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Turfan, 17 luglio
2005
"Meglio vedere
con gli occhi che vagare col desiderio
anche quando è
vanità ed un inseguire il vento"
A
mio fratello che me ne
chiedeva conto, così raffiguravo l'oasi di Turfan, in una e-mail
che gli scrivevo da Urumqi, dove ero rientrato per dirigermi a Xian:
Tue,
20 Jul 2004 04:14:50 +0200 (CEST)
Urumqi.
L`oasi di Turfan (o Turpan)si trova nella Cina nord occidentale,
ossia nei Lontani domini dello Xinjiiang, o Turkestan cinese, lungo
la Via settentrionale della Seta/ Vi sono rovine, ridotte a canyon,
di due antiche città, una bella moschea e le grotte buddiste di
Bezeklik, di estremo interesse per quanto deturpatissime, non che
uva, uva, e uva, meloni e angurie a voluttà, come ai tempi del
Milione.
L`intera
regione , Urumqi inclusa, dove mi ritrovo,( in partenza per Xian,
44 ore di viaggio per treno, la meta più distante del mio
itinerario, da cui inizierò il rientro), è quanto mai straniante,
in quanto ci si ritrova nello stesso tempo, e a tutti gli effetti ,
nel mondo imperiale dei cinesi Han, e nel mondo turco islamico della
ex maggioranza etnica Uyghur. Per quanto mi attiene, gia cavarsela
conoscendo tuttora di cinese solo "sci sci " "grazie,
grazie" e "duosciaocian"- "quanto costa"-
non che "lu "e "benguan"- strada e hotel -, è una certa impresa, in ogni caso. E' comunque strabiliante quanto la
Cina urbana sia tecnologicamente moderna e funzionale e pragmatica.
Da
Xian , spero la prossima volta, confidando nella Sua Provvidenza più
che nelle mie assai stupide forze. Odorico
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Nel
sudore del travaglio del transito della frontiera tra il Kazakistan e la
Cina, giorni or sono, su questo passo del Qoelet si richiudevano la Bibbia
e la mia spossatezza, mentre quanto più me ne distanziavo venivo
ricondotto incapace io di sentirmi altrove dallo
nello stesso dove/luogo
di ogni momento della mia vita consueta, ritrovandomi nello stesso qui, e
ora, in prossimità del Grande Impero e dove abitualmente risiedo.
Al contempo mi animava il timore che qualche addebito dovuto a delle mie
mancate
attestazioni, -di dove ad esempio avessi risieduto in Almaty, -secondo
le normative sovietiche ancora vigenti nei regimi
attuali dell'Asia centrale, potesse motivare nei mie riguardi il
ricatto o l'impedimento a procedere oltre di qualche guardia kazaka.
Ma quando, sollevatasi
l'estrema barriera, ho messo piede finalmente in Cina, e con alcuni
miei compagni dell' odissea di viaggio tra Almaty e Yinin, mi sono ritrovato in quel
ristorante popolare di Korgos, la piccola città di frontiera in territorio cinese, in attesa che
ci ricongiungessimo con gli altri passeggeri dell'autobus che sarebbe rimasto ore e ore trattenuto
alla dogana, per l'accertamento di quanto vi giacesse stivato,
gli occhi hanno iniziato a deliziarsi di vedere quel che ad essi si
offriva, come ho guardato intorno tra i tavoli guarniti d'aglio, mi
sono alzato dal posto a sedere e ho cominciato ad aggirarmi lungo la veranda ombreggiata,
al cui riparo le ristoratrici erano intente ad
inanellare agnoli e ad assottigliare in
filiere l'impasto di tagliolini, tra gli avventori che
silenziosamente consumavano ai tavoli, e dal parapetto mi sono volto al
viavai del traffico di fronte : nella calura
meridiana, delle donne passeggiavano con l'ombrellino parasole, laddove, ai bordi
del nastro della strada principale, delle piste ciclabili erano trafficate da
gente d'ogni età in bicicletta, da conducenti e passeggeri di risciò motorizzati, in un lungo viale di negozi
e negozietti vivacizzati da icone e da ideogrammi, di ristoranti policromi e
arcuati nei tetti come pagode, al cui ingresso stavano affrontate le
statue di draghi rutilanti.
