parte seconda |
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Ho differito ancora di un giorno la partenza da Kasghar per il Pakistan, lungo la mitica Karakorum Highway, per visitare la tomba di Abakh Hojia, nei dintorni, la moschea di Id Kah, e la città vecchia, per quanto la mia "divagazione" fino a Pechino, che già mi ha costretto a ripercorrere a tappe forzate l'intera traversata della Cina, pur di raggiungere Kashgar in tempo per il mercato domenicale, mi obblighi ora a serrare i tempi del mio rientro via terra dalla Cina, attraverso il Pakistan, l' intero Iran , al punto da rendermi proibitivo anche il solo ritardo di un giorno sui tempi che mi sono imposti.Ora l'illustre Abakh Koja a quanto poco ne so, fu un emiro teocratico della Kasgaria, non che la guida spirituale della setta islamica Baishan , vissuto nella prima metà XVII secolo, quando dal 1660 al 1640 instaurò in Kashgar una dinastia protrattasi fino ai giorni della riconquista imperiale cinese, per parte di Qianlong, della dinastia Qing, negli anni 1759-1760 E' legata a tale conquistatore ed ai 72 discendenti con lui sepolti nel mausoleo, l'aromatica figura femminile della "fragrante concubina", Ikparhan, nipote di Apak Koja, indomita ribelle e poi concubina eletta al più elevato rango , del suo vincitore di lei perdutamente innamoratosi. E' al fine che Qianlong si riavesse da lei, che lo aborriva, che l'imperatrice madre l'avrebbe obbligata al suicidio. Ikparhan, la " fragrante concubina, celebrata dall'independentismo uyguro come figura simbolica della loro irriducibile insottomissione alle pretese dominatrici degli Han, invece nella targa ufficiale ch'è posta all' ingresso del Mausoleo , figura morta per "disease", nel 1788, quando era già cinquantacinquenne, e vi è trasfigurata nell' espressione, di natura opposta, del vincolo di unità e di amore reciproco fra i differenti popoli della Cina.. Nel tardo mattino assolato era una meraviglia tremula , tra i rivi e la sabbia, il villaggio tra i pioppi di Nazirbagh, in cui il complesso del mausoleo di Abakh Hoja e dei settantadue esponenti della sua discendenza, sorge in tutta la sua imponenza regale, avvinto negli snodi dei suoi La varietà in cui differiva continuamente il suo rivestimento di stucchi e ceramiche, ne animava l' apparizione magnifica che campeggiava nel vasto cortile, sovrastando la sala di preghiera o medersa coranica, e la piccola e la grande moschea ad esso adiacenti.Nel giardino cui immetteva il portale contiguo alla medersa, insieme con i fiori naturali si schiudevano le magnifiche corolle e i serti di petali e foglie delle ornamentazioni pittoriche dei pilastri lignei del portico, in cui si concelebrava il coniugio stilistico delll' Apak Hoja Maszar con le forme arcane dei coevi khanati del Centroasia, con le reminiscenze arcaicizzanti di Khiva, innanzitutto, nel loro rifarsi pretimuride.
Nei dintorni ho cercato a lungo, ad est, per le vie silenti del villaggio, un accesso al cimitero retrostante, pur di rinvenirvi la tomba presunta di Yakub Beg, l' indipendentista ribelle che vi salì al potere nel secolo scorso, tenendovi in scacco, lungamente, al contempo e potenze del Grande gioco ed il lontano impero cinese. Ma solo retrocedendo e voltando a ovest, sono riuscito a trovare finalmente un adito. Mi era stato detto che il sito della sepoltura di Yakub Beg l'avrei individuato in quanto era contraddistinto da due rose, ma non v'era alcun tumulo che recasse tale ornamento. Ad alcuni lavoratori uyguri, che nel cimitero scariolavano ho dovuto dunque chiedere se sapessero dirmi dove egli fosse sepolto , e solo dopo una certa reticenza iniziale, il più giovane di loro mi ha indicato un tumulo forato poco distante In Kashgar, al rientro, ho raggiunto la moschea quando la sala di preghiera già volgeva alla chiusura serale,
dopo essermi dilungato in un fast food di *, di fronte alla statua di Mao, talmente ignorata dai passanti da non risultare più neppure invisa o negletta. Mi inoltravo dunque nella città vecchia città, lungo le sue vie di artigiani e negozianti, di bancarelle e di mense imbandite per strada, contrappuntate di ammalorate dimore signorili fatiscenti, ora ospizi di povera gente tamponati da assiti e da ammassi di mobilio in disuso, nelle arcate delle verande ritmate da capitelli pensili.
Seguitando, verso sud, le strade si sono fatte il dissesto di un cantiere interminato di fognature a cielo aperto,che costituiva il campo da gioco dei bambini che mi correvano incontro lungo il percorso.
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