Seyun,
20 Agosto
Poi
Shiban, nelle sue alte dimore sovraemergenti, sghembe e bombate, tra
di loro congiunte e fessurate sbilenche, mi è apparsa al suo interno
una sorta di città espressionista, la Metropolis araba di un ingegno
sinistro ed infantile, dove mille, e uno sguardi di donne, parevano
affacciarsi e ritirarsi d'improvviso da finestre e gelosie, fra le cui
ante il vento agitava intanto tende viola, gialle e cremisi,
dibattentesi contro le alte pareti degli slarghi delle piazze; nei cui
sabbiosi recessi, dispersivi allo stato brado, come in Seyun, bambini
e capre e galline erano intenti a ruzzare.
Tra
i tanti piccoli che oramai mi stremavano, con i loro "Kalam,
Kalam,..." "Sura, sura,...",
poi uno mi si è avvicinato, *(di neanche sei anni,) del quale
stavo già stornando bruscamente la richiesta di baksish, quando il
piccino, cionostante, mi ha preso tra le sue la mano che lo
discacciava e me l'ha baciata.
L'ho
carezzato commosso con le più intenerite carezze, prima che la stessa
mia mano venisse respinta, in un altro vicolo, da una bambina cui
l'avevo porta per scusarmi di averla a sua volta troppo ruvidamente
dissuasa.
Quante
altre bambine, poi, divertite dalla novità ch'io costituivo in un
loro giorno consueto, eppure schernendosi, e irridendomi, mi hanno
seguitato lungo l'erta più a Sud che risalivo nel vento; pur fra la
sabbia che il vento risollevava in turbini del greto in secca,
inerpicandomi per ( var:pur di) vedere inoltre, un'unica volta, di
fronte e dall'alto Shiban in un solo sguardo.
E
anche lungo le vie del piccolo sobborgo, altri volti femminili
affioravano intanto a guardarmi a delle finestre, tra risatine e in
sguardi furtivi d'intesa.
Un
altro corteo di bimbi quindi mi si appressava d'intorno, quando
ridiscendevo nel letto di sabbia dell'uadi, fra i quali, grassottella,
una bambina negra era la più chiassosa di tutti, agli altri scandendo
il ritornello di un canto.
Mentre
un seguito di fanciulle già tutte velate di nero, tra le case
avanzava più in alto.
Oltre
Seyun, lungo l'Hadramawt, il giorno seguente mi sono poi apparse
quelle donne al lavoro,
tutte involtate di nero con un cappelluccio di fata.
Intente
a bastonare l'asino dal loro carretto, o con una bacchetta a custodire
delle capre sotto il sole nel lavoro dei campi.
(
Se tale qui è lo stato delle donne, " E' perchè gli yemeniti
sono particolarmente attaccati alla religione", avrebbe poi
supposto di giustificarmi un somalo alla sosta di Al Mahfad.)
Sana'a
22 agosto, the all'aperto 22 settembre
E'
solo ora in Sana'a ora presso il the all'aperto 22 settembre,
già nell'attesa pomeridiana di partire dopo mezzanotte per Il Cairo,
che sono in grado di raccogliere gli eventi avventurosi del viaggio
fino all'Hadramawt e del ritorno, conclusosi * in Sana'a solo ieri
sera.
Troppo
tardi ne ero partito di mezzogiorno, sei giorni or sono, perchè il
viaggio già nell'andata non mi si complicasse, essendomi attardato
nel centro moderno della capitale in cerca di una copisteria, pur che
dei miei antecedenti appunti di viaggio, qualora con me finissero
dispersi gli originali, ne rimanesse comunque una fotocopia, che ho
consegnato in busta chiusa, con il mio indirizzo, ai cortesissimi e
gentilissimi addetti dell'Hotel Al Dyaifa.
Così
come non mancherò di fotocopiare quanto ora vengo ulteriormente
scrivendo, e forse ne spedirò prima di sera la copia ulteriore al mio
recapito, a salvaguardia dei miei manoscritti da un incidente in volo.
Così,
il mio lettore fantasma, se mai gli arriveranno solo queste mie
parole, tutto potrà supporre, eccetto ch'io non abbia previsto e
cercato di fronteggiare preventivandolo il mio destino tragico.
Troppo
tardi, stavo ora dicendo, sono partito da Sana'a di pomeriggio, perchè
l'arrivo ad Aden, a sera inoltrata, mi consentisse poi di potervi
prendere un taxi per Mukalla, da dove proseguire fino a Seyun.
All'arrivo,
capacitatomi a stento e con sgomento che il posto ov'ero giunto non
era ancora Aden, ma un suo sobborgo animatissimo, frascheggiato nel
traffico da capannelli diffusi di rivenditori di cocco, e
confortandomi almeno all' intendere che il taxi urbano che mi si
suggeriva di prendere mi sarebbe occorso per trasferirmici nel
quartiere del Cratere, il "Krater" o "Kratir",
come mi si diceva, da dove partivano i taxi appunto per Mukalla, una
volta così giunto dunque al "Cratere", non vi trovavo nel
posteggio che pochi uomini in attesa, che vi indugiavano nella residua
speranza di costituire con dei sopraggiunti la cifra fatidica di nove
passeggeri, necessari a costituire una comitiva sufficiente per
indurre a far partire (avviare) ancora un tassista...
