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L’avvento reale del  Regno di Dio

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L’autodeificazione in Cartesio e Spinoza

   

 

 

   

Nell’ universo spinoziano,in cui l’uomo non è il centro e il fine  privilegiato di alcun disegno divino, nessun Messia che con il suo sacrificio redima un intero genere umano altrimenti perduto, -in una prospettiva salvifica ch'è eminentemente cristiana-, od alcuna liberazione di tutte le scintille di luce divina, disperse nelle tenebre, che propizi l’avvento del Messia con la raggiunta trasmutazione di ogni uomo in un giusto, (  nei cuori degli uomini reintegrando  l’ unità infranta di Dio), - così come l’era messianica si prefigura soprattutto per l’ebraismo cabbalistico -,  possono costituire l’orizzonte comune della nostra salvezza possibile.

Non v’e infatti altra Salus, o Beatitudo,  per Spinoza, che nella perfezione sempre più costante della sempre più costante conoscenza di se e delle cose nel loro principio e fondamento divino, ossia nell’ incremento della conoscenza intuitiva di terzo grado, ( Ethica, V, 40),che è un modo eterno di pensare la cui estensione estende l’ eternità della nostra Mente,  ossia la nostra partecipazione diretta all’ intelletto eterno e infinito di Dio, ( ibidem, Dimostrazione, Corollario e Scolio), quali enti derivanti in eterno dalla necessità eterna della Sua natura infinitamente infinita, ( Etica V, 29 Scolio), ossia quali Suoi stessi atti di Pensiero e d’Amore, nell’ amor Dei intellectualis che è Amore verso Dio ( Etica XXXVI, Scolio), identicamente che Amore di Dio verso gli uomini, in cui Egli ama se stesso, per quanto in essi e nella loro Mente, quali sue parti, si manifestano la Sua essenza e la Sua potenza

“ Da ciò conosciamo chiaramente in che cosa consista la nostra salvezza, ossia la nostra beatitudine o la nostra  Libertà; cioè nell’Amore costante ed eterno verso Dio, ossia nell’ Amore di Dio verso gli uomini. E quest’Amore, ossia questa beatitudine, nei libri Sacri è chiamato, e non a torto, Gloria”( Ethica, V, 36, Scolio).

E’ la Beatitudo di tale Amore, in quanto Letizia in cui s’esprime l’ idea di se stessi sotto la specie dell’ eternità,( Ethica V, Proposizione XXIX),  la consapevolezza di essere eternamente in Dio e concepiti per mezzo di Dio, l’ immaginazione attiva della attualità della nostra esistenza necessariamente eterna,( Ethica, V, XXX),  che subentra alla  immaginazione passiva  della nostra attualità nella durata nel tempo mediante l’esistenza del Corpo ( Ethica XXIII).

Ma tale è la Salvezza e la potenza del solo Sapiente, negata all’ Ignaro, l’Ignorante sollecitato dal solo appetito sensibile.

Una vita di preminente ignoranza è in se stessa e nei suoi esiti annientanti la vera dannazione eterna, il reale destino di perdizione del genere umano.

L’ignorante, infatti, oltre ad essere sballottato qua e là in molti modi dalle cause esterne, e senza conquistare mai una vera soddisfazione dell’ animo, vive quasi inconsapevolmente di sé e di Dio e delle cose, e appena cessa di patire, cessa pure di essere”( Ethica, V; XLII, Scolio).

Una via “perardua”, tuttavia percorribile, rara, quanto difficile, consente la salvezza superiore che invece è data al Sapiente.

Il Sapiente, invece, in quanto è considerato come tale, difficilmente è turbato nel suo animo, ma, essendo consapevole di sé e di Dio e delle cose per una eterna necessità, non cessa mai di essere, ma possiede sempre la vera soddisfazione dell’ animo”( ibidem).

Ma è una via di Salvezza trascurata “ ab ombinus fere”, quasi da tutti ( ibidem).

