In
Zahle, il 9 agosto 2000.
C'era
di che temere, al risveglio in Zahle, che mi capitasse di ritrovarmi come successe all'antico eliopolitano della vicina Baalbek, di cui parla Dalrymple, senza più
le mani né i piedi, talmente come lui avevo sputato fiele e veleno contro ogni
Croce e Santa Vergine di Zahle, senza per questo risparmiarmi/esimermi contro l'
islam sciita di Balbek, quando il conducente del micro mi ha derubato da
Beirut alla Bekaa di una decina di migliaia di lire libanesi, asserendo di
avere da me ricevuto una banconota da dieci anzichè ventimila lire, il solo
taglio di cui disponessi nel portafoglio.
E
lui lo sapeva, eccome, quale banconota si era ritrovato in mano....
Ridacchiava
con un fare così evasivo...
"
E' questa una valle di ladri di Dio" è stato il mio verdetto d'accesso
all' alto e al basso fondovalle della Bekaa, con tale e tanta rabbia
che sferzato dal suo furore ,sotto il peso dello zaino, per chilometri
e chilometri senza risentire della fatica ho risalito Zahle,fino all' hotel Akl .
Non
posso comunque negare che dal
sud del Libano ero giunto a Beirut
in un tale stato di imbecillità, che solo un santo poteva resistere alla
tentazione di profittarne, talmente aveva fatto di me uno scimunito contrariato da tutto, l'esito disgraziato della mia
sortita in Sarafanda prima di muovermi da Saida.
La mia escursione nel sud volevo così farla uscire dalla consuetudine turistica della routine Sidone- Tiro, con la sortita inusuale in una località pressoché disconosciuta benché ne parli la stessa Bibbia, per i miracoli compiutivi dal profeta Elia
Soprattutto
mi alettava che vi siano state rinvenute le rovine di un intero villaggio fenicio, con finanche le
invasature dei loro vascelli...
Ma
nel pomeriggio, anziché ritrovarvi una sola rovina, vi ho smarrito finanche il dossier archeologico che ne illustrava l'importanza, lo sa Allah se lungo la costa e tra
le sue case ove mi sono invano sospinto, o se invece nell' abitazione, di una
via più addentro, in cui l'ho mostrata a una giovane donna ed al suo genitore perché capissero che venivo ricercandi.
Non
c'era stata persona, cui mi fossi rivolto, che fosse riuscita a capire che mai
intendessi dire con i suoni vani della parola athaar, athaar, che in un arabo
farnetico biascicavo loro, sempre più indispettito che una volta che il mio interlocutore aveva capito che significava "rovine", puntualmente si
mostrasse sorpreso che cercassi lì, delle rovine, anziché a Saida, a Tiro...
Il
tempo che era venuto meno in quella inutile ricerca di rovine, dovevo ora invece
esaurirlo nella ricerca della guida perduta, ripercorrendo a ritroso il mio percorso fino a quelle case in riva al mare, dal punto in cui avevo chiuso un
rubinetto da cui l'acqua tracimava in un catino, a quello della breccia in cui
avevo valicato il muretto d'accesso dalla scogliera a tale via di case, ritornando nello slargo sabbioso tra due chioschi di bibite, nel tratturo tra
due canneti ch'era un' ininterrotta discarica di rifiuti, fino a quel viale
ombroso di più agiate case calcinate di bianco, tra le quali era quella,
immersa nel verde, in cui avevo chiesto un orientamento mostrando il dossier...
"Oui,
bien sur," le avevo mostrato le immagini di quella pubblicazione, mi confermava
la ragazza con il volto più tranquillo e imperturbato, ma se l' avevo persa la
ricercassi di nuovo donde ero venuto, non lì, in ogni caso...
Ed
io ripercorrevo metro per metro il percorso e non rinvenivo niente...
Via,
via al più presto, dunque, da quel luogo dov'ero malcapitato, ove non v'era
dritta che non seguitasse a trasformarsi in una storta... a Beirut, a Beirut, al
Cola point di Beirut, appunto, dove invece nessuno riusciva a capire in arabo dove
volessi andare, per quanti raschiassi il fondo gola nel ripetere Zahhhle,
Zahhhhleeee....su quel microbus con il mio zaino a ridosso come partner, in cui
m'ero arreso a salire mentre protestavo dove mai volevano che mi ci potessi ficcare, ero comunque diretto a Zahlè o Zale, o Zaale , a come mai si pronunciava
il semplice nome di quel santo posto,...dove ne discendo, a sera già inoltrata,
con i pantaloni che a loro volta mi discendono, i soldi che mi cadono di tasca e si sparpagliano, la borraccia mi si intorciglia intorno al capo intrecciandosi
con lo zainetto a una sola spalla...
E'
così finita in un lividore
rabbioso, in una dispettosità accanita contro tutto di me stesso, contro ognuno che anche solo a
me facesse caso nel suo stato ordinario, una giornata in cui fino al primo
pomeriggio si era compiuta felicemente la mia sosta a Saida.
Che
importava che la collinetta di gusci di murice, per la lavorazione fenicia della
porpora, si fosse rivelata un'anonima scarpata, avevo divagato con vero piacere
tra i suk e le piazzette in cui essi si aprivano, finché non mi sono fermato a
parlare con dei ragazzi che avevo visto intenti, con degli scalpelli ,a sgretolare
l' intonaco di una parete sottostante di blocchi di pietra.
Erano
degli studenti di varie scuole superiori, mi aveva detto una di loro con la
quale potevo conversare in francese, e destinavano così il
tempo libero delle vacanze a restaurare l'aspetto
antecedente della città vecchia di Sidone.
Erano
in gran parte palestinesi. Non uno di loro a cui piacesse Arafat, che non lo
reputasse un traditore.
