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1 agosto 2004 Da Xian sto procedendo in treno verso Lanzhou, di rientro nello Xinjiang il più speditamente possibile. Ho in programma la sola sosta a Dunhuang, sulla Via della seta, per salvare il mio viaggio dalle conseguenze delle sue erranze dalle mete prestabilite, in una continua diversione che rischia di non essere che divagazione turistica. E posso forse mancare, domenica prossima, tra sette giorni soltanto, all' appuntamento in Kashgar con il più grande mercato dell' Asia centrale? In Kashgar chiederò, di certo, un prolungamento del visto del mio soggiorno in Cina, per far fronte all' apprensione crescente in una mia possibile via d'uscita dalla Cina. E per dove, per il Pakistan, come mi ripropongo, lungo la Karakorum High Way, o qualora sopraggiungano frane o mi sia impedito il transito per il Kunjierab pass, soltanto grazie ad un estenuante ritorno a Pechino e ad un volo terminale in Italia, essendomi di fatto oramai preclusa la via del ritorno per l'Asia centrale, il Kazakistan, l'Uzbekistan, il Turkmenistan e l' Iran , con il decadere a giorni del secondo visto d'ingresso nell' Uzbekistan, che è la condizione imprescindibile per ottenere di nuovo il transito traverso il Kazakistan. Nella immensità della Cina, in cui sono addentro, appaiono talmente invisibili o assenti i controlli, che più ci si inoltra più subentra il senso di potercisi perdere indefinitamente, o di potervi fare perdere indefinitamente le proprie tracce, -per questo, in tanta vertigine, mi è ora un obbligo ancorarmi allo scrivere, al fine di avviare il mio viaggio e la mia persona verso il salvataggio del rientro, già in quella forma di salvataggio finale che ne è la scrittura. Anche per questo tento di rimanere in contatto, via e-mail, con i giovani ed i ragazzi cinesi che ho incontrato raggiungendo Pechino e divagandovi, con Caroline, per la quale l'identico sentimento della vita che accomunava entrambi, e che ci immedesimava in ogni altro essere, è più importante di ogni differenza che per me fosse rilevante, oppure con Wan, il carissimo, bellissimo Wan,
che in Pechino, via e-mail, ha continuato a seguirmi nei miei spostamenti tra sole e pioggia, non che Peter, di Jilin, del quale sono stato il boddishatva di un giorno, nell' aiutarlo, nella sua obesità trasudante, ad arrivare fino all' ultimo avamposto raggiungibile della muraglia cinese, a Badaling.
E' in virtù di quanto dell'uno è rimasto improntato nell' altro, di quanto io ed i giovani miei nuovi interlocutori cinesi seguiteremo a dirci dall' Europa all' Asia, tramite internet, che Pechino, in ogni caso, non sarà stata solo una diversione fantasmagorica del compimento dei miei itinerari prestabiliti, in un soggiorno troppo breve per non serbarne, altrimenti, che una memoria fugace di splendidi parchi e di arcane vestigia imperiali, non essendomi dilungato, tra uno scroscio e l'altro di pioggia, che nella visita del complesso rituale del tempio del cielo, fascinato dall' incanto fungiforme delle svasature lamellari dei suoi tetti bluescenti, roride dell'evocazione rituale, tra cielo e terra, di un' escrescenza organica propiziatrice di messi, Con la fascinosa porta superstite della cinta muraria, erano oasi di sacralità e di verde nella modernizzazione vertiginosa, in cui sotto la pioggia , o negli squarci di sereno , mi defilavo per addentrarmi in bicicletta negli hutong,
Al calare della sera rientravo tra i negozi e ristoranti più allettanti e i grattacieli sfolgoranti di hotel e banche, per perdermi tra le bancarelle fumiganti di ogni sorta di spiedino carneo o di frutta, delle oltre "60 speciality snacks", del Donghuamen night market. Nelle luci e nel rombo del traffico notturno, altrimenti ripercorrevo in tutta la vastità di Piazza Tienanmen, con lo stesso diletto, esaltantesi in ebbrezza, con cui della bicicletta fanno ancora uso i pechinesi. Al tempo stesso la mia permanenza in Pechino si è venuta protraendo in una sosta troppo prolungata perché l'intento originario di questo mio viaggio,- l'escursione nel mondo islamico dello Xinjiang e indopakistano, addentro alle vestigia delle civiltà ellenico- buddistiche che vi soggiacquero, lungo le Vie della seta,- non ne fosse pregiudicato e distorto, per la mia incapacità, una volta in Cina, di sottrarmi al richiamo turistico di vedermi almeno l'esercito dei guerrieri di terracotta, un pezzo della Grande Muraglia, la Città Proibita … Ma il vero rimpianto che ora serbo, per quanto ho omesso di vedere oppure ho solo intravisto nella fugacità evanescente del mio soggiorno pechinese, più ancora che di non aver visitato i templi buddisti o taoisti della capitale cinese, e più ancora che di aver mancato di fare ritorno in tempo nel palazzo dell' Armonia, per vedervi nel Museo della Città Proibita i capolavori che vi sono serbati della pittura cinese, è di non avere dissuaso con la dovuta cortesia gli innumerevoliapprocci di tanti studentie studentesse, bellissime, che in Wangfujing solo strumentalmente mi chiedevano se mi piacesse l’ incantevole pittura cinese delle cui illustrazioni avevo zavorrati i miei bagagli, perché salissi e mi risolvessi all’ acquisto di qualche stampa o acquerello in qualche atelier limitrofo.
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