Verso Yinin, come ho
potuto osservare intorno, quando
finalmente l'autobus ha ripreso la corsa, per interromperla di nuovo e
riavviarsi soltanto dopo una lunga sosta forzata, l'intero percorso stradale
seguitava ad essere affiancato in tutta la sua lunghezza da piste
ciclabili, intervallate da filari di pioppi: le animava, nell' ora
della sera, l'ulteriore flusso continuo di carri e carretti e biciclette, che non era interrotto
nemmeno dalle distese di cereali lungo il loro decorso.
Al
di la della strada, e delle piste, le dimore e gli edifici
erano allineati e tinteggiati di bianco, o apparivano solcati da un reticolato
che simulava un rivestimento di presunte mattonelle, nel loro costrutto lateritico desunto
dalle stesse cave, e dalle fornaci, che ogni tanto apparivano fra le distese
dei campi.
In Yinin sono rimasto
l'intera giornata seguente, per ripartirne solo di pomeriggio,
il giorno ulteriore, protraendovi la mia sosta non solo per per
riposarmi, ma per internarmi nella quotidianità della vita cinese
mediante la realtà di una città di provincia.
........
E' forse in simili città,
più ancora che in metropoli come l'attuale Urumqi, che è dato di
cogliere l'immenso mutamento della Cina che si è compiuto e
che più che mai è in atto, se talmente esso impronta e anima di sé anche l'estrema
sua periferia in una città minore, ove può apparire tanto più
impressionante se in un
passato, ancora prossimo, tale città è stata uno dei focolai della
rivolta uyghura all' assimilazione al potere centrale, nelle invise
sembianze della modernizzazione del comunismo Han.
......................
All' imprinting di tale
modernizzazione efficiente, nella stessa Yinin notturna sfuggiva ancora il caos del
traffico, in cui ho dovuto continuamente avventurarmi da che ho messo
piede fuori dell' hotel, e ne era una frenesia, in libera uscita
temporanea, la baraonda che fino alle ore estreme di una sera convertita in notte dall' adozione dell' ora legale della distantissima Pechino,
lassù in un altro Oriente ancora remoto, affollava di clamore
le friggitorie di spiedini e le tavolate di ravioli e tagliolini.
Solo dopo un via e vai esitante mi sono fatto coraggio, ed alla fin fine mi sono
deciso
a sedervi anch'io, sollecitatovi
dal primo dei ragazzi cinesi con cui ho fatto amicizia.
Colui che tra loro mi è
divenuto più caro è stato l'indomani Suenbaojiang,
il giovane che si è fatto il mio indefesso assistente nell' internet café centrale di
Yinin, coadiuvandomi nell' invio by
e-mail, quali allegati, delle mie prime immagini della Cina a Stefano e Claudio, lo
staff del Mago di Oz, il laboratorio ammrevole e caro del server del mio Istituto.
Lui stesso, esaltato dalla
cosa, è diventato l'immediato destinatario delle fotografie seguenti, in
cui l'ho colto intento al suo lavoro,
insieme ad un ragazzo uyghuro dal bel volto, che
ci sedeva accanto.
Mi ero messo all' opera, al
computer, dopo che l'intera mattinata l'avevo conclusa nella libreria
centrale, estasiato dalla bellezza dei libri cinesi per l' infanzia, degli
album illustrativi delle tecniche e degli esiti artistici della pittura
cinese.tradizionale.
Mi dilettavano particolarmente i
fascicoli che illustravano come con qualche pennellata d'inchiostro,
soltanto, si può rappresentare l'animalità, o la vegetatività , di un
pulcino o di una canna di bambù.
Ah, poterle inviare a Farhang, il
mio giovane amico iraniano acquarellista! che è quanto ho fatto già il
dì seguente.
Mi aveva particolarmente
incuriosito, lungo le corsie, la presenza di interi scaffali di
libri scritti in caratteri arabici. Erano forse destinati al
pubblico islamico dei lettori Uyghuri?
E' bastato che rivolgessi
l'interrogativo, in inglese, ad una signora e ad una ragazzina
interessate a quei libri, che però non capivano il quesito, perché,
da esse
interpellate, tutte le addette del comparto entrassero in stato di fibrillazione,
e sopraggiungesse questo o quel lettore
interessato a rispondermi, a trovare in me, ad ogni modo, un interlocutore con il
quale conversare in inglese.
