Provenendo da Zahedan, le prime testimonianze che fugacemente mi apparivano della tragedia del terremoto, da che nel meriggio si erano infittiti i palmeti nel deserto assolato, erano le sepolture che si intravedevano tra le palme dell'oasi, costituite da distese di tumuli che non erano ancora stati rivestiti di lapidi e lastre tombali . Ma all' addentrarsi nella città, tutto ciò che ancora sorgeva si faceva catastrofe e macerie, rovina superstite o riparo d'emergenza.
All' uomo della baracca il cui interno fungeva da biglietteria per gli autobus, chiedevo se fosse ancora possibile alloggiare in Bam. Certo, all' Akbar tourist guest house, od a quanto ne era stato rimesso in piedi. Era l'ostello in cui la volta precedente ero rimasto solo per pochi minuti, al seguito della coppia di turisti francesi che mi avevano offerto un passaggio in taxi di ritorno dall' Arg.
Avrei allora voluto unirmi davvero alla tavolata (di lieti turisti, per lo più giovani), che si stava imbandendo nel cortile infrescato da palme, ma non mi era ( stato) possibile, giacché dovevo essere di rientro nel mio ostello per la cena che mi era riservata alle 20, 30.
E l'Ali Amir's Legal Guest House, dove avevo alloggiato?Che cosa ne sopravviveva? Era rimasto fortunosamente in piedi , grazie al Cielo, erano ancora vivi Amir ed i suoi familiari, mentre vi erano rimasti uccisi dei turisti per i crolli al suo interno.Non era più agibile, in effetti, ed Ali Amir era costretto a tenerlo chiuso a chiave, come l'uomo mi significava con dei gesti.
La signora, invece, che gestiva la the house, dentro l' Arg?
" The big woman? - ha finalmente sorriso l'uomo all'evocazione della stazza di Miss *?- She live again...".
All' arrivo in taxi all'Akbar tourist guest house, mi accoglieva il Welcome trascritto di nuovo, su un muro di cinta sbrecciato, dall' ospitalità risorta dalle rovine dell' affabilissimo signor Akbar, che accanto al piccolo fabbricato che in scala ridotta era tutta la sua attuale dimora , mi mostrava le due tende all' aperto che ai bordi di un cratere dove due muratori seguitavano a scavare ed ad estrarre mattoni, costituivano gli alloggiamenti di fortuna che aveva approntato dopo il terremoto, insieme con un bagno esterno, una tavolato con delle panche ed una confortevole branda.
"Dieci secondi, e non è rimasto più niente... dieci secondi, e quarantamila di noi di Bam erano già i morti..."
Ma Akbar non intendeva lasciarsi minimamente piegare dagli eventi.
" Tutto ciò che avevo è stato ridotto a zero. Ma vivo ancora, vivono ancora i miei cari, ed un poco alla volta ricostruirò tutto, gradino per gradino, "step by step".Tutto deve tornare ad essere come prima..."
Depositato nella tenda ogni bagaglio, mi congedavo dal giovane giapponese che condivideva l'alloggio, e mi avviavo per le vie di Bam sul calar del sole. Lungo le strade si aprivano chioschi ricavati da container allineati sui marciapiedi distrutti, inframmezzati da accampamenti e macerie di case e superstiti rovine.
Li gestivano per lo più delle donne o dei ragazzini, spesso ancora bambini, che cooperavano tra di loro o con gli adulti superstiti delle loro famiglie
All' atto della compravendita in cui ci si fronteggiava e ci si congedava, una mestizia invincibile affliggeva i volti di certe donne, pur se erano atteggiati al sorriso della cordialità riconoscente, in altre la luce della vita che continua ne irradiava più forte, che il lutto e la morte, la bellezza dei lineamenti e dello sguardo.
di quel muro d'asilo, che davano sulla strada ancora com'erano appena un istante dopo il cataclisma . |
Per i viali s'intensificavano a sera moto e motorini, in un'animazione che nei giovani era di nuovo lo scorazzare, l' impennata, ma che non bastava a ravvivare lo sgomento, incombente, di quanto si fossero ampliati a dismisura le strade e i viali per la popolazione residua.
Erano già accese le luci nelle tende adibite a negozi della prima piazza che raggiungevo, in una di esse servivano a rischiarare l'opera di un barbiere intento nella rasatura.
Da quello slargo, allontanandomi, mi sono ritrovato lungo la via d'accesso da Zahedan e da Kherman, quand'io credevo di essere in prossimità dell' Arg, al capo opposto di Bam.
