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INDEX
INDIA SCONOSCIUTA Antichi templi hindu in Barwa
Sagar, nei distretti di Shivpuri e di Ashokanagar |
In Orchha, Barwa Sagar, nel distretto di Shivpuri 2 Il tempio Jarai Math di Barwa Sagar
E' nel
marzo del 2015 che ho visitato per l'ultima volta il tempio Pratihara
Jarai Math presso Barwa Sagar.La grandiosità della magnificenza frontale del
tempio
era un effetto fors’anche di quanto ne era stata
una rovina, con la perdita del portico d’accesso. Tale
presunta distruzione avrebbe lasciato in vista l’ornamentazione
che era adombrata al suo interno insieme con quella che lo trascendeva
all’esterno, in un continuum splendido, outdoor, lungo la parete frontale
fino alle volute a suggello dell’antefissa del sukanasa, contro il
superstite fondale reticolato di gavakshas del sikhara, che
riprendevano la trama del suo sacrale ordito continuo. Delle loro carenature ritrovavo arcuati gli udgamas delle nicchie che si
stagliavano sul vedibandha,
delle coronature dei tempietti delle proiezioni centrali di ogni parete, dei prati-rathas laterali che le
fiancheggiavano a guisa di pilastri ,
delle
nicchie dilungate a templi da tali loro sovrastrutture nei
recessi e nelle proiezioni d’angolo dei karnas e del vestibolo dell'antarala,
dove
gli udgamas si dilatavano, e si
duplicavano, nel loro slancio ascendente verso il loro reticolato superiore,
di cui era luminescente la parte superstite del sikhara originario.
Da uno
scatto fotografico all'altro, Epitome
macroscopica dei templi Pratihara, incredibilmente sfuggita al cribro del
vaglio del maggiore Cunningham, immane come il Teli-ka-mandir di
Gwalior quanto egualmente riconducibile al solo apparato architettonico del
santuario e dell'antarala del vestibolo, sempre che non li
precedesse un portico d'entrata, il Jarai Math osservava dei templi Pratihara
l'assetto di rito pancharatha, che contempla cinque proiezioni
laterali parietali, il bhadra centrale, i prati-rathas che
vi ricorrono a guisa di pilastri nelle antiche fogge gupta, i ratha-karnas
d'angolo con i dikpalas tutelari, e la loro
riassunzione nelle rathas* corrispondenti del sikhara
, a simboleggiarne architettonicamente il riassorbimento
nell'unità divina originaria di provenienza, come avviene di tutto" ciò che per l
universo si squaderna". Certo, ero già a conoscenza che il
tempio avrebbe accusato un'irregolarità sostanziale espressa nella parete di
fondo, che presentava la spina di due bhadras centrali in
ragione della sua dimensione più dilungata. ma si trattava di un'infrazione
già registrabile e convenuta in altri tempi e tempietti Pratihara, a iniziare
da quello numero 20 della valle di Nareshar, cui era stata conferita
ugualmente una dimensione oblunga, in ragione del culto che in esso era
parimenti riservato alla Dea ed al consesso della sua pluralità d'aspetti. Al
tempo stesso, con l'eccezion fatta del motivo dell'hamsa mithuna
voleggiante sopra le divinità fluviali del portale-, dei templi Pratihara il
Jarai Math riassumeva tutta l'ornamentazione di rito, in una preziosità
d'intaglio a dir poco ammaliante, precorrendo nel basamento gli arricchimenti
futuri delle modanature del tempio hindu, così come si standardizzeranno ,
anche nel senso seriale o deteriore del termine, nei magnifici adhishthanas
che insieme con i templi che su di essi vi si
sopraeleveranno, assurgeranno Khajuraho a capitale religiosa dei
Chandella. Era dal
portale che iniziava la mia ricognizione ulteriore, nei minuti particolari, a iniziare dalla
sua soglia,
un'udumbara
che ai lati del nerboruto rigoglio vegetativo di fusti di loto del mandaraka
centrale, esibiva le coppie simmetriche di due gaja-simhas, di
un leone e di un elefante sul cui dorso il felino stava bellamente
accovacciato, di due kinnaras che sembravano suggere i
boccioli di una pianticella di loto su cui erano in penitenza dei rishis
emaciati,
di due
vasi dell'abbondanza tondeggianti, in una cui fascia era inciso un kirti-mukka.