Eppure come un Corpo atto a moltissime cose è il requisito di una Mente la cui massima parte è eterna ( Etica V, XXXIX), la salvezza superiore di sempre più Sapienti nelle Comunità umane richiede che in essi si esprima un potenziamento delle condizioni di vita  materiali consentite dal consorzio civile, il concorso anche degli ignari in forme di salvezza inferiore, regolate dalla Moralità e dalla Religione, in cui si dà l’avvento reale del Regno di Do.

Tale avvento consiste pertanto, per Spinoza, soprattutto nella massima partecipazione umana alla potenza della Natura, in cui si esprime il reale diritto-potere divino, nell’ aumento del loro potere d’agire, sia comune che personale, mediante la cooperazione e la conoscenza acquisita nello stato civile, per l’attuazione della padronanza sull’ ordine comune esterno del resto della Natura.

L’avvento del Regno di Dio, anziché costituire un ritorno allo stato di natura, pre-civile, ove maggiori sono l’impotenza, l’ostilità e la nocività reciproca degli uomini,  schiavi delle loro passioni più violente, invece si attua tendenzialmente nello stato civile, ove si configura come l’attuazione crescente dell’ autonomia individuale, entro l’attuazione crescente del regime politico della democrazia, il regime più solidale con le virtù della salvezza superiore dei Sapienti.

 

 

 

 

Vi è democrazia, per Spinoza, “ ove il potere è nelle mani di tutti e le leggi sono sancite per comune consenso”, e “ sia che aumenti o che diminuisca la somma dele leggi, il popolo rimane ugualmente libero, in quanto non agisce secondo l’autorità altrui, ma per suo proprio consenso”( Trattato Teologico-Politico, V).

E’ la democrazia la forma vera di società che è immanente alle varie forme di governo – monarchia, aristocrazia, repubblica popolare-, in quanto è il funzionamento istituzionale che implicano le relazioni reciproche delle diverse istituzioni del corpo sociale,  di cui ogni società esistita è stata – o sarà pur sempre- soltanto una realizzazione parziale ed inadeguata[m1].

 L’avvento del Regno di Dio significava in tale ambito, quale suo grado minore, l’assicurazione mediante la religione dell’ obbedienza del volgo alle norme pubbliche della società civile, il cui potere dà forza di diritto e di comandamento osservato alla pratica della giustizia e della carità, conforme alla Fermezza d’Animo e alla Generosità ( Ethica, V, XLI),  della Fortezza del Sapiente, e norme certe e cogenti del giusto e dell’ ingiusto, dell’ equo e dell’ iniquo, disciplinano gli Odi delle Tristezze e le Cupidigie delle Letizie eccessive.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 Date le condizioni di esistenza immediata della maggior parte degli uomini, impotenti ed ignoranti e dominati dalle Superstizioni, il regno di Dio , nella loro esistenza attuale, per i più non si attua” se non per mezzo di coloro che sono investiti del potere” ( Trattato Teologico-Politico, XIX).

Nel Regno di Dio soltanto al Sapiente, e non a chi è agito dai suoi desideri eccessivi,  è possibile partecipare della naturalità divina, e  deificarsi quanto più la sua Mente si eterna nella realtà attiva della conoscenza di se e delle cose nel loro eterno fondamento divino.

E impeccabile e liberato così soltanto dal cuider, dall’illusione dell’ esistenza del bene e del male, alla luce di tutto come uguale conseguenza necessaria della sostanza Divina, il Sapiente può conseguire la vera virtù della vera beatitudine, il sommo bene dell’Amor dei intellectualis, per il cui godimento superiore può reprimere liberamente la propria libidine  eccessiva , entro la vita nella società civile, secondo il decreto comune del bene e del male, quale condizione di esistenza più favorevole al raggiungimento della propria sapienza,   in luogo dell’ antinomismo e dell’ asocialità dell’ impeccabilità perseguita dai libertini.

Pertanto nel Trattato Teologico-Politico Spinoza potrà appurare una concordanza pratica tra l’ Etica e l’impeccabilità conquistata per se nella autocoscienza dei filosofi-scienziati, e la moralità eteronoma  dell’ obbedienza senza coercizione al potere civile, insegnata dalle Scritture al volgo ignaro.  


 [m1]Confronta Mugnier-Pollet, 1976: XVII e XVIII.

 

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