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(P.S
Le immagini risalgono quasi tutte alla terza delle mie escursioni in
Mahua, con condizioni meteorologiche splendide e non tendenzialmente
avverse)
L'ora
che si faceva tarda mentre il cielo s'incupiva di nuvole, sollecitavano
il mio giovane motociclista a chiedermi di assecondare l invito
degli uomini addetti al restauro del tempio di Shiva a lasciarci
accompagnare al vicino mandapika , anziche ostinarmi per vedere
innanzitutto e ad ogni costa il tempio di Chamunda , che mi era di
maggior richiamo, e ci ritrovavamo di li a poco in prossimità
del tempietto, coevo o di poco posteriore o secondo altri antecedente
rispetto a quello di Shiva, che era fatto risalire al 6.00- 650 d.C.
In portico,
antarala e santuario, senza sikhara, si elevava breve e
monumentale ed in stile tri-ratha da una esigua piattaforma. Su di essa
ne innalzava la mole il basamento del consueto adhisthana composto
da di kura, kumbha, kalasa, kapota con takarikas, il cui unico
sfarzo ornamentale erano i tulas floreali che emergevano dal kalasa
all'altezza del bhadra centrale. Nel suo Bhadra-rathika esso consisteva
compendiariamente in una nicchia coronata da un gavaksha dal largo oculo,
in cui compariva una figura umana.
In ogni nicchia era
fortunatamente ancora installata l'immagine statuaria della divinità cui
fu consacrata, serrata nel recesso tra i due pilastri di due upabhadras,
in luogo dei pratirhatas..
Nel bhadra
settentrionale essa era Varaha,
Mahishasuramardini in quella retrostante,
volta ad occidente,
mentre si stagliava un Ganesha in piedi nel bhadra
meridionale,
meno panciutello del consueto, benchè da un ragazzo si
facesse porgere i dolci laddu, che prelevava con la proboscide,
tutte e tre le divinità manifestandosi in bella evidenza scultorea. Ma
come già nei templi Gupta antecedenti, i dikpalas e le surasundari non vi
facevano la loro comparsa sulle proiezioni degli upabhadras- in luogo dei
pratirathas- e su quelle successive dei karnas, nè oltre il portico di accesso,
retto da 4 pilastri similari a quelli conformi alla tradizione Gupta del
tempio di shiva, nella loro figurazione di due vasi ghata-pallavas tra un
bhadraka ed una banda ottagonale ornamentata, le divinità della trimurti erano
presenti nella trabeazione del portale d'ingresso.
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Nei pilastri scabri
degli upabhadra, come in quelli dei successivi karnas, restava ancora appena
abbozzato il tracciato nella pietra delle incisioni ornamentali, mentre al
pari della rientranza del badhra-rathika i recessi dei salilantaras.
figuravano istoriati di affascinanti volute vegetali, alle cui scaturigini
sostavano elefanti, ai lati de badhra di Ganesha,
misteriose figure umane, in gruppo o solitari,
presso quello di Mahisasuramardfini.
Un kapota con dentellature lignee, era quanto restava dell'esordio
sovrastante del varandika.
Oltre il portico d'entrata, il portale d'accesso al garbha-griha, in luogo
della trimurti di cui si è anticipata l'assenza, nel la trabeazione
che si reggeva su due stambha-sakas compariva invece la successione
monumentale di due sikhara tri-ratha alle estremità, e di tre gavakshas,
tra di essi compresi, di cui quello al centro, più oblungo, includeva una nicchia con un astante, sotto una sovrastruttura valabhi dalla volta a botte.
Un bel fregio vegetale più esterno erano le
spoglie del bahya saka, rampicante, cui in basso , nello stipite alla sinistra
dell.osservante era addossata con una sua minuta attendente
la dea Yamuna insieme al veicolo, la tartaruga, che era la sola rimanenza di quanto era
stato l 'apparato
statuario della raffigurazione d'ambo le dee fluviali Ganga e Yamuna. Niente era
invece quanto restava dell.ornamentazione della soglia dell udumbara.
