Latakya,
Cafè al-Boustan
In due giorni, da che vi soggiorno, ho potuto vedere quanto Latakya sia differente dalle altre città della Siria, - quanto più sia mediterranea e meno tradizionalmente orientale,-
E'
quanto mi ha confermato anche il signore di me più
anziano, e che parlava francese, con il quale ho conversato a un tavolino della pasticceria dove ho assaggiato lo
squisito dolce arabo della jazarya.
E'
di noci frammiste a marmellata di albicocche, e dalla
sua composizione ho capito perché già in una località, nelle vicinanze di Latakya, uomini e ragazzi li abbia visti intenti a sgusciare e da immergere nelle
vasche d'acqua cumuli interi di gherigli.
L'
anziano si è limitato ad annuire, dopo avermi detto come, e a che tariffa,
indicando soltanto "Tartus garage ", potessi raggiungere la stazione degli autobus per la
Tortosa dei crociati.
Avrei
dovuto rivolgermi ad un taxi anche ieri sera, anche solo per rientrare mio malgrado nel mio
nefando hotel, ed invece ho voluto ostinarmi a raggiungerlo a piedi, quando il
bruciore
Ed
invece avanti, in Latakia lungo tutta Ramadan street, sino ad uno dei caffè che
è alla biforcazione della sua estremità, e di lì ancora oltre, sempre avanti, da dove all'
hotel, in effetti, mancava ancora poco più di mezzo chilometro.
Persuaso
che fosse inutile consultare una guida, ho imboccato in direzione dell' hotel una
interminabile via che mi ha portato invece più a Nord,
Quando
in hotel mi sono riavuto dallo sfinimento, abbandonato sul lenzuolo che avevo steso sopra quel
trabiccolo di letto, ero oramai febbricitante, così sconfortato dalla mia
dappocaggine mentale, che mi stavo lasciando andare già al fallimento del
viaggio.
Ma
al rientro da una breve sortita per una " Neaples pizza", al Fast food
"Prince", non appena mi sono rimesso a letto ho cominciato ad
essudare tutte le tossine e le scorie del mio stato febbrile, sicché al risveglio,
stamane, ero già nelle condizioni di riprendere il viaggio. Basterebbe, per mantenere la rotta del viaggio, che moderassi le
mie pretese nei riguardi delle mie estenuate gambe e dei miei
strematissimi piedi, che non mi ostinassi talmente sotto il sole nelle ore più
cocenti, quando la mente è già svanita ed assente e non si ritrova più in ciò
che vede, anche perché già si è scervellata,
durante il primo mattino, nella traduzione dall' inglese di ogni singolo termine
e passo, sulle località del giorno, della guida del Ross Burns " Monuments of Syria an Historical guide" .
Per questo, in Ugarit, all' insegnante newyorkese che vi è sopraggiunto, quando mi ha chiesto di consultare le pagine della guida che ne riguardavano i resti, ho avuto modo di dire che mi ero ritrovato pù in Ugarit a casa mia, "At home", quando la prefiguravo ed ero immerso nelle lotte mitiche delle sue divinità di vita e di morte, di quanto non vi fossi presente tra le sue rovine assolate, lì a Ras Sahmra.
Gli
ho comunque suggerito che dall' acropoli dove ci trovavamo, presso il tempio di Baal, ritornasse sui suoi passi fino alla casa di Rapanu, in cui per una
scalinata avrebbe potuto discendere al dromos delle tombe di famiglia
underground, e vedervi sulle pareti le nicchie delle lampade votive.
Era
stata la sola suggestione riservatami dalle rovine spoglie di Ugarit, insieme
con l'imponenza delle sue fortificazioni residue, del glacis del declivio, al cui
interno ,risultano scavate delle volte d'accesso alla pustierla ch'è ancora superstite.
Erano
ancora più miseri, in sé, i resti pomeridiani del Castello di Saladino, ma che emozione
romantica ne ha suscitato la vista, all' istante in cui le sue rovine mi sono apparse alla sommità del colle che
le fronteggia. benché vi giungessi ballonzolante sul fondale rovente di un
trezenas, dal cui conducente ho accettato il passaggio a pagamento sin sotto le
mura del castello.
Già ne
sapevo la storia, e ne avevo visualizzato su una mappa la configurazione che aveva
assunto, a seguito della fortificazione crociata della troppo debole successione
delle cortine bizantine, ma non immaginavo che un castello potesse essere talmente
esteso, tanto quanto quelle bianche rovine si snodavano lungo
tutta la cresta del rilievo, tra l'orrido verdeggiante di due burroni boschivi.
Già avevo visto,
in Malta, una realizzazione analoga al fossato roccioso, scavato
artificialmente, che isola la cittadella sul lato orientale; cionostante è
stato impressionante arrivarvi dentro, terminandovi finalmente di sobbalzare sul
veicolo a tre ruote.
