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Parte SECONDA
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Dalla rappresentazione di una volontà umana contingente, come causa prima finale delle nostre azioni, Descartes desume la concezione illusoria che l'anima sia la forma sostanziale del nostro corpo, e che sia questo il valore oggettivo di tale nozione immediata, così salvando la veridicità integrale di Dio ( Obiezioni e risposte, Lettera 654). In tali termini, all' interno del senso comune delle nuove scienze della natura, Spinoza recupera la critica della Superstizione di Democrito ed Epicuro:
Il pregiudizio finalistico che induce comunemente gli uomini a credere nel Dio artefice della Natura, è altresì connaturato per Spinoza con l'ulteriore sovvertimento della natura delle cose che si attua nell' immaginazione, ossia con l'antroponomismo dell' oggettivazione delle qualità sensibili. L'utilità delle qualità sensibili delle cose naturali è infatti per gli uomini il criterio di giudizio della loro eccellenza o perfezione. Il modo in cui gli uomini sono affetti dalle cose naturali appare l'attributo fondamentale di tali cose: ordine, disordine, bello, brutto, caldo, freddo, sano, putrido, gradevole, sgradevole, ossia le qualità sensibili delle cose, che indicano le affezioni che queste producono nella nostra natura, vengono proiettate nelle cose medesime, come loro reali qualità oggettive, che ne caratterizzano la natura intrinseca. E' per il tramite di queste oggettivazioni che l'uomo perviene a presumere di essere legge e misura delle cose stesse . La credenza che le qualità sensibili indichino la natura delle cose, anziché i differenti modi in cui, per le loro discordanze, i corpi umani sono affetti e modificati dagli enti medesimi, suscita continue controversie sull'essere delle cose, dalle quali prima o poi prende corpo l'atteggiamento mentale perenne dello Scetticismo ( Ethica, I, Appendice). Dall pregiudizio finalistico connaturato sia all' agire dell'uomo determinato da scopi che alla sua oggettivazione spontanea delle qualità sensibili, la generalità del volgo desume le ragioni immaginative di adorare Dio, particolarmente quando assiste al verificarsi di fatti favorevoli ed insoliti che lo meravigliano. Il volgo crede che la Natura in simili circostanze non osservi più il proprio ordine regolare, giacché Dio , che dopo averla creata sarebbe rimasto rimasto inattivo nell' operare normale della Natura, in simili circostanze straordinarie ne sconvolgerebbe l'attività in corso, per riservarsi di intervenire di nuovo attivamente nel creato, in altre circostanze a favore degli uomini prediletti. Ma affinché tale credenza invalga, occorre che il volgo o l'uomo comune, oltre a provare meraviglia e ad essere persuaso del pregiudizio finalistico antropocentrico, giunga altresì a concepire Dio e la Natura quali due potenze che numericamente siano distinte, immaginando
Tale rappresentazione monocratica di un Dio sovrano sulla Natura, tuttavia non è originaria, secondo Spinoza, ma è succeduta alla più antica immaginazione popolare che concepisce più rettori della natura, identificati nelle forze naturali ad essa immanenti, ed è presso gli antichi Ebrei che ha avuto origine,
L'autorità grandissima assunta dai prodigi, che il volgo ammira soprattutto perché ne ignora del tutto le cause, e che assume, se sono favorevoli, quali presagi dell' elezione e della vocazione particolare di un individuo o di un popolo, conferma che l'ignoranza è la condizione universale della superstizione
Mentre la fede della vera religione si fonda e si concilia con la Sapienza, la credenza superstiziosa nei miracoli non può essere che in conflittualità permanente con l'esercizio delle scienze naturali, che cerca di spiegare con i principi naturali noti gli eventi che agli ignoranti paiono prodigi. E 'quanto Spinoza asserisce in risposta a Oldenburg, ove questi aveva sostenuto che " sulla "autorità e il valore dei miracoli" ," soltanto" ," riposa la certezza della divina Rivelazione", ( Lettera LXXI), laddove per Spinoza la rivelazione si fonda sulla Parola, ossia "sulla sapienza della dottrina" ( Lettera LXXIII e Lettera LXXV), e sulla conseguente "santità della vita", che è il "segno" autentico ,comune a tutte le Chiese, dell' essere in Dio e che Dio rimane in noi, essendo la "giustizia e carità" "che come ho detto con Giovanni , replica al giovane A, Bugh di recente convertitosi alla Chiesa cattolica con fervore superstizioso di neofita,- sono l'unico segno della vera fede cattolica e il vero dono dello spirito Santo, e dovunque si trovano ivi si trova veramente Cristo; e dove mancano, manca Cristo" ( Lettera LXXVI)
Il volgo, perciò, " giudica negatori di Dio, o almeno della sua Provvidenza, tutti coloro che spiegano o cercano di intendere mediante le cause naturali le cose e i miracoli" ( Trattato Teologico-Politico, VI, pag.150). D'altra parte Spinoza ritiene che i principi naturali noti al suo tempo, mediante le nozioni comuni dell' intelletto umano, non siano sufficienti a comprendere la potenza naturale delle cause di molti miracoli, ed a debellare, così, ogni superstizione alimentata da tali eventi meravigliosi. Questa consapevolezza, tuttavia, non comporta la messa in discussione dell' atteggiamento deciso da assumere di fronte a molti dei fatti portentosi di cui parlano le Scritture, che non già eccedono la certezza matematica delle scienze della natura già sviluppata, ma che risultano senz' altro in contrasto con essa, come ad esempio " che i peccati e le preghiere egli uomini possono provocare rispettivamente la tempesta e la fertilità dei campi, o che la fede posa guarire un cieco,
e simili casi riferiti dalla Bibbia" ( Trattato Teologico-Politico, Vi, pag.161). La risoluzione da adottare in simili casi, per Spinoza non può essere che una sola : espungere i passi in questione. Anche se la Scrittura afferma in moltissimi casi che Dio ha operato degli eventi in modo immediato, secondo un ordine assoluto, ossia senza ricorrere a delle cause prossime, noi dobbiamo tuttavia ritenere che i fatti narrati dalla Bibbia siano accaduti tutti naturalmente, e che gli autori delle scritture abbiano parlato di un ordine divino immediato ed abbiano usato espressioni consimili perché corrispondevano al metodo ed allo stile più adatti per suscitare l'ammirazione e la devozione nel volgo
ma intendo allegoricamente la sua resurrezione. " E seguita negando credito alla resurrezione del corpo di Cristo, testimoniata dagli Evangelisti, facendo riferimento all' autorità di Paolo, in contrapposizione, che esalta di avere successivamente conosciuto Cristo spiritualmente, non già sensibilmente " Infatti, Paolo, al quale pure Cristo in seguito apparve, si vanta di aver conosciuto Cristo, non secondo la carne, ma secondo lo spirito".
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