Mi
associavo, mentre nel consumare gelati e bevande su bevande,
all'atto
di pagare mi rifiutavo di apprendere la difficoltà del cambio tra le
valute interne, tra i ryals e i dirans, e i fillings e gli shellings
quali sottomultipli dei diran, aprendo ogni volta la mano perchè
l'altro vi prendesse e mi restituisse quante monetine era il caso.
Ma
intanto quel gruppuscolo di viaggiatori per Mukalla si disperdeva nel
niente. Così, giunta l'ora che avevo fissato come inappellabile delle
22.30, non mi restava che cercare un hotel dove dormire fino alle
cinque del mattino seguente, quando avrei dovuto alzarmi per il primo
taxi per Mukalla.
Ma
iniziavo ad aggirarmi vanamente per Aden, nella ricerca di un posto
letto decente a un prezzo decente, poichè risultava al completo, già
full, ogni hotel che faceva al caso.
Così
ritornavo sui miei passi fino ad un locale che dal suo viavai mi era
parso assai frequentato, senza avere avuto modo, per le vie di Aden,
che di ritrovare la città esattamente come me l'attendevo e non
poteva non essere: ossia, nella soluzione di continuità dei
nei suoi condomini, a infrazione flagrante della
unifamiliarità
delle dimore yemenite, o nell'aspetto anglo-ellenico o indo-lusitano
di agenzie ed empori ed uffici pubblici, un lascito e il tramando in
disuso o dismesso, di governatorati e protettorati occidentali e di
successivi trapianti ed
espianti di socialismo reale, che l'hanno assurta, nel tempo, a una
porta di mare di ogni India Orientale.
Ma
avevo indovinato ad appostarmi in quei paraggi, così riprende già la
lungaggine del filo della mia narrazione, poiché mi avvistavano lì
accucciato un anziano e un giovane solerte, i quali come apprendevano
quale fosse la mia situazione, erano cordialmente solleciti a recarmi
un aiuto.
Infatti,
rientrati, telefonavano per mio conto pur se invano a vari hotels, per
quanto mi era dato di capire; quindi, essendo già mezzanotte
inoltrata ed io quand'anche ancora un funduk potesse alloggiarmi, non
manifestandomi più disponibile a pagarne l'alloggio per poche ore di
sonno nell'apprensione di partire, il giovane altrimenti risolveva
il mio caso.
Rientrava
nel locale e ne usciva armato e in divisa, quindi chiamandomi "Saddik",
mi invitava a incamminarmi al suo seguito nell'ombra di un'erta
in ascesa, dove una mia pur vaga apprensione tacita, per quanto
immotivata dal suo comportamento fraterno, iniziava a figurarmi un
capro condotto a una qualche sorta di esecuzione clandestina, tra gli
sguardi sorpresi dei rari passanti, che ci fissavano come se
costituissimo la tradotta di un prigioniero, od eseguissimo
la mia consegna per la resa dei conti a un'autorità superiore.
Una
volta giunti sulla sommità di quell'erta, il comandante di una
guarnigione, cui mi consegnava in effetti, mi chiedeva conto in
inglese della mia situazione di nottambulo, ma una volta ch' io gliel'
ho illustrata, era per dirmi sollecito "io ti voglio
aiutare", ed indicarmi una panca su cui all'aperto potevo
dormire.
Ma
all'interno della stazione dove mi ha accomodato, poi il suo
interrogatorio si faceva sfinente, mentr'io non intendevo che
distendere il mio sacco a pelo su quella panca e incominciare a
dormire.
"
Are you russian?", *egli avendo esordito, con un vago sorriso di
speranza che con un vago sorriso di negazione dovevo deludergli.
Egli
era dunque lì ancora in attesa....
A
interrompere l'interrogatorio, divenuto un profluvio, intervenivano
poi altri soldati ed ufficiali, consentendomi di defilarmi dal pur
cordialissimo comandante.
Ricordo
il successivo risveglio, dopo un duro sonno, nonostante il continuo
viavai di armati e di autovetture nella postazione, la partenza da
Aden verso le sei, quando già all'alba, oltre le dune sbiancanti,
iniziava a rischiarare il verde grigiore equoreo dell'Oceano Indiano,
che allora mi è apparso per la prima volta.
Del
lungo viaggio da Aden fino all'Hadramawt, non mi rimane di memorabile,
poi, che l'interminabile successione di villaggi e di fortificazioni,
delle frastagliature di pinnacoli e picchi e delle erosioni dei
canyon, una successione sempre più inaridentesi e sempre più
spopolata, senza soluzione di continuità che i residui tabulari di
antichi crateri, di colate e di brunite deiezioni laviche ancora
rapprese, le catene e i picchi, ed i crateri, ergendosi in altura per
digradare verso il mare in dune steppose, sommosse dal vento in
turbini nella calura affocante, o seguitando ad erompere in vette e
crateri sino a costituirne le coste rocciose, come già in Aden, da
Bir Ali fino a Mukalla; Bir Ali l'antica Qana dell'antica via remota
dell' incenso, ove i rivoli rappresisi di nera lava, in un tumulto di
placati contrasti che non agita più che il vento, si venivano
confondendo con il biancore della sabbia sino al limitare del
bagnasciuga dell'Oceano Indiano.
