2. L’indigenza ontologica dell’ uomo. |
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L’
Appetito dell’ uomo, dal quale “segue
necessariamente ciò che serve alla sua conservazione”( Etica, II,
9 Scolio), già nello stesso sviluppo della sua determinazione dall’
interno implica necessariamente le sue relazioni con le cose esterne che
lo modificano, e spesso ne mettono in pericolo l’ esistenza.
Al
commercio con le cose esterne gli
uomini, già in se solo considerati, infatti non possono mai
sottrarsi definitivamente, in quanto la loro stessa composizione interna
ha un insuperabile bisogno di altri corpi per conservarsi, “ dai quali
il Corpo umano è continuamente come rigenerato” ( Etica II, 13,
Postulato IV).
Questa indigenza
ontologica dell’ individuo umano, già da sempre ne implica la stessa socialità , la
necessità insuperabile di relazioni di mutuo soccorso con altri enti
della sua stessa natura:
“ Infatti, se gli uomini non si prestassero mutuo soccorso,
mancherebbero loro sia il tempo sia la capacità di fare quanto è loro
possibile ai fini del proprio sostentamento e della propria
conservazione” ( Trattato teologico-politico V, pg 129 dell’ edizione
italiana Einaudi, d’ora in poi ).
Lo stesso
stato di barbarie, pur in assenza di un ordinamento politico implica
ugualmente una qualche mutua cooperazione ( ibidem).
Nell’
ordine comune della Natura, secondo
una modalità generale delle relazioni tra gli enti, gli uomini possono
tuttavia essere affetti soltanto dalle cose che hanno qualche cosa in
comune con lui, mentre su di essi non possono agire gli enti la cui natura
è del tutto diversa ( Etica, IV, 29).
Gli enti
che hanno qualcosa in comune con noi
sono buoni per noi nelle loro proprietà reali in cui concordano
con la nostra essenza, mentre
possono essere per noi cattivi,
contrariandola, solo in ciò che li differenzia ( Etica, IV, 30,
31).
A
differire, opponendoli reciprocamente,
sono dunque le rispettive modificazioni delle proprietà comuni
degli enti che interagiscono
( Etica, IV, 30).
Le cose,
pertanto, solo in ciò in cui differiscono da noi ci potranno essere
contrarie; l’affermazione dell’ altro ente si fa allora la nostra
negazione, in quanto ostacola, limita, o distrugge
la nostra potenza, se prevale nel rapporto di forza di un’
eventuale combinazione, oppure se riappropria esclusivamente di ciò che
appetiamo, costringendoci a restarne separati ( Etica III, 5; IV, 30)
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