Ma per trovare una conferma alla mia
supposizione, avevo sbagliato il termine al quale avrei dovuto fare ricorso,
con quanti cortesemente intendevano rispondermi, essi erano tutti quanti degli Han,
a differenza della signora e della ragazzina alle quali avevo
rivolto inizialmente la mia domanda.
Come in Turchia sino a poc'anzi,
se non anche tuttora, per riferirsi ai Curdi occorreva
accennare ai "Turchi delle montagne", che è quanto s' imponeva
allo stesso viaggiatore straniero prima che la Turchia venisse omologandosi all' Europa
comunitaria, per entrarvi a far
parte, in Cina
occorre riferirsi come a degli "weiwuer" agli uyghuri, nelle vicissitudini
delle stirpi turche
arrovesciatesi in quelle di una minoranza oppressa qui nello Xinjiang.
E' quanto mi spiace di dover
riferire a Levent, che in Istanbul, mentre seguitava a deplorare
che gli uomini debbano ancora negare l'altrui identità per affermarsi, si
doleva che i Mongoli stessero ai Turchi, alle origini, come i Curdi
oggi stanno ai Turchi...
Erano mie
interlocutrici Han, e purtroppo non erano in
grado, per questo, di capire la questione stessa che ponevo a loro, anche
le due carissime ragazze con
le quali lungamente ho avuto modo poi di intrattenermi a lungo.
Delle due, la ragazza con gli
occhiali, il cui inglese era poco più di un soffio, ha potuto esprimermi
l'intensità delicata della sua anima, e della sua cultura, quando mi ha
accennato che nella pittura, che figurava in un album, un ponticello che
appariva
sospeso nel vuoto era un viatico d'epoca Tang, e che il mio
sorriso era lo stesso della sua insegnante di inglese, Era
più spigliata l'altra giovane, appassionata finanche di football, e mi ha
offerto un lunch di spiedini consumato in piedi, ad una friggitoria ch'era appena al di fuori della
libreria, prima di lasciarmi per addentrarsi nel centro commerciale che
stava di fronte
Ho terminato la giornata nel flusso
di persone che sciamavano fuori città verso l'Ili, verso i ristoranti e le
attrattive lungo le sue rive, entro le quali le acque del fiume correvano
ancora impetuosamente,
tra i banchi e i greti
che emergevano.
Oltre il lungo ponte sull' Ili, il fiume della antica
contesa cino-russa di queste terre, mi sono addentrato in un parco-giochi,
disseminato di giostre e tirasegno,
ove simulacri di cerbiatti, di scoiattoli, di foche e di delfini,
invitavano i bimbi a salirvi sopra , mentre barriti e ruggiti, poco
distanti , di elefanti e di leoni, dei bramiti di tigri, l'urlio di un
dinosauro, si elevavano dalle sagome delle fiere di una
giostra-safari, ,
che così segnalavano
di essere state abbattute da un guidatore in corsa.
Presso il suo reticolato mi hanno
avvicinato e sono state con me oltremodo gentili due ragazzine uyghure che
ho fatto felici, regalando
a loro una corsa su delle automobiline sgangherate, allorché le ho
reincontrate avviandomi all' uscita.
Verso Urumqi, l'indomani pomeriggio,
in autobus.
Si lasciava di sera la valle dell'Ili per inoltrarsi tra i monti del Tien Shan, verdi di abeti, dal fondovalle risalendo verso la sommità di un passo, ove tra le nuvole apparivano sospese le vette
circostanti, finché l'ascesa si è conclusa, spianandosi nella distesa in altura del lago Sayran.
Al concludersi del lago, due pagode si stagliavano su di un'isoletta, negli ultimi bagliori di luce del giorno.
In Urumqi, l'indomani presto, decidevo di ripartire già in mattinata per Turfan. Occorreva
ancora, pertanto, che mi trasferissi in taxi alla stazione Nanjiao , dove in capo a pochi minuti avrei trovato un autobus in partenza per l'oasi.
Un calore bruciante, già alla prima sosta lungo il tragitto, mi preannunciava il clima che vi avrei trovato.
L'oasi ha cominciato ad apparire come
fosse un miraggio, nella depressione ch' è seconda nel Mondo solo a quella del Mar Morto, emergendovi dalla
desolante deserticità assoluta di quel tratto delle antiche Vie della Seta: nel verde rigoglio, come ai tempi di Marco Polo, dell' uva che vi fruttifica sovrana, insieme con le piantagioni di cocomeri e meloni.
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