Poi
le alture da Mukalla a Seyun, in un'aridità grandiosamente monotona
di forme e colori, mi sono apparse la tumulazione sovrastante, e il
sottostante increparla/si, del disfacimento e del conformarsi ancora
acuentesi di canyon, finchè sono sopraggiunte le vallate dell'Hadramawt
e dei suoi affluenti, e si è discesi nell'infoltarsi e nel rigoglio
di palme.
Sana'a,
22 agosto, ore 20,30, aeroporto
In
attesa del ceeck-in del volo per Il Cairo, seguiterò ora
all'aeroporto di Sana'a*la narrazione interrottasi, nel the
all'aperto, dei fatti
indi accadutimi nell'Hadramawt, ripredendendola dal mio risveglio
all'aperto sulla terrazza del solo hotel di Seyun, e di cui quel suolo
pensile era l' unica sistemazione che vi potesse, od intendesse
offrirmi, l'addetto alla réception al mio arrivo notturno.
A
quel precoce risveglio, mentre vi vado alla ricerca di dove sia una
toilette per farmi una doccia, scorgo due turisti- un uomo e una
donna- alquanto mattinieri, che già sul far delle sei, con una certa
agitazione, vanno passeggiando sottostanti lungo i bordi della piscina
vuota.
Quando
discendo e li saluto, chiedendo all'uomo se parla francese e da lui
apprendo che "oui", lo parla perchè è belga, l'uomo, sui
cinquant'anni, sanguignamente corpulento e irto di una barba bianca,
assai incolta, che ne accentua la sprezzatura dei modi, così inizia a
fissarmi irresistibilmente alla sedia a lui di fronte come un suo
interlocutore, con la fluenza inarrestabile di quanto in toni
smorzatamente rabbiosi mi viene narrando.
"
Io e mia moglie, lo sa? siamo qui alloggiati da giorni senza più
niente di nostro, nè bagagli, nè passaporti- e avevamo passaporti
diplomatici-, nè denaro nè carte di credito,"rien de
tout", poichè, lei
ha da saperlo, quattro giorni fa i beduini ci hanno attaccato in pieno
deserto e ci hanno portato via tutto.
Un
Kalashnikov- diceva premendo due dita sotto la mascella-,
mi
hanno tenuto puntato contro.
Eravamo
diretti da Marib a Seyun, provenendovi dall'Arabia Saudita, quando di
notte, mentre la vettura della scorta diplomatica che ci precedeva era
distante, e non potevamo più
esserne
intravisti in quanto ci nascondeva la polvere, d'improvviso due Toyota,
da due direzioni opposte, sono sbucate dal buio e ci hanno bloccato il
percorso. Mia moglie non è riuscita a chiudere in tempo le serrature
di sicurezza, ma se avessimo resistito ci sarebbero stati senz'altro
dei morti- e la moglie, con un silenzio corposo d'un' ira repressa e
per niente scemata confermava appieno la supposizione, dislocandosi
intanto altrimenti sulla sedia, a ribadire che ancora non trovava
rassegnazione o se ne faceva una ragione-.
Come
allora apprendevo, erano entrambi addetti all'Ambasciata belga in
Arabia Saudita, da dove si erano messi in viaggio sotto scorta
diplomatica, e da dove, inconfutabilmente, supponevano che fosse
giunto quell'attacco.
"
Loro sapevano tutto del nostro percorso, occorre infatti comunicare
loro ogni volta ogni nostro spostamento, e ho calcolato che nel punto
in cui siamo stati attaccati, si può pervenire dall'Arabia Saudita e
farne ritorno con un pieno di benzina.
Avranno
presumibilmente prezzolato i beduini... Perchè possono averlo fatto,
lei mi chiede? Ma per creare un incidente diplomatico e screditare
come malsicuro il turismo nello Yemen.
Anche
degli italiani, dei suoi connazionali, e degli spagnoli che in questi
giorni sono arrivati nell'hotel, sono stati attaccati a Nord di Sada'a
e tra Marib e Seyun.
Così
mettono in crisi lo Yemen e la sua riunificazione che non vogliono.
Qui la polizia si è mostrata assai imbarazzata dell'incidente. E la
gente yemenita è molto gentile e disponibile. Anche se è vero che le
autorità locali e il gestore dell'hotel, che dispone di un fax, hanno
tardato una mezza giornata prima di trasmettere il dispaccio a San'a,
all'Intelligence Service, secondo una loro versione dell' accaduto.
Hanno concordato tutto, prima...
Oh,
ma lei non li conosce, piuttosto, gli Arabo-Sauditi... Occorre esservi
stati cinque anni come vi ho vissuto io, nel loro paese, per imparare
quanto sono ipocriti." C'est de la plus pure ipocrisie"...
articolava con il furore di un odio divenuto nel tempo calcolato
ritegno - "de la plus pure ipocrisie". Davanti ossequi e
salamalekoum, e di dietro che ti pugnalano...- mentre così dicendomi
lui si portava il pugno dietro la schiena.- Assassini e traditori...
