trasposizione e l’ inveramento nella sue più
umili ed evanescenti vite animali, falene e moscerini. In virtù della parola
poetica tale realtà naturale risulta talmente incontaminata, che i prati
intatti ne sono diventati le estensioni elisie in cui possono essere di
passaggio solo i puri spiriti, le sole presenze che possono transitarvi
lasciandoli così integri. Come le acque del fiume Lete le parole poetiche
tramutano a tal punto le cose, che rendono decidue le impronte dolorose di ogni
traccia mnestica, e l’anima può smaniare di rifarsi nuovamente carne e sangue,
di avere di nuovo, la misera, “lucis …dira cupido” ( Virgilio, Eneide VI, 721),
come smaniano di riassumere un corpo le anime elisie dell’oltremondo virgiliano,
che dalle acque del Lete siano state rese immemori della propria esistenza
terrena antecedente.
Note
1) Seamus Heaney si riferisce all’edizione dell’Eneide edita dalla Loeb Classic
Library
2) Eneide VI, 704-705 “Interea videt Aeneas in valle reducta/ Seclusum nemus et
virgulta sonantia silvae”
3) “Se il lago Beg segnava un limite del terreno dell’immaginazione, Slieve
Gallon ne segnava un altro. Slieve Gallon è una montagnola nella direzione
opposta, che porta l’occhio sui pascoli e i terreni arati e i boschi lontani di
Moyola Park, lontano verso Grove Hill e Back Park e Castledawson” Attenzioni,
Preoccupations. Prose scelte 1968-1978 Editore Fazi, 2004, pg.9
4) Eneide VI, 705 “Lethaeumque ( Videt Aeneas) domos placidas qui praenatat
amnem”. Sono le sedi dei beati che lambiscono le acque del Lete.
5) Eneide, VI, 706 -709 “Hunc circum innumerae gentes populique volabant:/Ac
velut ij pratis ubi apes aestate serena / floribus insidunt variis et candida
circum/ Lilia funduntur, strepit omnis murmure campus”.
6) Vedi nota precedente
7) Letteralmente “ impennata”, l’erba, in steli e spighe e infiorescenze, e
dunque rigogliosa e composta come un piumaggio erto e compatto.
8) Virgiliio, VI, 713-715 : “Tum pater Anchises: animae, quibus altera fato/
corpora debentur, Lethaei ad fluminis undam/ Securos latices et longa oblivia
potant”
9) Virgilio, Eneide, VI, 748-751 “ Has omnis, ubi mille rotam volvere per
annos,/ Lethaeum ad fluvium deus evocat agmine magno, / Scilicet immemores
supera ut convexa revisant/ Rursus et incipiant in corpore velle reverti”.
Virgilio, Seamus Heaney, EGLOGA IX
LYCIDAS: Where are you headed, Moeris? Into town?
MOERIS: The things we have lived to see. . . The last thing
You could've imagined happening has happened.
An outsider lands and says he has the rights
To our bit of ground. "Out, old hands," he says,
"This place is mine." And these kid-goats in the creel –
Bad cess to him—these kids are his. All's changed.
LYCIDAS: The story I heard was about Menalcas,
How your song-man's singing saved the place,
Starting from where the hills go doubling back
And the ridge keeps sloping gently to the water,
Right down to those old scraggy-headed beech trees.
MOERIS: That's what you would have heard. But songs and tunes
Can no more hold out against brute force than doves
When eagles swoop. The truth is, Lycidas,
If I hadn't heard the crow caw on my left
In our hollow oak, I'd have kept on arguing
And that would've been the end of the road, for me
That's talking to you, and for Menalcas even.
LYCIDAS: Shocking times. Our very music, our one consolation,
Confiscated, all but. And Menalcas himself
Nearly one of the missing. Who would there be to sing
Praise songs to the nymphs? Who hymn the earth
To grow wild flowers and grass, and shade the wells
With overhanging green? Who sing the song
I listened to in silence the other day
And learned by heart as you went warbling it,
Off to the Amaryllis we all love?
