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All' arrivo in autobus a Jaisalmer da Iaipur , dopo ore e ore di brullo deserto, sono stato preso d'assalto da una torma di procacciatori, essendo io l'unico straniero a bordo dell' automezzo.Mi si contendeva sbracciandosi e facendo a gomitate, nel precedere gli altri competitori con sollevate in alto la paletta ed il cartello dell'hotel cui mi si voleva avviare, serrandomi davanti il cammino, afferrandomi e brancicando le mani e la braccia, nel tentativo di levarmi i bagagli per caricarli sul proprio risciò. Io ho seguito l'indicazione dell' autista stesso che mi si è avvicinato sgomento, dicendomi di seguitare avanti, verso un punto qualsiasi. Ma ho dovuto per questo accelerare il passo sotto il peso di decine di chili di bagaglio, finchè non mi sono ritrovato che con pochi di loro appresso, ancora accaniti, e ad uno di loro, il meno assillante , ho potuto indicare l'hotel che avevo prescelto, all' interno delle mura del forte, vietandogli categoricamente ogni diversione. con il suo motorisciò.Ma valicate le porte, il giovane non intendeva procedere oltre se non lievitavo il mio compenso, al che io mi sono fatto scaricare con i miei bagagli , per ricorrere piuttosto ad un secondo risciò-wallah fino alle soglie dell' hotel. Ma pur in tali disguidi, e contrattempi, oltre le porte mi ritrovavo incantato nel sopraelevarsi delle muraglie in stupefacenti palazzi,
i cui sporti illeggiadrivano l'erta impervia di quelle pareti, le volte della successione delle porte interne, commutandole nella fine trama in cui erano orditi, entro uno schiudersi nella pietra di ricami di fiori
E oltre la piazza palatina, intagliate nello stesso calore dell' identica pietra, la selva delle vette inflesse dei sikkara dei templi jainisti, shivaiti.., che preludevano l'inalveolarsi tra le mura degli acciotolati trabeati e calcinati di bianco delle dimore povere, nell' idioma locale, poi nell' incanto della sera, mentre cercavo di volgere gli occhi al loro splendore irrorato dal lume lunare, non avrei potuto al contempo levarli da dove mettevo i piedi, talmente sono dappertutto i lasciti delle vacche che affollano in Jaisalmer anche l'altura del forte, intrufolandosi anche dentro le porte delle case, risalendo lungo le scalinate anche i basamenti delle haveli, così come i maiali selvatici sorbivano il fresco internandosi negli scoli della città bassa. Ancora più mirabili, il giorno seguente, mi sono apparse le haveli nella città sottostante, la Patwon Ki o la Salim Singh Ki Havel, trama granulata o filigranata delle grate delle jali, la merlettatura (variegatura) del traforo dei balconi , dei rilievi penduli e della profilatura delle loro cornici dentellate e degli sporti, nella loro variegatura luministica toccavano l'acme della vibrazione del fremito (originario). Dall' alto dei terrazzi delle haveli, riappariva in tutta la sua possanza il giro delle mura superstiti del forte, dei bastioni in cui la muraglia si arrotondava, sovrastata dagli edifici palatini. Si è però così vanificata l'esclusività di quanto credevo mi fosse stato accordato di ammirare solo perchè mi ero inoltrato sino all' altura retrostante la città, quando già la sera incombeva il giorno del mio arrivo, e nella calura stremante del primo pomeriggio Il conducente del motorisciò al quale, sfinito dal caldo, mi rivolgevo tra i vicoli addossati al rilievo, perché mi riconducesse in centro, ai piedi della fortezza, mi chiedeva di consentirgli di scaricare una bombola del gas a casa sua, prima di recarmici /avviarmici I ciotoli calcinati che aggregavano i bugni delle quattro mura dove viveva, mi serravano l'ani mo intorno alle ragioni per le quali per poche rupie ero stato posto sotto assedio dai questuanti al mio arrivo in città
Ieri sera un giovane brahmino che studia commercio, dal momento che mi ha intercettato mentre mi aggiravo nei pressi della Nathmal Ki haveli, si è tradotto in una mia guida, inoltrandomi al piano superiore del Palazzo, accompagnandomi in motorisciò sino al Gadi Sagar: è poco più che una distesa di acqua, il luogo dilettevole delle cortigiane d'un tempo, che vi si dilettavano ad assistere al manifestarsi in riflessi acquatici dei temporali monsonici, ma il tempio shivaita in cui risuonava il canto di un mantra, che vi discende nella scalinata di un ghat, la porta d accesso con cui fa angolo, il santuario prospiciente con la sua scalea, nella sera ventilata da una lieve brezza , in cui da uno dei due chioschi che sorgono nello specchio d'acqua li vedevo illuminarsi,mi hanno elevato a una quiete d'incanto nella sospensione dei miei affanni. Come gli officianti all' interno del tempio adorava anch' egli Shiva come la sua divinità suprema, il giovane brahmino che accondiscendeva ad indugiarvi. Fiero anch'egli, come i singoli giovani brahmini con i quali mi sono intrattenuto presso il Qutab al Minar, o in Agra nel parco della tomba di Akbar, provenienti dal Bengala, di rifiutare ogni credenza nelle caste. E non disdegna affatto,di convivere con i musulmani di Jaisalmer, molto più numerosi, in quella città di frontiera con il Pakistan, di quanto m avesse lasciato supporre il mio spirito di osservazione. "Le divinità dell' induismo, tornavo a chiedere anche a lui, sono davvero decine di migliaia, o le tante manifestazioni di un solo Dio?" Sono almeno eighty for millions, mi ha reolicato con enfasi. Eppure, per miriadi che siano, secondo il dettato in cui sono credente di Giovanni, nessuno può averLe mai viste, anche una soltanto.
Un pedalò a forma di cigno è comparso sul lago. I cigni, mi ha detto quando l'ho avvistato, e gliel'ho segnalato, in moltitudine vengono a svernare dalla Siberia in quello specchio lacustre. Un bambino ed una bambina, bellissimi e miserrimi, negli stracci delle loro nudità sono accorsi e si sono lasciati fotografare nella loro grazia toccante. Mi ha chiesto se li amassi. E che dessi a loro almeno 5 rupie a testa, perchè quella sera avessero di che mangiare. ,
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