Al racconto di viaggio

 

Al racconto di viaggio  al punto interrotto per la sola descrizione del rempio di Chamunda

Il Mandapika ed il tempio a Chamunda di Mahua

marzo 2015
     
  (P.S Le immagini risalgono quasi tutte alla terza delle mie escursioni in Mahua, con condizioni meteorologiche splendide e non tendenzialmente avverse)

 

 

L'ora che si faceva tarda mentre il cielo s'incupiva di nuvole, sollecitavano il mio giovane motociclista a  chiedermi di assecondare l invito degli uomini addetti al restauro del tempio di Shiva a lasciarci accompagnare al vicino mandapika , anziche  ostinarmi per vedere innanzitutto e ad ogni costa il tempio di Chamunda , che mi era di maggior richiamo, e  ci ritrovavamo di li a poco in prossimità  del tempietto, coevo o di poco posteriore o secondo altri antecedente rispetto a quello di Shiva, che era fatto risalire al 6.00- 650 d.C.

In portico, antarala e santuario, senza sikhara, si elevava  breve e monumentale ed in stile tri-ratha da una esigua piattaforma. Su di essa ne innalzava  la mole il basamento del consueto adhisthana composto da di kura, kumbha, kalasa, kapota con takarikas, il cui unico  sfarzo ornamentale erano i tulas floreali che emergevano dal kalasa all'altezza del bhadra centrale. Nel suo Bhadra-rathika esso consisteva compendiariamente in una nicchia coronata da un gavaksha dal largo oculo, in cui compariva una figura umana. In ogni nicchia era  fortunatamente ancora installata l'immagine statuaria della divinità cui fu consacrata, serrata nel recesso tra i due pilastri di due upabhadras, in luogo dei pratirhatas..

 

Nel bhadra settentrionale essa era Varaha,

 
 
 

  Mahishasuramardini in quella retrostante, volta ad occidente,

 
 
 
 

 mentre  si stagliava un Ganesha in piedi nel bhadra meridionale, 

 
 
 

 meno panciutello del consueto, benchè da un ragazzo si facesse porgere i dolci laddu, che prelevava  con la proboscide,  tutte e tre le divinità manifestandosi in bella evidenza scultorea.  Ma come già nei  templi Gupta antecedenti, i dikpalas e le surasundari non vi facevano la loro comparsa sulle proiezioni degli upabhadras- in luogo dei pratirathas- e su quelle successive dei karnas, nè oltre il portico di accesso, retto da 4 pilastri similari a quelli conformi alla tradizione  Gupta del tempio di shiva, nella loro figurazione di due vasi ghata-pallavas tra un bhadraka ed una banda ottagonale ornamentata, le divinità della trimurti erano presenti nella trabeazione del portale d'ingresso.

 
   

Nei pilastri scabri degli upabhadra, come in quelli dei successivi karnas, restava ancora appena abbozzato  il tracciato nella pietra delle incisioni ornamentali, mentre al pari della rientranza del badhra-rathika  i recessi dei salilantaras. figuravano istoriati di affascinanti volute vegetali, alle cui scaturigini sostavano elefanti, ai lati de badhra di Ganesha,

 
 

 misteriose figure umane, in gruppo o solitari, presso quello di Mahisasuramardfini.

 

Un kapota con dentellature lignee, era quanto restava dell'esordio sovrastante del varandika.

Oltre il portico d'entrata, il portale d'accesso al garbha-griha, in luogo della trimurti di cui si è anticipata  l'assenza,  nel la trabeazione che si reggeva su due stambha-sakas  compariva invece la successione monumentale di due sikhara tri-ratha alle estremità, e di  tre gavakshas, tra di essi compresi, di cui quello al centro, più  oblungo, includeva una nicchia con un astante, sotto una  sovrastruttura valabhi  dalla volta a botte.

 
 

 

Un bel fregio vegetale più esterno erano le spoglie del bahya saka, rampicante, cui in basso , nello stipite alla sinistra dell.osservante era addossata con una sua minuta attendente la dea Yamuna insieme al veicolo, la tartaruga, che era la sola rimanenza di quanto era stato l 'apparato statuario della raffigurazione d'ambo le dee fluviali Ganga e Yamuna. Niente era invece quanto restava dell.ornamentazione della soglia dell udumbara.

