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La Scrittura secondo la Scrittura

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al capitolo seguente:

 Il  vero ed unico metodo di interpretazione della Scrittura è identico allo stesso metodo di interpretazione della Natura, nel quale consiste in parte la filosofia.

" Il metodo di interpretazione della Scrittura non differisce dal metodo di interpretazione della natura, ma concorda in tutto con questo" ( Trattato Teologico-Politico,VII, pg.186)

        L'ordine del ragionamento è infatti il medesimo, e consiste nell' unico modo di procedere della conoscenza intellettuale, che opera dapprima l' induzione analitica delle cose più universali, per poi procedere gradatamente alla deduzione genetica delle cose sempre più particolari. Per queste ragioni Spinoza afferma che la norma di interpretazione della Scrittura è quella del lume naturale, e che il metodo che espone " è adeguato all'indole naturale ed alle capacità comuni degli uomini" ( Trattato Teologico-Politico, VII, pg.207)

  Ciò che differenzia invece l'interpretazione della Scrittura  rispetto alla interpretazione della Natura, sono l'oggetto ed il fondamento del metodo, ossia ciò che va dedotto, e la documentazione o "historia"- nel senso etimologico greco , e poi baconiano, di " raccolta di fatti"-, che fornisce i principi universali  della dimostrazione.

Mentre l' interpretazione della natura, cioè la filosofia, ha come oggetto la deduzione delle definizioni delle cose naturali, e procede da nozioni comuni, ottenute dalla percezione simultanea delle operazioni naturali, l'interpretazione delle Scritture ha come oggetto non la verità delle cose ma il vero significato dell'intera Scrittura, il vero pensiero dei suoi autori, senza tenere conto, in tale attività ermeneutica, se il contenuto della Scrittura sia vero, se il vero senso dei suoi testi corrisponda alla verità delle cose. Nell'esercizio del metodo di interpretazione, in entrambi i casi la determinazione della Mente a concordare, differenziare, opporre, le consente,  nell'interpretazione della natura, di percepire le nozioni di ciò che vi è di più universale e di più comune nell'intera realtà, per poi dedurre le definizioni delle singole cose naturali, in tal senso procedendo gradatamente a proprietà meno comuni, mentre, nell' interpretazione della Scrittura, al più alto grado di universalità, sarà dato alla mente di stabilire ciò in cui concordano i differenti autori, il cui contenuto, come dottrina universale della Scrittura, sarà pertanto affrancato da tutto ciò in cui essi si differenziano ed oppongono. Si potrà così procedere successivamente nella determinazione di principi dottrinali meno universali, inerenti a circostanze storiche contingenti, sino a esaurimento di tutta la dottrina profetica od apostolica. Dagli stessi principi generali rilevabili  nella Scrittura, insieme con l' interpretazione di quale sia stata la natura dei modi di conoscenza straordinari e degli eventi apparentemente portentosi di cui i profeti ed altri personaggi delle vicende bibliche furono protagonisti, o spettatori, ossia insieme all'interpretazione delle profezie e dei miracoli, sarà possibile desumere più in particolare le opinioni di ciascun profeta, e ciò che hanno realmente udito o visto nel suo verificarsi.

" Qui, infatti, ci stiamo occupando non della verità dei discorsi, ma soltanto del loro senso. Anzi, quando cerchiamo il senso della Scrittura, dobbiamo anzitutto badare a non farci prendere dal nostro raziocinio ( per non dire dei nostri pregiudizi) nella misura in cui è fondato sui principi della conoscenza naturale: per non confondere il vero senso del discorso con la verità delle cose, tale senso dovrà invece essere trovato soltanto in base all'uso della lingua, oppure sulla base sì del raziocinio, ma nella misura in cui non riconosce nessun altro fondamento all'infuori  della Scrittura" ( Trattato teologico-Politico, VII, pg. 821dell' Edizione in Tutte le Opere, Bompiani, 2010).