All'
interno del castello restava ben poco da vedere, talmente sono ridotti a rudere
la cittadella bizantina o la chiesa dei crociati, cosicché sospintomi presso l'ulteriore dirupo della scarpata, e del fosso interiore, che
separano la parte alta dalla parte bassa della fortezza, con lo sguardo lungo la
cortina sottostante che assecondava il profilo del cuneo montuoso, restringendosi
e riallargandosi in conformità ad esso, mi sono piuttosto ostinato a cercare il
tratto in cui secondo l'una, o l'altra congettura, Saladino aveva aperto la
breccia nel punto più debole del castello, rendendo vano l'asserragliarsi dei Crociati entro i bastioni rafforzati della cittadella più alta.
Ero
allora già afflitto dal bruciore tra le gambe ad ogni passo, per questo ho
avuto almeno l'avvertenza di cogliere ogni occasione di un passaggio, pur di
rientrare al più presto in Latakia.
"
E' stato un buon giorno turistico?", mi ha chiesto l'albergatore al mio
dolente rientro, con l'animo sconfortato, nel dirgli di sì, per il fatto che davvero un buon giorno turistico
l'avessi rovinato con la mia condotta terminale..
E' già la seconda volta, come già da Basmishli a Bamuqqa,- che quando il più difficile del viaggio era stato già affrontato, si è verificato che la mia avventatezza presuntuosa ha /abbia disastrato in un periplo d'inferno il tratto finale; quando, come mi ostinavo ad imputarmi ( ), sarebbe bastato chiedere di Bamuqqa in Bashmisli, o solamente chiamare un taxi o consultare la guida in Latakia.
Nè
valeva certo a giustificarmi, ne ero consapevole, mentre mi torturavo nel mio
camminare insensato per viali e viali in cui non riconoscevo i precedenti
percorsi, quale sia stata la mia esperienza di dover prendere un taxi a Latakia, allorché vi sono arrivato con quei due giovani praghesi ch'erano più ancor di me
disorientati.
Veramente " crazy" quegli altri tassisti, ci sorrideva il driver, che ci avevano chiesto 100 syrian pounds invece dei 25 di norma, quando era lui il pazzo terrificante, che invertendo ogni senso di marcia,ci stava conducendo dissennatamente in ogni dove di Latakia, senza venire a capo di dove vi fosse l'hotel nel quale gli avevamo chiesto di portarci, asserragliati nel suo taxi senza alcuna possibilità di disincastrarci l'uno dagli altri in caso di incidente...
Né
dove fosse l'hotel lo sapevano i tassisti ai quali egli lo chiedeva, o lo sapevano
gli autisti dell' autobus ai quali lo abbiamo chiesto, allorché per farla finita
con le sue inversioni spericolate che gli erano costate una multa, mi sono deciso a scendere e ho persuaso anche i due giovani a seguirmi .
Avremmo
dovuto chiedere dell' American street, della via dell' ospedale siriano, ha
sorriso l'albergatore dell' hotel come gliene ho parlato, non c'è infatti via ,in Latakia, che non abbia in arabo un nome diverso da quello che in arabo le
viene attribuito dalla guida.
Nè
gli scampati pericoli di quel girovagare in taxi senza capo né coda, sono stati
l' unica disavventura del mio arrivo in Latakia.
Vi sono infatti davanti ad una libreria, di sera, mi fermo a guardare i libri espostivi, le loro rilegature impreziosite, ed un bimbetto che mi precede, che ogni qual volta ci penso vorrei di cuore che fosse messo a morte per quanto segue, ha la felice idea di fare un balzello all' indietro tra l'uomo e la donna che lo tengono per mano, giusto, con tutto il suo peso, sul pollice sofferente del mio piede sinistro, che di suo era già gonfio e dolente per la ristrettezza in cui era confinato della scarpa ginnica.
Come se non mi avesse già infelicemente depresso l'impressione sconfortante di Latakia, il giorno di Venerdì, di quella sua corniche d'erba stenta e incolta, tra il porto che teneva distante il mare e lo nascondeva alla vista, ed i chioschi ed i tavolini di cui la riviera era disseminata, immersi nei rifiuti ed in *un fetido lezzo in cui al marciume di pesce si mescolava l'afrore dolciastro, di educandato, che promanava dal vitto coloniale delle famigliole che vi si erano raccolte. Ed i boulevards retrostanti, pur occidentali ed eleganti, più vuoti di vita che animat nel Venerdì festivo, erano un continuo tributo ferale al Presidente Hafez Assad, che qui era nato, in addobbi funerari, striscioni trapuntati di buchi, veli neri e luttuosi proclami di dolore per la sua recente scomparsa, la cui attestazione intristiva di nastri e di veli lugubri le fioristerie già di per sè funerarie di Bagdad Havenue.