Tali vasi
erano retti da nagas con il loro cappuccio di cobra.
Mi volgevo
quindi alle serventi, scolpite negli esordi del portale, di due dee
esternalizzate rispetto alle dee fluviali Ganga e Yamuna, in flessuosa tribhanga,
la triplice curvatura conferita al loro corpo, che figuravano defilate in
prossimità dell'accesso purificatorio, al di sotto di altri rishis
penitenziali. Le dee Ganga e Yamuna , l'una alla destra e l'altra alla
sinistra di chi accedesse al tempio, così cedevano insolitamente il primo
piano al guardiano dvarapala*,
canopizzato
da un torana ch'era sormontato a sua volta da un udgama e
dal tilaka di un tempietto miniaturizzato, replicati entrambi
nelle protomi ai lati.
Le
attendenti, benché minute e sforzosamente intente al compito di chhatra-dharini,
ossia di reggitrici del parasole regale delle due divinità, meritavano
ogni attenzione del caso perchè recavano delle borse di approvvigionamento
della propria dea, nel quale apporto offerente si è rinvenuto un indizio già
di per sé probante che il tempio fosse luogo di culti tantrici
alla Sakti dell'energia femminile del Divino.
Di lato alle
due dee, che si vuole che altro non siano che una riproposizione di Ganga e
Yamuna, una pianta di loto rampicante si schiudeva in tre boccioli, nei
cui serti, sul versante alla sinistra dell'osservante, trovavano
ricetto un docente e quattro discepoli, mentre nell'altro si sfrenavano
musici e danzerini. In tale accolita sarebbero ben ravvisabili le sembianze
di Lakulisha e dei suoi allievi Kusika, Mitra, Garga e Kaurushya,
per la
similarità del gruppo con altre sue ricorrenze in posizione consimile, nel portale
del tempio della Maladevi in Gyaraspur, o nel Teli ka Mandir , in Gwalior,
nelle quali è ben individuabile il danda di un bastone alle
spalle del soggetto centrale, che lo identifica inequivocabilmente con
Lakulisha. Figurando Lakulisha come il fondatore o riformatore
leggendario del culto di Shiva della setta Pashupata, se non anche
quale il ventottesimo ed ultimo avatar del dio, se ne è prontamente
desunta una affiliazione shivaita del culto della Devi del tempio Jarai
Math; ma senza il concorso di attestazioni ulteriori,
come
ritenerlo il culto in esso imperante, alla luce soltanto di tale sparuto
indizio? I sakhas
delle fasce laterali del portale ostentavano, alquanto
consuetudinariamente, una prima banda interna di volute rampicanti, o patra-sakha,
ed una seconda di fiori mandara,
mentre
inusuale era la terza, in cui entro delle nicchie sorrette da
pilastrini, una figura femminile era intenta a soccorrere una
maschile Semplici mendicanti confortati da inservienti? O non si trattava,
forse, come vorrebbe R. D. Trivedi, di scene della Bhikshatana
murti di Shiva, in cui il dio errando per il mondo, come il suo
supremo mendicante, per espiare la colpa di avere reciso con un'unghia la
quinta testa di un Brahma arrogantesi la creazione del mondo,è intento a
ricevere del cibo dalla dea Parvati, con il bastone kankala
sulle spalle ed una coppa costituita dal cranio della stessa quinta testa
decollata di Brahma,? Ad un saka
di ganas, o pramatha-sakha, faceva seguito la banda-
pilastro di uno stambha-sakha quanto mai variegato:
ad un
riquadro intagliato con volute, vi subentravano infatti
prima un collare poliedrico con figure di divinità e di esseri
celestiali, poi l'immagine incorniciata di un kirti-mukka,
in seguito la raffigurazione di una coppia di amanti che giacevano l uno
all'inverso dell'altro, in un ricettacolo perlinato circolare, quindi un
quintetto scultoreo di musici e di danzatori, non che un vaso opulento
dell'abbondanza, o ghata-pallava, che era sovrastato a
sua volta da un ulteriore kirti-mukka e da un collare ulteriore
poliedrico tra lamine fogliari.
