Scritto in Bukara, la seconda domenica di luglio del 2003
Arrancavano miti asinelli, sommersi sotto il gravame di fascine di sterpi, lungo la china del passo che s'interpone tra Samarcanda e Shakhrisabz, .
Dal sagrato dell' Ak Saray stentava a risollevarsi in volo un uccellino sitibondo, per il trastullo crudele di alcuni bambini.
Lo distoglievo dalle loro mani per posarlo sul un ramo di un albero, ove rimaneva sospeso nella brezza che spirava più forte.
Ma dovevo intimare a quei piccoli di non usare il sasso che avevano già in mano, per abbatterlo anche di lì nella sua vita stenta.
Retrostanti, conservavano la grandiosità di un'immane potenza franata, nell' inarcarsi verso il cielo, le vestigia superstiti dell' arco d'ingresso vertiginoso della residenza estiva di Tamerlano.
Benché fosse stato realizzato in cuerda seca, anziché nelll'intarsio musivo del mo'arraq, il loro paramento era il residuo di una raffinata ornamentazione di grafemi ed efflorescenze, sui fondali di un blu cobalto trascendente.
La moschea di Ulugh Begh, all' altro capo della città, in onore del padre Shah Rukh, nel suo reintegro è invece la conseguente perdita di un restauro tombale.
E' avvenuto lo stesso dei mausolei di chi fu il tutore spirituale della natura terrificante di Tamerlano, Sheikh Shamseddin Kulyal, o della cupola allato dei Seyyidi, la Gumbazi Seydian, che Ulugh Beg destinò a mausoleo per la sua discendenz , mentre l'interno della tomba del figlio prediletto di Tamerlano , Jehangir, nella sua spoliazione è rimasta indenne dalla devastazione dei recenti restauri .
Intorno, tutto mi induceva al rimpianto dei tempi in cui , un anno dopo la fine dell' Unione Sovietica, Colin Thubron doveva avanzarvi tra i resti della Dorut Tilyovat, la casa della meditazione delle tombe dei timuridi, -non che tra quelli del Dorussiadat, il seggio del potere e della loro forza dinastica,- come tra una disseminazione di fetide rovine
desolanti, ma in cui pur sempre si preservava alcun che di originario.Nella vicina chaikané, ho trascorso la sera in compagnia di Umid, lo splendido ragazzo ch'è il nipote del gestore dell'hotel, in una chaikhanè della piazza principale di Shakhrisabz, sovrastata dalla statua di Tamerlano che lo magnifica. Siccome il gelato vi è più buono, più di quanto non sia più costoso, il giovane aveva prescelto il locale in luogo di quello, dove nel pomeriggio, avevo mostrato al garzone ed al gestore la miniatura moghul riprodotta su di una mia fotocopia, che raffigura le gesta delle milizie di Tamerlano, su suo ordine, di tagliare e cumulare in pile le teste dei persiani vinti, in piramidi elevate a terrore delle genti di Isphahan.
IL
giovane Umid fa tirocinio presso lo zio per divenire un agente turistico, senza usufruire
nemmeno di un quarto di giornata di riposo.
E'
di Samarcanda, dove vive nella dèpendance di un altro hotel della catena
alberghiera dello zio.
E'
in Shakhrisabz da alcune settimane e non ne ha ancora visto nemmeno il bazar,
solo occasionalmente ha potuto visitare una sola volta le vicine rovine del
Palazzo Bianco, al seguito forzoso di alcuni turisti.
Ieri
mattina gli ho mostrato dei passi della prima lettera di Paolo ai Corinzi, e di
quella agli Efesini, per attestargli che è secondo il Cristianesimo stesso in
cui è radicata la civiltà occidentale, che Dio, Allah,in cui egli crede in
virtù di sua madre, ha destinato un diverso carisma a ciascuno di noi.
Per
questo nel cristianesimo è più accettato che vi sia chi si sposa e chi ha un'
altra vocazione, o destino, laddove nell'Uzbekistan si è ben visti, a quanto
lui stesso mi ha detto, solo se si è prematuramente marito e moglie.
Ed
a vent'anni, per una ragazza, oltre i venticinque, per un ragazzo, può essere
già troppo tardi.
Certo,
molte sono le civiltà, ma una sola è la legge, secondo Umid.
Certo,
gli ho risposto,la stessa Legge che ci illumina se si è liberi di mente e di
cuore, ed ad essa ci si apre.
In virtù della quale tra me e lui c'era comprensione. Non già grazie al little english che ci accomunava.
Ma che festa di colori poi il bazar di Shakrishabz, entro la compartimentazione degli spazi di vendita di ogni genere di frutta e verdura e di quant'altre merci: accanto alla tribuna ove le diciture " Kartoshha", " Piyoz", richiamavano chi vi avrebbe trovate confermate le aspettative di vedervi alloggiati soltanto i venditori di sacchi su sacchi di patate e cipolle,
si assembravano in frotte le venditrici del pane, sotto un loggiato trasversale erano profusi dolci caramellati, liquirizie, miele e canditi, cui facevano seguito i biancori delle pile di riso che fuoriuscivano dai sacchi riversi sui banconi,
i fulgori e gli aromi delle spezie e dei semi tostati .
Terminava il loggiato ed avevano inizio gli attendamenti in cui monticelli di angurie invitanti, nelle aperte ferite esibite ai passanti di rossi spicchi nettarei, arrotondavano le loro forme intorno ai venditori distesi finanche nel sonno su delle lettiere approntate, e seguivano al sole i cordai, a lato i negozianti di chiodi e ribattini, sotto l'estremo loggiato le venditrici di uova e ricotta e formaggi, accanto a delle anziane rivenditrici dei berretti e degli zuccotti tipici della regione. Sconfinavano intorno, nelle vie adiacenti, i banchi dell' abbigliamento e dei tessuti, degli articoli di copisteria e dei prodotti in plastica.
Davvero gustosa, la zuppa di ceci, di cui mi sono ristorato da una donna del bazar che ha voluto offrirmela ad ogni costo, concedendomi di scampare ancora una volta dall' integralismo carnale degli onnipresenti saslik. Prima che lasciassi l'hotel, il giovane Umid, Shakhrisabz, per essere di ritorno a Samarcanda verso Bukara.