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Paura e Superstizione. |
Sulla differenza di Religione e Superstizione Costernazione e Superstizione Superstizione, Autorità, Potere |
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e gli altri filosofi epicurei. Tale derivazione della Superstizione dalla Paura dell'uomo ignorante, di fronte agli eventi che lo costernano o che lo angosciano della Natura, che lo affliggono entro la convivenza nelle società umane, implica per Spinoza, quale sua conseguenza fondamentale, l'esclusione della ipotesi che la causa della Superstizione sia la formazione nella Mente umana della idea di Dio.
" Se questa dunque ( la paura) è la causa della Superstizione, è chiaro che tutti gli uomini sono ad essa naturalmente inclini( checché ne dicano coloro i quali ritengono esserne causa il fatto che tutti i mortali abbiano una qualche idea confusa della divinità). La formazione dell' idea di Dio è pertanto all' origine, in sé, della sola Religione, mentre è alla paura di chi ignora le cause naturali degli eventi che risale invece la degenerazione della Religione in Superstizione. Gli uomini riescono tutti a formare almeno un'idea confusa della divinità, a causa delle loro inevitabili credenze finalistiche, talmente esse sono intrinseche al processo lavorativo ed all' agire umano in generale. Essi, infatti, "suppongono comunemente che tutte le cose agiscano come se stessi in vista di un fine, ed anzi ammettono come cosa certa che Dio stesso diriga tutto verso un fine determinato": dicono, infatti, che Dio ha fatto tutto in vista dell' uomo, ed ha fatto l'uomo affinché lo adorasse". ( Ethica, I; Appendice). Il pregiudizio comune della dottrina finalistica delle cause naturali, contro il quale ugualmente aveva preso posizione Lucrezio, al pari di tutti gli altri filosofi seguaci di Epicuro
( De rerum natura, I, 1090, 1104; II, 167-183; IV, 823-857), sovverte totalmente la natura, al pari della credenza in una provvidenza divina, in quanto introducendo la finzione umana di cause finali e di una provvidenzialità estrinseche alla Natura ed alle cose che da tali cause sono sovrintese, con la perfezione della Natura distrugge la perfezione stessa della sostanza divina. Qualora Dio agisse per un fine, sarebbe infatti manchevole di ciò che appetisce in tale suo scopo.Ma tale pregiudizio finalistico non è ancora, per Spinoza, di per sé una Superstizione; lo diventa, invece, ogni volta che l'uomo, ciecamente e smisuratamente avido dei beni esterni, nel timore di non conseguirli, e per poter disporre di un potere irresistibile sulla Natura e sugli altri uomini, in particolare, o altrimenti, per scongiurare una catastrofe o la ostilità dei Numi, segnalata da presagi sfavorevoli, cerca di captare la benevolenza degli Dei, che modella in tal senso a propria immagine e somiglianza, ad esempio con la prestazione di culti particolari in loro onore, credendo di lusingare così la loro presunta ambizione di onori, che da sé medesimo egli proietta in loro. " E parimenti, poiché non avevano mai udito nulla della maniera di sentire di questi rettori, essi ne hanno dovuto giudicare in base alla propria; e quindi hanno ammesso che gli Dei dirigono tutte le cose per l'uso degli uomini allo scopo di legarli a se e di essere tenuti da essi in sommo onore; dal che è derivato che ciascuno ha escogitato secondo il proprio modo di sentire maniere diverse di prestar culto a Dio affinché Dio lo amasse al di sopra degli altri e dirigesse tutta la natura a profitto della sua cieca cupidigia e della sua insaziabile avidità. E così questo pregiudizio si è cambiato in Superstizione ed ha messo profonde radici nelle menti, il che è stato la causa per cui ciascuno si è dedicato col massimo sforzo a conoscere e a spiegare le cause finali di tutte le cose" ( Ethica, I, Appendice). La Superstizione è alimentata da una particolare concezione che si fa di Dio l'uomo schiavo delle proprie passioni, a propria immagine e somiglianza, allorché è ridotto ad una condizione di indigenza e di paura dalla potenza soverchiante delle cause esterne, che lo assoggettano nella sua stessa smisurata avidità,. I rettori del mondo assumono allora i caratteri di despoti ambiziosi, che avrebbero creato un mondo antropocentrico per il solo fine teocentrico di riceverne gloria, vengono adorati quali avidi dei lusingabili ed irascibili, immediatamente pronti a vendicarsi di ogni offesa commessa nei loro riguardi, de dagli uomini non ne sono prontamente risarciti. I superstiziosi credono che Dio sia sommamente ambizioso ,e di potere riparare e offese arrecategli soddisfacendo con le pratiche del culto la sua vivissima ambizione, una grande Letizia si produce allora in Dio, accompagnata in lui dall' idea di tale adulatore quale causa di tale gioia.
