La Vita anteriore
E' avvenuto nella libreria ove saltuariamente s'incontrano, lui e l'anziano professore ebreo di cui è amico da tempo, allorché, quella sera di dicembre, costui stava parlandogli dell'estensione dell'antico ghetto, e gli ha palesato che gli insediamenti ebraici, in città, dopo la dominazione napoleonica , e quindi al rientro degli austriaci, si erano venuti ampliando oltre i limiti del ghetto in cui egli presupponeva che consistessero, sino a sospingersi all'altezza del Rio.
" Viveva in quei palazzi Esterina Rebecchi, l'amica più cara di mia madre ..."
E'
stato allora, nel riaffiorare improvviso, che un' emozione sottaciuta lo ha
sconvolto.
"
Zia Ester...", ha intimamente mormorato, trasalendo, intanto che seguitava a conversare
come sempre con il professore erudito, chiedendogli delle vicende dei cabalisti della scuola di Safed.
Non
si era dunque sbagliato, si ripeteva estraniato, ad ostinarsi a non volersi credere in
errore , quando l'estate innanzi,
prima di partire per il suo secondo viaggio in Israele, nell' aggirarsi ove in prossimità
del centro supponeva che fossero situate un
tempo le vie e le dimore ebraiche, era là che si era fissato ad indugiare, come
catalizzato dalla vista al sole di
quell'alta veranda affacciata sul Rio, dell'altana e
delle logge ove ora la vita
taceva, i rampicanti che ne gremivano la calda pietra del cortile interno,
sino
alle dirute statue del giardino
Quando
poi aveva cercato di saperne di più, il palazzo era risultato la sede di una
galleria d'arte e di una delle tante finanziarie moltiplicatesi in
città, che vi aveva aperto da poco un suo studio di consulenza, come egli aveva
appurato
addentrandosi nel Palazzo per una via interna.
E
non vi abitava più nessuno.
Zia
Ester ora la rammentava più nitidamente, che intenta al cucito non si stancava di
rimproverarlo
melanconicamente , pur con tutto il suo garbo, del suo
lasciarsi vivere sprecando ogni talento, che vanificasse la sua avita
ricchezza nell'ozio estenuato che le sue fortune gli consentivano , per lasciarsi morire piuttosto che
tentare di vivere.
Ora ricordava il salotto di noce, le spesse trine delle tende che filtravano ed attenuavano la luce, il piano alla cui tastiera egli aveva smesso di suonarle gli ultimi componimenti per la preghiera rituale del maestro Norsa.
E
quando era ritornato in via Massarenti, si era rammentato delle sere di nebbia in
cui si era stretto a ridosso di questo o quel portale, temendo che l'oscuro
passante gli recasse ciò che la legiferazione aveva tramutato in unanime offesa.
Nello spiovere notturno della luce dei fanali,
come
l'angosciava, inappellabile, ogni portale di cui non poteva più appellarsi ai
battenti, spentesi le
illuminazioni dei negozi e delle insegne delle vie circostanti, già
animate, cui quei palazzi umidi e alti si susseguivano intorno,
raccogliendo in se una vita cui non aveva più accesso...
Ed
oltre i vicoli che deferivano al centro, rivede ora l' orinatoio fetido dei
vagabondi, demolito da chissà quanto tempo, il sottoportico a ridosso della piazza della
Basilica solenne, ove aveva
guardato a lungo in questa o quella bottega di oreficeria, per l'anello della
sorella che andava sposa.
Quella
Basilica era stato voluta dai Principi umanisti della sua città,
ma ai suoi raffinati archi e timpani,
rinascimentali, nella vita di allora volgeva uno
sguardo divenutole distante,
riguardandone fregi e lesene, in racemi e acanti, come una magnificenza che non poteva più
costituire la sua tradizione d'appartenenza.
Era
stato che cosa, e quando? che gli aveva fatto capire che la differenza
originaria, da che ne era divenuto appieno consapevole, solo per il fatto che l'avvertiva e che
in sé la
rifletteva, oramai lo stigmatizzava come una dannazione eterna, che
era bastato che si fosse in lui insinuata indelebile la supposizione
che chi gli era di fronte, pur tacendo
l'uno all' altro la cosa, potesse essere divenuto ben
conscio della sua origine, perché egli non avesse potuto più
avere fra gli altri che
un'esistenza esteriore...
" E' anche solo il pensare che tu sia come noi, pur se sei diverso, che tu ti sia a noi assimilato in ogni tuo modo di fare e di essere, anche se la tua origine è un'altra, che per me fa di te una realtà che adesso mi turba...
Quale voce gli giunge , così parlandogli, mentre guarda oltre i vetri tra le torri gentilizie della sua città, e sente l'orologio della piazza battere un'ora lancinante.
E'
un volto di amica caduto nel vuoto, intanto che lui avverte, ineludibilmente,
che colei si compiace del proprio finto tormento nell'abbandonarlo...
Non
erano necessarie le nuove leggi razziali, perché intendesse tutta la vanità
della caduta napoleonica delle mura del ghetto...
Così
era divenuto inutilmente ricco e versatile, voglioso solo di ritrarsi
nell'ombra e in un canto ...
Già la famiglia, con le sue fortune agrarie, gli aveva trasmesso l' eredità
mentale di un consolidato scetticismo.
Solo
da bambino era stato nella scola, sgomento della solennità arcana con cui
raggiunto il numero per la preghiera, i grandi si appellavano al
tremendo nel nome di Adonai...
Riaffiora
ora l'immagine dell'arca, dei rotoli esposti e cautamente riposti, dello
sciamare della gente sempre più poca al di fuori della sinagoga....
e
basta nel sospingersi oltre la città, a settentrione, che dietro l' ostello medioevale scorga le mura del cimitero
israelita e la stella di Davide, all'ingresso, per rivederle
e ricordarle, nel gesto del velo, le donne della comunità che riprendevano la
via della città dopo i funerali del padre...
