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Taskent, 9 luglio 2004

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 Taskent, 9 luglio 2004

 

 

“Come acqua fresca per una gola riarsa

è una buona notizia da un paese lontano”

(Proverbi, 25, 25)

 

E ieri sera, qualche ora dopo che ho ottenuto il visto di transito attraverso il Kazakistan, il solo tassello che ancora mi mancava per il puzzle del mio ingresso nella Grande Cina, ho trasmesso una prima e-mail di soddisfazione a  mio fratello per fornire in famiglia le coordinate del mio viaggio”

 

"Tashkent 

"Caro Andrea, ti scrivo da Tashkent, per fornirti le coordinate del viaggio da fornire alla mamma.
Ho appena colmato il tassello per entrare in Cina, ottenendo il visto di transito kazako.
Peccato che il cuore e la mente le abbia in India, di cui dispongo del visto...
ma seguitare la Silk road ha la precedenza.
Odorico
Mio fratello ha compreso parecchio delle mie intenzioni segrete, nello scrivermi in  risposta:

Thu, 8 Jul 2004 16:16:58 +0200

 

Carissimo Odorico,


Ma che viaggio stai facendo:  in Cina e poi nell' India del Nord attraverso le montagne ?

Perbacco !

Riferirò alla mamma dei tuoi spostamenti.

Ciao e buon viaggio."
 

Peccato, o meno male, che mio fratello non  abbia tenuto conto che se si esclude il passaggio a Sud Est per il Tibet ed il Nepal,  la sola via delle montagne che rimane tra la Cina e l' India passi per  il paese degli Assassini del nuovo Vecchio della Montagna.
Se posso dunque gioire che mi siano state schiuse le porte della Cina, resta  più che mai vero che  è il caso "  di non vantarsi del domani",  perché "non sai neppure che cosa genera l'oggi".
 

Lo stesso  giorno di ieri era sorto desolante dal lavacro della pioggia che aveva rinfrescato Tashkent, quando  per le strade della capitale uzbeka  mi sono ritrovato ridotto all'immagine speculare di quel poveraccio che mi tendeva la mano per un'elemosina , si allontanava e mi si appressava di nuovo, sentendomi in balia dei termini minimi della fiducia affidabilità che potevo accordare riporre ancora  a in  me stesso, e alla nella mia assennatezza, ridotto allo sbando del disarmo che suscita il senso di ogni inanità di procedere oltre, una volta che aperto ogni zaino e borsa non ho ritrovato uno dei due portafogli che avevo seguitato ad utilizzare stoltamente, benché fosse divenuto di ingombro e mi esponesse al furto in ogni maneggio dei soldi, volatilizzatosi con centinaia di euro, e milioni di lire turche,  finite in chissà quali tasche di chissà quale frequentatore notturno dell' aeroporto di Tashkent. Eppure più di uno di loro, senza che provvedessi, mi era parso troppo assiduo nei miei paraggi,  mentre mi ostinavo a pernottare nella sala d'attesa dell'aeroporto, dopo l'arrivo da Istanbul quando erano già passate le due oltre la mezzanotte, non avendo io  alcuna intenzione di lasciarmi taglieggiare dai tassisti, di pagare a un' ora cosi tarda i costi di un'intera notte in hotel. Li avevo così risparmiati, quei pochi soldi, insieme con le spese del taxi, per subire all' aperto, in cui m'ero arrischiato, il furto di cui avevo scoperto l'ammanco alla discesa, in Rustaveli shota, dal primo autobus ch'e avevo trovato in partenza al mattino .

Ma nell' hotel, quando in stato di shock, e oramai allo sbando, riaperti ad uno ad un di nuovo tutti gli astucci che avevo già rovistato per strada,  alla mercé di ogni passante, in uno di essi il portafoglio è riapparso come per miracolo, laddove, preterintenzionalmente, l'avevo riposto con intelligenza recondita, -come solo allora mi ricordavo, allorché il portavalori,  che tenevo ai fianchi, al cambio di una sola banconota di 50 euro con un centinaio di banconote di sum si era rigonfiato a dismisura. Sono istantaneamente risorto alla gioia itinerante, allo slancio che ti inoltra fino all' estrema Thule, e mi è stato difficile, nell' allentamento felice della prostrazione,  sottrarmi al sonno e riavermi dal torpore, giacché dovevo profittare quindi profittare del tempo residuo di quella mattinata, per recarmi, benché ancora ispido e sporco, nel corpo e negli abiti- all'ambasciata kazaka per il visto di transito, - prima, che essendo di venerdì,  spirassero i termini utili di quella settimana feriale.

L'ambasciata non era distante, del resto, in  Cechova Ulitza,  ove era stata trasferita di recente, secondo l'informazione che all' aeroporto avevo lucrato da un  giovane, foruncoloso e allampanato, che mi aveva avvicinato come l'anno scorso per procacciarmi un alloggio.

Mi aveva poi lasciato perdere, senza insistenze eccessive, per fiutare le tracce di altri turisti, mentr'io mi perdevo nel fantasticare future rotte di viaggio, tra le donne in arrivo e i bambini in attesa con dei mazzi di fiori, lungo gli itinerari aerei tra Mosca e Delhi.
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Nel centro di Tashkent

 

Donne e giovani Uzbeke in Tashkent
 
donne e giovani  uzbeke in Tashkent  
   

 

 

 

 

 

 

 

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