Per quanto attiene al fondamento, mentre quello della filosofia e delle scienze naturali  è la storia o raccolta dei dati naturali, quello dell'ermeneutica del vero significato e dei veri insegnamenti della Scrittura sarà " la sincera historia Scripturae", ossia il reperimento dall'interno del testo biblico di tutti i dati e i principi ad esso inerenti,  che è necessario raccogliere per desumere soltanto da tali dati e principi la sua vera dottrina universale e ad un livello più particolare il pensiero dei suoi singoli autori , non che la realtà effettiva delle varie " historiae" e "revelationes" , ( miracoli e profezie), come di tutte le altre cose di cui parla la Bibbia.

 

" Per quanto riguarda l'intera Scrittura in generale, il suo significato, come già abbiamo detto nel capitolo VII, deve essere determinato in base alla sua sola storia, e non alla storia universale della Natura, che è fondamento soltanto della filosofia" ( Trattato Teologico Politico, XIII, pg.364)

"Infatti, come il metodo di interpretazione della natura consiste essenzialmente nell apprestare la storia della natura, dalla quale, in quanto base di dati certi, deduciamo le definizioni delle cose naturali,così, per interpretare la Scrittura è necessario allestire la sua storia genuina e dedurre da questa, come da dati certi e da principi, con passaggi legittimi, il pensiero degli autori della Scrittura..." ( Trattato teologico-Politico, VII, pg. 817 dell' Edizione in Tutte le Opere, Bompiani, 2010).

" Tutta la conoscenza della Scrittura deve essere dunque ricavata da essa soltanto.Infine,  la Scrittura non dà le definizioni delle cose di cui parla,come non le dà neppure la natura. Per cui, come dalle diverse operazioni della natura bisogna dedurre le definizioni delle cose naturali, così analoghe definizioni bisogna ricavarle dalle diverse narrazioni che di ciascuna cosa si trovano nella Scrittura. Dunque, la regola universale dell'interpretazione della Scrittura è la seguente: non attribuire alla Scrittura come suo insegnamento niente che non ci risulti nella maniera più chiara dalla sua storia"Trattato teologico-Politico, VII, pg. 819 dell' Edizione in Tutte le Opere, Bompiani, 2010).

Il  vero ed unico metodo di interpretazione della Scrittura per mezzo della Scrittura, così  asserito,  nella documentazione della sua "historia" deve come minimo comprendere:

1) la conoscenza della natura e delle proprietà delle lingue dei suoi testi,  l'ebraico, fondamentalmente, in cui furono pensati e scritti quasi tutti i testi dellAntico Testamento, e che è indispensabile anche per la comprensione del Nuovo Testamento; infatti sebbene esso sia stato diffuso in lingua greca, i suoi autori erano tutti collegati alle fonti ebraiche ed aramaiche;

2) gli enunciati di ciascun testo, compresi quelli confusi e poco chiari, nel loro contesto, o in contrasto tra loro, raccolti per argomento e ridotti ai loro termini essenziali.Noi ci allontaneremo il meno possibile dal loro senso letterale, ed  anche se ripugna alla ragione dovremo accettarlo come il loro vero significato, qualora dalluso della lingua non risultasse alcun altro suo significato, a meno che non risulti incompatibile con i principi generali della Scrittura.Se l'uso della lingua lo consente, in tal caso siamo autorizzati a spiegare metaforicamente l'espressione subordinata.L'interpretazione metaforica di un'espressione si impone sulla sua interpretazione letterale, anche se è contraria alla ragione mentre le è conforme quella letterale, se solo nel suo senso metaforico tale espressione è compatibile con i principi generali della Scrittura. Se non  rinvenibile nella Scrittura un principio superiore dirimente , sospenderemo il giudizio e lasceremo pertanto sussistere nel loro significato.vicendevolmente contraddittorio tutte le proposizioni che permangono reciprocamente incompatibili, senza poter prescegliere quelle che per noi sono conformi alla ragione.

