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Guetta, 19 Agosto 2004
Guetta, 19 Agosto 2004 L'indomani, del mio arrivo in Mingora, ho visitato il Museo archeologico di Swaat, le stupe del sito di Butkara II, quindi nel pomeriggio ho raggiunto le rovine archeologiche, presso Udegram, dei bazar dell' antica000i Ora, la cittadella fortificata che fu devastata dall' avanzata conquistatrice di Alessandro Magno. Tra i reperti del Museo dello Swaat erano stupende due coppie di amanti,
alcuni dei rilievi in particolare delle storie di Buddha,: soprattutto quello della cessione del manto-: Nella loro coappartenenza al mondo indorientale, ed a quello ellenistico, rammemoravano l'arte coeva di provincia paleocristiana, piuttosto che quella aulica greco-romana, poichè i loro artefici apparivano ugualmente intenzionati dal comune intento di divulgare la biografia spirituale del loro Maestro di salvezza, e perseguivano tale finalità edificante in virtù , ugualmente, di irreali proporzioni scorciate irreali, della semplificazione devozionale dei gruppi di figure in cui prendevano corpo le Sue vicende esemplari.Era grazie a tale stilizzazione non naturalistica di scene e forme, che la significatività perenne degli atti trascendeva le istantanee di vita della quotidianità del Buddha, nei cui accadimenti la dinamica rivelatrice della loro gesta era stata colta e fissata in flagrante.Apparivano più affini all' arte ellenistica pagana delle statuette di pregio inferiore, presumibilmente importate, o di cui era minore la riconfigurazione formale del modello originario, nella estraneità in cui permanevano, pur nella loro forgiatura in loco, ai canoni spirituali che sono propri dell' arte buddista della regione di Gandhara. Nell' inoltrarmi all' uscita dal Museo verso il sito Butkara III, l'afa del rigoglio stupendo della valle dello Swat, l'"Udyana", o Giardino degli antichi Indiani, mi stremava al punto che mi era un soccorso da cui mi sarebbe stato arduo prescindere, l'aiuto che mi recava lungo la strada un giovinetto del luogo, nel guidarmi nel raggiungere al termine della periferia di Saidu Sharif il suggestivo sito tra le rocce di Butkara III, un nido di stupe ingrottate alle pendici dei monti, prospicienti dei vikara e delle aree devozionali, quanto restava dell' antico monastero. Si è unito al mio procedere in affanno presso l'ultimo negozietto, ch'è di proprietà dei suoi familiari, cui mi ero fermato per dissetarmi, ritrovandomi già sitibondo pochi minuti dopo che avevo cercato ristoro in un' ulteriore bibita, e per chiedere della via restante che mi separava ancora dalla località archeologica. . Mi inerpicavo per risalire verso l'uscita dal sito, e dagli occhiali cadeva una stanghetta che il ragazzo raccoglieva in mia vece, ricercavo la guida e non la ritrovavo. E adesso, senza più alcuna indicazione, come potevo orientarmi ancora nel Pakistan, in Peshawar, Taxila, in Guetta, nella scelta dell' hotel in quelle città insidiose? Ero talmente in affanno, mentre tracimavo sudore, anelavo talmente, alla ricerca della mia guida perduta, di potere ripercorrere quanto prima le tappe del mio cammino, da che ero uscito dallo Swat Museum, che del ragazzo non potevo accogliere l'invito ospitale, mentre lui non si appagava dei dieci minuti, soltanto, che potevo al più accordargli, quale dilazione del ritorno sui miei passi. E dalle soglie dell'uscio della sua casa, in cui a quelle condizioni limitative aveva dunque ricusato di farmi entrare, egli mi congedava sulla via del rientro in Saidu Sharif, a cui mi aveva ricondotto dopo che era sortito dalla sua dimora per dissetarmi, per recarmi delle pillole per il mio ascesso dentale. Della mia guida non ne sapevano nulla in quell' ultimo negozietto, niente di niente nello spaccio in cui avevo sostato in precedenza, dal lato opposto della via. Solo per completare l'investigazione di quel vano tentativo di ritrovamento, mi riaffacciavo nella trattoria ch'è all' angolo in cui ha inizio quella strada, dove ero entrato per sorbirmi già una seconda bibita, da che già sitibondo ero uscito dal Museo: ed appena mi ci sono addentrato un cameriere mi ha fatto cenno, e mi ha porto la guida che in mia attesa era stata riposta in un cassetto.