Il loro
seguito ornamentale precedeva un capitello bharani con triplice
scannellatura. che su di un piedistallo con incise foglie di loto nel verso
inferiore, tra due pilastri laterali guarniti di fronde vegetali,
reggeva la nicchia del piccolo santuario di un dio, un micro-tempio a
tutti gli effetti, tant'è che la sovrastava, miniaturizzata, una varandika
consistente di di due kapotikas che includevano un
corso di testate di tulas, proprio come nei templi Pratihara è
di prammatica, ed un sikhara tri-ratha coronato
di amalaka, kalasa e vijapuraka. Un ulteriore pramatha-saka
di ganas faceva quindi da pendant al precedente, come poneva in
risalto lo stesso stacco del recesso tramato da un jalaka, rispetto
alle due bande successive di nicchie di coppie erotiche, o mithunas
, e del bahya saka terminale, retto da un kumara soggiacente,
in cui fluttuavano o si posavano in volo meravigliose coppie
celestiali, recanti ghirlande e strumenti musicali.
Apparivano
così incorniciate le due prime trabeazioni del portale,
l' una,
conclusa da Brahma e da Shiva, che allineava bellamente in comoda posizione
lalitasana tutte quante le divinità planetarie o nava-grahas e
le saptamatrikas, l'altra che in nicchie coronate da udgamas
recava una successione di divinità femminili, inframmezzate da
danzatori e musicanti nei recessi. Al centro del duplice ordinamento,
in una ratika che lo comprendeva in altezza, si
proiettava la figura sovradominante della dea unificante il
consesso. In lalitasana, su di un fiore di loto a fungerle da
piedistallo, era alta il doppio che le altre dee, ed anche solo per questa
sua magnitudine sovrimponentesi, come non ritenerla la divinità
principale del tempio, una Devi che disvelandosi nella sua cavalcatura
, o nei suoi attributi, avrebbe risolto l'enigma della sua destinataria
primaria, per dipanare il quale mi era già noto che non avrei potuto
confidare nella statua all'interno del garbagriha, essendone
rimasto poco più che il piede destro, non fosse, ahimè, che tale
immagine al centro della trabeazione non poteva più rivelarci se non che di
una dea e senz'altro pugnace si trattava quale intestataria del tempio,
nel contesto solidale delle immagini di divinità femminili Sakta che le
proliferavano intorno, che la sovrastavano, che la attorniavano lungo le pareti,
talmente il sembiante della Dea era stato sfregiato e mutilato, degli
attributi delle sedici braccia essendo ancora identificabili solo un vajra*
ed un kamandalu*, nelle sue braccia inferiori di destra, e la
spada di un khadga. Che
campeggiasse in luogo di Shiva, ridimensionato alla sua destra alla stregua
di Brahma, sul termine opposto, depotenziava ulteriormente la
supposizione di una affiliazione univocamente shivaita del culto della
Sakti del tempio, che già le immagini di Lakulisha e dei suoi accoliti,
o di scene della Bhikshatana murti sembravano concordemente
accreditare, per cedere il passo al sopravanzare dell'ipotesi che invece si
trattasse di una divinità femminile della costellazione vishnuita,
ponendosi ella tra Shiva e Brahma ai suoi lati. Quanto alla
schermaglia che poteva originare l' identificazione delle divinità femminili
della seconda trabeazione,
ognuna nel
suo tempiolino con l'intermezzo di ganas intenti alle danze o a far risonare
strumenti musicali, non c'era sorta di dubbio che la prima alla
mia sinistra di osservatore fosse Gaja-Laksmi, per gli elefanti che
l'irroravano purificatori, mentre la seconda se non era una matrika
era Ambika, reggendo un fanciullo e un cespo di mango, Mahesvari risultava
essere la terza, sempre che bastasse ad identificarla il veicolo animale
di Nandi, Sarasvati la quarta, inconfondibile per la sua vina trasversale,
Vaishnavi, o piuttosto Chakresvari, la successiva, in virtù dei chakras
che reggeva con le braccia superiori, esattamente in corrispondenza,
sul versante opposto antecedente, con un'altra divinità hindu
trasvolata nell' universo jain, ossia Ambika, secondo quant'era da
presumersi, buon'ultima un'altra dea, o matrika, ancora
non meglio identificata, o identificabile. In tutto il
suo splendore scultoreo si dispiegava quindi una lastra di rilievi
concernenti La
collocazione di Vishnu al centro del pannello ed esattamente al
di sopra della indecifrata divinità femminile a sedici braccia, non era forse
una conferma ulteriore che il tempio fosse ispirato da un'affiliazione
tantrica vishnuita al culto della Devi, come già il tempio Maladevi di
Gyaraspur, ed in seguito quello Parshvanatha jain di Khajuraho, che al centro
della sua trabeazione del portale d'ingresso reca la immagine di Chakresvari- Vaishnavi ? Il Jarai
math mi si veniva così sempre più configurando come un tempio in
cui il predominante vishnuismo doveva coesistere sincreticamente con la
versione shivaita del culto della dea, che ugualmente vi era manifestato, e
ripreso, ma in posizione sottostante, o defilata marginalmente,
comunque gerarchicamente subordinata.