The one that goes, "O herd my goats for me,
Tityrus, till I come back. I wont be long.
Graze them and then water them, and watch
The boyo with the horns doesn't go for you."
MOERIS: And then there was that one he never finished,
Addressed to Varus, about a choir of swans
Chanting his name to the stars, "should Mantua
Survive,
LYCIDAS: If you've any song to sing, then sing it now
So that your bees may swerve off past the yew trees,
Your cows in clover thrive with canted teats
And tightening udders. The Pierian muses
Made me a poet too, I too have songs,
And people in the country call me bard,
But I'm not sure: I have done nothing yet
That Varius or Cinna would take note of.
I'm a squawking goose among sweet-throated swans.
MOERIS: I'm quiet because I'm trying to piece together
As best I can a song I think you'd know:
"Galatea," it goes, "come here to me.
What's in the sea and the waves that keeps you spellbound?
Here earth breaks out in wildflowers, she rills and rolls
The streams in waterweed, here poplars bend
Where the bank is undermined and vines in thickets
Are meshing shade with light. Come here to me,
Let the mad white horses paw and pound the shore."
LYCIDAS: There was something I heard you singing by yourself
One night when the sky was clear. I have the air
So maybe I'll get the words. "Daphnis, Daphnis, why
Do you concentrate your gaze on the old stars?
Look for the star of Caesar, rising now,
Star of corn in the fields and hay in haggards,
Of clustered grapes gone purple in the heat
On hillsides facing south. Daphnis, now is the time
To plant the pear slips for your children's children."
MOERIS: Age robs us of everything, of our very mind.
Many a time I remember as a boy
Serenading the slow sun down to rest,
But nowadays I'm forgetting song after song
And my voice is going: maybe the wolves have blinked it.
But Menalcas will keep singing and keep the songs.
LYCIDAS: Come on, don't make excuses, I want to hear you
And now's your chance, now this hush has fallen
Everywhere—look -- on the plain, and every breeze
Has calmed and quieted. We've come half-way.
Already you can see Bianor's tomb
Just up ahead. Here where they've trimmed and faced
The old green hedge, here's where we're going to sing.
Set that creel and those kid-goats on the ground.
We'll make it into town in all good time,
Or if it looks like rain when it's getting dark,
Singing shortens the road, so we'll walk and sing.
Walk then, Moeris, and sing. I'll take the kids.
MOERIS: That's enough of that, my boy. We've a job to do.
When the real singer comes, we'll sing in earnest.
LICIDA
Dove ti rechi, Meri? In città?
MERI
Vivere quello che abbiamo vissuto
Per vedere …L’ultima cosa
Che avresti immaginato che accadesse
È accaduta. Ti capita un estraneo
Che accampa ogni diritto
Sul tuo pezzo di terra “ Fuori, mal arnese”,
Egli grida, “ E’ mio questo fondo”
E questi capretti nella cesta- Vada alla malora-
Sono suoi anch’essi. E’ cambiato tutto”
LICIDA
Ho sentito una storia del genere
Quanto a Menalca,
Come il tuo cantore abbia con il canto
Salvato il podere
Da dove le colline ne retrocedono
E i dolci declivi giungono all’acqua,
Giù fino a quei vecchi faggi scalvati in cima
MERI
E’ quanto avresti dovuto sentir dire.
Ma melodie e canti
Di più non possono contro la forza bruta
Che le colombe quando piombano le aquile
La verità, Licida, è che se non avessi
Udito a sinistra gracchiare il corvo
Nella nostra quercia cava, non avrei
Smesso di litigare, e questo per me
Che ti parlo, come per lo stesso Menalca,
Sarebbe stata la fine dell’andare.
LICIDA
Tempi sconvolgenti. La nostra vera musica,
Nostro solo conforto, pressoché confiscata
Per poco lo stesso Menalca
Tra i perduti. Chi ora qui canterebbe
Lodi alle ninfe? Chi inni alla terra
Perché germini fiori di campo ed erbe,
E adombri i pozzi con sovrastante verde ?