Un vero caposaldo, nel rintronare del cielo, tra i tuoni nel farsi
lampeggiante del cielo, si schiariva quel mandapika, per intendere al meglio
quanto di un tempio posteriore, Pratihara o Chandella o Kkachchhapagatha, non
dovevo prefigurare negli antecedenti Gupta. Nella essenzialità delle sue forme
architettoniche precedenti, il tempio hindu potevo supporlo composto di
portico, vestibolo, gargha-griha, ed in elevazione del solo basamento della vedibhanda, di jangha, varandika e sikhara, scandito come tri-ratha
o pancha-ratha, a seconda che il badhra centrale contemplasse due upabhadra
laterali od in loro luogo risaltassero separate e distinte due prati-ratha,.Dovevo
contemplarvi l'edicola di un Bhadra-rathika, ma non dovevo figurarvi disposte surasundari nelle prati-rathas e
dikpalas nei karnas, mentre invece potevo vederne risalire la mole, nei recessi
stessi dei salilantaras un tripudio emanativo
vegetativo, onnipervasivo, più che una propulsione ascendente di gavakshas. I
pilastri, reggessero il portico o fossero in loro guisa delle proiezioni
parietali, avevo da rappresentarmeli ornamentati non con variazioni misraka, che attraverso un
incremento delle sfaccettature lo circolarizzassero, ma con due vasi
dell'abbondanza interconnessi da un badhraka percorso dal loro stesso turgore di
linfe. Nel portale, quindi, erano preventivabili l'incorniciatura di sakas
degli stipiti e la collocazione al loro principio delle dee fluviali,- esclusa
l'eccezione sommitale del tempio Dasavatar di Deogarh, ma non certo
la comparsa della Trimurti nel lalata bimba, che vi si prestava piuttosto a una
ricapitolazione delle forme di sovrastruzione - sikhara, valabhi,- che potevano
eallora ssere assunte dal tempio hindu.
E. via nel vento che si era levato, in una tenzone in motocicletta a
chi tra noi e il temporale arrivasse prima in Renod.
Solo la terza volta che sono giunto in Mahua, sono riuscito ad accedere
al tempietto della Dea. Forse era anche più piccolo del mandapika, ma vi
era compresssa la complessità intera di un tempio Pratiratha, e
ancora di più, esso è ancora un tempio vivente.
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Nel suo aspetto originario, di format
rettangolare, che sarà attribuito in seguito ai soli templi
dedicati alla Devi,- in Naresar, il tempio 20, nel
grandioso Telika- mandir di Gwalior, che è la sua ripresa macroscopica, nel
tempio Gadarmal in Patari Badoh, quanto nel Jarai math di
Barwa Sagar, o nel Maladevi di Gyaraspur, - il tempio di Chamunda
lasciava supporre che come il tempio 20 di Naresar ed il Telika-mandir fosse
ricoperto un tempo da un valabhi a volta, e comprendeva solo l'atrio di un vestibolo e il santuario del garbagriha, di cui,
su di una dimessa piattaforma, sopravvivevano di fatto solo il prasada o vimana
del santuario, e le kapili laterali dell' antarala. Il loro
basamento era un'adhishthana in parte interrata, costituita della sola vedibhanda
di kura, kumbha, kalasa, kapota. Delle tulas, di matrice lignea, già
attestate con uguale mansione e allocazione nei templi antecedenti di Mahua,
si sostituivano in coppia al kalasa ad ambo i lati del pilastro del bhadra
centrale, per esaltare l'alzato rientrante degli upabhadras che lo affiancavano
piatti, nell'ordinamento tri-ratha delle pareti.