"Anzi, sebbene il loro senso letterale sia contrario al lume naturale, questo senso, letteale, appunto, dovrà essere ammesso, a meno che esso non si opponga chiaramente anche ai principi e ai fondamenti desunti dalla storia della Scrittura; al contrario,se si tyrovasse che queste affermazioni nella loro interpretazione letterale sono contrarie ai princìpi desunti dalla Scrittura, quandanche fossero del tutto conformi alla ragione, dovrebbero tuttavia essere interpretate in maniera diversa, cioè metaforicamente."Trattato teologico-Politico,VII, pg. 821 dell' Edizione in Tutte le Opere, Bompiani, 2010)

Spinoza si spiega con l'esempio delle espressioni di Mosè secondo le quali  " Dio è fuoco e " Dio è geloso". Il loro senso letterale nella sua assoluta chiarezza ripugna alla ragione naturale, ma è possibile soltanto interpretare la prima espressione come una metafora della seconda, e concludere che la formulazione " Dio  fuoco" è identica a " Dio è geloso" o " collerico" per un duplice ordine di ragioni, a) perchè in altri passi Mosè asserisce che Dio non ha alcuna somiglianza con le cose visibili che sono in cielo, sulla terra, e nell'acqua, e b) perché, ad esempio nel  libro di Giobbe, è attestato l'uso metaforico della parola " fuoco" per " gelosia" o " collera". Ma non è possibile  negare che Mosè credesse che Dio sia geloso, perchè è  ciò che egli credeva, ed egli non insegna in nessun passo che Dio è  esente da passioni, e dunque l'affermazione - della sua opinione- che Dio è geloso va conservata.( cfr.Trattato teologico-Politico, VII, pg. 823 dell' Edizione in Tutte le Opere, Bompiani, 2010))

3) le circostanze storiche e biografiche della stesura di ogni libro,  " vale a dire l a vita, i costumi e la cultura  dell'autore di ciascun libro,  chi egli sia stato, in quale occasione, in quale tempo, per chi e, infine, in quale lingua abbia scritto. Poi la forma di ciascun libro, cio in che modo sia stato accolto all'inizio, inelle mani di chi sia andato, inoltre quante siano state le sue varie lezioni,  in quale comunità sia stato accolto nei libri sacri, e, infine, in che modo tutti i libri che ognuno oramai  riconosce come sacri si siano raccolti in un sol corpo. Tutto questo, dico, deve contenere la storia della Scrittura" (Trattato teologico-Politico, VII, pg. 823dell' Edizione in Tutte le Opere, Bompiani, 2010))

La comprensione delle circostanze ci permetterà soprattutto di distinguere le massime asserite come eterne dalle massime storicamente contingenti, quelle decretate come leggi, da quelle poste in forma di dottrina morale.

Così, ad esempio estremo, la contraddizione apparente tra la legge del taglione prescritta da Mosè ed il principio della non resistenza alla violenza preconizzato dal profeta Geremia, nella figura del servo di Dio, ed insegnato massimamente da Cristo Gesù quando dice" Ma a colui che ti percuote sulla guancia destra, porgi anche l'altra", si risolve se si considerano le differenti circostanze in cui furono effettuate tali asserzioni.

Mentre Mosè insegnò in termini di Legge, per istituire un buon ordinamento politico, Cristo e Geremia parlarono in tempi di oppressione e di grave violazione della giustizia, in uno stato di corruzione, e mai in termini di legge, poichè essi volevano correggere innanzitutto l'intenzione.

Nella ricostruzione del pensiero dei profeti e degli apostoli, come degli altri autori il cui insegnamento riguarda la vita morale, occorre quindi fissare ciò che vi  in essi di più universale; la dottrina che così si evince rientrerà nell'insegnamento di fondo della Scrittura.Vanno successivamente ricercati i principi meno universali del loro insegnamento, e se si riscontreranno dei passi discordanti, si verificherà in che misura tale disaccordo debba imputarsi alle contrastanti circostanze.

Per quanto concerne soprattutto i testi più speculativi, una volta stabilite le definizioni più universali, di che cosa sia un miracolo, od una profezia, innanzitutto,  attenendosi al principio regolatore di interpretare solo secondo se stesso il pensiero di ogni autore, o il senso specifico di ogni profezia, di ogni racconto, o miracolo, occorre evitare di cadere nella tentazione di spiegare il pensiero o l'intenzione oscura di un profeta servendo si dei passi espliciti di un altro, tranne nel caso che sia accertato che avevano la stessa opinione.

