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Turfan, 17 luglio 2004, 2aparte

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Turfan, 17 luglio 2004, 2aparte

 

I n Turfan, quella stessa sera, quando vi sono uscito per strada  una volta che mi sono sistemato in albergo e vi ho riordinato lo zaino,  solo al termine del viale dell' uva, tralicciato di viti,P1060248.jpg (134030 byte) ho trovato l'accesso alla città vecchia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

P1040203.jpg (136349 byte)Un muro continuo ne unificava le case, P1040205.jpg (95031 byte) lungo una strada sterrata e polverosa su cui si aprivano le porte d'accesso ai cortili interni,  

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ornamentate  da trame crociate e  sporti di dadi. I cortili interni erano coperti da soffitti lignei che poggiavano su dei fusti di tronchi d'albero, al centro, coadiuvati da fiancate di pilastri ai muri contigui. Soprattutto le donne, e gli anziani, stando su delle lettiere cercavano nella conversazione un sollievo dalla calura opprimente.

Mi  incuriosiva, in particolar modo, che cosa mai costituissero gli enormi vani  le cui superficie erano reticolate da delle aperture, i quali formavano  le sommità delle case o figuravano come degli edifici a se stanti. P1040204.JPG (440910 byte) Mi avevano incuriosito anche in  ragione della loro somiglianza con le torri di ventilazione delle case in Yazd e in  Kerman, nell' Iran sud orientale. Sia pure a stento, un ragazzo che si era interessato al mio divagare, è riuscito a spiegarmi  a che cosa servissero: si, pur sempre per la ventilazione,  ma al fine di aerare l'uva che vi veniva messa a seccare.

'E l'uva fruttificava, regina, ove la strada finiva nei percorsi tra i coltivi, come ai tempi di Marco Polo in queste e nelle fruttuose contrade di Jarcan e di Kotan, lungo il percorso meridionale della Via della seta,  nel regno di Cascar.

Inoltrandomi tra i vigneti, mi sono insinuato lungo le condutture ed oltre le chiuse d'acqua delle irrigazioni, i karez che irroravano un suolo votato altrimenti all' aridità del deserto,  inerpicandomi tra delle rovine ridotte a cretti, le vestigia o mura di chissà quali mai remoti insediamenti, nel tentativo, mentre l' oscurità era incombente, di cercare un varco, invano, verso la moschea Sugong e il minareto di Emin.

Ma anche se l'accesso me ne era precluso, la vista a distanza mi evocava una singolare e fascinosa armonia tra i due edifici,  in cui il minareto nelle sue forme organiche di serico bozzolo, o bombice, di ogiva digitaliforme, si conciliava con le spoglie volumetrie della moschea, che lasciava presagire lo svecchiamento di un restauro recente. la moschea di Turfan

 

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Ripercorrendo la stessa via, al rientro trovavo ancora aperta la più vasta delle moschee: lungo un vialetto assiepato, immersi nell' ombra notturna. due anziani si avviavano in turbante, e tuniche bianche, verso la sala di preghiera all' aperto, che dava sulla sola cornice muraria integrale del mirhab.

L'indomani, ossia ieri l'altro, ho presunto di potermi cimentare nell'impresa di visitare i siti archeologici circostanti, Gaochang, Bezeklik, nella direzione opposta la più vicina Jiaohé, affrontando la torrida calura desertica di Turfan con l'armamentario di una bicicletta cinese in noleggio, senza alcun training preliminare. Disdegnando, con alterigia sprezzante, qualsiasi procacciamento di un tour organizzato.

Mi sono ritrovato così con le forze stremate in capo al percorso di solo sette chilometri, lungo i quali avevo sospinto quel catorcio per un percorso sbagliato tra i vigneti, come mi ammaestravano i volti compassionevoli o bruti, ugualmente perplessi, dei nativi ai quali chiedevo un ragguaglio.

Uno di loro mi ha invitato a raccogliere lo zaino che stavo tralasciando alle mie spalle lungo la strada, quando nello stravolgimento del mio smarrimento ho iniziato a intraprendere la via del ritorno in senso inverso .

Fino a Turfan mi  toccava ora di ripercorrere tutto il tragitto in falsopiano, chiedendo di ridarmi ogni mia forza perduta alle bibite, l'una più stomachevole dell' altra, a cui mi rimettevo ad ogni banco freezer che mi appariva lungo la strada, all' altezza di officine e di rivendite.

Infuocato dal calore, ero un colatoio di sudore a fuoriuscita continua, mentre mi dissetavo nell' antro saturo di morchia e di benzene dell' officina meccanica retrostante l'ultimo refrigeratore ai margini della strada, dentro la cui atrocità soffocante la donna che lo gestiva non riusciva a capire perché non riuscissi a sostarvi.