A riprova
delle mie supposizioni affiancavano Vishnu il dio Brahma alla sua
destra, ed alla sua sinistra Shiva, entrambi in confortevole posizione lalitasana
e con inscalfito il rispettivo veicolo animale, l 'hamsa
e Nandi.
Le figure
scultoree ulteriori rappresentavano una divinità con kankala-danda
e la ciotola dei poveri, o kapala, che sembrava ricevere
sostentamento da una dea, per il tramite un cucchiaio, sul quale, nel
gruppo alla mia destra di osservante, stava un minuscolo uccellino, al
pari di una bestiolina consimile sulla mano destra del dio. Il contesto
trimurtico di tali raffigurazioni avvalorava di certo l ipotesi di
R.D.Trivedi che rappresentassero scene della Bhikshatana murti ,
in cui a Shiva mendicante recavano il conforto del cibo Parvati
sulla mia sinistra, e ancora Parvati o Annapurna sulla mia destra . Date le
loro isoformità stilistiche, tali immagini facevano ascendere alla loro
stessa significazione quelle analoghe del rupa-sakha del
portale, elevandole oltre la loro riconduzione a semplici
rappresentazioni di mendicanti ed inservienti. Come non
bastassero le riprove così raccolte di una predominanza vishnuita nel
culto tantrico della Dea che si praticava nel tempio, al di sopra di
Vishnu- Garuda ecco stagliarsi le immagini gemine di Varahi, sul trono
di loto che reggevano due vidyadharas, senza che
fosse per loro d'impaccio reggere al contempo una frondosa ghirlanda,
tale coronamento stagliandosi entro il più bello dei serial scultorei
della facciata, per come plasticamente caratterizzava le sue figure
divine, la sequela in sciolta lalitasana dei dikpalas del
tempio.
Di
tutti quanti si erano preservati i veicoli animali, volti alla gemina Varahi
come verso la meta ed origine del culto del tempio , ciascheduno recando il
proprio dikpala posto di traverso, perchè ci apparisse in
posizione frontale, ciascheduno sulla propria cavalcatura
differentemente a suo agio ed atteggiato in differenti mudras.
Già a più di
un osservatore è parso fin troppo stupefacente che nel consesso dei dikpalas
Nirriti segga su di un maiale , per poter concedere che sempre un
suino, a quanto poteva parere a prima vista, fosse il vahana
di Vayus, involto dalla propria ventosità nel sollevarsi del suo manto; ed
infatti è un capriolo, o mrighi, l'animale su cui Vayus
è accomodato.
Che poi in
tale sequenza i dikpalas siano dotati come i comuni mortali di
soli due arti superiori è parso un indizio sufficiente della natura remota
del tempio, più che bastante a ricondurlo ai primi tempi dell'arte Pratihara,
ma non avevo che da risfogliare il volume appresso di R. D.Trivedi, Temples
of the Pratihara Period in central India, per accertare, ad una
ricognizione più ampia, quanto fosse diffusa nel tempo, in Keldar come in
Gyaraspur, l'inibita proliferazione di braccia dei guardiani del tempio. E tutte le
consomiglianze che vi avrei ritrovato con altri templi Pratihara, al
seguito delle indicazioni puntuali di R. D.Trivedi e della mia memoria visiva
delle loro ricorrenze, mi avrebbero indotto a condividerne la datazione
tarda, che lo fa risalire al x secolo dopo Cristo.