Fuori del traffico di auto, e di risciò, deglii autobus sovraornamenti e sovraccarichi di passeggeri, aggrappati all' esterno, appollaiati sul tetto, che affollavano l'afa del centro di Mingora, nel suo tanfo di fracido,
eccomi a Udegram, nel pomeriggio, da cui risalivo al sito degli scavi di Ora, che ne hanno riportato alla luce le fondamenta delle botteghe. Alla avanzata delle armate di Alessandro Magno nello Swat, durante l'inverno e la primavera del 327-326 a.C., mentre egli era intento alla presa di Masaga resisteva accanitamente Bazira, situata presso l'attuale Barikot, che insieme con Ora era l'altro sito fortificato della valle, vanificando l' offensiva di Ceno per espugnarla, sicché Alessandro, per debilitarla e farla capitolare di conseguenza, inviò Attalo, Demetrio, e Alceta, contro l'altro sito fortificato di Ora, ma senza che ne venissero a capo con successo Tale irriducibilità strenua lo indusse a sopraggiungere a sua volta in Ora con il grosso delle sue forze, debellandola al primo assalto. Dopo di che, nel sito tra i resti delle cui fondamenta ora mi aggiravo, lasciò di stanza una guarnigione , provvedendo al contempo a rafforzarne le difese, il che egli fece anche in Massaga ed in Bazira, la cui popolazione era fuggita dopo la caduta di Ora. Solo dopo essersi così assicurato alle spalle, Alessandro il Macedone mosse all' assalto della fortezza montana dell' Aorno, dove gli Assaceni alla cui tribù appartenevano le genti di Bazira, credevano di avere trovato sicuro rifugio, una volta che ebbero evacuato i propri stanziamenti. Così raccontano Arriano ( IV, 27, 9) e Curzio Rufo ( VIII, 11,1)
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Dei ragazzi e degli adulti sostavano ai margini degli scavi di Ora ,
cui chiedevo come potessi pervenire alla moschea poco distante che risaliva ai tempi di Muhamad di Ghazni Era situata lungo il sentiero alpestre che recava al maniero che incupiva la sommità del pendio sovrastante.. Chiedevo quanto fosse sicuro avventurarcisi, da solo. Volevo forse per questo una guardia del corpo? A questo poteva prestarsi uno degli uomini che sostava all' ombra nella radura. Ce n'era forse bisogno? chiedevo. Noi occidentali , chiosavo, temiamo la presenza di Al Qaeda che si annida nel Pakistan. " Qui, nessuno di noi é di Al Qaeda" mi ha sorriso il mio interlocutore principale, tra il sorriso generale" You can go.". Ho seguitato da solo oltre il cimitero e degli ovini al pascolo, oltre l'avvallamento del letto di un torrente in secca.. Un silenzio profondo si era fatto intorno, intanto che sulla via del castello incombente mi avvicinavo ad un'ulteriore svolta, senza che forse apparsa ancora alcuna traccia della moschea. Al che una voce interiore, fosse timore eccessivo, o giusta cautela, la spossatezza sopraggiunta nell' inerpicarmi, mi avvertiva di arrestarmi, che altresì l'ora si faceva troppo tarda per l'autobus per Peshawar. E ad essa mi sono arreso e sono ritornato indietro. Avevo fatto bene a recedere, mi ha confortato un giovane uomo di fragrante bellezza, cui ho chiesto la via più rapida del rientro giù ad Udegram, lungo un cammino diverso da quello che avevo intrapreso. " Ci sono uomini pericolosi, lassù, che avrebbero potuto spararle." E tra pozze ove si ristoravano buoi, all' abbeveraggio, slarghi per animali al pascolo,
spiazzi di verde ove si ritrovavano uomini e ragazzi , per un dedalo di vie e viuzze, dei giovinetti che mi facevano corteo al seguito mi istradavano fino al traffico della via per Mingora, al punto di sosta del Suzuki. Era un tripudio gioioso la loro compagnia ospitale,
un accalorarsi in lasciti di e-mail, negli slanci di reciproco affetto che mi testimoniavano. In Mingora, di rientro in hotel per riprendere i bagagli, alla stazione degli autobus, la partenza verso Peshawar.
Superata Barikot, le mirabili sue stupe ai margini della strada lungo la quale lasciavo lo Swat, si preannunciava imminente lo scatenamento di un temporale. Ed i miei bagagli, con libri e altri reperti cartacei della Cina, memory card e pellicole, stavano inzavorrati allo scoperto sul tetto del minibus, mentre i primi goccioloni già infoltivano. Da un mio interlocutore , che sapeva l'inglese, facevo assicurare quelli del minibus che mi sarei fatto scaricare immediatamente con i miei bagagli, pur di proteggerli almeno con il mio corpo, se non si fosse provveduto immediatamente a metterli al coperto. mentre il minibus era in corsa un ragazzo si avventurava sul tetto e ne traeva a bordo i miei zaini e le mie borse, ritrovandosi madido fracido .Non ha accettato per questo alcun compenso, quando siamo scesi e sono stati scaricati i bagagli alla stazione di Peshawar. Hotel? Hotel Rose, presso il Khyber bazar. Ove tutto il personale che avrei ritrovato era puntualmente cordiale e maschile. Come nei negozi e negozietti di alimentari ancora aperti, nell'umidore notturno cessata la pioggia.
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