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From Peshawar to Iran

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Non era gran che distante dall’ Hotel Rose, in Peshawar, il Museo archeologico che intendevo visitare in mattinata, prima di partire in autobus per Guetta ed il Belucistan, sulla via dell’Iran.
Scartavo, in mancanza di tempo, la visita del Bala Hisar Fort, benché fosse stato edificato dallo stesso Babur
Sceglievo di arrivare a piedi al Museo, per i vari cavalcavia  che oltre la ferrovia immettevano nella via d' accesso al suo ingresso.

Ma il personale  che sostava davanti all' entrata, mi avvertiva che era il giorno della chiusura settimanale, con una determinazione che aveva tutte le apparenze dell' incrollabilità. Nemmeno nell' atrio d'ingresso  mi era consentito di  indugiare per dare almeno un'occhiata ai reperti che infoltivano le sale in ombra.

Potevo comunque ristorarmi nella casa del the retrostante,  e rinfrescarmici, prima di avviarmi alla partenza da Peshawar.

Sorbendo del the, ero dunque intento a  pasteggiare all' aperto con i custodi, quando è sopraggiunto il direttore generale, un uomo corpulento, di poco più giovane di me,  il quale si è prestato a intrattenermi in sua compagnia con affabilità cordiale .

Ero dunque a Peshawar per vedervi l'arte del Gandhara? Era allora un vero peccato che vi fossi capitato il giorno stesso della chiusura del Museo, che a suo dire, ne comprendeva la massima raccolta mondiale.

Ero europeo, un italiano,  finivo per rivelargl,i ed ero in Pakistan per la mia prima volta, di rientro dalla Cina e diretto in Iran. Nei miei pochi giorni di permanenza ero rimasto affascinato  dalla natura splendida dei rilievi montuosi del Nord del Pakistan, non che dall' arte deli Gandhara. 

" Because the Gandhara buddhist art is at the same time Greek and Indian art,  eastern and western expression  .."

" It's human art..." mi replicava.

In Pakistan, potevo ora  pur dirgli in tutta confidenza., avevo avuto premura di dissimulare la mia identità nazionale, per il timore di finire ostaggio dell' ostilità di Al Qaeda e dei gruppi  ad essa affiliati,nei confronti del governo del mio paese, a seguito del suo coinvolgimento nella guerra d'occupazione angloamericana del suolo irakeno.

Quand'ero ancora in Italia, prima di partire,  ero timoroso d'avventurarmi nel Pakistan, - ma eccomici, ora, per quanto solo di transito. E vi sarei stato di ritorno senz'altro l'anno venturo, di rientro dal mio viaggio in India. 

"Voi non avete nulla da temere. Non c'è Al Qaeda nel Pakistan, non ci sono più talebani  in circolazione.Voi potete muovervi liberamente.."

Anche in Afghanistan?

" Anche in Afghanistan, nelle città, in Kabul, in Kandhar, dove volete.Basta soltanto che avvisiate la polizia  se vi recate nelle aree rurali.  Per il resto potete procedere liberamente."

Era davvero un piacere di cui non mi sentivo di poterlo fare partecipe,  sentirlo parlare cosi  rassicurante e non credergli affatto. Convinto, com'io sono, che si annidi invece nel Pakistan  l'intelligenza centrale del terrorismo planetario,

Ugualmente  non avevo creduto alle sue assicurazioni che altrove rispetto a dov'ero stato finora nel Pakistan nord occidentale, potessi ritrovare in altre città, in altri bazar,  più di una donna addetta a un impiego al di fuori della comune reclusione domestica.

In Karachi, in Rawalpindi, in Lahore di certo, non ne dubitavo, ma fin che avessi seguitato sul versante prossimo all' Afghanistan, nel Belucistan...