Solo i Kuwaitiani sono anche peggio... E' per il
petrolio, per il petrolio che possono far questo,
per il loro petrolio tutto
è messo a tacere... Mi creda, riferito a loro ciò che è scritto
degli Arabi sui Versetti Satanici, di Salman Rashdie, o ciò che
ripete di loro radio Irak, dalla guerra nel Golfo, è la pura verità...
Sono assolutamente vere, le denunce sul loro conto di Amnesty
International... I carcerati politici che vi sono tenuti in prigione-
ed a tal punto articolava un polso nella strettoia dell'altra mano- vi
sono tenuti legati in piedi contro un muro, costretti sul posto a
farsi gli escrementi addosso. E se non muoiono di fame, è per gli
alimenti che passano a loro i loro congiunti. Ogni Venerdi festivo lo
si celebra con dei riti di esecuzione, con un colpo inferto alla
tempia degli uomini o lapidando le donne. Ipocriti, ipocriti puri...
E
i nostri diplomatici a tacere... E lo sa perchè?
Ma
perchè sono interessati al loro petrolio, sempre per la questione del
petrolio... Anche quanto mi è accaduto, lo vedrà, che sarà messo in qualche modo a tacere, li conosco quelli
del Belgio, il ministro...Si figuri... Ma si immagini, un convoglio
diplomatico che è costituito da chi dovrebbe tutelare chi come lei,
è cittadino straniero, che viene invece attaccato in pieno
deserto..."
Il
che, di sfuggita, riferendomi a quanto mi aveva detto delle autorità
belghe, mi ha consentito di obiettargli che l'ipocrisia in tal caso
non è solo araba.
" Ah, certo, certo," bien sur... bien
sur..." Ma si figuri, in
ogni caso, che per la moschea di Roma i Sauditi hanno posto ed hanno
fatto mille storie, bisognava a tutti i costi che il minareto non
sottostasse più di tanto alla cupola di San Pietro, mentre quando si
è chiesto loro di poter edificare in Arabia Saudita una piccola
chiesa( var: una chiesa piccola piccola) per celebrare i riti
cristiani, non ci è stato affatto concesso di costruirla, nemmeno di
erigere una cappella all'interno dell' Ambasciata Svizzera. E perchè?
Perchè l'Arabia Saudita è Terra Santa, ha detto il Re..." e
alla mia supposta domanda, egli nel mentre rispondeva ha allargato le
braccia, come di fronte a ciò, di imperscrutabilmente ed
incontestabilmente superiore, cui non sia possibile che rimettersi e
sottostare.
"E
nell' Arabia Saudita, mi creda, ( var: creda a me ), per gli stranieri
viverci è un Inferno. Prima di tutto vi ritirano il passaporto; poi
vi iscrivono in una carta d'identità differenziale, che è grigia per
gli stranieri, mentre invece è bianca per gli Arabo Sauditi. E il
nome di vostra moglie vi risulta registrato in piccolo solo
nell'ultima pagina, perchè le donne non vi contano nulla.
Anche
mia moglie, come ogni straniera in Arabia deve circolare velata...
Le
vetture stesse dei diplomatici hanno una targa diversa da quella delle
altre vetture: e guarda caso è fosforescente.
Se
voi andate a chiedere a loro il perché, " Ma è per proteggervi
meglio", vi assicurano; mentre invece è per controllarci meglio
nei nostri movimenti che lo fanno!
Noi
stessi, del personale diplomatico, dobbiamo dichiarare loro ogni
nostro minimo spostamento. Una volta volevo recarmi in una certa
località. Ah, le loro autostrade sono buone, "bien sur".
Solo che la polizia mi informa che non ci posso andare.
E
perchè? Io chiedo. Perchè nella zona c'è stata una inondazione, mi
dicono loro. " Un'inondazione di questa stagione?" "Se
le diciamo che c'è stata un'inondazione, lei deve credere a ciò che
le diciamo ". Telefono a un mio amico diplomatico, e lui mi
chiarisce che quando dicono che c'è un'inondazione in un posto, vuol
dire in codice che in quel posto è assolutamente vietato e ne è
impedito l'accesso.
Infatti
poi ho saputo che in quei luoghi...
Ah,
e provateci a fare gli affari in Arabia Saudita! Rischierete di
perdere tutto".
Ed
a tal punto egli mi ha raccontato le disgrazie del ricco proprietario
europeo di uno dei più lussuosi hotels
dell'Arabia Saudita, un olandese, se ben ricordo .
Presso
tale hotel era stata organizzata una festa enorme di principi e di
principesse- "Là tutti, tanto, sono principi e
principesse..."-, e per venti e più giorni, gozzovigliando,
avevano mangiato e bevuto tutto quanto avevano voluto.
Ora
solo dopo un certo intervallo di tempo, e dopo che nel frattempo
nessuno si era fatto ancora avanti per pagare il conto, l'europeo
aveva osato presentarlo al Re con le dovute maniere.
E
mentre tale conto lo iscrive in piccolo con le dita nel palmo
dell'altra mano, il belga così è venuto seguitandomi il suo
racconto:
"Vedete
Maestà, gli ha scritto, qui c'è una fattura, una assai piccola
fattura, che attende di essere pagata quando e come
a
lei più aggrada".