Senza
alcuna particolare animosità.
"
Solo egli non deve venire qui", mi diceva uno di loro dagli occhi vivissimi di
luce.
"
Perché altrimenti lo uccidono?-ho anticipato le conclusioni.
"
Sì,.." si sono messi a ridere".
"
Gli israeliani- ha seguitato quel ragazzo- sono convinti che Dio di sbagliato
abbia fatto noi arabi".
Quando
la ragazza che parlava in francese ha tradotto e riassunto loro il mio punto di
vista, di cui ero stato richiesto,come io sia contro ogni stato
etnico, contro ogni politica di persecuzione provocata e istigata dalla sua fondazione,
sia contro il male che era stato fatto agli ebrei che contro il male che gli
ebrei seguitano a fare ai palestinesi, contro la loro politica di occupazione
che della Palestina ha fatto una terra promessa negata ai
palestinesi, un unanime applauso caloroso ha accolto le mie parole.
Come
non mi è mai accaduto da che insegno, anche se mi è pur capitato di avere qualcosa da
dire da che entro in un'aula .
E'
sopraggiunta di lì a poco la signora che li sovrintendeva, un'archeologa della
fondazione Hariri, che presumo sia mia coetanea.
Le
ho detto in francese quanto mi risollevasse l'animo, come visitatore del Libano,
che nel loro Paese non si fosse solo intenti a edificare di nuovo.
Quel
loro scalpellinare forse era ancora più importante che la salvaguardia dei
monumenti famosi.
Ma
più ancora che per i turisti, non era forse per gli abitanti del Libano che
occorreva farlo?
Non
era forse indispensabile, come per la salvaguardia degli ecosistemi, farne i più
diretti interessati al restauro delle case e degli insediamenti in cui abitano?
Se
solo visualizzavo lo stato interno della mia locanda, la sola che vi sia in Saida, di cui
ogni parete e l'impiantito erano fuligginosi e incrostati di sporco, in cui niente era
accudito, ogni mobile era stato abbandonato al suo sfascio sotto sedimenti di
polvere...
Avrei
comunque dovuto ribadire anche a quei ragazzi, ho pensato tra di me solo quando ero già
oltre, che sono contro la distruzione dello Stato di Israele, così come sono contro
la pulizia etnica che lo ha fondato.
Ma
troppo tardi ho potuto essere di ritorno dove li avevo lasciati, troppo a lungo ero
rimasto piacevolmente a scrivere, in un caffè che si apre sulla dilettevole piazzetta della
moschea del Serraglio.
Perché,
libero da impegni, non sostare finalmente a quel ristorantino che già avevo intravisto a una svolta dei
vicoli , con le sue ceste di vimini a orli di sepali
tra le brocche d'acqua, sui tavoli, e i bouquets sparsi di fiori finti, sotto una
ricaduta, dalle pareti, delle verdi fronde in vasi di plastica di fiori
ugualmente di plastica, solo un limoncino l'alberello ,che in un canto, realmente
vi vegetava nell' ombra.
Non
appena mi ci sono seduto è accorso e mi ha servito un ragazzino palestinese che già
avevo visto e che mi aveva interpellato quand'ero ripassato in quel punto,
privatamente chiedendomi "money".
Terminato
di mangiare il "foul" che avevo ordinato, ho cominciato a parlare con
lui.
Conosceva
l'intera formazione dei club calcistici europei, di quelli inglesi come di
quelli spagnoli e di quelli italiani.
I
suoi occhi erano uno sprizzare di ininterrotta luce, mentre me ne nominava i campioni famosi.
Alla
formulazione di quelli del Manchester United, poi...
Ma
a
differenza di quei ragazzi studenti, a lui piaceva invece Arafat.
"
And do you prefer Arafat or the Manchester United?... What for you the better?..."
Uhm, era difficile la scelta, ma alla fine era indiscutibile chi fosse da preferire:" Arafat", - mi ha risposto, con una convinzione raggiunta che non ammetteva ripensamenti.
Il
mattino avanti, partendo a piedi da Sidone, seguitando nella successione di prati di giostre e di
postazioni di blocco, di tribune di fiere marittime e di trincee di sabbia alle
quali soggiacevano dei carri armati, ero alfine arrivato al corso d'acqua Nahr
el-Awali, lungo le cui rive ombrose di verde molte famiglie di Sidone erano
estivanti, e insieme con l'acqua del fiumicello ero pervenuto al tripudio di palme e di frutteti che
preludeva al tempio di Echmoun.
Ciò
che ne conclamavano i resti, era che la sua simbiosi architettonica
aveva concorso a dun sincretismo di culti ininterrotto durante tutta l'antichità.
Podi
achemenidi si erano sovrapposti nel tempo, erano sorte scalinate processionali e
templi adiacenti alle fondamenta, greco-romani, Echmoun era stato rionorato
quale Esculapio, o Asclepio, e tra le due sfingi forse era Astarte che era stata
avocata a soggiacere sul trono egiziaco, senza che l'accesso devozionale a
quel tempio fosse mai cessato.
Era
da dubitare
All'
arrivo quindi da Sidone nella sonnolenza pomeridiana dell' abitato di Tiro, il conducente dell' autobus mi ha avviato fino alle sue rovine a mare.
Credevo che non costituissero che un'anticipazione di quelle a Nord, ma lo splendore scenografico delle sue colonne che si interrompono in prossimità del mare
non sarebbe stata uguagliata neanche dalla vastità immensa dell'ippodromo più a monte, quando oltre l'arco monumentale mi è apparso tra i resti dell' acquedotto romano.
Da
cui mi riavviavo nella sera che
stava già calando sulle necropoli romane, verso Saida ed i miei pasti di shavarma e di succhi,.