Ed ancora più
in su, oltre una serie di nicchie con udgamas in cui danzavano
nani ganas, alternate con altre invece vuote, il sukanasa,
alfine, in un triplice ordine fastoso di oculi-chaityas e di
volute, in cui altre immagini di divinità femminili celebravano la pluralità
di manifestazioni della Dea, quasi ad esaltarne la trascendenza,
rispetto ad ogni sua assunzione di forme, mediante l' ostentazione
stessa della loro profusione,
una al centro del secondo livello dotata di khadga, o
spada, al di sotto di un orbicolare floreale meraviglioso, mentre le
sottostavano lateralmente, nelle loro nicchie templari fregiate di sardulas,
le rappresentazioni di Varahi e di Mahishasuramardini. Attenendomi
quindi alla deambulazione pradakshina, il fianco
meridionale del Jarai math mi si prospettava in tutto il fulgore del suo
adempimento mirabile dei paradigmi del tempio Pratihara, che pur vi
erano sopravanzati nell'incremento di profilature del basamento dell'adhishthana.
Sullo zoccolo del bitha- costituito di una
modanatura piatta, di un jadya kumbha e di un presentimento di karnika-
non risaltavano in successione immediata, come nella generalità degli altri
templi Pratihara, le modanature usuali del vedibandha,- kura,
kumbha e kalasa, sormontate da un kapota-,
perchè vi erano interposte le profilature duplicative e
duplicate di un plinto - in cui ad un primo kura, e ad un
primo kumbha, subentravano le raffinatezze di un grasa
pattika di kirti-mukkas, fregiata di ardha.ratnas-
o semilosanghe- soggiacenti e dalla inflessione
superiore, rifluentevi, della curvatura di un jadhya kumbha
ornato di petali di loto. Mediante tale sopraelevazione il Jarai Math
così prefigurava, al pari del tempio Chaturmukha Mahadevi di Nachna
Kuthara, la scansione ternaria del basamento dell'adhishthana in
bitha, pitha, vedibandha,- o
dicendola altrimenti in zoccolo, plinto e podio, che avrebbe
contraddistinto gli ulteriori templi medioevali dell'India centrale, ed in
particolare quelli di Khajuraho.
Tale rialzo
del podio, così rimarcato, bastava poi ricondurlo alla sopraelevazione del
tempio, perché non vi apparisse un mero sfoggio di sovraeleganza
nelle sue profilature, esaltava infatti la germinazione nel vedibandha
delle forme che avrebbero assunto la loro piena espansione,
ascensionale, nelle proiezioni verticalmente corrispondenti del jangha
e del sikhara. Su kura,
kumbha e kalasa del vedibandha, si
elevavano fino al kapota superiore nicchie templari con un
frontoncino di udgamas , in cui la divinità campeggiava tra due
pilastri ch'erano fregiati di volute fogliari, fiancheggiati a loro volta da simha-sardulas,
al loro stagliarsi nel bhadra centrale, - in
corrispondenza di fieri intenti con i leoni rampanti che avevo
già visti associati alle nicchie sottostanti dell'antefissa del sukanasa
della facciata. Un kapotika, fregiato di takarikas,
era la trabeazione tutelare delle divinità .
Per
sovrabbondanza di grazia, come in altri templi Pratihara, all'altezza delle
proiezioni mediane dei prati-rathas e di quelle del vestibolo
dell'antarala, alle modanature del kalasa si
sostituivano delle testate di tulas recanti immagini
di mithunas, di musici e ganas intenti alle
danze. Tali teste preludevano alla serie di tulas che compariva
nella varandika tra due kapotas,
a
ulteriore ripresa di una ricorrenza dagli esiti incantevoli dei templi
Pratihara. Ero così
risalito al fulgore del vibrato luministico delle carenature di archi chaityas
che rivestivano l'antarala e le proiezioni e i recessi medesimi
della parete del jangha, i loro dilungamenti
verticalizzati sopraelevandosi in ogni sporgenza o rientranza, quanto nell'antarala
del vestibolo, su altrettante edicole sottostanti quali loro
sovrastruzioni, e così assurgendo tali edicole alle vestigia di templi nel
tempio. Tale fulgore luminescente era riattizzato, e intensificato
ancor più, da quello dei rathas corrispettivi del sikhara,
lo esaltava ed avvivava lo stacco stesso, tra il vestibolo e
il jangha della parete del santuario, dei reticolati
brillanti di jalakas, che si ripetevano su, su, lungo i bordi
laterali dell'antefissa.