 

 

 

L'esercizio del vero ed unico autentico metodo di interpretazione delle Scrtture, mediante l'uso dapprima della sola " historia" della Scittura per dedurre il suo vero significato, e quindi della sola potenza della ragione per accertare la corrispondenza tra il vero senso della Scrittura e la verità  delle cose, presuppone dunque la distinzione tra il  " vero senso delle Scritture" e la " verità delle cose", che già si ritrova nella Philosophia S. Scripturae Interpres dell' amico Lodewijk Meyer, pubblicata nel 1664, e condannata nel 1674 insieme allo stesso Trattato Teologico-politico.

Per Meyer, cartesiano, e luterano, medico di professione, artista e drammaturgo, di ogni frase si dà un "significato semplice ", letterale  e un significato figurato.

Nella Bibbia, occorre presupporre che il vero significato  di ogni frase, sia conforme alla verità, perché dio medesimo ne è l autore, ed in quanto essere veritiero, " mai può trarre in inganno né essere ingannato".

Di Lodewijk Meyer, una elegia in morte di Jacob van Eyk,( Heusden, 1590-1657, il musicista olandese, organista, flautista, celebre esecutore a suo tempo di concerti di campane, il cui lascito maggiore fu il Der Fluyten Lust-hof ( il giardino delle delizie del flauto), costituito da quasi 150 pezzi per flauto dolce e soprano.

http://www.jacobvaneyck.info/quarterly0301.htm

   

Ma stavano così le cose, per lo stesso Spinoza, di lui più giovane, ed avventurato nello stesso sentiero, dopo che lo stesso Meyer ebbe a scrivere la prefazione al suo trattato sulla filosofia di Descartes, Renati Des cartes principia philosophiae, more geometrico demonstrata", apparso nel 1663?

Si veda in proposito quanto ne scrive Steven Nadler in A book forged in Hell, Spinoza 's scandalous Treatise and the Birth of the Seculare Age, Priceton University Press, 2011, traduzione italiana del 2013, Einaudi Editore alle pagine 120-127 dell'edizione italiana.
Oppure i seguenti lavori d Roberto Bordoli - Ragione e Scrittura tra Descartes e Spinoza. Saggio sulla <<Philosophia S. Scripturae Interpres>> di Lodewijk Meyer e sulla sua recezione, Milano, Franco Angeli, 1997.

- Etica arte e scienza tra Descartes e Spinoza. Lodewijk Meyer (1629-1681) e l'associazione Nil Volentibus Arduum, Milano, Franco Angeli, 2001.

- [Con Piet Steenbakkers] Lodewijk Meijer’s tribute to Johannes Bouwmeester, 4. November 1673, “Studia Spinozana” 13 (1997 [pubblicato nel 2003]), pp. 241-257 [edizione, traduzione inglese, presentazione e note di un manoscritto nederlandese di Lodewijk Meyer].
nonché, di Daniel Frank,Spinoza and the Irrelevance of Biblical Authority, da: Journal of the History of Philosophy
Volume 40, Number 2, April 2002
pp. 263-264 | 10.1353/hph.2002.0027
http://muse.jhu.edu/journals/hph/summary/v040/40.2frank.html
e di Charlos Freankel
Maimonides' God and Spinoza's Deus sive Natura
http://www.academia.edu/3191271/Maimonides_God_and_Spinozas_Deus_sive_Natura
e Philosophical Religions from Plato to Spinoza
Reason, Religion, and Autonomy,: Cambridge University Press
2012

 
 
   

Spinoza, in realtà, sulla base della distinzione tra " vero significato della Scrittura" e " verità delle cose", si era orientato verso il superamento della problematica erronea, dominante nell' ermeneutica della Scrittura, ed in cui rimase irretito lo stesso Meyer, che pone l' alternativa mistificante, perchè è tra due ipotesi di soluzione entrambe sbagliate, " se il senso della Scrittura debba adattarsi alla ragione, ovvero la ragione alla Scrittura" ( TTP, XV, p.359).

L'una delle due tesi, infatti, quella dei razionalisti dogmatici come Mosé Maimonide, che vogliono accomodare la Scrittura alla filosofia, comporta tanto la falsificazione forzosa della Scrittura, in conseguenza della sua " razionalizzazione" delle assurdità del testo, quanto, come si vedrà, il fraintendimento dello stesso scopo della Scrittura; l' altra tesi, quella degli scettici, come il rabbino Giuda Alphakar di Barcellona che vogliono accomodare la ragione alla Scrittura, comport invece la distruzione della ragione, che è costretta a riconoscere per veritieri anche tutti i pregiudizi dei profeti e dell'antico volgo, che infarciscono i testi delle Scritture.

