Ho appena colmato il tassello per entrare in Cina, ottenendo il visto di transito kazako.
Peccato che il cuore e la mente le abbia in India, di cui dispongo del visto...
ma seguitare la Silk road ha la precedenza.
Odorico
Mio fratello ha compreso parecchio delle mie intenzioni segrete, nello scrivermi in risposta:
Thu, 8 Jul 2004
16:16:58 +0200
Carissimo Odorico,
Ma che viaggio stai facendo: in Cina e poi nell' India del Nord
attraverso le montagne ?
Perbacco !
Riferirò alla mamma dei tuoi spostamenti.
Ciao e buon viaggio."
Peccato, o
meno male, che mio fratello non abbia tenuto conto che se si esclude il
passaggio a Sud Est per il Tibet ed il Nepal, la sola via delle
montagne che rimane tra la Cina e l' India passi per il paese degli
Assassini del nuovo Vecchio della Montagna.
Se posso dunque gioire che mi siano
state schiuse le porte della Cina, resta più che mai vero che
è il caso " di non vantarsi del domani", perché
"non sai
neppure che cosa genera l'oggi".
Lo stesso giorno di
ieri era sorto desolante dal lavacro della pioggia che aveva rinfrescato
Tashkent, quando per le strade della capitale uzbeka mi sono ritrovato
ridotto all'immagine speculare di quel poveraccio che mi tendeva la mano
per un'elemosina , si allontanava e mi si appressava di nuovo, sentendomi
in balia dei termini minimi della fiducia affidabilità
che potevo accordare riporre ancora
a in me stesso, e alla nella mia
assennatezza, ridotto allo sbando del disarmo che suscita il senso di ogni inanità di procedere oltre, una volta
che aperto ogni zaino e borsa non ho ritrovato uno dei due portafogli
che avevo seguitato ad utilizzare stoltamente, benché fosse divenuto di
ingombro e mi esponesse al furto in ogni maneggio dei soldi, volatilizzatosi con
centinaia di euro, e milioni di lire turche, finite in chissà quali
tasche di chissà quale frequentatore notturno dell' aeroporto di
Tashkent. Eppure più di uno di loro, senza che provvedessi, mi era
parso troppo assiduo nei miei paraggi,
mentre mi ostinavo a pernottare nella sala d'attesa dell'aeroporto, dopo l'arrivo da Istanbul
quando erano già passate le due oltre la mezzanotte, non avendo
io alcuna intenzione di lasciarmi taglieggiare dai tassisti, di pagare a
un' ora cosi tarda i costi di un'intera notte in hotel. Li
avevo così risparmiati, quei pochi soldi, insieme con le spese del
taxi, per subire all' aperto, in cui m'ero arrischiato, il furto di cui
avevo scoperto l'ammanco alla discesa, in Rustaveli shota, dal primo autobus
ch'e avevo
trovato in partenza al mattino .
Ma nell' hotel, quando in stato di shock, e
oramai allo sbando, riaperti ad uno ad un di nuovo tutti gli astucci che
avevo già rovistato per strada, alla mercé di ogni passante, in
uno di essi il
portafoglio è riapparso come per miracolo, laddove,
preterintenzionalmente, l'avevo riposto con intelligenza recondita, -come
solo allora
mi ricordavo, allorché il portavalori, che tenevo ai fianchi, al cambio
di una sola banconota di 50 euro con un centinaio di banconote di sum si
era rigonfiato a dismisura. Sono istantaneamente risorto alla gioia itinerante, allo
slancio che ti inoltra fino all' estrema Thule, e mi è stato difficile,
nell' allentamento felice della prostrazione, sottrarmi al sonno e riavermi dal torpore,
giacché dovevo profittare
quindi profittare del tempo residuo di quella mattinata, per recarmi, benché
ancora ispido e sporco, nel corpo e negli abiti-
all'ambasciata kazaka per il visto di transito, - prima, che
essendo di venerdì, spirassero i termini utili di quella settimana
feriale.
L'ambasciata
non era distante,
del resto, in Cechova Ulitza, ove era stata trasferita di
recente, secondo l'informazione che all' aeroporto avevo lucrato da un
giovane, foruncoloso e allampanato, che mi aveva avvicinato come l'anno
scorso per procacciarmi un alloggio.
Mi aveva poi lasciato perdere, senza insistenze
eccessive, per fiutare le tracce di altri turisti, mentr'io mi perdevo nel fantasticare future rotte di
viaggio, tra le donne in arrivo e i bambini in attesa con dei mazzi di
fiori, lungo gli itinerari aerei tra Mosca e Delhi.