Dio Onnipotente lo amerà, dunque, pensa il superstizioso, e lo favorirà più di ogni altro uomo, se i suoi culti gli sono particolarmente graditi; inoltre, per aumentare la propria gioia, Dio si sforzerà in ogni modo, nella sua infinita potenza, che l' amato adulatore sia affetto anch'egli da Letizia. Anche Dio, se ha i nostri stessi affetti, non può che godere di tutto ciò che Egli immagina arrecare Letizia alla persona amata, e si rattristerà invece di ciò che la rattrista, sforzandosi di affermare tutto ciò che la allieta, e di negare tutto ciò che la rattrista( si confronti per tale concatenazione degli Affetti l'Ethica III, Proposizioni 21 e 23).
Dio Onnipotente, se si sentirà debitamente gratificato dagli onori tributatigli o dall' espiazione attuata dal suo adulatore, opererà sul mondo a favore di costui " dirigendo tutta la natura a profitto della sua cieca cupidigia e della sua insaziabile avidità" ( Ethica I, Appendice).
Quando gli uomini poi patiscono delle avversità che li sgomentano, essi credono che tali catastrofi si verifichino perché gli dei sarebbero mossi da Ira o da Furia contro di loro, a causa delle loro offese oltracotanti delle leggi degli dei e delle loro recidive trasgressioni ai culti. La Paura della Natura, delle cose naturali di cui gli uomini ignorano le cause, si tramutano dunque nel timore stesso degli dei, in quella paura religiosa già criticata da Epicuro e da Lucrezio. E se le disgrazie capitano tanto agli uomini pii che ali empi, i superstiziosi le annoverano tra gli eventi di cui resta ignoto a loro il senso, l'intenzionalità divina che li ha prodotti, e ripiegano sull' imperscrutabilità dei disegni delle divinità, ( cfr. Ethica, 1, Appendice) Accade pertanto che le divinità della Superstizione, poiché l'uomo fanatico attribuisce loro violentissimi caratteri passionali, illudendosi così di poter intervenire sulla loro natura con le stesse forme di persuasione che garantiscono il controllo del comportamento umano passionale, anziché rappresentare esse il modello di una vera vita sociale, costituita da autentici rapporti di reciprocità, secondo norme di giustizia e di generosità, appaiono invece il potere supremo che giustifica e che consente con il suo stesso arbitrio, il buon esito delle passioni e delle avidità più sfrenate e conflittuali. La vera religione diventa di conseguenza quella che giustifica ogni nostra cupidigia. La Superstizione di coloro che concepiscono gli dei come animati da Benevolenza od Ira nei confronti degli uomini, sono mosse dalle più insocievoli passioni sociali: l'Odio, l'Ambizione,la Superbia,l'Invidia, animate dall' ignoranza dell' uomo impotente. Tale stato di vita si configura in tal modo come la condizione d'impotenza, mista di Tristezza e di Letizia parziale eccessiva, degli uomini vicendevolmente contrari gli uni agli altri. "Segue inoltre che essa- la superstizione- deve essere del tutto mutevole e incostante, come tute le finzioni mentali e gli impeti del furore, e infine che non può reggersi se non sulla speranza,sull'odio, sull'ira ,e sulla frode, dal momento che non dalla ragione essa ha origine, ma dalla passione, anzi, dalle più irruente delle passioni"( T. T. P. , Prefazione, p.3)
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Superstizione, Autorità, Potere :
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