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13)
I processi naturali
costanti della Superstizione
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Il processo mentale
costante del “ corto circuito semiotico” immaginario della
Superstizione, attivato dalla Paura, è costituito, come nell’ esempio
già richiamato degli auspici, dalla derivazione per transfert dei nostri
amori ed odi da un oggetto all’ altro[m1][1].
E’ la stessa
legge di associazione che concatena la Mente dell’ uomo ( Etica, II,18,
Scolio).
La Mente,
infatti,non solo immagina simultaneamente due corpi se entrambi hanno
concorso a determinare una stessa affezione, ma se patisce con il corpo
due affetti simultanei, appena sarà di nuovo affetta da uno dei due, sarà
ugualmente affetta anche dall’ altro.
Così, nel caso che
ci interessa in particolare, se patisce due affetti, dei quali uno,
neutro,non diminuisce e non incrementa la sua potenza di agire,
mentre l’altro l’accresce ola diminuisce,
“Appena in seguito la mente
sarà affetta dal primo mediante la sua vera causa, che ( per ipotesi) non
accresce né diminuisce di per se la potenza di pensare della Mente,
subito essa sarà affetta anche dal secondo, che ne accresce o ne
diminuisce la potenza di pensare, cioè ( per lo Scolio della Prop. III di
questa parte) sarà affetta da Letizia o da Tristezza;e perciò quella
cosa sarà causa di Letizia odi tristezza non per sé,
ma per accidente ( Etica III, Proposizione 15).
Allo stesso modo,
nell’esempio della Prefazione
al Trattato Teologico-politico, qualcosa che richiama alla Mente degli
uomini paurosi un bene od un
male passato, diventa per accidente causa di Letizia o di Tristezza, quale
evento di buono o di cattivo auspicio.
Quanto
accidentalmente diventa pertanto un buon od un cattivo presagi, causa di
Speranza o di Paura, noi lo amiamo o lo abbiamo in odio, e ci sforziamo di
usufruirne se ci sembra di buon auspicio, oppure di contrastarne gli influssi,
nel caso contrario, ad esempio ricorrendo ai riti di propiziazione.
Anche se l’animo
dell’ uomo in preda al terrore è incline a credere qualsiasi cosa, la
nostra Mente, in virtù del suo sforzo di perseverare nel proprio essere,
tende tuttavia ad immaginare, per quanto può, solo le cose che arrecano
Letizia a noi od a ciò che amiamo, cercando di considerarle presenti,
insieme con l’identico sforzo del corpo di attualizzarle, o in
immagini corporee
particolarmente vivaci, o nella loro presenza materiale di oggetti,
incontrandole all’ esterno; ed al contrario tenderà ad escludere
l’esistenza delle cose che noi immaginiamo arrechino Tristezza a noi ed
alle cose amate, insieme all’ identico sforzo del Corpo ( Etica III,
Proposizione 23).
Lo
sforzo dell’ uomo di essere sempre più in grado di conservare il
proprio essere, che comprende lo sforzo della mente di immaginare soltanto
quelle cose che affermano la sua potenza di agire, in una situazione grave
di impotenza ci indurrà di conseguenza a credere facilmente nelle cose
che speriamo, e difficilmente invece a quelle che temiamo.
Tendiamo dunque a
considerare realizzabili più del giusto i presagi buoni che utilizziamo,
ed a credere che sia sempre possibile scongiurare gli effetti previsti dei
cattivi presagi, ricorrendo ad offerte e a sacrifici.
[m1] Confronta Matheron 1969.: pagg. 113-118.
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