Il viaggio sul taxi collettivo da Bukara sino ad Urgench, è stato non meno stremante della attesa fino alle sei del pomeriggio che si costituisse una comitiva per partire, in cui sotto il sole o tra i tavoli all' aperto di una locanda di fronte al punto di sosta dei taxi, mi sono snervato nella radura dello svincolo stradale ch' è oltre le mura di Bukara,- ricordo, di memorabile, dell' interminabile tragitto nella monotonia della steppa, la sola vista dell' Amu Darya nella notte di stelle, ancora immenso nella sua portata d'acqua che incuteva il silenzio, al di sotto delle chiatte su di cui lo transitavamo quando eravamo oramai in prossimità di Urgench, come ci preannunciavano i coltivi che erano subentrati agli arbusti sterpacei.
Tale estenuante monotonia desertica è quanto, per chi la raggiunga via terra, ancora sopravvive del miraggio della irraggiungibilità di Khiva , accreditato dai catastrofici esiti delle imprese, per raggiungerla, intentate dalle spedizioni degli eserciti russi capitanati da Bekovic nel 1717, da Perovskij nel 1839, senza che nemmeno quella di Ignatev, del 1858, ottenesse alcun tangibile risultato immediato, prima che da tre direttrici di marcia simultanee, da Tashkent, da Orenburg, da Krasnovodsk, ne sortisse alfine l'annessione alla Russia l'avanzata di Kaufmann nel 1873, agevolata dalla presunzione stessa nella imprendibilità di Khiva in cui rimase irretito il suo ultimo Khan.
La città di Urgench mi è apparsa nel mattino più ariosa e luminosa di quanto non la rappresentino le guide di viaggio, mentre la percorrevo nel mio viavai , sotto i fardelli dei bagagli, per trarre informazioni sugli autobus per Khiva, poi per Nukus, quindi per Tashkent , dove devo fare rientro per il rilascio del visto di transito turkmeno.
Da Khiva, una volta che ci sono entrato, non c'è stata finora modo di uscirne, tale è il sortilegio del precipizio nel passato in cui irretisce. Ha sortito l'incanto già l'accoglienza familiare che mi è stata accordata nella casa del centro in cui alloggio, dall'affabile signor Mizhoboshi e della sua mirabile moglie, prima ancora che a propiziarmi con l'anima i sensi fosse la vista meravigliosa del desco ch'era già apparecchiato per una comitiva nipponica, cui sono stato subito accomodato anch'io: le mele e le pesche vi erano ammonticellate , in un'accensione di colori, entro vassoi disposti su candide tovaglie, intorno delle valve offrivano ai sensi uvetta candita, noci, arachidi, semi tostati, tra coppe di squisita marmellate fragrante...
E' il motivo segreto del fascino di Khiva, che ti intriga nelle sue vie, nei suoi palazzi, come in essa si sia ammantata dello sfarzo architettonico ed ornamentale più sontuoso, la reazione ai tempi già moderni del tardo schiavismo più oscurantistico.
Nelle quinte della piazza in cui si affrontano a vicenda la Medersa di Alloquli Khan e di Kutlimurodinok, il Palazzo incombente Tosh-Khovli sembra congiurare nella sottomissione del volgo a un complice dispotismo teologico-politico.
E nelle sale interne del palazzo, come in quelle del trono della Kukna Ark, anche le tecniche meno raffinate nell' arte della rivestizione in ceramica, volgono a comporre un'arazzeria di magnifiche appariscenze, -
ma il ritorno, ovunque, della ferinità delle testate animalistiche delle lignee colonne, le yurte accampatevi, vi vibrano il tremendo ancestrale che incombe arbitrario, terrificante, su chi trasgredisca tanta munifica grazia.
E' nel suo fondamento costitutivo, che Khiva è in se stessa una restaurazione successiva, giacché assurse a khanato, ritraendosi nella Ichon-Qala, (venendo edificata ) come il ritorno nel tempo, e contro il tempo, ad un passato remoto antecedente anche ai mongoli timuridi, che era fatto risalire alle più remote ascendenze delle tradizioni. selgiuchide e khalkhanide. Per questo il restauro ricostituente del dispotismo sovietico e poi post-comunista non l'ha effettivamente falsificata, come è tristemente accaduto di Samarcanda e di Bukara , pur se ne è stata anesteticizzata di tutto l'orrore, miasmatico, di cui l'ammorbava lo schiavismo del regime di terrore gratuito e gratificante del khanato.
La sua reliquia più arcana é la moschea ipostila del Venerdì, una foresta di travi lussureggiante, che trae una luce trascendente dai due lucernari che la rischiarano..
E che belli, di un fascino retrocessivo, i vicoli che si restringono e si fanno silenti verso gli slarghi intimidenti del potere.
Ma se si lasciano i palazzi e le mederse del potere per il bazar, ivi si ritorna a respirare una più libera ed ariosa circolazione di beni, nei vani calcinati di bianco funzionali al dispiegarsi, ivi sovrano, delle ragioni mercantili più variegate ed alletanti.
Ho
reincontrato
Anafiev
nella guest
house, ove aveva condotto a pranzare una comitiva di turisti.
No,
in Timurlandia non è neanche possibile, a suo dire, convertire il vizio privato
in pubblica virtù.
La
mafia uzbeka non investe nell'impresa i capitali che accumula.
Solo
al capitale straniero si deve l'apertura di fabbriche.
Uzbeki
e tagiki sono per tradizione commercianti. Ricercano soltanto il guadagno
immediato, non quello ch'è differito nel tempo del profitto industriale.
Acquistano
in Cina e Corea e rivendono in patria.
Si
trattava degli stracci che deplorava di indossare il lavoratore di Bukara nella
cui casa avevo pranzato?
E
il.rimpianto del comunismo non appartiene all' esperienza di Chevket.
Egli
era ancora un bambino quando il comunismo è finito.
L'identità
nazionale viene ora radicata nelle stirpi shabanidi, insediatesi nel territorio
alla fine dell' epoca timuride.
Si
è automaticamente islamici se si è uzbeki o tagichi.
Ma
l'autentica fede è solo una pratica di culto personale, a cui solo una minima
parte delle antiche mederse e delle antiche moschee
che si aprirono al culto con la caduta del comunismo è rimasta
destinata.
Ma
lo stato uzbeko è effettivamente laico, non è consentito politicizzare la fede
islamica.
Mi
aveva detto, già in Samarcanda, quanto il regime tema il diffondersi dell'
estremismo wahabita.
By
e-mail, o altrimenti, sii pur certo, Chevket, che da me in futuro non riceverai,
di lontano, la sola immagine che ti ho ripromesso dell' affresco in Varakhsa
degli adoratori del fuoco zoroastriani.