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Turfan, 17 luglio 2004 3a parte La moschea Sugong e il minareto di Emin , la prima meta . Di particolare bellezza i rilievi in mattone del minareto, una trama di fasce di rombi, con incavi cruciiformi, di cunei in contrapposizione , che si dilatavano nell' incremento di luce di bande stellari e si infittivano zigzaganti o in reticoli eminenti di nuovo di croci . L'interno era una foresta di fusti lignei, come in Kiva all' altro capo del Turkestan. Nella moschea di Turfan un deambulatorio attornia la sala di preghiera, che in Kiva è tutto il vano interno, e nei suoi recessi si quietavano in un lume di spiritualità diffusa, i flash di luce rivelatrice che avvivavano il deambulatorio dalle aperture della sala di preghiera e delle cupolette che coronavano . il suo decorso Era un rettilineo ardente in un deserto implacabile, la strada, lungo la via della Seta, che conduceva alle Grotte dei Mille Buddha di Bezeklik, il percorso che avrei dovuto affrontare il giorno avanti in bicicletta, senza alcun soccorso che qualche area di ristoro, prima che finalmente, più di trenta chilometri oltre, deviasse sulla sinistra verso le montagne fiammanti, fulve della sabbia del deserto, in una luce abbagliante che ne rendeva incandescenti i profili spogli di ogni vegetazione. Era
troppo breve il tempo che mi era stato concesso, perché la mia visita
delle pitture buddiste delle grotte di Bezeklik, che i due ragazzi
taiwanesi avevano disertato, non essendo interessati che alle delizie
della Valle delle Viti, non si
risolvesse in poco più che un transito assillato dall' una all' altra
cella, che nella apprensione fugace di repertori di immagini devozionali,
ispirate ai Jataka delle tante incarnazioni di Buddha. La
linea di contorno, nelle scene che ricordo, componeva teorie di donatari
offerenti, rappresentate dalla flessuosità
, che perpetuavano nei loro serti l'adesione alla fede, nell' Illuminato, che in Gaochang aveva attecchito già ai tempi della Dinastia Liang, , dopo l'avvenuto distacco degli Uyghuri dall' originario manicheismo, che ne era la credenza religiosa quando vivevano nei deserti più a Nord, prima che i Khirgizi li disperdessero altrove.
In altri affreschi, su fondali di azzurrite, e di malachite verde, erano invece delineati i pallidi incarnati, e le vesti purpuree, di Pietà e di Maestà buddistiche : erano i volti di principi e monaci i quali piangevano il Beato che anzitempo aveva raggiunto il nirvana definitivo, contorcendosi nel lutto in quanto erano essi incapaci di sconfiggere il proprio attaccamento alla brama di vivere, mentre nelle mandorle di gloria invece musici bramani, monaci laici ( i baddha) , boddishatva Avalokitesvara, contornavano l'uno e mille Buddha.
E tra lingue di fuoco su altre pareti figuravano i demoni tremendi della paura, che per quanto assumessero gli aspetti più terrificanti, tuttavia il Dharma sapeva esorcizzare.
Ne affioravano gli sgretolati resti dell' antico palazzo regale, dei regnanti Uyghuri e forse, già prima, del regno Qu ( a iniziare dal 460), delle torri dell' acqua
le vestigia ben più integre di un vasto tempio buddista, con la pagoda depositaria nelle sue nicchie degli scritti sacri,
un ulteriore pagoda, la Tai Zang, situata nella parte più a Nord di Gao Chang, che non ho potuto raggiungere., così come nemmeno ho avuto tempo e modo di ricercare quali reliquie sussistessero ancora, in Gaochang, della presenza dei Nestoriani, oltreché dei Manichei, e degli Zoroastriani, che vi si siano preservate e siano scampate al loro trafugamento, alla loro distruzione o dispersione in Occidente. La pietra istoriata di croci del museo di Tashkent, restando finora la sola traccia, che ho ritrovato, della presenza e della diffusione del nestorianesimo nel Turkestan. Dall' amarezza di una ricognizione talmente affrettata, nel viavai delle torme di turisti che si avventuravano su dei carretti trainati da somarelli nella gran polvere di Gaochang , come le tante comparse di un set cinematografico western , caduto in disuso, che fosse stato allestito tra i canaloni di un archeo- Colorado, mi confortava la bellezza sorprendente di quanto mi appariva al termine delle discese nelle tombe di Astana, gli affreschi che ne infrescavano le pareti di scene sentenziose e naturalisticamente vitali : volatili di palude, i sei screens con l'uomo d'oro, l'uomo di pietra, l'uomo di giada, che all' iniziato insegnano che d'oro è il silenzio della bocca tappata, la modestia, secondo l'uomo di pietra. a fare qualcosa di utile al popolo, a correggere quanto di sbagliato si commette nella società, mentre l'uomo di giada ci esorta a permanere astinenti nell' arricchimento, a preservare la purezza, nei propri sentimenti educati, che è una prerogativa della giada che sostanzia l'uomo diafano.
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