Sost, 13 agosto 2004
Intorno sorgono i picchi innevati del Karakorum, nel mattino splendido, mentre tremolano appena le foglioline dei pioppi che orlano i declivi e le balze, e il silenzio di fondo reca il il rumore dello sciabordio a valle delle acque dell' Hunza, scure dei detriti che trasportano- riducendoli a limo -dai dipressi del Khunjerab pass.
Da Tashkurgan la Karakorum Highway lungo la quale ieri ho raggiunto il Pakistan, si inoltra in un fondovalle immenso, arido e brullo, dal quale già iniziano ad apparire , distanti, i baluardi nevosi e impervi che disserra il Khunjerab pass, il passo della "Valle del sangue". Ascendervi dal versante cinese, è l'assecondamento di un sopraelevarsi graduale del fondovalle ove si incunea tra i monti, nel gelido spirare dei venti tra i nevai e ghiacciai, che salendo, si fanno sempre più circostanti,
più di quanto non lo sia l'erta che sale al passo dal Pakistan, che vi ascende per continui tornanti scavati nella roccia, dalle strettoie dove schiuna il corso torrentizio dell'' Hunza impetuoso.
E' di un'amplitudine solare il paesaggiodel Pamir cinese, benchè appaia arido e brullo nelle sue distese vallive, di cui le acque consentono stenti insediamenti di allevatori tagiiki, mentre appare tetro e pauroso ove si tramuta nel Karakorum, le montagne nere
che fanno cupe delle loro rocce le stesse acque che sprizzano dai rubinetti del Khunjerab hotel, ove alloggio in Sost e di cui sono ospite,. E' quanto faccio osservare ad uno dei fratelli del manegement che lo gestisce, il quale si è incuriosito di che cosa stia scrivendo. Or ora andavo ripensando agli esploratori ed ai mercanti apripista del grande gioco, immaginandoli che dalle alture dei rilievi intorno del Pamir, si avventuravano nelle vastità silenziose delle piane, lungo gli erti pendii, per i quali li vedevo inerpicarsi sino al Khunjerab pass, risalendovi dalle acque tumultuanti dell' Hunza, rievocavo gli avvistamenti e gli assalti di cui erano sovente le inermi vittime, se il territorio reca ancora il nome che l'insanguina.
I fratelli che gestiscono il Khunjerab hotel, ieri sera, mi hanno insistentemente richiesto di poter recare un aiuto culturale alle scuole locali. Hanno bisogno di libri, di qualsiasi libro, di chi possa soggiornare presso i fanciulli ed i giovani della regione, per insegnare a loro l'uso del computer. Loro stessi per accedere a internet, per poter corrispondere grazie all' e-mail, devono recarsi fino a Gilgit.
Chi può studiare si trasferisce da Sost finanche all' Università di Karachi, ma al ritorno nella realtà natia viene a mancare di qualsiasi supporto culturale.
Il giovane si è or ora allontanato ed io posso essere di ritorno al Karakul Lake, ove vado circumvagando con la mente incantata...
Le vette del Muztagh Ata e del Kongur ( o Gongge er Shan, 7719 i metri di altitudine) riflettevevano le loro nevi nelle acque del lago, screziandone il blu del loro biancore , delle crestature e delle vene che vi tremolavano, via via, che aggirandole, lasciavo le trepide pecore al pascolo, per dei dromedari placidamente assisi, un ponticello che ne valica le acque che ne sortivano, dei branchi di cavalli che liberi cercavano al largo la loro pastura,
Oltre la curvatura dello specchio lacustre, delle upupe si levavano in volo al mio sopraggiungere, delle donne rientravano alle loro dimore distanti, discendeva un anziano pastore dai versanti, un giovinetto sopraggiungeva al trotto su di un somarello, di ritorno dagli animali di cui erano i sorveglianti.
Alla curva del lago sottostante il Muztagh Ata , o Mushitage Shan,( 7546 i metri di altitudine) un pendio breve, che ne tagliava la vista, mi provoca a risalire la china per vedere che stia oltre: solo un freddo vento, alla sua sommità, mi alita il gelo dei ghiacciai e dei pendii nevosi...
Da una roccia che si sopraeleva ove s'impaluda il cammino intorno al lago , filtra l'acqua di una delle sorgenti del lago: sui massi che trepidi fiorellini, abbeverandosene, costellano il verde della borracina...
Poi si fa un intrico palustre di rivoli d'acqua, che affluiscono nel lago, la costa pianeggiante che si distende fino all' altra sponda,a perdita d'occhio, traguardarli è un continuo doversi levare e rimettere di nuovo i calzini le scarpe, per tentare iil guado ove più si avvicinano le prode, e guazzare nella frescura gelida delle acque temendo l'affondo, risalirne ove il fango s'insabbia e si fa steppa....