Sa quale è stata la risposta del Re? Il tempo appena di concedergli
di fare le valigie*, ché entro quarantotto ore doveva già essere
oltre la frontiera, lasciando in Arabia Saudita ogni sua sostanza e
fortuna.
E
se vi lavorate come ingegnere, o progettista, credete di arricchirvi?
Vi occorre uno sponsor cui dovete versare il quaranta per cento
dei proventi, sempre che non passiate alla concorrenza, illudendovi di
trovarvi meglio.
Ma
cosi potreste piuttosto scatenare l'ostilità del primo, se siete
insostituibile e avete fatto con l'altro fortuna.
In
tal caso la vostra maggiore disgrazia è garantita.
Ah,
"le phantastique Kingsdom" di sua Maestà Re Feisal..."
egli
sarcastico ha soggiunto, salameccando e salameccando i rituali di
ossequio di Sua Maestà riverita, in un profluvio irresistibile di
linguate cerimoniali salmodianti.
"
Ah, l'"arabe"...- ha poi seguitato rincarando- Occorre ben
finirla, in Europa, di pagare per gli Arabi e per quelli dell'Est. Ti
assicuro- ha seguitato rivolgendosi a sua moglie- che quando ritorno
in Belgio mi iscrivo senz'altro a un partito di destra, ma che sia di
destra pura, occorre oramai finirla con l' "arabe!".
Gli
ho obiettato che (almeno) nel Maghreb forse tutto questo non succede,
almeno per quanto riguarda le transazioni che sono pubbliche, e che,
ad esempio, i governi d'Algeria hanno sempre scrupolosamente onorato i
loro debiti.
"
Ma il Maghreb è un'altra cosa... - ha convenuto pur senza deflettere.
E
quando gli ho soggiunto che ho contezza che gli Arabi Sauditi sono
essi stessi, per lo più, implacabilmente razzisti contro gli altri
arabi che siano meno ricchi, lui seguitando più implacabile la sua
inflessibile denuncia:" Bien sur- ha annuito-. Si figuri che uno
di loro ha rifiutato di presentarmi il suo fratellastro perchè era un
"noir".
"Puah,
il est noir, monsieur", mi ha come sputato. Ma vi vivono in tanti
della vicina Africa che sono neri, in Arabia Saudita, e quando
devono essere serviti, nei negozi, gli Arabi li fanno immancabilmente
accomodare in coda dietro tutti
gli altri. E i lavoratori stranieri li hanno spediti tutti alla
frontiera gli uni dopo gli altri: pakistani, palestinesi, yemeniti, e
adessso è la volta dei giordani.
Deve
vederli poi tutti quei principi e sceicchi, come fanno i ricchi.
Alla
testa delle loro Rolls Royce- e a tal punto pomposamente gonfiando le
gote rigirava un immaginario volante-, con tutte le loro mogli e i
figli e le figlie sedute dietro, che se vanno, indovini dove? a
mangiare fino ad ingozzarsi nei fast food di Ryad ". E le sue
mani venivano intanto portando alle loro immaginarie bocche chissà
cosa, sempre che non fossero gli incommestibili wurstels degli
infedeli.
"Uno
di loro si era appena comprato una Jaguar. Fatti *** chilometri la
vettura si ferma, e lui la porta da un meccanico. E questi. "Ma
Principe, la macchina va. E' che occorre metterci della
benzina...."
"
Come? Se prima io avevo una Mercedes che con un pieno faceva ***
chilometri di più? E ti
pianta lì la Jaguar, e lo vedi, quello stesso pomeriggio, già alla
guida di un'altra Mercedes. Ah les Arabes Saudiens, le phantastique
kingdom de roi Feisal..."
Sono
appunto allora sopraggiunti due turisti di cui i coniugi belgi avevano
fatto precedentemente conoscenza, ed io ne ho profittato per estrarre
il quaderno di viaggio e tentare di riprendere ( * gli) appunti.
Quindi lui è ritornato per chiedermi se intendevo consumare con loro
il breakfast. Sgomento io allora ho levato gli occhi nel vuoto, e
dimentico che erano di lingua francese, " I prefer do not",
ho loro risposto come Bartleby lo scrivano.
"Come
lei vuole", lui si è congedato cordialmente.
E'
che purtroppo, anche se lui e sua moglie lì avevano soltanto i
vestiti che indossavano, loro restavano dei ricchi ed io invece un
povero.
Quando
sono quindi rientrato da Seyun in hotel, alle 11,30, per cercarvi
nuovamente e invano una camera, i due vi erano ancora lì
intenti a chiacchierare, nell'ombra
della hall, sotto le pale di un ventilatore e davanti ad una bottiglia
di acqua minerale.
E
quando alla donna ho detto che mi sarei recato subito dopo a Shiban,
"la Manhattan du désert", si è di ciò schernita, con un
vago cenno, come per significarmi, irreparabilmente inconsolabile, che
dopo quanto le era successo nel recarsi in quei luoghi, lasciava ben
ad altri, nella calura più soffocante, di cercare in quei luoghi
ancora alcunchè.
Nel
pomeriggio visitata Shiban, ho dovuto quindi trasferirmi a Tarim, già
di sera, per cercarvi un
alloggio dove dormire.
Era
l'ultima mia meta del viaggio.
L'estremo
abitato, a sud Est, in cui sia giunto nel corso di tutti i miei
viaggi.