Ma nel bhadra
centrale, per la perdita in gran parte di tale rivestimento, la sua
prominenza aggettante conferiva un risalto ancora maggiore al
tempietto in miniatura di cui l'ordito degli archi chaityas costituiva
un tempo, più che il frontone, una guisa di sikarika, oltre la
gronda così rimarcata del khura-chhadya.
Infatti
lo caratterizzava, della conformazione di un sikhara,
l'alternanza di amalakas scanellate e di kapotikas dei
suoi karna-rathas angolari, rispetto a una madhya-lata
centrale. Di tale proiezione mediana era il sostegno originario un
tempietto che dava ricettacolo a una scarnita Chamunda, tra i fantasmi
di pretas scatenati.
Avevo già
rilevato una simile conformazione, a guisa di sikhara, dell'udgama
posto di sopra al bhadra-ratika nel tempio suryaco di Madhkera,
o in quello Chaturmukka di Nachna Khutara, non che sopra le edicole templari
dei recessi del mandapa del tempio Maladevi di Gyaraspur,e
l'avrei ritrovata in quello di Sesai, nel portale d'ingresso al santuario del
cui tempio al dio Sole. Avrei rinvenuto in quest ultimo mandir anche lo
stesso surplus di trabeazioni con pannelli istoriati di divinità che
campeggiava sul portale del Jarai Math, ed in forme più umili ed ancora
più alte, data la mole più ridotta su cui si riproduceva integralmente
lo stesso fasto sacrale, in piena ottemperanza di ogni fregio e decoro e
partizione richiesta. Intanto nel
tempietto del Jarai Math la dea Chamunda, dalle ottuplici braccia,
mi appariva accampata in lalitasana sopra un malcapitato
supino, e dei suoi attributi si erano conservati integri la coppa
kapala ed un trisula Mirabile fino
all' intenerimento, del santuarietto soggiacente, o devakoshta,
era la miniaturizzazione in ogni suo
particolare di un intero tempio, per il tramite della riproduzione di
un portico in un portichetto, quale deliziosa attuativa di come il tempio hindu abbia a
racchiudere ad oltranza la propria replicazione frattale, in
diversi ordini e gradi, quanto il divino è l' uno a misura di tutte le
cose nell' ordine cosmico.
Sulla sintesi
metonimica dell'adhishthana del tempio, risolta in una coppia
di tulas splendidamente fregiate di parna- bandhas
fogliari, con pendenti o lumas sottostanti, e in un grasa-pattika
il cui viluppo vegetale scaturiva meravigliosamente da un kirti-mukka,
costituivano il portico del devakoshta due pilastri anteriori
per giunta pluriformi, o misrakas, con tanto di kumbhika,
di suggellatura di due vasi dell'abbondanza terminali, o ghata-pallava ,
tra i cui estremi dalle fauci di un kirti-mukka non mancava
nemmeno di calare il cordone di una campana su una sfaccettatura
poliedrica, discendendovi dalla profilatura cuboide di un madhya-bandha,
sotto la duplice scannellatura del padma e dell'amalaka
di un capitello bharani.
