Il problema del rapporto tra Spinoza e la Cabala [m1],
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La decade cabbalistica delle sephirot
qabbalah.de/ qabbalah_einfuehrung.html |
La decade
cabbalistica delle sephirot
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http://www.zen-it.com/cabala/imago/Sephirotkircher.jpg
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La decade
cabbalistica delle sephirot
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http://www.nucleus.com/~richardp/qabbalah.gif
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Mosheh Cordovero
(1522-1570) Pardes rimmonim,
( Il giardino dei melograni) Krakow (BCM,V.2.2,c.44v), Immagini delle
Sephirot, le emanazioni simultanee e
compresenti del divino, per la Kabbalah, similari agli Attributi di Spinoza Vedasi sempre di Giulio Busi Mantova e la Qabbalah, Skira, 2001. |
Mordekay ben
Yehudah Leib Ashkenazi, Eshel Avraham,
Furth 1701 (BCM VI,F.12,c.46r) Immagini delle
Sephirot, le emanazioni simultanee e
compresenti del divino, per la Kabbalah, similari agli Attributi di Spinoza Vedasi sempre di Giulio Busi Mantova e la Qabbalah, Skira, 2001. |
In questa
visualizzazione grafica dei contenuti della Qabbalah,, presente in una copia manoscritta
mantovana dell’’ Otzrot chayyim ( I tesori della vita)” di Chayyim Vitai, ispirata alla concezione della
Qabbalah di Yitzaq Luria, il diagramma delle Sephirot le moltiplica di
necessità all’ infinito, in quanto la loro decade indissociabile è la forma
dell’ emanazione divina, nella sua totalità,
e di ogni sua manifestazione
particolare, nella consonanza simbolica di
ogni ordine e grado del creato ( Bcm, Ms ebr51, folio 107 bis) Vedasi sempre di
Giulio Busi, Mantova e la
Qabbalah Skira, 2001. |
Vedasi sempre di Giulio Busi
Mantova e la Qabbalah, Skira, 2001.
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In questa pagina di un manoscritto mantovano dell’ Adam yashar ( l’uomo eretto) di Chayyim Vital, nel vuoto centrale prodotto dal contrarsi divino nel processo determinante dello tzimtzum, si effondono circolarmente le luci radianti delle sephirot emananti nello spazio libero così prodotto( BCM, ms ebr.43.c.12v) Vedasi sempre di
Giulio Busi Mantova e la Qabbalah, Skira, 2001 |
In questo
manoscritto dell’ Or yaqar ( luce preziosa) di Mosheh Cordovero, l’emanazione
divina corrisponde invece all’ infinita permuta delle cifre del Tetragramma
Divino ( YHWH), e delle consonanti che si generano da queste quattro “lettere-seme” dell’ Alfabeto ebraico,
ognuna delle quali è posta in corrispondenza con le quattro direzioni dello
spazio: Y a sud, la prima H a nord, W
a est, a Ovest la seconda H. (BCM, ms. ebr, 139, c.67v). Vedasi sempre di
Giulio Busi Mantova e la Qabbalah Per altre visualizzazioni della Qabbalah in diagrammi mistici reperiti nella Biblioteca Comunale di Mantova Vedasi La pagina seguente di questa Nota |
Appendice
Asserisce a
proposito Domenico Turco in http://www.mondo3.it/filosofia/filosofionline/spinoza.html
Il
collegamento tra la Qabbalah e
il panteismo di Spinoza non è frutto di un'astrazione, dal momento che è dimostrata
l'influenza di alcuni cabalisti sull'opera
omnia del filosofo olandese, in particolare Isaac Aboab, che nel 1656
pronunciò il bando di scomunica riguardante Spinoza, e Jehudah Abarbanel, detto
anche Leone Ebreo, autore dei Dialoghi d'amore, nei quali, influenzato dalla
mistica ebraica, propone una teologia di tipo panteistico, che ha avuto una
vasta influenza sul pensiero di Spinoza. Né è un argomento contrario
all'influsso di questi mistici ebrei il fatto che Spinoza, nel Tractatus theologico-politicus
critichi apertamente le interpretazioni estremamente libere e spregiudicate
della Qabbalah, tradizione
esoterica assai conosciuta dallo stesso Spinoza, che si formò nell'ambiente
della comunità ebraica di Amsterdam, composta da ebrei sefarditi provenienti
dalla Penisola Iberica (Spagna e Portogallo), da dove erano fuggiti per eludere
le persecuzioni cattoliche.
