|
In Lahore, di fronte all' incanto della moschea Badshahi
Che meraviglia, che meraviglia il mio itinerario, e
quanto è successo durante il suo corso...
Il doloroso distacco, nelle convulsioni di una lotta
indifferibile contro il tempo, nella incertezza residua che perdurava
ancora sulla motonave verso la Turchia, su quale rotta aerea prescegliere
per raggiungere l India: via Istanbul, o via Damasco? Potevo nel secondo (in questo)
caso rivedere in Aleppo Mohammad Abdul Bast, chiarirmi. con lui, sul
senso di quanto mi aveva chiesto e mi aveva promesso.
Antiochia, Damasco, (gli snodi del)la via prescelta, con digressione
magnifica a Sergilla,
in frustrata attesa, irretito, solo di poter prendere il volo,
quando finché il mio
occasionale e sconfortante compagno di viaggio finalmente mi liberava
dall' obbligo evangelico di raddoppiare il cammino con chi ti è
molesto, e potevo ritrovarmi solo e straniero tra la popolazione
siriana. Tutto è parso allora miracolarsi: verso El-Bahra prima un'
anziana mi offriva di andare a pranzare da lei, nel villaggio chiedevo
doveero potessi fornirmi di una cintura e venivo accompagnato in motoretta
presso due apprendisti, che si privavano di larga parte del loro guadagno,
pur di dissetarmi e di potermi offrire una bibita. E non facevo in tempo a
riavviarmi verso Sergilla, che un altro ragazzo sopraggiungeva in
motoretta, e senza pretendere alcunché mi accompagnava fino alle fulgide
rovine dell' antico borgo bizantino- romano: anch'egli, come i due garzoni
di bottega, alludendo ad Allah, lassù, nella volta celeste. Salvo fare
ritorno, e chiedermi almeno il rimborso della benzina consumata.
Rieccolo l'androon, rieccole le terme basilicali,
le
antiche ville, con i frantoi,
il rialzo arcuato del piano
sovrastante,
le
scale esterne d'accesso, le finestre profilate, in una sospensione nel
tempo della quotidianità tacitatasi in dirupata rovina, tra i silenzi del
solo frusciare del vento tra gli ulivi.
E sulla via del ritorno, non solo la prima motoretta che
sopraggiungeva s'arrestava per l'autostop, ma il giovinetto seduto
di dietro mi sventolava in vista la borsa delle apparecchiature della mia
macchina fotografica ( per porgermela), che ero sconsolato di avere appena irrimediabilmente
perduto....
E il giorno seguente, ero di ritorno tra le case torri
di Jeradeh,
con quel mio stolido compagno, nello sforzo di fargli aprire gli occhi,
il cuore e la mente atrofizzati., tra quelle rovine ancora vissute come
ripostigli e fonti di abbeveraggio delle greggi ( dalla gente locale),
che
sconfinavano nel villaggio attuale e nella cordialità
ospitale, viva e presente, dei pastori che vi erano intenti a bere
il the alla menta.
Via Damasco, Damman, l' indomani sorvolavo la penisola
arabica e raggiungevo il Pakistan, Karachi, ero quindi in Moenjio Dario, ove mi
stupefacevano i resti "ottocenteschi"di
immensi quartieri popolari pre-indoarii,
nella calura affocata che mi toglieva
per un giorno le forze, e in treno risalivo i giorni seguenti verso
Bahawalpur, Uch Sarif, le sue moschee frantumatesi in spezzoni di
lapislazzuli e di ceramiche incastonati nella volta celeste, Multan, Lahore,
il Red fort, la immensa moschea Badshahi proiettata dai suoi
distaccati minareti ai punti cardinali del cosmo, (ed ero già a mia
insaputa nel subcontinente indiano....)
|
|