Furono ritardati per giorni, nel disagio del lezzo, giacché egli morto alla vigilia del dì ch'era interdetto alla sepoltura.
Quel
pomeriggio incombeva un cielo dibattuto dal vento in refoli freddi, pulverulenti,
le foglie
vi turbinavano nei vortici di una costernazione tetra, sui suoi passi di ritorno in una sterminata
solitudine vuota, talmente vi si sentiva inane a soccorrere e ad essere soccorso,
angosciato al trapasso di lasciti, e di incombenze paterne, che si sapeva del
tutto inetto
ad ereditare...
Era
il 1939, quell'anno di sventure, e lui non resse l'onere del capofamiglia, così
alienò ai congiunti ogni bene e si sottrasse infine anche a se stesso,
confinandosi in fondo alla scala a chiocciola, nello stanzino più in disparte, tra le cose vecchie ed ammassate
della casa.
Ma
fu in tal modo che sopravvisse a se stesso ed alla guerra, la cui
catastrofe per lui non fu che quel
rumore di passi sottostanti, l'aprirsi di colpo della porta sulle sue occhiaie
attonite,
che apparvero alla milizia ormai vuote di senno, ...poi le grida, soffocate,
dei vecchi della comunità radunati nel cortile
dell'ospizio accanto- in lui sopravvive ora più che mai il ricordo di
tutto, tale fu l'infamia che seguitò a verminare dentro di lui, dentro a ciò che di lui restava
colpevolmente vivo, così come i tarli erodevano i libri ed ogni mobile intorno.
Sopravvisse alla guerra ancora vari anni, nel dolore circostante di chi era scampato ed accudiva la sua miseria.
Sono
essi che emanano l'alone ancora confuso, da cui stentano a emergere,
di quei volti sofferenti che su di lui avverte soccorrevoli e chini.
Chissà
quanto avevano compreso, quei cari, che si era coatto all' impotenza, per tutta
una vita, al solo scopo che la piaga della
sua ferita si incistidasse in un referto insanabile, pur di giustificare così a se
stesso, e consentirsi, tutto l'orrore ed il sollievo di non divenire mai un uomo, la
sottrazione e l'elusione mediante le quali eppure aveva retto allo schianto,
alla cui catastrofe un'intera stirpe ed i forti erano invece periti...
Sentendone
una più viva pena, nel cimitero ebraico ha cercato, di lapide in lapide, i loro resti
tra gli avelli di famiglia od i tumuli traspostivi dalla
provincia, ed ogni volto caro infine è riaffiorato in un fiotto di
lacrime, il sembiante del dottore di famiglia, delle zie di Bozzolo, della mamma nella sua bellezza
così nobile e triste, vi ha ritrovato il fratello morto prematuramente, la sorella tanto
sventuratamente sfiorita a Milano in ogni sua esaltazione giovanile, via via che
si era imborghesita, e fatta sempre più avida e acre, nella sicurezza agiata di un matrimonio contratto fuori della sua gente...
Care
vite ed affetti di un'altra esistenza, caro volto già amato di mamma, grembo di
povere ossa in cui già si slanciò
In
un canto del cimitero li
ha ravvisati sepolti, e dimenticati, prima che accanto in un'effige anonima e
insignificante, figurasse il suo volto sulla sua tomba, e vedesse incisi
di sotto il giorno e il mese e l'anno della sua morte, il giorno e
il mese e l'anno del suo possibile concepimento nella sua attuale vita...
Anche in questo giorno di questa sua vita, come nel triste pomeriggio che il suo padre israelita fu sepolto , ritrovandosi al di fuori del cimitero, per il rientro in città, a riprendere solitario la stessa via costeggiata dai filari dei pioppi, fin che svoltata la curva, di lì a poco, oltre il lago di mezzo l'intera città si distende a lui di fronte, nel suo profilo di palazzi e di torri e di chiese e di tetti, che costituiscono le emergenze superstiti di un suo passato remoto di capitale.
La
distesa del lago smuore appresso in cheti flutti di
acque cineree,
prima che fra le antiche pietre, oltre il castello, egli si rinvenga rinserrato
tra le vestigia che per lui
cessarono di essere, e non sono più, le forme sublimatrici delle sue vicissitudini in nobiltà ideali.
Anche
ora, come nella sua vita anteriore, vivendovi nell'attesa che infine finisca la luce del giorno,
e l'animo smetta ancora di agitarsi vanamente di spettri.
Finché
si persuade che non c'è alcuna opportunità di fuori, dell'inutilità
di ogni ulteriore incontro e discorso.
Che di nuovo non gli resta, nella sua vita ulteriore, che la solitudine di
musiche e pagine.
Eccola,
qual' è adesso la sua piena cittadinanza, ora che fa rientro in un suo
appartamento perpetuamente solitario, in una città che fu d'arte, ed ora è
d'opulenza, ove
non v' è pietra anche sotto l'artistico ammanto, che non trasudi
tutto il fango terroso del tramando dei padri, ove egli non ha
altri ricordi dei giorni trascorsivi, in questa sua vita, oltre il
tempo di lavoro e di sudato studio, che non sia di sacchi della spesa da
riempire e di immondizie da scaricare, che di sguardi da evitare e di parole da non
sentire, di incontri da mancare o da ridurre alla formalità di uno scambio .
E la sua vita vi è dunque rinata povera, e fuori del ghetto, per respirare altrimenti tutta l'inutilità dell'aria aperta,
"
Mantova, 14 ottobre 1994. ( riveduto nel mese di dicembre del 2003)