Alla frontiera tra l'Uzbekistan ed il Turkmenistan
2 Agosto 2003 L'alba è oramai sorta sulla terra di confine tra l'Uzbekistan ed il Turkmenistan, sono cessati i latrati dei cani nel vento stellato, mentre insistono i canti dei galli, gli uccelli si ridestano, tubano e chioccolano nel nuovo giorno. Ora anche il sole inizia la sua comparsa, all' orizzonte dei coltivi dell' Uzbekistan che vengo lasciando, oltre le piantagioni della " dom" a cui ieri sera facevo cenno agli ufficiali rimasti di guardia, per chiedere loro se almeno sino ad essa potessi fare rientro per del cibo, dell' acqua, nella situazione di stallo in cui ero malcapitato: di fuoriuscito dall' Uzbekistan, di cui solo allora si venivano chiudendo le frontiere, senza che potessi avere accesso al Turkmenistan, le cui frontiere erano state già chiuse dalle sei di sera. Era al termine della più difficile delle giornate di questo viaggio mirabile, insieme con quella in cui mi sono ritrovato, stremato di forze, nell' impotenza a dislocarmi altrove con i bagagli che mi gravavano sfinenti, confinato tra l'autostazione e l'aeroporto di Istanbul, dopo che by train, by sheep, by bus, dall' Italia vi ero arrivato puntualissimo , alle dieci di sera, per un volo per Taskent delle 0,15 ch'era inesistente... Ero sul fare del primo giorno in cui iniziava ad avere corso il mio visto per l'Uzbekistan, come ieri sera ero già al declinare del primo, dei cinque giorni, in cui mi è consentito il transito per il Turkmenistan. Ero allora scisso tra la più confortante prospettiva di dilungarmi anzitempo in Iran, di farvi ritorno dal mio amico Fahrang, alla sua casa, ed il richiamo ed il timore, invece, di affrontare prima di tutto il volo per l'Uzbekistan e la realtà del Centro-Asia, mentre ancora ieri sera solo le contrarietà avvilenti, che sono insorte, hanno posto un termine all'allettamento di rimanere ancora quest'oggi in Nukus, anche se così restringevo rischiosamente a tre soltanto, i giorni concessimi del transito per il Turkmenistan, pur di rivedervi i disegni ed i dipinti di Sokolov, l'opera mirabile di Usto Mumin, senza più intorno l'assillo del giovane squalo Rashid - asfissiante e fascinante-, alla caccia di quanti più dollari fiutava di potermi estorcere, profittando della mia passione concitata per tanta magnifica pittura. Cinquanta gliene ho scagliato addosso, alla sua famelica richiesta di 39 dollari ,- 39.000 sum-, la cui unica destinazione certa erano le sue tasche, quali diritti, nella relatività uzbeka di ogni diritto e di ogni fonte di reddito, per le fotografie che avevo scattato due volte, con due differenti apparecchi, degli stessi undici piccoli pezzi mirabili dei disegni di Sokolov dal suo confino staliniano, pur di avere qualche certezza di riuscire nell' impresa di di importarne l'immagine in Occidente, con i miei mezzi fotografici limitati e insidiati nell' esito riproduttivo, dal vetro frapposto e dalle dimensioni minuscole di quei mirabili quadrettini. Non si era convenuto che fosse al prezzo già esorbitante di 1500 sum per ciascuno di tali piccoli pezzi, riprodotto, quante che fossero le fotografie che di ciascuno di essi avevo scattato? L'ufficiale in capo, in risposta a quella mia richiesta di potere fare ritorno in Uzbekistan sino a quella fattoria , per averne del cibo e dell' acqua, mi ha invece additato il soldato che rimaneva in sua vece a presidiare i soldati confinati di guardia, ed a questi mi ha affidato in consegna. Costui avrebbe provveduto a sfamarmi ed a dissetarmi, dividendo con me il loro rancio ed il loro alloggiamento. Ieri si è finanche scandalizzato furente, Rashid, alla mia denuncia di quanto fosse "cruel", rammemoramdomi di avermi dato già dell' acqua, ma nient'altro che l'acqua, all' atto di respingermi freddamente in ogni altra mia necessità, quando l'uomo che era sopraggiunto in Moynak dai fondali sabbiosi del lago d'Aral , aveva indotto ad arrestarsi il conducente del suo fuoristrada, perche si recasse soccorso alla mia debilitazione di disadratato. Certo, ch' egli era "cruel", se manifestava la più risoluta incomprensione dello stato di debolezza emozionale di cui trasudavo, già conoscendolo,- nel negarmi qualsiasi possibilità di sconto che già mi era stata concessa dalla direttrice del Museo, la volta scorsa in Nukus, sui 1500 sum per ognuna delle due riproduzioni di ciascuna operina di Sokolov. E' pur vero che finanche al bazar mi aveva condotto, mio malgrado, nella sua fredda furia implacabile, quando ho finito il rullino e per la ricarica volevo affidarmi invece ad un