Rivedevo l' indomani il mausoleo di Ismail , in tutto il fulgore di cui la luce del tardo pomeriggio impreziosiva le sue trame in argilla, un criptogramma di cerchi iscritti in quadrati concentrici, di rettangoli esterni e di rombi interni, di vuoti d'ombra e di risalti in luce, di pietre alterne di profilo e di taglio, che le curvature angolari inelegantivano, arieggiando l'India, insieme con la loggetta superiore di colonne tortili, coronate di tondi anch'essi fittili. Nulla vi è di tale complessione, significandomi , che non sia impasto di luce come il suo fango, che nello stupore incredulo dei sensi, degli gli occhi di carne, non sia trama di elementarità di forme, nella Sua semplicità assoluta costitutiva di tutto .
Oltre quel che resta delle mura di Bukara, in marsukta mi sono recato al Chor Bakr, alla moschea e al khanak dell' imam Dayed Abu Bakr e dei suoi tre fratelli, che sorge ora in aperta campagna, tra i coltivi subentrati ai giardini d'un tempo
.
Come era da attendersi, ogni monumento del complesso è stato integralmente restaurato e cosi vanificato, e sottratto ora e per sempre, all' ammirazione dell' armonia architettonica in cui concilia la moschea e il khanak la medersa intermedia, raccordandone i fianchi nell' ordine doppio delle arcate delle logge e delle celle degli studenti d'un tempo, intorno all' ivan in cui la medersa si converte in una moschea aggiunta all' aperto.
Rientravo nella guest house che l'oscurità era già calata sulla vecchia Bukara, nel fetore latente delle attuali canalizzazioni di scolo.
L'indomani avrei invano cercato, nell' Arg, tracce e sentore degli orrori perpetrativi dagli emiri, in particolare da Nasrullah e Muzaffar Khan. Solo quando già incombeva la chiusura, ho rinvenuto casualmente , nell' ultimo ei polverosi musei, due meravigliosi affreschi d'epoca preislamica, rinvenuto nel vicino sito dell' Antica Varaksha sulla via della seta verso la Corasmia.
Di essi uno rappresentava degli adoratori del fuoco zoroastriani, un'altra una scena di caccia su di un rosso fondale, in cui due tigri l'una si avventava, l'altra già azzannava, un elefante che trasportava un esemplare di eroe cacciatore imperturbato.
Apparivano di una sottigliezza e di una grazia estreme, la linea calligrafica della profilatura degli animali e dell' eroe, della bardatura della soma e della maculazione del pelo.
A quell' ora pomeridiana era già chiusa la Zindon, la prigione in cui Stoddart e Conolly ebbero a patire l'orrore tremendo inflitto loro, dall' emiro Nasrullah, di esservi abbuiati tra i propri escrementi e i rettili e vermi, prima di finire decapitati nella vasta piazza in cui mi ritrovato spossato.
Era forse già tardi, troppo tardi, per poter ancora prendere un taxi collettivo per Urgench, ciononostante non mi mettevo fretta, anche perché mi svigoriva una stanchezza delusa dei reperti che avevo potuto vedere degli emiri di Bukara, che mi faceva tralasciare la moschea Bolo-hauz, nei pressi, da cui mi rianimavano solo due ragazzi di passaggio, che si incuriosivano nei miei confronti e mi facevano felice di chiedermi di posare insieme con loro in una foto. Ahimè, che misera cosa umana vi è in me fissata, tra la bellezza dei loro freschi incarnati!