Di rondò, in rondò, nuovamente a dispetto, come la volta scorsa, di quanti mi esortavano a prendere un taxi per pervenirvi, solo quand'era già notte sono giunto a piedi nell' Emam Khomeini. Prima del terremoto era il cuore pulsante dei traffici della vita di Bam: ma ora, tra gli edifici schiantati, tra i prefabbricati ed i containers che si profilavano nell' oscurità, solo le luci di uno spaccio e di un vano di ristoro vi erano ancora accesi, in quanto restava di due edifici che i loro gestori avevano potuto riadattare a tali esercizi commerciali solo perché sul loro capo non incombeva alcun piano superiore periclitante, ed il soffitto poteva fungere da tetto sulle pareti increpolate.
Come ho iniziato a chiedere ragguagli, non mi avrebbe consentito di fare ritorno a piedi, all' ostello, la polizia ch'era di sorveglianza nella piazza, né dall'ostello a cui gli agenti mi riconducevano mio malgrado in automobile, Akbir ha lasciato che uscissi di nuovo, in cerca di un improbabile negozietto ancora aperto lungo la via adiacente.
In risposta alla mia richiesta se potevo ordinare un pasto come ospite, declinavo la cena che egli mi offriva, tra quelle che erano divenute le sue nuove pareti domestiche, dove avrei dovuto condividerla con lui, quale mio ospitante, nell' intimità familiare in cui era riunito con la moglie ed i figli,- se era così, poteva bastarmi il barattolo della piccante salsa pakistana di mango e ortaggi che conservavo appresso, sempre che dell' acqua mi smorzasse l' ardore che sprigionava in gola.
L'indomani mattina, di domenica, riprendevo il cammino verso Emam Komeini Square, lungo il percorso che svoltando a sinistra, poi a destra, mi immetteva in un tratto già avanzato del viale, interminabile,che avevo percorso nella sua interezza la sera avanti.
Nella luce del giorno potevo ora verificare che lungo quel boulevard era stato già installato un internet café,
gestito dalla discrezione di una ragazza che conservava affissa a una parete l'immagine del fratello o del fidanzato defunto |
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E benché appuntellata nel suo ingresso, mi sorprendeva che non era crollata la grande moschea, che poco oltre, sorgeva sullo stesso lato della strada, mentre i piani superiori di vari edifici allineati lungo il viale, che si ergevano ancora, si rivelavano un'apparenza illusoria di integrità supersite, giacché di essi più ancora che di quelli di cui restava solo il piano terra, le lesioni interne e il rischio di crolli pregiudicavano un uso residuo, anche solo come depositi o magazzini.
E' a tale reimpiego che era stata adibita la generalità dei negozi di cui si era invece preservato il solo vano al piano terra, in cui erano state accumulate le nuove scorte, le attrezzature o le scaffalature o gli infissi, di cui era ancora ipotizzabile il riutilizzo, gli interni erano rimasti altrimenti inalterati rispetto a come lo schianto del terremoto li aveva ridotti a un relitto, mentre le trabeazioni metalliche venute allo scoperto, o le inferriate o i portali, giacevano ammassate all' esterno, o in slarghi contigui.
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Il trauma comune, insuperato, era lo spettro di quegli interni che i superstiti avevano voluto abbandonare per sempre, oppure, essendo morti i loro abitanti, che erano stati lasciati così come il sisma li aveva riconsegnati alla vita. che sopravanza, all' esistenza di chi era scampato e sopravviveva a chi vi aveva abitato od esercitato il suo lavoro, con gli oggetti tra i più intimi, e cari, ancora esposti nel loro interno allo sguardo dei passanti.
L' invisibile interdizione del lutto collettivo, inibente, impediva ancora di rientrarvi abitualmente, o di farvi anche solo sporadico ritorno, tratteneva anche chi non aveva avuto dimestichezza con quegli interni dal mettervi piede, o mano, talmente ciò che rievocavano o che riesumavano resuscitava proprie memorie dolorose.
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Ma dall' interminabile boulevard bastava immettersi in uno dei tanti varchi che si erano aperti nei muri di cinta dell' oasi, per ritrovarsi al suo interno in un eden deserto,
dalle palme penduli a grappoli i datteri già maturi, che le mani superstiti non bastavano più a cogliere.
Ma anche al di qua del varco, nonostante tutto, la vita continuava in ogni sua pur fatua necessità o lusinghevole inganno, e tra i vari negozi ricostituiti in Emam Komeini Square e nei paraggi, dentro i vani scampati al terremoto o in container, era già presente pure una gioielleria,
,cosi come nelle vie che immettevano nella piazza, le filiali delle principali banche nazionali era già in funzione.
Da Emam Komeini Square, allora soltanto, mi avviavo verso l'Arg, e la città antica, e come imboccavo la via che vi recava, un iraniano mi offriva gratuitamente un passaggio sulla sua motocicletta. Che vedessi, e testimoniassi appieno, quanto di catastrofico vi era avvenuto.
L'ingresso nella città antica e nell' Arg era gratuito, valicate le mura esterne si procedeva al suo interno su una passerella. E ciò che mi è apparso oltre le mura esterne, è un disastro pressoché irreparabile.