Né
all'interno del portichetto, il portale d'accesso alla celletta
di un santuario era sprovvisto dei suoi costituenti canonici,
ovviamente Ganga e Yamuna ed attendenti, un suo sakha agli
stipiti ed una propria divinità al centro della trabeazione del lalata-bimba,
un Kubera in comoda lalitasana, mentre il fregio
della schiusa di un fiore di loto occupava il soffitto, al pari del sakha
contornandolo una banda di petali di loto. Ai lati del
bhadra, conferivano solennità monumentale all'alzato del
tempio i due prati-rathas nelle forme di alti pilastri, i cui udgamas
templificavano(
Da edicole
templari simili a quelle dei recessi che intercorrevano rispetto al bhadra,
a guisa di loro sovrastruzioni si sopraelevavano i reticolati dei gavakshas,
o chaityas di udgamas, fino ad una
testata incentrata in un kirti-mukka tra le sue defluenze
evolventisi, a sua volta coronata dall'opulenza vegetale ricadente
di un vaso dell'abbondanza, o ghata pallava o
purna-kumbha che dir si voglia. Un capitello bharani
con un abaco istoriato di foglie, portava a termine la sontuosità
magnifica delle prati-rathas pilastriformi. Un altro
recesso, quale il precedente, ed era la volta del karna-ratha,
che ospitava dikpalas in nicchie simili in tutto a quella
inferiore del bhadra, al di sotto del raddoppio dell'udgama
in due dilungamenti acuiti al vertice, che elevava le
edicole a santuari di un tempio, - al contempo evocando o prefigurando la
proliferazione posteriore di mulamanjari e uromanjari
, o detto altrimenti la replica del sikhara principale
in una sua miniatura addossata al suo petto nel suo ratha
centrale.
La grata di
una Jalaka rilevava lo stacco strutturale della
rientranza dell'antarala, il quale, alla stregua del karna-ratha,
faceva da supporto alla dilatazione di un' ulteriore duplicazione dell'udgama,
ugualmente appuntita nelle sue due sommità, al di sopra di un
santuarietto a guisa di ratika. Ne era la copertura una
gronda estesa a due ali rientranti volte ad ospitare due statue
sussidiarie, situate una per lato a fianco delle colonnine tra le quali
era compreso il gruppo statuario centrale. A tale gronda corrispondeva un kapota
sovrastante il tempietto, anch'esso ampliato secondo la stessa profilatura.
Tale duplicazione degli udgamas sovrapposti ai santuari
delle karna-rathas e dell'antarala poteva
in realtà ravvisarsi anche nel tempio Chaturbhuja del forte di Gwalior. Il Jangha
dello stessa antarala, come quella del prasada del
santuario, era conclusa dal fregio di una pushpa mala di fiori,
a raccordo unitario di entrambi i fronti mediani.
Quindi si
sopraelevava il varandika nella sua scansione
iniziale, già rilevata, di kapotas inframmezzate da tulas.
Lo portavano
a compimento un'antarapatta che nella sua scacchiera
riprendeva l'alternanza di fondo, dell'arredo templare, tra sole carenature
di chaityas e jalakas, una pattika fregiata
di ardha-ratnas triangolari ed una kapotika decorata
di takarikas, alfine prima dei rathas o latas
del sikhara. Li gremiva la lumineggiatura dell'ordito di gavakhas,
in quelli che portavano a termine lo slancio ascensionale di bhadras
e prati-rathas. Era un' intermittenza che si
faceva infatti più rada nei karna- rathas sovrastanti,
poichè le carenature degli archi chaityas vi erano
inframmezzate con amalakas e kapotikas, al
termine di una direttrice di marcia ascendente tracciata da un udgama
appuntito sovrapposto al varandika, Il
fianco meridionale dell'antarala ospitava Narashima nella
nicchia superiore,
intento al
contempo in cui eviscerava Hiranyakashipu, a scaraventare, calpestare,
sollevare demoni per la capigliatura. Oltre i pilastri lo affiancavano alla
sua destra un presumibile Gada-purusha, insolitamente di sesso
maschile, ed un Sanka-purusha alla sua sinistra. Nella nicchia del
vedibandha una dea madre sembrava intenta a sollevare la figura
di un essere di minute dimensioni, all'apparenza un figlio che consolasse.
Coppie
statuarie consimili, oltre i dikpalas Agni ed Indra del karna-ratha,
ricorrevano in ambo i recessi ai lati di ambo i prati-rathas.
In uno di
tali gruppi un altro essere minuscolo sembrava offrire a una
dea ciò che conteneva un cesto che reggeva con ambo le mani. Che
si trattasse di immagini ulteriori della Bikhshatana murti di
Shiva?
Nell'edicola
dei prati-rathas faceva bella vista di sé una surasundari,
come altre comparivano nella nicchia sottostante, ed in quella
del kharna che ad essa era allineata lungo il vedibandha.