Cantando il canto che l’altro giorno
Udii in silenzio, tenendolo io a mente ( memorizzandolo)
Così come lo venivi gorgheggiando,
Volto ad Amaryllis, di noi tutti amore (che noi tutti amiamo )?
Quello che fa, “ Oh, radunami le capre,
Tityro, fino a quando io non torni. Non intendo
Stare via a lungo. Abbeverale
E poi pascile, e adocchia
Che il bricco cornuto non t’attacchi”
MERI
E che dire di quell’altro che lasciò incompiuto,
Rivolto a Varo, su di un coro di cigni
Che canta(va) il suo nome fino alle stelle,
“Sia Mantova superstite, Mantova
Troppo vicina all’ infelice Cremona”
LICIDA
Se tu hai un qualsiasi canto da cantare, tu ora cantalo, allora.
Cosicché le tue api eludano i tassi,
Le tue vacche crescano rigogliose nel trifoglio, con penduli capezzoli
E pregne mammelle (astringentisi). Le muse di Pieria
Pure di me fecero un poeta, io pure posso esibire canti
E la gente nel contado mi considera bardo:
Ma io ne dubito: non ho ancora prodotto nulla
Di cui Vario o Cinna terrebbero conto.
Sono un’oca che gracida tra cigni dalla dolce ugola.
MERI
Sono assorto nella ricerca di ricomporre,
Come meglio posso, una canzone che penso tu conosca.
“ Galatea,” fa, “vienimi accanto.
Che c’è tra le onde del mare
Che ti lascia incantata?
Qui la terra si sbreccia in fiori di campo,
Suo è il rollio irriguo di rivoli
Tra l’elodea, qui i pioppi s’inflettono
Dove infranto è l’argine/ dov’è eroso l’argine/ e viti inviluppate
Reticolano ombre e luce. Vienimi accanto.
Lascia che i folli cavalli bianchi
frangano le acque scalpitando.
LICIDA
C’è un assolo ch’io ti udii cantare
Una notte che il cielo era terso. Ho in mente l’aria,
Così troverò forse le parole. “ Dafni, perché, Dafni
Fissi il tuo sguardo sulle antiche stelle?
Cerca la stella di Cesare, che sta sorgendo,
Stella del grano nei campi e delle fienagioni ( sparse),
Degli acini a grappoli che imporporano nel calore
Su crinali volti al sud. Dafni, ora è il tempo
D’ innestare il pero per i figli dei tuoi figli”.
MERI
Gli anni ci privano di tutto, del nostro vero spirito.
Mi ricordo di quante mie serenate da giovinetto
Al lento calare del sole a riposarsi,
Ma ora mi smemoro di una canzone dopo l’altra
E la mia voce se ne sta andando: forse i lupi l’hanno resa fioca.
Ma Menalca continuerà a cantare e a preservare i canti.
LICIDA
Entra in gioco, senza ( niente) scuse, voglio sentirti cantare.
Ed ora è la tua occasione, ora che questo silenzio
E’ calato ovunque- vedi- sulla pianura, e che ogni brezza
E’ quiete e calma. Siamo a metà
Del nostro cammino. Già puoi vedere la tomba di Bianore
Un poco più oltre. Qui dove hanno cimato e raso
La vecchia siepe verde, è dove ci accingeremo al canto.
Posa a terra quella cesta e quei capretti.
Li consegneremo in tempo in città,
O se sembra che piova all’oscurarsi,
Al canto si abbrevierà il percorso, procederemo così cantando.
Allora/Dunque vai, Meris, e canta. Prenderò io i capretti.
MERI
Non insistere, giovane mio. Abbiamo un lavoro da compiere.
Quando il vero cantore sopraggiunga, allora noi canteremo (potremo cantare) per
davvero.