E
allorchè poi aggirandomi nel labirinto dell'hotel, vi ho raggiunto
infine la stanza, ho avvertito il vuoto di chi presagisce che in quel
momento sia già iniziato il ritorno;
e
che non resti, più altro, che lo spossamento del rientro.
Senza
più ulteriori sollecitudini, incombenti, che di alleviarlo
assicurandosi conforto e ristoro.
Così
già il mattino seguente era il venir meno della vigoria psichica, più
che fisica, che mi stremava a tal punto lungo le vie di Tarim; pur se
con stupore crescente, nell'aggirarmici, vi rinvenivo esattamente
opposto di quel che supponevo, stando al giovane tedesco con il quale
avevo conversato per ore su due piedi nell'hotel Delux di Taizz: non
già l'estremo della negazione di ogni agio civile, ma una cittadina
verde di giardini e lastricata, ove grandi palazzi che arieggiavano
uno stile occidentale seguitavano a succedermisi intorno: erano essi
le dimore signorili, in un originale barocco tailandese, che vi si
erano costruiti gli
emigranti di Tarim, ivi di ritorno dopo avere fatto fortuna nell'
Estremo Oriente.
Ora
non mi chieda, il mio destinatario immaginario, una descrizione
puntuale di tali palazzi: troppo ero già stremato, quando non erano
ancora le nove, per giunta infastidito da alcuni bambini molesti, che
seguitavano ad importunarmi nonostante il mio affaticamento evidente:
ne ho inteso la sola movimentazione barocca, nelle parti laterali che
aggettavano quali avancorpi del prospetto centrale, più elevato, o
nelle cinte murarie colonnate e illegiadrite da una loggia superiore;
felicemente congruente, tale animazione barocca, con i motivi
orientali nella ornamentazione dei capitelli e nelle cupolette a
cuspide, nei pinnacoli flammei come nelle volute affrontate, secondo
una vocazione insita fin dagli esordi nell'estrosità barocca .
E
in tale barocco tailandese d'importazione, suppponevo consistesse la
ragione della singolare conformazione delle ville dell'Hadramawt,
particolarmente nell'uso di colonne frontali e delle volute
affrontate.
Quando
da Tarim quindi iniziavo il rientro a Sana'a, la regolarità del
viaggio, sino a Mukalla, pareva confermare appieno l'ipotesi che di
fatto tutto già si fosse concluso, e la stessa mia indisponibilità
irritata ad ogni ulteriore " Hallo, Saddik...", o "
Mister, where are you from? etcetera, etcetera...", ribadiva che
psicologicamente i contatti già erano stati staccati.
Senonchè
non avevo ancora fatto i conti con gli eventi effettivi, come pur già
mi inquietava a pensare lo sfasciume interno del Toyota, che per oltre
700 km, avrebbe dovuto fungermi da taxi sino ad Aden, l' ultimo che
fosse in partenza da Mukalla quel tardo pomeriggio.
Ed
infatti, non era ancora calata la notte, che prima si dissestava e poi
bucava due volte, al che tutti gli altri passeggeri l'abbandonavano,
per ingabbiarsi tra le sbarre del carro di un Mitshubishi,- finalmente
non un Toyota!- che sopraggiungendo s'era arrestato a soccorrerci.
Rimasto
io il solo con il tassista, benchè questi cercasse di farmi capire
senza tuttavia farsi intendere che non era il caso li assecondassi,
imitavo gli altri passeggeri e finivo così costipato nella cabina di
quel furgone, imbalordito dallo schiamazzare del suo allegro
conducente, un giovane somalo come gli altri due che erano al suo
fianco.
Ma
mentre tutti gli altri passeggeri, come solo più tardi connettevo, in
tal modo raggiunta quanto prima la più vicina bettola *(ristorazione)
, nei suoi paraggi restavano quindi in attesa del sopraggiungere del
taxi per risalirci sopra, invece per il frastornato sottoscritto, ed
il suo zaino, a iniziare dallla montata sul Mitshubishi iniziavano le
peripezie, in contigue vicende, dall'uno all'altro di una serie di
furgoni ad esso consociati e su di una vettura al loro seguito di una
Compagnia di trasporti di Mukalla, assecondando carichi e discarichi,
e trasbordi, come mi erano indicati dall'uno o dell'altro dei giovani
conducenti somali, pur senza riuscire a intendere tramite loro come, e
quando, sarebbe avvenuto il ricongiungimento comune e l'arrivo ad Aden
con le mie cose appresso, che era quanto nel trambusto piuttosto mi
premeva sapere, che di venire magari a conoscenza che il primo di loro
aveva fatto il camionista in Italia, e che gli piaceva assai "'l
vino" quanto " i formaggia", " i spaghetti e non
la mafia", mentre il secondo, cui ero affidato, era di una
generosità istintiva che purtuttavia non evitava che di lui un pò
tutto mi riuscisse sgradevole, eccettuati i suoi " fuck you" indirizzati tanto a
dossi e cunette, e dissesti stradali, che ad Emirati arabi riuniti e
sauditi, e a tutto il loro petrolio, egli certo che a quel paese
sarebbero pur finiti quegli sceicchi, una volta che i giacimenti
yemeniti recentemente localizzati in quel di Marib, fossero stati
infine sfruttati.