Nella parte superiore della cittadella erano stati completamente distrutti gli alloggi della residenza del comandante della guarnigione, con la torre da cui la vista spaziava meravigliosamente sull' oasi ed il deserto circostante, delle mura interne solo i primi giri sopravvivevano in alcuni tratti delle loro rampe.
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E dei vicoli e delle dimore della città vecchia, di moschee e bazar, di case e scuole e stalle e palestre, non rimaneva che un cumulo a perdita d'occhio di detriti e mattoni di argilla.
all' immagine in roll over dei resti attuali della cittadella di Bam |
La citta antica di Bam, com'era e come appare ora, dopo il sisma. |
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Ma non si era ceduto alla rassegnazione e all' inerzia cui induceva tanta desolazione, se sotto la fersa del sole dei cariolanti stavano liberando un vicolo dai mattoni e dalle macerie che vi erano rovinate, dopo avere appuntellato le mura che non si erano sgretolate.
Ed essi mi mostravano simpatia, per come mi mostravo solidale con il loro sforzo tenace, benché potesse sembrare il vano sforzo degli eterni Troiani della Storia.
Eppure anche così, se quelle rovine , in un simile stato, ce le avessero consegnate la furia devastante e l'abbandono, l'incuria desolante e ammalorante degli uomini ignari, e se così fossero state disseppellite dalle sabbie del deserto, quelle rovine sarebbero parse e permanevano ancora meravigliose, in tale e tanta devastazione, fulgide di una verità che giaceva alterata/ dissimulata nello splendore del loro restauro.
Rientravo nel cuore del pomeriggio tra le più dolenti rovine della Bam moderna: e vi ravvisavo la caserma presso la quale già mi ero soffermato due anni or sono,
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ora erano sbrecciati i muri in cui campeggiavano le immagini degli Emam Komeini e Montazeri, suo delfino, e delle lapidi da sovrapporre alle sepolture delle vittime del sisma fronteggiavano il solo ritratto superstite dell' Emam Komeini..
Altri, più ingenti cumuli di lapidi, il sopraggiungere, lungo la via che riconduceva all' Emam Komeini Square, di un camion da cui ne era scaricato un intero ammasso in un deposito, di li a poco mi avrebbero attestato quale sia ora in Bam la principale attività remunerativa.
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E di ritorno nell' Emam Komeini Square, retrocedevo nei paraggi, in cerca di che restava dell' Ali Amir's Legal Guest House, per accertare se trovava conferma, quanto mi era stato anticipato, che l'ostello benché inagibile restava ancora singolarmente eretto.
Così era in effetti, tra le vastità di macerie e di scavi subentrati ai vicoli ed alle case circostanti, compresa la dimora che non c'era più di Ali Amir. potevo comunque sbirciare nella reception, tutto vi era stato lasciato come l'aveva sconvolto il terremoto, alle spalle di quanto vi era stato ammassato in fretta ed alla rinfusa:
i quadri appesi, e ancora allineati, dei ritratti delle autorità di cui era obbligatoria l' esposizione in un legal guest house iraniano, di Komeini e dell' Emam Montazeri, suo delfino, le incorniciature delle benemerenze e dei riconoscimenti ottenuti, di immagini di Bam e delle località vicine del Belucistan pakistano, che erano finite reclini l'una sull' altra, mentre erano rimaste inappuntabili la targa dell' ora del ceck out quotidiano, l'insegna sempre invitante del "Welcome in Amiri Gestoushose".
Oltre il bazar che era stato annientato dal cataclisma, lasciato l' Ali Amir's legal guest house, seguitavo per vedere che cosa ne fosse stato dell' Emamzadé_Ye- Asiri:
e potevo constatare che era stato ridotto dallo furia sismica ad una spianata, in cui sopravviveva solo la tomba di chi anche nel martirio fu uno dei compagni dell' Emam Reza, ininterrottamente onorata di fiori.
Tra le rovine franate sul marciapiede delle case di fronte, ove sul ciglio della strada erano fissate delle tende vuote, degli uomini frugavano in cerca di che mai potessero recuperarvi.
Erano quelli forse i resti delle loro casa?
No, un tempo sorgevano altrove le loro "kané", finite anch'essa in macerie e polvere.
Così dicendomi mi mostravano e mi porgevano qualcosa che poteva interessarmi: era il quaderno diligente di un studentessa di Bam, ove erano svolti esercizi di algebra e di aritmetica.
Forse anche loro, come Akbar, la cui casa sorgeva altrove rispetto al sito della guest house in cui si era risistemato, come Ali Amir che non aveva riedificato la sua dimora accanto all' ostello, era sempre in Bam, ma in luogo diverso da quello in cui avevano sempre vissuto, che stavano cercando di rifarsi una vita.
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