Commento
In Electric Light ( 2001) la traduzione della Egloga nona di Virgilio si
colloca tra Red, White and Blue, che la preannuncia nell’ultimo verso ( “And we
are borne- sweet diction- south and shout”) e la Glanmore Eclogue, che a sua volta
è modellata sull’ Egloga Prima delle Bucoliche. In tal senso Seamus Heaney
sembra accreditare la tradizione interpretativa, risalente a Probo, che
considera l’Egloga Nona antecedente alla Prima, in quanto in essa Virgilio
avrebbe dapprima espresso il lamento del danno infertogli con la confisca dei
propri terreni a vantaggio dei veterani di guerra, per poi dare voce nell’
Egloga Prima a tutta la propria gratitudine ad Augusto per il beneficio della
loro restituzione .La propria esperienza personale che Seamus Heaney ha
trasposto in quella rievocata da Virgilio nelle due Egloghe, è il suo
trasferimento dall’Irlanda del Nord nella contea di Wicklow, nel cottage di
Glanmore presso Dublino. La forza bruta contro cui non possono nulla le melodie
e i canti del poeta, sono gli odi civili e l’esposizione al rischio in cui
sotto la dominazione anglo-protestante versava la sua esistenza quotidiana
nell’Ulster. Contro tale violenza storica, trasponendosi in Menalca ed in Meri,
egli lamenta il cedimento remissivo che gli è stato imposto, per garantirsi il
salvacondotto che gli ha assicurato la messa in sicurezza personale, accusa la
sospensione della propria voce poetica resa fioca dagli “ Shocking times “, in
attesa di tempi più propizi per il proprio avvento ulteriore con la propria
grande poesia, E’ nella Glanmore Eglogue, piuttosto, che S. Heaney attua “una
messa in scena suoi risorgenti sensi di colpa e timori di evasione idillica
rispetto a una realtà intrisa di sangue e di scelera”, come sostiene Roberto
Nassi a proposito della traduzione stessa dell’ Egloga Nona. Rispetto al testo
di Virgilio, come ha rilevato lo stesso Nassi nel suo mirabile commento,
ricorrono soltanto alcuni ritocchi, ma assai significativi, in quanto in luogo
dell’indignazione virgiliana vi trova espressione la rassegnazione civile di
Heaney, entro un arrangiamento complessivo della sua traduzione che ne
determina un abbassamento di registro rispetto a quello virgiliano. Gli
espedienti salienti ne sono l’ elisione generalizzata dell’amplificatio, “ la
soppressione degli epiteti preziosi, eziologici, e dei riferimenti
celebrativi”. ( Per una analisi più puntuale vedasi quanto del saggio in
questione è stato trasposto nelle note di questo commento3). Le varie versioni
di questa traduzione dell’Egloga Nona contengono la sola variante “ my boy” in
luogo della originaria “ Young yellow” del testo originario, a quanto si è
potuto attestare. La mia traduzione in italiano della versione dell’Egloga Nona
di Seamus Heaney, l’ha ricondotta in terra virgiliana sotto le spoglie di un
italiano colloquiale, ho cercato di mantenermi così fedele all’ abbassamento di
tono di Seamus Heaney reinventandolo in corrispondenti modi di dire comuni ma
particolari dell’italiano, altrimenti, se mi fossi attenuto all’osservanza
stretta e al ricalco diretto delle locuzioni linguistiche adottate da Heaney,
avrei tramutato. la sua scioltezza linguistica in genericità ordinaria, al
limite della sciattezza.
[1] “Virgilio bucolico per ritrovare la gioia del canto senza tema di facili
evasioni non aveva forse altra possibilità ai nostri giorni che trasferirsi da
Mantova a Glanmore o a Bann Valley.“And we are borne – sweet diction – south
and south”, l’ultimo verso di “Red, White and Blue”, quattordicesima poesia
della raccolta, ci porta dritti dritti dall’Irlanda al mantovano, alla dolce
dizione dei pastori cantori e alla dura realtà dell’esproprio delle terre.”
