Malcuth
o il reame. Millenarismo e
messianismo ai tempi di Spinoza |
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L’avvento reale del Regno di Dio |
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Presso gli stessi ebrei,
per i cabalisti, al pari che per le sette dei libertini, il
peccato di Adamo e successivamente di ogni uomo che presume di essere
libero, consisteva
ugualmente nell’ essersi arrogato
di poter divenire autonomo da Dio,
attribuendosi una libertà che l’avrebbe reso da Esso
indipendente.
Adamo, infatti, aveva peccato levando dalle altre piante, ossia dalle
Sephirot, le dieci
emanazioni dell’ En Soph originario divino, corrispondenti nel
pensiero cabalistico agli Attributi spinoziani della Sostanza divina,
Malcuth o il Reame, la cima dell’ albero delle Sephirot[m1],-, il cui significato, per la Cabala, é che Dio governa tutto
irresistibilmente.
Al tempo di Spinoza delle forme
di millenarismo, e di messianismo, erano diffuse tra gli stessi marrani
da cui proveniva, come
attesta il caso clamoroso di Sabbatai Zevi. Ma in precedenza nella
stessa Amsterdam il rabbino cosmopolita
Menasseh ben Israel [m2][1], in “La speranza di
Israele”, del 1650, di cui Spinoza possedeva una copia, aveva
divulgato la credenza e l’aspettativa in una prossima venuta
messianica, che con il ripristino della patria ebraica avrebbe
consentito la più universale redenzione spirituale di tutti gli uomini
virtuosi. E potrebbe essere
stato lui a diffondere in Amsterdam, i convincimenti messianici del
calvinista francese Isaac La Peyrère,
da questi espressi nel “Pre-Adamitae”, un esemplare del quale
figurava nella biblioteca
di Spinoza.[2]
Quanto a Sabbatai Zevi[m3], era figlio di un mercante giudeo spagnolo di Smirne, ed era nato nello
stesso giorno, del 1625, il
9 Av, nel quale doveva nascere il Messia, secondo le tradizioni
cabalistiche.
Per avere egli proferito a voce
alta nella sinagoga il nome ineffabile di Dio, fu scomunicato e cacciato
dalla comunità ebraica della sua città di origine, quando correva
l’anno, il 1648, in cui, secondo lo “Zohar”, la grande opera di
mistica ebraica scritta in Castiglia nel XIII secolo,
e come sembrava
ritenere lo stesso Menasseh ben Israel, doveva iniziare l’età
messianica,.
Successivamente Sabbatai Zevi si
proclamò Messia a Gerusalemme, persuaso in questo dall’illuminazione
del discepolo Nathan di Gaza
, e riuscì a mettervisi alla
testa di un movimento di cabalisti che solo nella Redenzione ( o nella
stessa fine rigeneratrice) di questo mondo, prevista per il 1666, vedeva
un termine possibile della diaspora ebraica e della tragica condizione
di marrani.
Era l’ 8 dicembre del 1665,
e Sabbatai era in arrivo a Costantinopoli per spodestare il
sultano Ibrahim e favorire il ritorno degli ebrei in Palestina, quando
così scriveva a Spinoza l’Oldenburg, vivamente impressionato da
questi movimenti
“ Qui da noi è sulla bocca i
tutti la notizia che gli Ebrei ritornino in patria dopo una dispersione
di oltre due millenni. Pochi qui lo credono, ma molti lo desiderano.
Qual è in proposito il vostro parere? Quanto a me, non posso credervi
finché la notizia non venga proclamata da fonti attendibili di
Costantinopoli, a cui la cosa interessa più che ad ogni altro. Vorrei
sapere che cosa ne pensino
gli Ebrei di Amsterdam, e quale impressione produca in loro la notizia,
che, se è vera, sembra davvero provocare nel mondo un rivolgimento
radicale” ( Lettera 33 dell’ Epistolario Spinoziano).
Accadrà che fu invece
l’infedele Ibrahim che obbligò il presunto Messia
a convertirsi all’ Islam.
Scrive in merito Mugnier- Pollet,
derivando dall’ aspirazione a superare ogni forma di millenarismo, e
insieme l’angoscia della Speranza e del Timore degli ambienti marrani,
la trasposizione di Spinoza nella Storia, della negazione del finalismo
in natura.
“ Ora la speranza di un rivolgimento cosmico, a quell’ epoca, era
molto diffusa in Europa,
sia fuori che dentro gli ambienti ebraici. In Olanda, non solo gli
Anabattisti diffondevano dottrine millenariste, erano anche Manasse ben
Israel
ed Isac de la Peyrère a profetizzare. Quest’ultimo, nella sua opera
sui Preadamiti, pensava che
il popolo ebraico doveva essere una nuova volta il popolo eletto e
ristabilito in Terrasanta, ma a questa rivoluzione cosmica
egli associava l’insieme dell’ umanità unita e riconciliata
nella verità cristiana. Daniel van Breen e Serrarius
erano anch’essi chiliasti, ed è con Serrarius che Oldenburg
s’inquieta per la salute di Spinoza
( Lettera 25, 26, 31). Serrarius servì
spesso da intermediario e poté intrattenerlo con le sue credenze
nell’ imminenza del regno temporale di Cristo. Ma Spinoza
dovette considerarle molto utopiche e già i questo si vede emergere uno
dei tratti delle sue decisioni filosofiche.
