In Takht-e-Suleyman
"No good, Takht-e-Suleyman", secondo il categorico ragazzo curdo ch'era il fratello del conducente del taxi e gli sedeva animatamente accanto, lungo il tratto di strada che riconduceva a Zenjan.
Non ha trovato in me parole che di vago dissenso, tale era il contrasto, da cui ero appena reduce, tra i nudi resti sbrecciati che dentro le mura intorniavano il bacino lacustre, ed il significato così straordinario del sito, - ove la regalità sasanide mazdea fu trasfusa ed assimilata in quella islamica ilkanide
La reggia estiva degli ulteriori dominatori nomadici sopraggiunti nell'Iran dalle steppe dell' Asia centrale, vi fu infatti edificata sulle preesistenti vestigia del tempio del fuoco zoroastriano Azargoshnasb, tramutato nella sala del trono in virtù della sua pianta a croce greca , e della precedente sala d' investitura di re Cosroe, che dall' ilkan Abaqa ( 1265-1282) venne ampliata e sussunta in uno degli iwan, quello occidentale, della corte palaziale conforme agli stilemi architettonici della nuova fede islamica-, di cui il colonnato si specchiava nel superstite specchio lacustre.
Quale sito più si confaceva a divenire la sede di un tempio del fuoco e di uno dell' acqua, in onore della dea Anahita, che dove l'acqua ed il fuoco che si mescolavano nella polluzione sorgiva di quel " lago senza fondo", si erano sedimentate nella concrezione del Takht-e-Suleyman, della sopraelevazione calcarea del trono di Salomone, secondo la stessa morfogenesi del culmine cavo del rilievo, adiacente, fantasticato come la Prigione dello stesso Salomone.
Un sito grandioso quant'era magnifico quel percorso per me ed il giovane curdo , il susseguirsi delle vallate
costellate di villaggi di fango, dove
solo nei fondovalle irrigui, percorsi da rivi, l' aridità assolata dei pendii cedeva ai pioppi ed
ai coltivi.