Un vero caposaldo, nel rintronare del cielo,  tra i tuoni nel farsi lampeggiante del cielo, si schiariva quel mandapika, per intendere al meglio quanto di un tempio posteriore, Pratihara o Chandella o Kkachchhapagatha, non dovevo prefigurare negli antecedenti Gupta. Nella essenzialità delle sue  forme architettoniche precedenti,  il tempio hindu potevo supporlo composto di portico, vestibolo, gargha-griha, ed  in elevazione del solo basamento della vedibhanda, di jangha, varandika  e sikhara, scandito come tri-ratha o pancha-ratha, a seconda che il badhra centrale contemplasse due upabhadra laterali od in loro luogo risaltassero separate e distinte due prati-ratha,.Dovevo contemplarvi l'edicola di un Bhadra-rathika, ma non dovevo figurarvi disposte surasundari nelle prati-rathas e dikpalas nei karnas, mentre invece potevo vederne risalire la mole, nei recessi stessi dei  salilantaras un tripudio emanativo vegetativo, onnipervasivo, più che una propulsione ascendente di gavakshas. I pilastri, reggessero il portico o fossero  in loro guisa delle proiezioni parietali, avevo da rappresentarmeli  ornamentati non con variazioni misraka, che attraverso un incremento delle sfaccettature lo circolarizzassero, ma  con due vasi dell'abbondanza interconnessi da un badhraka percorso dal loro stesso turgore di linfe. Nel portale, quindi, erano preventivabili l'incorniciatura di sakas degli stipiti e la collocazione al loro principio delle dee fluviali,- esclusa l'eccezione sommitale del tempio Dasavatar  di Deogarh,  ma non certo la comparsa della Trimurti nel lalata bimba, che vi si prestava piuttosto a una ricapitolazione delle forme di sovrastruzione - sikhara, valabhi,- che potevano eallora ssere assunte dal tempio hindu.

E. via nel vento che si era levato, in una tenzone in motocicletta a chi tra noi e il temporale arrivasse prima in  Renod.

 

 

Solo la terza volta che sono giunto in Mahua,  sono riuscito ad accedere al tempietto della Dea. Forse era anche più piccolo del mandapika, ma  vi era  compresssa  la complessità intera di un tempio Pratiratha, e ancora di più, esso è ancora un tempio vivente.

 
 
   
   
   

 Nel suo aspetto originario, di format rettangolare,  che sarà attribuito  in seguito ai soli templi dedicati alla Devi,- in Naresar, il tempio 20,  nel grandioso Telika- mandir di Gwalior, che è la sua ripresa macroscopica, nel tempio Gadarmal in Patari Badoh, quanto nel Jarai math di Barwa Sagar, o nel Maladevi di Gyaraspur, - il tempio di Chamunda  lasciava supporre che come il tempio 20 di Naresar ed il Telika-mandir fosse ricoperto un tempo da un valabhi a volta, e comprendeva solo l'atrio di un vestibolo e il santuario del garbagriha, di cui, su di una dimessa piattaforma, sopravvivevano di fatto solo il prasada o vimana del santuario,  e le kapili  laterali dell' antarala. Il  loro basamento era un'adhishthana in parte interrata, costituita della sola vedibhanda di kura, kumbha, kalasa, kapota. Delle  tulas, di matrice lignea,  già attestate con uguale mansione e allocazione nei templi antecedenti di Mahua,  si sostituivano  in coppia al kalasa ad ambo i lati del pilastro del bhadra centrale, per esaltare l'alzato rientrante degli upabhadras che lo affiancavano piatti,  nell'ordinamento tri-ratha delle pareti.

