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Badami 13 agosto
Ieri
mi sono dilungato fino a che s'è fatto sera nel villaggio di Aihole.
Dall'alto del tempio jain di Maguti ,tra i declivi e il fiume si
distendeva nel tramonto il piccolo villaggio di seicento
abitanti, per lo più miserevolissimi, la distesa bianchi dei
terrazzi dei suoi tetti piatti tra i quali si sopraelevavano i resti
bruniti e le vasche rituali di innumerevoli templi e tempietti, i piani
piramidali o le curvature in cui culminavano le loro vestigia.
Come nelle città morte
intorno ad Aleppo, le case abitate e le rovine sorgevano in
contiguità lungo le strade,
negli slarghi dei cortili, i massi delle
loro soglie erano affiancati e smottavano ugualmente nel fango e nelle
scoline.
Lungo le strade, nelle corti, tra i carri e gli attrezzi,
ugualmente coesistevano promiscuamente animali e uomini, armenti e
greggi di rientro dal pascolo e la gente a passeggio,
di domenica, gli agricoltori che vagliavano la pula e i bovini che
trainavano carri, i bambini che si rincorrevano nel gioco, dentro i
cortili di fango,e le galline che saltellavano sui trespoli e le capre che
si inoltravano negli antichi vestiboli sacri.Tuttavia non vi era alcuno
dei maiali selvatici che in Badami ritrovavo in ogni via.
In Aihole, fino al
tardo pomeriggio ero rimasto confinato nei templi principali,
trattenutovi dalla emozione spirituale di ritrovarmi tra gli embrioni del
tempio hindu.
Dalla schermatura delle
grate di pietra, una penombra di una chiaria tenue era l'atmosfera
interiore che appariva ancora diffusa nel Lad Khan, mentre nella
metamorfosi architettonica che da esso aveva avuto origine, invece
nel tempio di Durga apparivano già una acquisizione duratura
la solennità tenebrosa degli interni della tradizione templare hindu e la
grazia e la forza visiva delle rappresentazioni oramai canoniche delle
divinità hindu, Mahishasuramardini, Vishu Varaha, disposte nelle edicole
della pradakshina.
Un motivo di indagine, in
particolare, mi riconduceva da un tempio all'altro: non era forse
l'esigenza di incorporare nell'edificio stesso del tempio la pratica
liturgica della pradakshina intorno al garbagriha Se in alcuni di
essi, quali il Tarappaguda, le tre navatelle del mandapa erano risolte
nelle celle e in un
muro frontale finali, altri, come il M*, prolungavano nel deambulatorio
per la pradakshina intorno alla cella del garbagriha le due navate
laterali , senza più il ricorso, come nel tempio di Durga, al prestito
buddistico di un corridoio girevole volto in un'abside anche all'esterno.
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