rileva Roberto Nassi in Attualizzazioni Novecentesche del Genere bucolico I
casi di Zanzotto ed Heaney
[2] “Ma è anche, nonostante lo stesso eccelso tra i rustici cantori Menalca
abbia visto in faccia la morte e sia salvo per miracolo, un atto di fede
nell’umanità del canto, ricchezza inespropriabile cui comunque – nella chiusa
dell’ecloga – è affidata l’ultima parola “carmina tum, melius, cum venerit
ipse, canemus.”E, a confermare la specifica centralità di questa fede
inalienabile in Heaney, basterà osservare che uno dei rari, e tra questi il più
vistoso, luoghi in cui la rimodulazione dell’irlandese si distende nell’amplificatio
è l’incipit del terzo intervento di Lycidas. In Virgilio reagisce d’impulso
alla notizia che lo stesso Menalca ha rischiato la vita, abbandonandosi a
un’esclamazione di stupito dolore e a un incalzare di domande che l’animo
vorrebbe, ma la realtà non concede, retoriche:
Heu, cadit in quemquam tantum scelus? heu, tua nobis
pene simul tecum solacia rapta, Menalca ?
Quis caneret Nymphas? [...]
In Heaney la reazione del pastore è improntata a una più desolata
rassegnazione. La scelleratezza dei tempi è accolta come dato di fatto e
ineluttabile cui tutto cede tranne la consolazione del canto:
Shocking times. Our very music, our one consolation,
confiscated, all but. And Menalcas himself
nearly one of the missing. Who would there be to sing
praise songs to the nymphs? [...]
Mai come in quest’ecloga, in cui i pastori, in tanta tristezza pure ripescano
nella memoria l’armoniosa dolcezza dei canti più vari, per dirla con
un’espressione cara a Heaney, “the imagination presses back against the
pressure of reality”. L’ecloga anzi dialettizza al suo interno, come in una
vivacissima mise en abyme, questa suprema funzione della poesia che la rende
“veicolo dell’armonia del mondo” come sosteneva Nadezhda Mandelstam in un passo
citato dallo stesso Heaney che vale la pena riportare per intero: The work of
the poet, as a vehicle of world harmony, has a social character – that is, it
is concerned with the doings of the poet’s fellow men, among whom he lives and
whose fate he stares. He does not speak “for them”, but with them,
nor does he set himself apart from them: otherwise he would not be a source of
truth. “( R. Nassi ibidem)
[3] “All’inverso è costante la soppressione degli epiteti preziosi, eziologici,
e dei riferimenti celebrativi. Così, per fare un solo esempio dell’uno e
dell’altro caso, si noti che, nei versi sopra citati, le “Chaonias columbas”
virgiliane diventano semplicemente “doves”; l’apostrofe celebrativa a Varo
intonata da Moeris è declinata nella versione inglese in un discorso riportato,
mentre è Mantova la destinataria dell’invocazione diretta e la sua
sopravvivenza l’oggetto della speranza del pastore. Le mucche, poi, si cibano
dell’irlandese “clover” (trifoglio) anziché dell’esotico (ma ugualmente
trifogliato) “cytisum”! “ ( R. Nassi ibidem)
Dalla Glanmore Eclogue di Seamus Heaney
Giovane
estate, il cuculo chiurla,
<em>Benvenuta,
estate,</em> è quanto canta.
Respira
l’erica su soffici cuscini di torba
L’erioforo
s’inchina al vento di brughiera.
Il
cuore del cervo salta un colpo, trasale.
La
marea si gonfia, sta sospesa, si riversa.
Stagione
dell’assopito oceano
Ciuffi
giallo-fiorescenti di ginestra spinosa.
Banchi
di torba brillano come ali di corvi
Il
cuculo seguita a dirle benvenuta
Balza
il pesce screziato. E il forte guerriero
Sorge
di corsa
Un
tipetto agile gaio
Raggiunge
la nota più alta che ci sia.
L’allodola
dispiega nel canto la sua chiara novella
Estate,
estasi, giorni perfetti.
Poesie 2008-2009 |