Di ritorno in hotel, benché una doccia mi avesse ritonificato, non abbandonavo il letto per tutto il tempo durante il quale traverso il deserto, anziché tra i trascorsi vigneti, nel solleone del mezzogiorno addirittura avrei dovuto essere già pervenuto a Gaochang, ad oltre quaranta chilometri di distanza .

Vi sono rimasto disteso finché non ho creduto di avere recuperato le energie indispensabili per rimediare almeno l'escursione in bicicletta fino alle più vicine rovine di Jiaohé.

Ma non pareva del mio stesso avviso il mio addome, se non era soltanto perchè fossi stato attratto dalla pregevolezza esteriore dell'edificio, che mi arrestavo alla piccola moschea di Turfan situata dove termina a occidente il centro moderno della città,  e tornavano a riapparire gli edifici tradizionali uyghuri, piegato in due da dei dolori ventrali insopportabili.

Per mia buona sorte, l'imam ed il suo assistente non erano ancora rientrati nello loro case, per il riposo pomeridiano, e mi aprivano cordialmente l'adito alla moschea: ove mi è bastato distendermi sul tappeto della sala di preghiera, sorbire l'acqua di pozzo che mi era porta alle labbra in una ciotola, per trarne lenimento e sollievo.

Risaliva al 1913 l'edificio, come recitava una scritta che mi mostrava l'assistente

" Muslim?"

" No, cristiano".

IL che non credevo che per loro dovesse costituire un problema, se come mostravo all'imam, che annuiva, figuravano i nomi anche per lui reverenziali di Abramo, e di Mosé, nella Bibbia appresso che gli porgevo da sfogliare.

Mi sorprendeva piuttosto quanta vanità sollecitasse in lui la mia fotocamera, lo schermo a cristalli liquidi in cui  in una sintesi del mio viaggio, fino a quel punto, gli mostravo le immagini degli altri luoghi di culti in cui ero stato, delle civiltà religiose di cui avevo indagato i reperti: nulla da eccepire alla vista dell' interno della cattedrale ortodossa di Alma Aty, mentre un evidente fastidio, se non un certo ribrezzo, è trapelato nel suo assistente, quando è apparsa l'immagine del Buddha di Fayaztepe.

L'Imam insisteva a tal punto, all' unisono con l' aiutante, perchè fotografassi la moschea nei suoi vari aspetti, l'interno l'igneo, la cupola da cui la sala da preghiera traeva luce,

non che lui stesso, di fronte al minbar con indosso il suo vestimento maestatico. Come se ne è abbigliato, Abbigliatosi egli del quale, il suo volto di vecchio sdentato e bonario ha assunto, assumeva  d'un tratto, quant' è la severità austera che la mansione impone.Terminata la visita, e l'udienza, egli mi accompagnava in bicicletta lungo la via per Jiaohé, fino alla svolta verso la sua dimora.

Poco oltre, uno dei bimbi per strada, che sguazzava nudo nelle canalizzazioni lungo la carreggiata dissestata, tra le mani del padre, mi calamitava nella sua bellezza gioiosa .

Non una brezza che attenuasse la morsa solare, tra i filari che affiancavano tutto il percorso fino alla discesa finale, ove tra la confluenza di due fiumi sorgeva l'acrocoro disseminato delle rovine di Jiaohé. Le falesie i cui bordi dirupavano nel letto dei due rivi, 

P1050241.jpg (179264 byte)il deserto al di là del loro corso, erano la difesa naturale di tale antichissimo avamposto militare Han, la cui attestazione remota ha fornito agli Han una giustificazione della loro posizione predominante nello Xinjiang.

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Ciò spiegava, forse, perché la  vastità  dell' estensione delle rovine, benché fossero ridotte per lo più ad apparenti concrezioni del suolo,  che solo a tratti rivelavano filari di pietra in terra cruda, fosse accudita con una cura particolare della loro salvaguardia. 

Vi si potevano ripercorrere i tracciati delle vie principali, dalla porta Sud, passando a lato dell' ammasso della Torre dell' acqua,P1050245.jpg (110535 byte) 

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volgendo per un breve tratto verso la porta  EstP1050229.jpg (94697 byte), risalendo, a Nord,P1050244.jpg (103427 byte) fino ai resti cospicui di una pagoda P1050231.jpg (187136 byte)e di un  tempio buddista,.P1050238.jpg (117768 byte)

Un portale d'accesso dava adito al cortile, al cui interno sussistevano le sole basi delle torri del tamburo e della campana, davanti al recinto ulteriore che includeva una stupa.P1050232.jpg (117737 byte)

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Nemmeno il volgere alla  sera mitigava l'afa, ero io, invece, ad essermi smorzato nella mia pretenziosità,  e ad essermi predisposto ad accettare l'indomani il compromesso di visitare con un minibus le rovine di Gaochang,  le sepolture di Astana e le pitture delle grotte di Bezekilik, co0me è accaduto in compagnia di una ragazza e di un ragazzo taiwanesi

continua

 

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