E
che dire mio dio di come guidava, inchiodandosi in uno schianto di
freni ad ogni sopraelevazione dell'asfalto, come ovunque nello Yemen,
all'altezza di ogni tubatura e conduttura. Obbligandomi così a
rinunciare ad ogni assetto disinvolto in cabina, quando per la seconda
volta un urto mi ha fatto sobbalzare fino al tetto, la lingua
immorsicata fra i denti nel rimbalzo della capoccia contro la
calotta...
Solo
quando all'ennesimo soprassalto si sono sganciate le sponde del carro
posteriore, ed ha corso il rischio di compromettere l'integrità del
carico, il vivace somalo ha smesso di impazzare tra una canticchiatura
e l'altra delle canzoni di Michael Jackson, e strigliato energicamente
dal conducente del seguito della compagnia che è sopraggiunto, ha
deciso finalmente di moderare la guida.
Il
villaggio dove alla due di notte arrestava la corsa per dormire, forse
era proprio il villaggio di Habban, dopo il bivio per Ataq, indicato
nella guida e che avrei voluto vedere.
Ma
nell'annerimento notturno del sito pietroso dove ci siamo arrestati,
dentro il cortile di una vasta ed anonima dimora, non ho avvistato che
un enorme cactus presso il quale mi sono sfogato, nonostante le
punzecchiature continue degli insetti a miriadi, che mi hanno quindi
costretto a rinchiudermi nella cabina del camion, ben serrati tutti i
finestrini, come in una camera ardente dove ciononostante ho trovato
il sonno.
Poi
il prosieguo del viaggio, fin dall'alba,
è stata una serie continua di ricongiungimenti e di distacchi
tra le vetture, di soste e sosterelle fra solidali confraternite
somalo-yemenite,
la
prima, verso le sette del mattino, nel villaggio di Al-Mahfad, il
villaggio di cui il mio conducente era originario.
Ove
un giovane del luogo, avvertito il mio interesse per l'architettura
indigena, prima che partissi ha voluto che questi mi conducesse in
autovettura nei paraggi di due dimore caratteristiche, consentendomi
in tal modo di capire finalmente la ragione, ossia la funzione, degli
sporti che avevo notato all'andata nelle dimore yemenite delle
contrade: essi altro non erano che cessi che davano all'esterno, dal
cui buco tutta la merda precipitava nella strada sottostante, più o
meno entro il perimetro delimitato di un sottostante merdaio.
Da
un altro cesso, di una casa antistante, gli stronzi invece finivano
nella via lungo uno scivolo in muratura, ove gli ultimi frustoli
defecati ristavano bellamente rappresi in tutta la loro evidenza,
nell'attesa che altri loro consimili, una volta sopraggiunti, li
facessero precipitare nel recinto di deiezione sottostante, ove la
mummificazione in atto, dei confratelli espulsi, conosceva tutte le
sue fasi del rinsecchimento all'aperto.
Il
giovane aveva modo di precisarmi che in ogni caso, purtuttavia, le più
rigorose regole presiedevano alla dislocazione dei cessi.
Innanzitutto,
come mi disegnava su un foglio di giornale, di due dimore prospicienti
non potevano affrontarsi un cesso ed un ingresso, ma, "but",
"only door in front of door et toelet in front of toelet";
il solo fronteggiarsi possibile era infatti tra due cessetti o tra due
porte, delle quali quelle che intravedevo risultavano ornate di una
strombatura superiore alquanto elegante, e di battenti travati di assi
finemente intagliate. Fatti loro, dei passanti assuefatti, che invece
i merdai ne ornamentassero il transito.
Ma
a loro tutela era ulteriore regola, inderogabile, che il cessetto
esteriore dovesse essere ubicato almeno al secondo piano, onde della
verticalità della cacata, incombente in strada, fosse meglio
deprecata la tracimazione oltre la cordonatura del temenos (
var: del recinto).
Inoltre
il giovane mi accertava che nonostante la loro vastità, gli edifici
della vallata, come quelli dell' Hadramawt, e dunque gli stessi
grattacieli di Shiban, erano tutti inderogabilmente unifamiliari, e
che nel suo villaggio i vani interni erano tutti di metri sei per
quattro.
Nel
fornirmi tali informazioni, egli mostrandomisi assai divertito, e
grato, di tale mio interessamento agli usi igienici e dei vani
domestici delle sue genti.
Oh,
che mi schifava, piuttosto, era il transitare per la strettoia di un
punto obbligato, di passaggio, ove su dei banchi di legno erano in
vendita lungo la strada delle carni macellate, fra nugoli di polvere e
i tafani e le mosche che le infestavano... nei paraggi di rigagnoli
adiacenti di lurido scolo...
Intanto
fra i somalo-yemeniti, della scorta, lo stupirsene divertiti si faceva
considerazione e riguardo, per la mia insistenza nello scrutarmi
d'intorno e il chiedere anche solo il nome dei loro villaggi.
Quando
siamo finalmente ripartiti da quel borgo, sul Mitshubishi il giovane
somalo che è salito, mi ha parlato della guerra civile che sta
annientando il suo paese.