Dalla loro adiacenza levigata  emergeva con ancora più risalto il ratika del badhra, che albergava l'immagine di un dio  su di un piedistallo, tra due pilastrini in cui erano abbozzati sommariamente capitello e mensola,  sotto un kapota che fungeva da gronda, su cui  si elevava il frontone di un udgama eminente, a conferire  la dignità di un tempio  alla nicchia del rathika. Nelle nicchie dei badhra campeggiavano Kartikkeya ad est, intento ad alimentare il pavone che ne è il veicolo vahana,

Parvati in Pancha-agni-tapas ad ovest,

 

 Ganesha in una delle due nicchie retrostanti,

 di cui si avrà modo di spiegare la ragione.  Ai lati del culmine raggiunto dall'udgama,  lungo tutte le pareti del solo santuario si distendevano, allungandosi in festoni,  catene di gantha malas. Invece sottostanti, oltre gli upa-bhadras, le ulteriori rientranze dei recessi dei salilantaras, alla stregua dei templi antecedenti in Mahua, l uno dedicato a Shiva e l'altro il mandapika,  erano  risalite dalle volute serpentinanti di profluvi vegetali. I karnas.terminali erano pressoché identici al bhadra,  in ragione presumibilmente del fatto che la loro nicchia ugualmente sovrastata da un udgama,  a differenza dei precedenti templi ancora di transizione situati in Mahua, in cui ne avevo registrato l'assenza, ospitava quali ospiti canonici i dikpalas, vedici lords  protettori del tempio.

   
 
   
   
   
   

Due tulas leonine,  a guisa di quelle del recesso di una varandika, oltre la gronda vi precedevano i gavakshas dell'udgama, in un pregio formale che non era stato attribuito ai bhadra. Ancora un salilantara ancora più elevantesi dei precedenti,  percorso da un fusto fogliare in tutta lunghezza, e nel kapili dell'antarala  si faceva ammirare la maggiore grandeur delle sua nicchie, non seconde a nessun altra del tempio,  esaltata anch'essa dai tulas, ora tre, uno floreale affiancato da due a testa di leone, o un tris completo di simhas belluini. La dea Durga con il proprio leone veicolare era installata nella nicchia-kapili ad est, mentre in quella ad ovest era insediato Narashima

 

Era sul retro, che oltre al tratto più cospicuo della varandika, composta di due kapotas e di un filare di meravigliose tulas nel recesso intermedio, istoriate nello loro testate di figure di fiori e fantastici mostri,  si poteva rilevare la variante di rito che s'imponeva nei templi rettangolari dedicati alla dea, ove correva la parete di maggiore lunghezza : due bhadras con upabhadras,  intervallate da un recesso intermedio cui era stata riservata una propria banda in rilievo di racemi fogliati. Proprio come nei templi Pratihara di Barwa Sagar, o nel tempietto che in Naresar è il numero 20

Il portale, che dava sulla cella interna in cui era l'immagine della dea Kali trasferitavi dal tempio Mohajamati di Terahi, ne impediva la vista con un drappo rosso,  non essendo l'ora di alcuna puja.

A quanto ne trapelava alla vista, esso  sorgeva sulla soglia di  un'udambara dove due macro-volti di kirtimukka  affiancavano la mandaraka centrale, trovando il loro seguito in un leone per lato sdraiato e rivolto verso l'alto.

Sui consessi statuari delle divinità fluviali

 

era visibile solo lo sthambha saka degli stipiti del tempio,  che albergava mithunas in nicchie rette da atlanti, mentre il lalata bimba lasciava intendere che era preceduto da un naga-saka di serpenti floriformi. Al centro della trabeazione trovava la sua conclusione nei nagas serpenti che vi erano  afferrati per la coda dal loro nemico irriducibile Garuda, sotteso a Vishnu quale suo veicolo,  tra le schiere ai lati di vidyadharas. Tutt'intorno un Bahya saka  di foglie spiranti da kirtimukkas.

Forse che un divieto impediva la vista della Dea nel suo volto tremendo? Un gruppo di devoti che sopraggiungeva fugava il dubbio rimuovendola tenda , e Chamunda mi consentiva di vederla appieno nel suo aspetto terrificante:  scheletrita in volto e nelle membra,  vizzi i seni,  la dea mi urlava contro , come contro ogni astante,  la bocca digrignante le gengive,  iniettati di odio i bulbi oculari, brandendo le sue armi letali  tra spiriti e demoni che si contendevano la carne e il sangue delle vittime del suo perenne sfracello.

 

 
 

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