I rapporti tra
furono Spinoza e la Kabbalah furono
rilevati già dal rabbino capo di Livorno E. Benamozegh 150
anni or sono. Così ne scrive MINO
CHAMLA della Università Statale di Milano
MINO CHAMLA - Università Statale, Milano
Ebraismo ‘vivo’ e spinozismo secondo
Benamozegh
Benamozegh incontra Spinoza una prima volta nel 1864
(Spinoza et la Kabbale), una seconda volta - in realtà una ripresa della prima
- nel 1880 (Sopra Spinoza e la Teosofia. Lettera al Direttore del Vessillo
[Israelitico]). In entrambi i casi si tratta di un almeno parziale recupero
"ebraico-cabbalistico" di Spinoza, tanto benintenzionato quanto
ingenuo, per più di un aspetto, da un punto di vista rigorosamente
critico-filosofico.
Se lo "Spinoza di Benamozegh" è già molto
significativo nel contesto di un più generale riavvicinamento ebraico al
filosofo di Amsterdam a partire dalla seconda metà dell’Ottocento (e nonostante
posizioni nettamente ostili come quella di Samuel David Luzzatto); è forse
ancor più interessante, per noi, oggi, utilizzarlo quale cartina di tornasole
per riflettere sui successivi sviluppi del pensiero ebraico (e in primis
filosofico) contemporaneo.
In particolare, è stimolante ed anzi sorprendente la
caratterizzazione che Benamozegh dà, nel breve scritto del 1880, di spinozismo
e cristianesimo come dei due estremi, dei due poli dell’Ebraismo, "in
mezzo ai quali esso volge maestoso le sue ruote senza urtare né nell’uno né
nell’altro scoglio, senza accettare (parlo della Teosofia) né la Creazione ex
nihilo in tutta la sua crudità, né l’unità della sostanza, in tutta la sua
mostruosità".
Ma quella appena nominata è la tensione - diciamo semplicemente:
tra immanenza e trascendenza - intrinseca da sempre al pensiero ebraico,
oscillante, appunto, tra i due estremi e le posizioni, anche e soprattutto
intermedie, da essi variamente ispirate. E la rediviva "filosofia
ebraica" del Novecento (a partire da Hermann Cohen) potrebbe forse essere
riletta e interpretata, per la sua gran parte, come un tentativo di ripensare,
riposizionare quel "trascendimento" già "occupato" per
molto tempo, nel passato, dai pensatori cristiani in senso lato. E certo non è
un caso che il confronto - etico, in primo luogo - con il cristianesimo (con,
come enjeu, la perdurante "missione", nell’ambito dell’umanità tutta,
di Ebrei e/o Ebraismo) sia motivo ricorrente, e proprio a partire da
Benamozegh, nella contemporanea filosofia ebraica. Mentre fatalmente Spinoza (e
si veda, su questo, il suo grande, rigoroso e "leale" nemico Leo
Straus)s diviene spesso, e senza più l’equilibrio benamozeghiano, lo spettro
teorico da esorcizzare a qualunque costo
http://www.morasha.it/speciali/benamozegh.html
Alla pagina seguente della nota
sulla Qabbalah
[m1] Asserisce a proposito Domenico
Turco in http://www.mondo3.it/filosofia/filosofionline/spinoza.html
Il collegamento tra la Qabbalah e il
panteismo di Spinoza non è frutto di un'astrazione, dal momento che è
dimostrata l'influenza di alcuni cabalisti sull'opera omnia del filosofo
olandese, in particolare Isaac Aboab, che nel 1656 pronunciò il bando di
scomunica riguardante Spinoza, e Jehudah Abarbanel, detto anche Leone Ebreo,
autore dei Dialoghi d'amore, nei quali, influenzato dalla mistica ebraica,
propone una teologia di tipo panteistico, che ha avuto una vasta influenza sul
pensiero di Spinoza. Né è un argomento contrario all'influsso di questi mistici
ebrei il fatto che Spinoza, nel Tractatus theologico-politicus critichi
apertamente le interpretazioni estremamente libere e spregiudicate della Qabbalah,
tradizione esoterica assai conosciuta dallo stesso Spinoza, che si formò
nell'ambiente della comunità ebraica di Amsterdam, composta da ebrei sefarditi
provenienti dalla Penisola Iberica (Spagna e Portogallo), da dove erano fuggiti
per eludere le persecuzioni cattoliche.