Nove
mesi era rimasto a Mogadiscio, prima di fuggire in Kenya e passare
nello Yemen. " Hanno bruciato anche la sabbia" è quanto mi ha detto, di un orrore del quale preferiva tacere.
"Suppongo,
gli ho soggiunto, che sia un macello come nella Bosnia; dove si
sgozzano anche i bambini delle etnie nemiche perchè non diventino
come i loro padri, sotto gli occhi dei quali li trucidano inermi. Ha
annuito che in Somalia era lo stesso.
Alla sosta successiva quindi passavo sulla vettura al seguito,
così ricongiungendomi con i miei bagagli e combinandomi con
un'ulteriore comitiva, un ragazzino somalo ed un anziano signore che
ritornava a Taizz, con i quali ho proseguito fino alla fermata
ulteriore, nel villaggio dove sortendo dall'entroterra ci si
riaffaccia sull'Oceano Indiano.
E'
stato in una taverna di tale villaggio, che le leggi dell'ospitalità
mi hanno imposto per giunta di cibarmi del riso e del pollo con le
sole mani, prelevandoli insieme ai miei compagni di viaggio da un
medesimo vassoio.
Ora
con le mani cibarmi del pollo, come di pesce, non mi suscitava alcuna
schifiltosità particolare, ma il riso, appallottolarlo nel suo untume
di grasso di montone e di condimento vegetale, mi era uno scempio la
cui perpetrazione mi stizziva e schizzava sui pantaloncini, con
l'aggravante, non secondaria, che costituiva lo sconcio del riso più
buono che abbia gustato nello Yemen, tanto il pomodoro, le cipolle, le
carote e l'* , l'ortaggio indigeno similare alle nostre zucchine, vi
erano sapidamente e sapientemente aromatizzati dal chiodo di garofano,
e piccantizzate dal pepe in grani.
Ma
è stato solo dopo che lordandomi mi sono così adeguato a mangiare
come uno dei loro, che la combriccola di somalo-Yemeniti mi ha porto
il cucchiaio.
A
significare appunto, come avevo ben inteso, che ad un'autentica
iniziazione ero stato in tal modo sottoposto.
Alla
ulteriore partenza trasbordava il ragazzo somalo, mentre due
autostoppisti yemeniti erano fatti salire già a poche decine di
chilometri oramai da Aden, lungo il litorale l'afa ventosa che
turbinava la sabbia, schiumando la verde celestialità frangentesi
delle onde oceaniche, in flutti che si sfrangiavano contro un litorale
( var: lungo una costa) ove le sole
presenze, fra i coltivi, e poi presso gli arbusti di acacia
invasi di sabbia, erano degli sparuti cammelli nella calura meridiana.
Arrivati
così ad Aden verso le tre del pomeriggio, dopo più di venti ore di
incidenti di percorso, passaggi di vettura, assonnamenti e sosteggi e
sconquassamenti ed urti, a tal punto non era forse lecito supporre al
narratore in fabula, che a salvaguardia di una trama che invocava già
nell' Hadramawt di essere conclusa, e diceva basta a ogni ulteriore
seguito dilungatorio, il viaggio da Aden a Sana'a non dovesse
finalmente riservarmi più niente di sorta, venuto già il tempo dei
titoli di coda?
Ed
invece... invece mi attendeva una proroga di thrilling e di autentico
brivido, quando in taxi, all'altezza dell'ultimo passo prima della
capitale, si scatenava di sera un autentico naufragio, il cui
rovesciarsi scrosciante pregiudicava qualsiasi visibilità stradale.
Niente
di drammaticamente ultra-allarmante, se nel proseguimento cionostante
del viaggio nel fortunale , i tergicristallli del taxi avessero
funzionato; ma i tergicristalli non funzionavano affatto, e
purtuttavia il tassista, di vitalità corpulenta, non prendeva neanche
in considerazione l'ipotesi di sostare ai margini, in attesa che il
temporale non tardasse a cessare.
Così
pertanto, in un silenzio in cui non fiatava più nessuno, e nel quale
anche la audiocassetta zampillante le pimpanti note di euforiche
canzoni arabe era stata zittita, il brav'uomo mentre con una mano
imperterrito seguitava a guidare, con l'altra azionava il
tergicristalli dinoccolato dal finestrino aperto, gli scrosci d'acqua
che ne penetravano dentro e ci investivano tutti; di tanto in tanto,
della sua braveria, pur trovando anche il modo di volgersi indietro
per rincuorarmi, - io ero il solo straniero della compagnia-, ogni
volta ripetendomi " Saddik...".
Mentre
non v'era tornante, nelle tenebre fitte, donde i colossi dei camion
d'improvviso non erompessero sventati all'istante, tra un lampeggiare
di luci intermittenti e un dispiegarsi di clackson, che
preannunciavano ingorghi e sinistri.
Ed
una Toyota frontalmente distrutta, tra azzurre intermittenze e mani
levate, vedevamo appunto schiantata di traverso qualche chilometro
dopo.
Finalmente,
nella piana in altura, l'asciutto e più nemmeno una goccia.
"
Saddik...", allo scarico di bagagli mi salutava il tassista.
Come
a dirmi altresi:
"
Te la sei vista brutta, vero, - ma
c'è chi ci sa fare, in tali circostanze, per buona fortuna di voi
occidentali..."
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