Lungo il viaggio in autobus verso Guetta, il nuvolio piovoso cedeva al sole , a un sereno ininterrotto, via via che ai dintorni di Peshawar e ad una successione di oasi rigogliose, subentrava un paesaggio sempre più polveroso e desertico, ove l'argilla, le fornaci che la cuocevano e  i casamenti  e i villaggi dai tetti  piatti che ne erano il costrutto , sono stati tutto quanto mi si è offerto alla vista fino a Guetta, nell' intermittenza festosa di chi alle stazioni di sosta mi veniva incontro e mi allietava , pur di vedere anticipata una immagine fotografica della sua simpatia ridente.

 

Da Peshawar a Guetta

 

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Sono sceso a Guetta solo per trasferirmi in risciò alla stazione secondaria, poco distante,  ove era in sosta l'autobus pomeridiano per Taftan, il villaggio ch'è in prossimità della frontiera iraniana.

Una comitiva di giovani afghani con il loro maestro di arti marziali era in attesa dello stesso autobus.

L'agonismo del loro stile di vita occidentale e itinerante, il loro vestiario e il loro modo di atteggiarsi informale, tutto mi  sincerava che dicessero il vero e che esprimessero il rifiuto definitivo di ogni ritorsione verso L'occidente , quando mi  assicuravano che non erano affatto per al Qaeda , allorché  si è venuti in argomento.

Erano essi già scesi dall' autobus, a una fermata precedente, quando nel corso della notte, una pattuglia ha fermato l'autobus, ed ha fatto scendere me soltanto, degli occupanti, quale l'unico straniero.

Armati di fucili,  senza regolari divise, e con la kefiah, potevano essere all' aspetto dei terroristi o una banda tribale.

Solo la presenza a terra del conducente di scorta, che si sforzava di assistermi, poteva tranquillizzare la mia inquietudine.

Mi avessero essi fatto avanzare nel vuoto ed avessero puntato contro di me i fucili per passarmi per le armi, in quel tratto ventoso e sperduto di deserto notturno,  nessuno di tutti quelli che erano rimasti sul pullman avrebbero detto o fatto alcunché in mio soccorso, ero certo; il pullman sarebbe ripartito ed io sarei rimasto  solo un cadavere disperso nel deserto.

Venivano intanto calati ad uno ad uno i miei bagagli, ed erano  perquisiti in ogni tasca e sacca interna. Finché è sopraggiunto un funzionario  a sincerarmi che erano la polizia, pakistana, ringraziandomi per la mia disponibilità e scusandosi del disagio recatomi.

" It's the truth that I' m a Visitor , only a tacher... " gli ho sorriso con sollievo.

Non ho fatto caso nel  ripercorrere l'autobus, a chi mormorava che doveva pur esserci qualcosa in me che non andava, se la sosta era durata così tanto.

Si è arrivati a Taftan nel primo mattino.

Era già aperto un ristorante nello spiazzo circolare su cui gravitava il villaggio2border.jpg (43756 byte)

Degli imam iraniani salmodiavano con un sembiante greve al televisore,  contro un fondale di tappeti in cui risaltavano i quadri allettanti di virtuose  giovani .

Nella cordialità dei giovani e degli inservienti anziani che mi si affaccendavano intorno, servendomi il te, una piccante omelette, che finivano per incuriosirsi dei portenti della mia fotocamera,  mi chiedevano una fotografia e e si divertivano della loro ricomparsa nello schermo a cristalli, si è stemperata l' asprezza residua per la tribalità dei costumi delle genti del Pakistan, e ogni ricusazione di tornarvi in futuro si è intenerita nel rimpianto di quanta gentilezza di modi e riguardi ,nei miei confronti, mi è stata riservata da uomini anziani e giovani e  ragazzi, di quanto di mirabile ho solo intravisto o non mi è stato dato di vedere nelle contrade montane e del Gandhara, sulle orme della conquista macedone e della diffusione remota del buddismo,  in un transito talmente fugace e toccante, - e lo struggimento in cui prendevo congedo dal Pakistan dirigendomi al posto di frontiera,  si è stretto nel nodo della promessa di farvi ritorno quanto prima.

Da Guetta a Taftan

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