Sost-Besham
Sto riaccingendomi ad un full immersion nel Karakul lake, all' atto di scriverne, quando sopraggiunge il fratello più giovane del gestore del Kunjerab hotel, e mi avvisa che occorre che scenda a valle della loro casa in cui sto riposando, laddove, in vista dell' Hunza, stanno gli alloggiamenti sparsi dell' ostello. Mi spazientisco di nuovo e tradisco il mio disappunto: possibile che mentre stavo ritrovando la mia concentrazione visionaria e la calma, nella quiete ombrosa di questo vasto soggiorno retto al suo interno da variopinti colonnati di legno, debba rifare armi e bagagli e dislocarmi di nuovo altrove, dopo che quel giovine mi ha condotto in un continuo viavai tra l'ostello e il villaggio? Ma ad attendermi è il minibus in anticipo per Gilgit, su cui il giovane mi ha riservato un posto, che reca già a bordo tutti i passeggeri che occorreva reperire per poter partire. In mattinata appariva arduo poter lasciare Sost, oggi e domani si festeggia infatti l'indipendenza del Pakistan, e i mezzi di trasporto pubblici per lo più sono fermi. Lascio i miei ospitanti con la promessa che dall' Italia invierò dei libri per la biblioteca della scuola di Sost, ch'essi avrebbero voluto davvero tanto che potessi visitare- penso all' edizione delle miniature del Milione della Biblioteque dell' Image, all' edizione in inglese del Great Game di Hopkirk- chissà che non riesca a persuadere qualche mio ex allievo a sospingersi fin quassù, per insegnare ai piccoli del villaggio l 'uso a scuola del computer. Di certo qui io voglio fare ritorno, prima o poi, per addentrarmi in una realtà così ardua e ospitale, talmente sublime negli scenari smisurati di valli e rilievi, ma in cui ora debbo procedere a tappe forzate, stroncando ogni indugio a sostarvi, ogni curiosità ed interesse umano che in me svogliato dalla stanchezza del viaggio, insorga a cogliere l'irripetibile occasione degli incontri fortuiti.
E seguito ancora per la Karakorum High Way, lungo il fondovalle in cui l'Hunza seguita il suo corso impetuoso, tra le creste dei picchi frastagliati di Passu,
tra le cime che trapelano granitiche e il biancore abbagliante dei ghiacciai ad occidente di Gulmit, lo slargarsi all' altezza di Baltit, di Aliabad, della vista delle nevi che ammantano l'immenso Karapoci.
Una luce del sud ravviva i pioppi ed i frutteti dei fondovalle terrazzati, che risalgono i pendii fino a lambire le ultime lingue e lame dei ghiacciai, il rigoglio delle fronde cedendo, allora soltanto,alla desolazione assoluta della nudità delle rocce. Gilgit non è che una protesi dei suoi bazar, una città di soli uomini per strada, come ogni villaggio del Nord del Pakistan. Siano essi pure di bellissimo aspetto, ma solo degli uomini vi vedo occupati in ogni mansione e in ogni servizio-. Sosto l'indomani nel Cimitero britannico,
per rendere omaggio alla memoria di George Hayward , al valore del suo intrepido coraggio. Una foto me ne mostra il bel volto barbuto, in cui si era assimilato del tutto a quello delle etnie pakistane, così come nell' abbigliamento onusto di rivoltelle e pugnali. Un'emozione fortissima, il senso della mia indegnità, mi commuove nella intima preghiera, al cospetto delle lapidi degli altri ardimentosi che vi sono sepolti o che vi hanno un tumulo alla memoria, tra la profusione del verde che ne sommerge le tombe: Francis Bruce, sergente, Claye Ross, Thomas Shaw Johnson, Harold Eldred, capitani, Gordon Bell luogotenente, Glen Ackerley, i montanari della spedizione Batura Muzhag, la moglie di Shifag Mash, "tragica vittima di un casuale incidente"...
E sopravviene l' impeto immane dell' Indo, lutulento, nel suo precipitare a valle entro le forre che lo rinserrano, tra Chilas e Dasu e Komila, prima di Pattan e Besham, scatenandone la furia dirompente.
" E' il padre di sette fiumi", mi dirà uno dei meravigliosi ragazzi con i quali mi intrattengo ai piedi di Bashem, ove tra dei massi un'insenatura raffrena l'impeto dell' Indo e consente di bagnarsi.
" E' veramente, veramente pericoloso". " Pericolosi lo sono per davvero gli uomini delle montagne, mi dice un giovane, emozionante, che sugli altri ha un forte ascendente. " Pericolosi per me?", chiedo in quanto straniero? " Per me, per lei, per tutti". Ma lungo i pendii che recano da Besham a Mingore, nella valle dello Swaat, per il Shangla pass, -già percorso dalle genti dello Swat in fuga da Alessandro, verso i rilievi dell'Aornus, nella valle dell' Indo, dopo la sua presa di Aora e di Bazira, - secondo alcune fonti valicato dallo stesso Alessandro al loro inseguimento,- ad essere pericolose sono le frane che interrompono il cammino, i vertiginosi precipizi verso l' affluente dell' Indo che si costeggia , mentre seguitano ad apparirmi ed a salutarmi ammirevoli giovani e ragazzi.
Andrà a Shangai, per diventare un dottore dei bambini, l' ultimo di loro che incontro prima del Shangla pass *. Lungo le rive dello Swaat , nella luminosità crepitante della sua grande valle verdeggiante, ed in Mingore, di nuovo uomini e uomini, e solo uomini, a intrattenersi tra loro lungo le sponde, nei verdi recessi rivieraschi, nei negozi ed entro il traffico di auto e risciò di Mingore,
lungo i vicoli di Saidu Sharif, ad essere i custodi del complesso buddistico della But Kara I. Solo in un secondo tempo, contrariato, accolgo il giovane che si è offerto di farmi da guida, non lo capisco che a stento nel suo anglopakistano, esasperato dal dolore del dente che infuria in bocca, nella gengiva gonfia, come l' Indo schiumava tra le balze che ne imprigionavano e ne scatenavano l'impeto, ma ancor più mi affligge la difficoltà di non riuscire a capire come il ragazzo mi parla, una mia manchevolezza che si fa un limite che mi istupidisce, la china in cui precipita nel ridicolo la mia autostima. Ma è grazie al giovane, che ora ravviso nella stupa gigante i cinque livelli da cui è costituita, che vi identifico quello di cui fu committente il sublime Asoka-, il terzo che fu edificato dal basileus greco Menandro, quello successivo risalente a Kanishka, il grande dinasta dei Kushana, è in virtù della sua solerzia che posso quindi distinguere i resti dei vihara intorno, che recavano statue, della libreria e della meeting hall del monastero di *Tailà, citato nei resoconti dei suoi viaggi dal monaco Sung Yan, non che i muri della annessa lavanderia.- e nelle vestigia scultoree , rimaste sul posto, che lasciano supporre la interferenza di ascendenze o matrici ellenistiche con presumibili influssi iranici o siriaco-palmireni, nella stilizzazione accentuata, ad esempio, della ritmica fluente dei panneggi ondulati, con il suo concorso mi è consentito di individuare statue giacenti di Buddha, nella sua incarnazione come Amitaba, di sua madre Maia e di chi fu un suo discepolo nella sua esistenza terrena, di vari Bodhisatva Maitreya, trattenuti compassionevoli nel samsara.
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