Il falso problema " se sia la Scrittura che debba essere ancella della ragione, o invece la ragione della Scrittura" ( ibidem), falso in quanto pone l'alternativa tra le due soluzioni ambedue sbagliate di cui si è detto,  è originata dal fatto che " per lo più, ad intendere la Scrittura nel suo vero significato, essi partono dal presupposto che essa sia veritiera e ispirata da Dio in tutte le sue parti" ( Trattato Teologico Politico , Prefazione, pg.6).

Essi credono infatti che abbia come suo scopo l'insegnamento ai dotti della speculazione speculativa, per cui "sarebbe stata scritta non per la plebe, ed il volgo ignorante, ma soltanto per le persone più istruite, e specialmente per i filosofi" ( Trattato Teologico politico, XIII, pg.338-9).

I dogmatici e gli scettici, così come i mistici, concordano pertanto nella certezza della veridicità del senso autentico di tutti i passi della Scrittura, e gli uni, i dognatici come Mosé Maimonide, secondo una ermeneutica della allegoria, della pluralità dei possibili sensi di ogni proposizioone biblica, ammettono più significati anche contrastanti per ogni luogo, ed accettano sempre come vero solo solo quello che è concorde conla ragione, magari il più esoterico, se quello letterale  è incredibile o incompatibile con la filosofia in cui identificano l'esercizio della ragione- la filosofia di Aristotele per Mosé Maimonide;- gli scettici, invece, come il rabbino Judah Ibn Alpakhar, (?-1255), medico di Ferdinando III di Castiglia e autore di tre lettere in cui si oppone alla ermeneutica di Maimonide, propongono nell'esercizio ordinario dell'interpretazione letterale, o psat, - l'introduzione dell'interpretazione metaforica se il passo risulta incredibile, preso alla lettera,  o se è incompatibile con i dogmi insegnati normativamente in altri passi non meno fondamentali.

La contraddizione si deve considerare in tal caso di natura puramente consequenziale " in quanto cioè i modi di esprimersi della Scrittura spesso sembrano supporre qualcosa di contrario a ciò che essa insegna espressamente : perciò, soltanto quei luoghi devono essere interpretati metaforicamente  ( Trattato teologico-Politico, XV, pg. 987 dell' Edizione in Tutte le Opere, Bompiani, 2010).

Per il resto, non sussisterebbero mai nella Scrittura contraddizioni dirette tra due proposizioni ugualmente priuncipali.

Ora, il presupposto dogmatico dello scettico Alpakhar, ovvero la non contradditorietà diretta dei testi della Scrittura, in ragione della costante ispirazione divina dei loro autori, storicamente non tiene assolutamente conto di quanto la stesura in tempi diversi e ad opera di autori diversi dei diversi testi della Scrittura, e la loro corruzione da parte di coloro che successivamente li raccolsero e li tramandarono, rendano assolutamente improbabile tale grado di coerenza dei Testi Sacri. Come conferma lanalisi delle Scritture, si danno invece ripetuti casi in cui due proposizioni ugualmente universali risultano direttamente ed ugualmente contraria l'una all'altra. Se la ragione deval servizio e accettare come vero e respingere come falso tutto ciò che la Scrittura afferma o nega, dovremo noi, in tal  caso, accettare come vera ed insieme respingere come falsa la stessa cosa? Essendo ciò impossibile,  evidente che uno scettico e devoto ebraico come Alpakhar deve avere rimosso ogni contraddizione diretta per poter sostenere le sue tesi, interpretando letteralmente tutte le asserzioni conformi ai dogmi fondamentali del giudaismo rabbinico, ed invece metaforicamente tutte quelle contrarie nel loro significato semplice.

Scettici e dogmatici, in conclusione, in quanto sono convinti che la rivelazione abbia come scopo la speculazione intellettuale, conservano indistite fede e filosofia, opponendosi tra loro su quale delle due istanze debba essere al servizo dell' altra, nella spiegazione della veridicità integrale del senso autentico delle Scritture.

