Mont Abu 4 agosto 2005
Claudio il mago, l'assistente tecnico ch'è il sovrintendente del laboratorio di Informatica del mio Istituto, nella sua e-mail
mi invitava a preservarmi al di sopra delle banalità della vita
quotidiana, confortandomi a ignorare molestatori e tormentatori quotidiani, per procedere nel puro conoscere sempre altro di nuovo
Ma la sua lettera in Jaisalmer, ieri mattina, mi perveniva nel giorno stesso che vi vanificavo ogni prolungamento della mia
sosta da che, al mio ingresso ritardato nei templi
jainisti, ero sopraffatto dalla scoperta che non potevo più usare le memory cards di cui l'altro ieri avevo fatto copiare le immagini su cd rom : il fotografo ne aveva invalidato l'uso salvaguardandole da ogni riscrittura possibile.
Così, anziché destinare il resto della mia giornata, prima della partenza per il Mont Abu, ad ammirare ancora le haveli traforate di luce, il soprelevarsi nel forte di logge e balconi, ripercorrevo a
perdifiato le vie dei principali negozi di Jaisalmer,per chiedere invano
ragione del suo operato, a chi aveva proceduto a tale annullamento delle mie
possibilità fotografiche.
Ma è inevitabile che cose del genere accadano, a chi, nell' avidità
acquisitiva di immagini, vuole accumulare i suoi tesori sulla terra,
" dove tignole e ruggine ne consumano" ( vangelo secondo Matteo, 5,
21).
E brutture, miseria, litigiosità irata desolante, quando prendevo di petto
il giovinastro che se non gli davo la baksish per i bagagli ch'era suo
mestiere caricare sull'autobus di cui era l'addetto, minacciava di
lasciarli tra i rifuiti per strada, quindi da che nel pomeriggio mi sono
arreso a parti eer Jodpur sull' automezzo sul cui degrado scassato mi
sconfortava salire a sedere, hanno intristito il mio
viaggio sino a Mont Abu, sino al mio arrivo quand' era ancora notte sotto una
rada pioggia. sul degrado della vettura .
E una fumida nebbia, a mezzogiorno inoltrato, preserva
tuttora quale un fantasma il lago che ho di fronte, impedendone anche ogni mia
memoria sensoriale, quand'anche volessi affidarmi a questo mio solo tramando.
Non rimane che salire fino ai Dilwara temples jainisti, perchè
immaginazione, cultura e parola, possano salvaguardarne il ricordo.
A stroncare ogni rincrescimento, e rammarico, vi è il divieto di qualsiasi
ripesa fotografica del sito.
Udaipur 6 agosto 2005
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Il custode, trattenendosi con me all' uscita, credeva che avessi motivo di rammaricarmi di non aver potuto fotografare il complesso templare, mentre, prima di rimettermi le scarpe, cercavo come lavami il piede il cui alluce è infiammato, che per ore e ore era rimasto a mollo nel guzzo del piovasco.
Era stato invece un sollievo, un liberazione dallo schiavismo coatto della
riproduzione fotografica nella contemplazione mentale, nell' estasi pura di vedere il marmo farsi schiuma rappresa del flusso dell' Uno nelle volte dei mandapa, ho cercato di fargli
comprendere. Ed egli ha inteso illuminandomi: Voi avete veduto tutto con
l'occhio della mente, mi ha significato a gesti a parole.
In Udaipur 6 agosto
Una giornata che si era preannunciata
deprimente nel suo corso d'avvio, quando l'altro ieri mi sono
risvegliato in quel ricetto squallente in cui avevo preso alloggio quand'era
ancora notte, senza potermi avvedere del suo sordidume, si è poi
sublimata nela visita dei templi jainisti di Delwara.
Il più antico, risalente al 1031, voluto dal condottiero
Vimal per espiare gli scempi sanguinari di cui si era macchiato nelle sue
imprese militari, che perpetuamente fronteggia a cavallo il tributo che vi è
reso al Thirtankar Adinatah, alla testa del gruppo marmoreo degli
elefanti che procedono verso l'ingresso, si fa una miriade statuaria nel
porticato e nei mandapa che precedono il sancta sanctorum del garbagriha,
M ancora più esaltante, era il Tejpal Temple dedicato invece
a Neminath, il 220 dei Tirthankar: vorticando lo
sguardo nelle volte dei mandapa e del vestibolo, restavo rapito
dallo stupore incessante, alla vista della trasfigurazione del marmo in
pura efflorescenza e lamina fogliare, della sua
smaterializzazione in cerchi e poligoni lobati, sboccianti gli uni
dagli altri, all'
irradiarsi del rosone del *mandapa centrale sino a lambire le dee
della conoscenza, le Vidhyaden, in flutti concentrici, arcuati in lobi,
in cui il marmo torna a farsi concrezione di spuma marina nell' opera
dell' artefice anonimo.
La foschia si faceva nebbia nella discesa verso Mont Abu, in cui si
distinguevano appena le palme nel rigoglio del verde, ai bordi dei torrenti,si
convertiva in uno scroscio di pioggia e in un gocciolio persistente, nell' umidore
della notte e)del mattino in cui lasciavo Mont Abu .. .
Lungo la discesa una schiarita lasciava apparire una meravigliosa vegetazione
rigogliosa, ancora fumante, in cui dei branchi di scimmie si appressavano ai bordi
delle strade. Il verde ammantava le groppe degli Avalli sino intorno ad Udaipur, da cui scrivo.
Ieri ho visitato sol il tempio visnuhita, il Jagdish temple: è estremamente pregevole
nelle miriadi di statue che lo gremiscono fino all' alta sikkara ed ai grappoli di * sikkara, che ne infoltiscono i 24 metri dell'ascesa verticale.
Particolarmente singolare è l'avatar del dio che reca una testa
mozzata e preservata in vita.
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