negoziante specializzato, ma non mi ha lasciato alternative, pur di trarre egli un profitto dalla sua intermediazione forzosa. " You, for me, my friend? " sono trasecolato, ironico, alle sue parole di congedo che mi consegnavano alle forze di polizia perchè mi allontanassero, dopo che nell' atrio del Museo avevo scagliato distante la bottiglia dell' acqua, inerme al cospetto della fredda bellezza della sua intelligenza colta, della cui avidità mi ero fatto finanche la preda idiota e sudante che si dibatteva invano, che tragocciava fin anche sui vetri che detenevano i disegni di Sokolov, pur di provocare la comprensione di un sua amicizia e di una sua stima che per questo diveniva tanto più impossibile
Ed invece con quei soldati di leva che rimanevano di guardia alla postazione di frontiera, e che ora stanno approntando di nuovo il sempiterno plov, sulla stessa tavola, ora indaffarati in questo alle mie spalle, ieri sera ho diviso il plov dallo stesso piatto, insaporito dall' insalata di cetrioli e pomodori e cipolle che vengono recuperando, ho placato la mia sete con il the che ora stanno riscaldando nuovamente sulla brace, che ieri sera ora l'uno, ora l'altro, hanno seguitato ad offrirmi fin che non è divenuto il sudore di cui ero colaticcio. Per detegermi dal quale lo stesso soldato che l'aveva preparato sul fuoco mi ha appena porto l'acqua ed il sapone, la salvietta per asciugarmene. ( All' immagine progressivamente ingrandita) Un altro di loro mi chiede che cosa stia scrivendo, cerco di spiegargli, a gesti, che si tratta di quanto tra di noi è successo. " Is it O.K.? Is it O.K.?" eppure seguitava a chiedermi Rashid, sull' ingresso, raggiungendomi con i miei bagagli con i quali stava facendomi espellere dall' Istituto d'arte. Voleva mettersi al tempo stesso la coscienza a posto? " For you, it's O.K.", gli ribadivo cercando di distogliere con un cenno fraterno che ne lambiva le dita, l'indice accusatorio che la sua bellezza atroce mi puntava contro. Di li a poco ha fatto ritorno, dalla biglietteria, per rendermi la differenza , in sum, tra l'importo che mi aveva addebitato e quanto avevo fatto finire nelle sue mani, trattenendone altri 3.000 sum, quale sua spettanza, per l' irretimento cui non mi ero consentito né mi era dato di sottrarmi. " Ho delle persone che mi aspettano, ho altro che da fare con voi", si è congedato con freddo tonoi, allora consegnandomi con quel " My friend" agli agenti di sorveglianza. E' trasecolato quando il pomeriggio mi ha ritrovato indomito nella vecchia sede del Museo, né è riuscito a sottrarsi al mio saluto, quando l'ho rivisto, per strada, di ritorno dalla banca in cui cercavo di scambiare gli ultimi sum.
Nella camerata sovrastante raccolgo ora di nuovo i miei bagagli, che sono divenuti un macigno dopo che vi ho immesso i cinque volumi di miniature,e di dipinti di pittori uzbeki e di pittori russi vissuti in Uzbekistan, che ho reperito in Samarcanda, nei bazar di Bukara, pur di esportarne una più diffusa conocenza in Occidente. Sotto il loro immane fardello, con l'aiuto d'uno dei soldati fino alle barre terminali dell'Uzbekistan, mi accingo a ripercorrere l' intero tragitto della no man land prima del Turkmenistan. Quando vi ho messi piede ieri sera, solo il soldatino di guardia, nella garritta d'accesso, ha espresso un minimo di comprensione per le difficoltà in cui mi dibattevo, mentre le energie fisiche mi venivano meno, svigorite dall'angoscia della penuria incombente di acqua e di cibo. Si sono messi a ridere ufficiali ed addetti, allorché ho mostrato loro le mie labbra screpolate, ed ho chiesto almeno dell' acqua, prima che mi facessro retrocedere verso il nessun dove. " In Turkmenistan not, I can not enter, In Uzbekistan not, I can not come back, where can I stay? E dove devo stare?", chiedevo invano ai loro sguardi che si rifiutavano /mancavano /anche di vedermi. Che dovevo fare, visto che non avevo affatto l'intenzione di compiere quello cui alludevo, sparandomi con un dito un colpo alla tempia. Ma nonostante l'esiguità delle mie risorse residue, costituiva la forza che mi faceva depositare i bagagli presso la misera cuccetta della garitta in cui si offriva di alloggiarmi il bel soldatino, prima di fare ritorno e di chiedere asilo alle autorità uzbeke alla frontiera, la consapevolezza che avrei dovuto gridare già a Rashid, e che gli trasmetterò by e-mail, la certezza che né lui, né Karimov o Turkmenbashi o i loro sgherri potranno distruggermi: " poiché solo Dio ne ha la forza".
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