I rapporti tra furono Spinoza e la Kabbalah furono rilevati già
dal rabbino capo di Livorno E. Benamozegh 150 anni or sono. Così ne scrive MINO
CHAMLA della Università Statale di MilanoMINO CHAMLA - Università Statale,
Milano
Ebraismo
‘vivo’ e spinozismo secondo Benamozegh
Benamozegh
incontra Spinoza una prima volta nel 1864 (Spinoza et la Kabbale), una seconda
volta - in realtà una ripresa della prima - nel 1880 (Sopra Spinoza e la
Teosofia. Lettera al Direttore del Vessillo [Israelitico]). In entrambi i casi
si tratta di un almeno parziale recupero "ebraico-cabbalistico" di
Spinoza, tanto benintenzionato quanto ingenuo, per più di un aspetto, da un
punto di vista rigorosamente critico-filosofico.
Se
lo "Spinoza di Benamozegh" è già molto significativo nel contesto di
un più generale riavvicinamento ebraico al filosofo di Amsterdam a partire
dalla seconda metà dell’Ottocento (e nonostante posizioni nettamente ostili
come quella di Samuel David Luzzatto); è forse ancor più interessante, per noi,
oggi, utilizzarlo quale cartina di tornasole per riflettere sui successivi
sviluppi del pensiero ebraico (e in primis filosofico) contemporaneo.
In
particolare, è stimolante ed anzi sorprendente la caratterizzazione che
Benamozegh dà, nel breve scritto del 1880, di spinozismo e cristianesimo come
dei due estremi, dei due poli dell’Ebraismo, "in mezzo ai quali esso volge
maestoso le sue ruote senza urtare né nell’uno né nell’altro scoglio, senza
accettare (parlo della Teosofia) né la Creazione ex nihilo in tutta la sua
crudità, né l’unità della sostanza, in tutta la sua mostruosità".
Ma quella appena nominata è la tensione - diciamo semplicemente: tra immanenza e trascendenza - intrinseca da sempre al pensiero ebraico, oscillante, appunto, tra i due estremi e le posizioni, anche e soprattutto intermedie, da essi variamente ispirate. E la rediviva "filosofia ebraica" del Novecento (a partire da Hermann Cohen) potrebbe forse essere riletta e interpretata, per la sua gran parte, come un tentativo di ripensare, riposizionare quel "trascendimento" già "occupato" per molto tempo, nel passato, dai pensatori cristiani in senso lato. E certo non è un caso che il confronto - etico, in primo luogo - con il cristianesimo (con, come enjeu, la perdurante "missione", nell’ambito dell’umanità tutta, di Ebrei e/o Ebraismo) sia motivo ricorrente, e proprio a partire da Benamozegh, nella contemporanea filosofia ebraica. Mentre fatalmente Spinoza (e si veda, su questo, il suo grande, rigoroso e "leale" nemico Leo Straus)s diviene spesso, e senza più l’equilibrio benamozeghiano, lo spettro teorico da esorcizzare a qualunque costo
[m3] Asserisce ad esempio
in LEIBNIZ ET SPINOZA
LA GENESE D'UNE OPPOSITION
Thèse soutenue à l'Université de Paris IV
- Sorbonne le 19 septembre 2003
Mogens LÆRKE « IL ne ne faut pas, comme le fit Foucher de Careil, comprendre les annotations au livre de Johann Georg Wachter comme une simple critique du courant « naturaliste » constitué par Descartes et Spinoza : la Cabale joue en fait un rôle constitutif dans la construction des arguments que ces annotations élaborent. » http://www.cerphi.net/theses/laerke.htm