Dalla loro adiacenza levigata emergeva con ancora più risalto il ratika
del badhra, che albergava l'immagine di un dio su di un piedistallo, tra
due pilastrini in cui erano abbozzati sommariamente capitello e mensola,
sotto un kapota
che fungeva da gronda, su cui si elevava il frontone di un udgama eminente, a
conferire la dignità di un tempio alla nicchia del rathika. Nelle
nicchie dei badhra campeggiavano Kartikkeya ad est,
intento ad alimentare il pavone che ne è il veicolo vahana,
Parvati in
Pancha-agni-tapas ad ovest,
Ganesha
in una delle due nicchie retrostanti,
di cui si
avrà modo di spiegare la ragione. Ai lati
del culmine raggiunto dall'udgama, lungo tutte le pareti del solo
santuario si distendevano, allungandosi in
festoni, catene di gantha malas. Invece sottostanti, oltre gli upa-bhadras, le ulteriori rientranze dei recessi dei
salilantaras, alla stregua dei templi antecedenti in Mahua,
l uno dedicato a
Shiva e l'altro il mandapika, erano risalite dalle volute serpentinanti di profluvi vegetali.
I karnas.terminali erano pressoché identici al bhadra, in ragione
presumibilmente del fatto che la loro nicchia ugualmente sovrastata da un udgama,
a differenza dei precedenti templi ancora di transizione situati in Mahua, in
cui ne avevo registrato l'assenza, ospitava
quali ospiti canonici i dikpalas, vedici lords protettori del tempio.
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Due tulas leonine, a guisa di
quelle del recesso di una varandika, oltre
la gronda vi
precedevano i gavakshas dell'udgama, in un pregio formale che non era stato attribuito
ai bhadra. Ancora un salilantara ancora più elevantesi dei precedenti,
percorso da un fusto fogliare in tutta lunghezza, e nel kapili dell'antarala
si faceva ammirare la maggiore grandeur delle sua nicchie, non seconde a
nessun altra del tempio, esaltata anch'essa dai tulas, ora tre,
uno floreale affiancato da due a testa di leone, o un tris completo di
simhas belluini. La dea Durga con il proprio leone veicolare era
installata nella nicchia-kapili ad est, mentre in quella ad ovest era
insediato Narashima
Era sul retro, che oltre al tratto più cospicuo della varandika, composta di
due kapotas e di un filare di meravigliose tulas nel recesso intermedio,
istoriate nello loro testate di figure di fiori e fantastici mostri,
si
poteva rilevare la variante di rito che s'imponeva nei templi rettangolari
dedicati alla dea, ove correva la parete di maggiore lunghezza : due bhadras
con upabhadras, intervallate da un recesso intermedio cui era stata
riservata una propria
banda in rilievo di racemi fogliati. Proprio come nei templi Pratihara di Barwa
Sagar, o nel tempietto che in Naresar è il numero 20
Il portale, che dava sulla cella interna in cui era l'immagine della dea Kali
trasferitavi dal tempio Mohajamati di Terahi, ne impediva la vista con un drappo
rosso, non essendo l'ora di alcuna puja.
A quanto ne trapelava alla vista, esso sorgeva sulla soglia di un'udambara
dove due macro-volti di kirtimukka affiancavano la mandaraka centrale,
trovando il loro
seguito in un leone per lato sdraiato e rivolto verso l'alto.
Sui consessi statuari delle divinità fluviali
era visibile solo lo sthambha
saka degli stipiti del tempio, che albergava mithunas in nicchie rette da
atlanti, mentre il lalata bimba lasciava intendere che era preceduto da un
naga-saka di serpenti floriformi. Al centro della trabeazione trovava la sua
conclusione nei nagas serpenti che vi erano afferrati per la coda dal loro nemico irriducibile Garuda, sotteso a
Vishnu quale suo veicolo, tra le schiere ai lati di vidyadharas. Tutt'intorno un
Bahya saka di foglie spiranti da kirtimukkas.
Forse che un divieto impediva la vista della Dea nel suo volto tremendo? Un
gruppo di devoti che sopraggiungeva fugava il dubbio rimuovendola tenda , e
Chamunda mi consentiva di
vederla appieno nel suo aspetto terrificante: scheletrita in volto e nelle
membra, vizzi i seni, la dea mi urlava contro , come contro ogni
astante, la bocca
digrignante le gengive, iniettati di odio i bulbi oculari, brandendo le sue armi
letali tra spiriti e demoni che si contendevano la carne e il sangue delle
vittime del suo perenne sfracello.
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