 

NOTA L'esegesi Biblica di Spinoza

 

Quanto alla naturalizzazione della Scrittura come documento storico e umano,  ricapitolandone i  termini secondo la mirabile sintesi critico- storica di Steven Nadler, in “ Un libro forgiato all’inferno”( Einaudi, 2013, alle pagine 108-115, in particolare, interne al capitolo La Scrittura),  Spinoza nega fondamentalmente, essendone il dispositivo confutativo “più chiaro che la luce del sole”, che Mosè sia l’autore del Pentateuco, tre soli libri gli sono infatti attribuibili, - il Libro delle guerre di Dio, combattute dagli Israeliti, nonché quella condotta contro Hamalek, il libro del Patto del Decalogo, e il libro della Legge di Dio, a spiegazione dettagliata dei comandamenti. Solo l’ultimo dei trei libri, e soltanto, parecchi secoli dopo, fu inserito nel Pentateuco dal suo vero autore, così come solo svari secoli dopo Giosué, Samuele, e i Re, furono scritti i libri a loro intestati ed attribuiti, oppure che ne raccontano le vicende. Tali libri furono  poi connessi in una trama continua “ da un solo e medesimo storico , la cui intenzione era di narrare l’ antica storia dei Giudei, a cominciare dalle origini fino alla prina distruzione della Città” di Gerusalemme, “ per istruire intorno alla dottrina e agli editti di Mosè”, e “ dimostrarne la validità attraverso gli eventi”. Tale dotto presumibilmente fu Esdra, al rientro dalla cattività babilonese, nella seconda metà del VI secolo a. C., secondo un parere già diffuso.

Fu un lavoro di raccolta e di accumulo alla rinfusa, rimasto presumibilmente interrotto dalla sopravvenuta morte di Esdra, il che spiega la sopravvivenza di due diverse redazioni della Genesi,- l'una, detta oggi jahwista, più antica, risalente al tempo di Davide, o di Salomone ( X secolo a.C), l'altra, detta oggi sacerdotale, compilata dall'ambiente sacerdotale dello stesso Esdra-,  svarioni di versioni antitetiche di certi eventi, cronologie incredibili, addirittura di  regni sovrapponentesi . Fu poi adopera dei Farisei, non prima e forse anche oltre l’epoca dei Maccabei ( II secolo a. C),  che fu effettuata la selezione dei testi poi divenuti canonici, per favorire la  tradizione religiosa della setta farisaica a discapito dei Sadducei.

La mirabile desunzione spinoziana di come la Scrittura sia opera dell’uomo, e secolarmente sia sacra nè più né meno di ogni altra opera in cui si esercita la divinità nell’uomo del lume naturale, se superò ogni limite lecito alla sua epoca,  apparirebbe oggi un ben timorato esito di critica storico-filologica, rispetto ai risultati della esegesi bibilica dell’ultimo secolo, per un ragguaglio della quale si rimanda a “Io e Dio. Una guida dei perplessi” di Vito Mancuso, .Garzanti 2011.

Mi piace ora concludere questa nota, riprendendo le parole del grande biblista contemporaneo André Wenin, professore di esegesi veterotestamentaria e preside di facoltà all’Università di Lovanio, e professore invitato di teologia biblica presso l’Università Gregoriana di Roma

“ Bisogna tuttavia avere il coraggio di imparare a guardare la Bibbia per quello che . un libro a immagine della vita,  pieno di contraddizioni e di incongruenze, di progressi e involuzioni,  pieno anche di violenza, e che, a detta di tutti, sembra nutrire un perfido piacere nel moltiplicare le immagini di Dio, senza preoccuparsi di separare Dio dalla violenza degli uomini” ( André Wenin, Perché tanta violenza? Edizioni Paoline, 2011, pg .15).

 

 

 

 

 

 

 

 

http://ebooks.cambridge.org/ebook.jsf?bid=CBO9781139043052

http://www.jacobvaneyck.info/quarterly0301.htm

 

 

 

 

 

  

 

 

 

 

 

 

 

alla postilla spinoziana sulla immaginazione dei presagi 

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