Il bhadra
centrale presentava una concentrazione di terrificanti immagini della
Devi, lungo le pareti della sua proiezione all'altezza del vedibandha,
quale Durga e Chamunda ai lati di sud est e di sud ovest, nelle
parvenze frontali che ne offriva, in cui era intenta a
sorseggiare sangue da una coppa.
Il karna-ratha
poi di svolta verso la parete ovest mi avrebbe accomiatato da quella
meridionale con le immagini dei dikpalas Nirriti e Yama, di cui
era invertito l'ordine abituale di successione.
Nella parete
ovest faceva quindi la sua comparsa
la duplicazione del bhadra e delle sue edicole,
che
aveva provocato l'inserto non meno funesto di due latas del
sikhara, divergenti nel loro assecondamento, per farne,
con quelli sovrapposti ai prati-rathas, i balapanjaras,
o latas complementari, di fiancheggiamento dei due madhya
latas elevati sul raddoppiamento dei bhadra . Il resto,
come nella parete nord, secondo il copione meravigliosamente esibito dalla
parete sud. Il
repertorio statuario della parete occidentale presentava nelle nicchie
centrali dei due bhadras Kartikkeya che alimentava il
proprio pavone
ed
Harihara, Vishnu-Shiva,
mentre
tra i due rathas interni
campeggiava
interposta, una bella immagine di Surya, assistito puntualmente da
Danda e Pingala.
Lo affiancava
alla sua destra uno Shiva tricefalo,
che
avrei ritrovato nella nicchia retrostante del tempio Jagadamba in
Khajuraho. Al di sopra di una raffigurazione feroce di
Bahirava con kapala e khatvanga, quella
di Varuna era di lascito verso la parete nord, ove Vayus gli faceva
seguito.
Le nicchie
del bhadra vi ospitavano a nord-ovest Kubera,
al
centro Shiva e Parvati, con Brahma pronubo,
un'implacabile
Mahishasuramardini sul lato nord est, risolutissima quale in
poche altre sue rappresentazioni, a dare il colpo di grazia del fendente di
una sua spada al demone estratto dal bufalo Mahisha.
Nel ratika
della nicchia- tempietto del prati-ratha Shiva
Ardhanarisvara,
prima delle
divinità vediche di rito Kubera e Isana, quali dikpalas, nelle
edicole del karna-ratha. Nell'antarala,
all'immagine superiore di Narashima sul versante opposto
meridionale, faceva da pendant quella sovrastante di Laksmi- Narayana,
a suggellare
nell' elegante bellezza dei dilungamenti sinuosi delle sue figure
divine, la predominanza della costellazione vishnuita nell'affiliazione alla
Trimurti del culto templare tantrico alla Devi, secondo un'attestazione
che già campeggiava al centro dei rilievi oltre il portale centrale, . A
conferma che il shivaismo ne era un culto subordinato, sottostava
Parvati in panchagni-tapa.
L'ingresso
nel vestibolo e nel garbagriha mi riservava la trasposizione
interna della sontuosità inesausta del tempio, nell'ornamentazione dei
mirabili pilastri. Una kumbhika come loro basamento,
quindi il
vaso da cui tracimava il fogliame di un gatha pallava, il fusto
di un bhadra-saka prominente, esuberante di volute vegetali, un
pattika recante inciso un kirti-mukka, un collare
ottagonale, il rigoglio di un gatha-pallava, ancora, due
fasce di rilievi fogliari ed alfine il capitello barhani,
concluso da mensole con volute fregiate da altri kirti-mukkas.
Contraddistinguevano
i due pilastri dell'antarala una dvarapalika in
una nicchia, il seguito verticale di cinque mithunas,
fiancheggiati da tre vivide coppie di gaja-sardulas elefantini,
con i loro disarcionati condottieri.
Nel soffitto
dell'antarala due lastre con incisi kirti-mukkas separavano
tre concavità circolari. I pilastri
del garbagriha sostenevano invece cinque travi con le usuali
decorazioni,- palmette, parna-bandhas fogliari,
ardha-ratnas triangolari, putti reggenti ghirlande, ancora parna-bandhas
- che conferivano una rilevante altezza alle concavità cuspidate del
soffitto. Della statua principale non restavano che un piede ed il
piedistallo, ove erano scolpite le figure di una donna danzante e di
suonatori di flauto o di tamburo. maggio 2015
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marzo 2015 |
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