Nato in un ambiente marrano, la sua liberazione passa innanzitutto per
l’eliminazione dei timori e delle speranze marrane: da cui l’ uscita
deve essere cercata non al livello ideologico-affettivo, dove persistono
le chimere millenaristiche, ma sul piano razionale… di una visione
storica di cui i marrani facevano la loro consolazione. Gli occorreva distruggere nel suo stesso fondamento l’illusione
millenarista. Condannando radicalmente la finalità nella natura, egli
ne precludeva la trasposizione nella storia, perché
da una natura radicalmente antistorica, non potevano sorgere
speculazioni escatologiche.” dunque il razionalismo di Spinoza deriva innanzitutto dal
rifiuto( Mugnier-Pollet, 1976,
pgg.20-21).
Pierre Serrarius,
dell’ ambiente riformatore della setta dei
Collegianti di Rijnsburg, in cui Spinoza visse dal 1660, e con i
quali profondi furono i suoi contatti, nel 1662, nella sua
“Brevis dissertatio
de fatali et admiranda illa omnium planetarum
in uno eodemque signo
Sagittarii, ignae triplicitatis ultimo conjunctione die …, che suscitò la sua
controversia con Des Marets, di cui parla Bayle nell’ articolo
dedicato a quest’ ultimo del suo “Dizionario”, aveva annunciato al
mondo l’imminenza del Regno della giustizia sulla terra[m4][3].
L’utopia millenarista più
moderata di Daniel Van Breen, uno dei maggiori promotori della setta dei
Collegianti, ipotizzava a sua volta una seconda venuta del
Cristo, rivolta alla soppressione di ogni potere ecclesiastico
spirituale. In essa si manifestava, in particolare, l’influenza
esercitata su tutta la sua setta dai Sociniani. Il rifiuto
da parte dei Sociniani del principio di autorità in tutte le sue
conseguenze non violente- l’affermazione del diritto alla critica
individuale, al libero uso della ragione
soprattutto nell’ interpretazione
delle Scritture, che venne ripreso con particolare vigore dal Van
Breen, un atteggiamento di costante resistenza passiva all’ esercizio
del potere, nell’ambito di una posizione di sottomissione
completa, di rifiuto della guerra o dell’ assunzione di
qualsiasi carica ufficiale, soprattutto se ineriva alla
deliberazione di condanne a morte-, aveva rinnovato e trasmesso alle
sette riformate dei tempi di Spinoza, elementi dell’ antinomismo dei
Libertini e del ribellismo cristiano.
Diritto naturale, legge e libertà in Spinoza
[1] Sulle figure di Menasseh ben Israel e di Isaac de la Peyrere , sul loro messianesimo, e sulle realzioni e le conoscenze che ne aveva Spinoza, si confrontino le pagine di Steven Nadler in Baruch Spinoza e l’Olanda del Settecento, Einaudi, Torino 2002, pgg. 104-111. [2] Confronta Steven Nadler in Baruch Spinoza e l’Olanda del Settecento, Einaudi, Torino 2002, pgg. 104-111., e di Richard Popkin, Menasseh ben ISrael and Isaac La Peyrère. [3] Confronta Frances, 1937: 156-57.
[m1]-
le dieci emanazioni dell’ En Soph originario divino ,
-corrispondenti nel pensiero cabalistico agli Attributi spinoziani
della sostanza divina
[m2]Sulle
figure di Menasseh ben Israel e di Isaac de la Peyrere , sul loro
messianesimo, e sulle relazioni con loro e le conoscenze che ne
aveva Spinoza, si
confrontino le pagine di Steven Nadler in Baruch Spinoza e
l’Olanda del Settecento, Einaudi, Torino 2002, pgg. 104-111.
[m3]Su
Sabbatai Zevi si vedano l’opera fondamentale di Gershom Scholem
“Sabbatai Zevi: The Mystical Messiah”, le pagine dedicategli da Steven Nadler in Baruch Spinoza e l’Olanda del Settecento, Einaudi,
Torino 2002, (
pgg.276-80) e il recente
saggio di Pietro Citati “
Il Messia che tradì”, apparso in “ Israele e l’Islam Le
scintille di Dio”, Mondatori, Milano, 2003 [m4]Confronta Frances, 1937:156-57, e Steven Nadler in Baruch Spinoza e l’Olanda del Settecento, Einaudi, Torino 2002, pgg. 280-81. |
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