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   Superstizione, potere clericale, autorità sovrana

 

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Sintesi

Quando il potere statuale non sia detenuto dai ministri del culto, - come accadde invece nel secondo Stato ebraico, che fu una clerocrazia, in cui il sommo potere era detenuto dai pontefici , - sulla Superstizione del volgo e sull'ambizione dei preti si esercita il potere politico dell'autorità laica sovrana.

Nell'ambito dell'esercizio del potere dello Stato e della Politica, la Superstizione è un presupposto permanente irriducibile, a cui va fatto ricorso o che va contrastato limitandone le manifestazioni, oltreché nell'esercizio del ministero ecclesiastico, nella conquista e nello sforzo di conservare e  di perpetuare la stessa somma potestà civile, 

Quanti tendono a conquistare od a conservare il potere, per ottenere l obbedienza del volgo  devono infatti agire necessariamente sulla sua Superstizione ineliminabile, incrementandola o depotenziandola a seconda della natura della propria autorità, o in modo diretto, o per il tramite delle istituzioni religiose che già sussistono.

.. La somma autorità sovrana per conservare il comando sul volgo, perpetuandone il consenso nei propri riguardi, deve sempre subordinare alla propria potestà il presupposto permanente dell'amministrazione delle cose sacre, sussumendo i culti esterni alle norme promulgate per la salute di tutto il popolo

Tutti sanno infatti quanto il diritto e l' autorità circa le cose sacre abbiano importanza per il popolo e quanto ciascuno penda dalla bocca di colui che ne è investito; tanto che di colui , al quale compete tale autorità, si può dire che regna più di ogni altro sulla coscienza” ( TTP, XIX, pg.459, edizione Einaudi)

Chi vuole usurpare il potere dell'autorità sovrana, per subentrarle  deve pertanto impedire la subordinazione del sacro alla sua potestà, assumendo in luogo del sovrano la facoltà di giudicare ciò che è onesto e ciò che è turpe, ciò che è pio, e ciò che è empio.

Colui, dunque, che vuole sottrarre al sommo potere queste autorità, vuole distruggere l'unità dello Stato, provocando necessariamente, come una volta tra i re e i pontefici ebrei, controversie e discordie che non si possono mai placare. Colui, anzi, che cerca di sottrarre alla suprema potestà questa autorità, si apre la via ( come abbiamo già detto) all'usurpazione del potere stesso. Infatti, come possono esse legiferare, se si nega loro questo diritto? Nessuna decisione esse saranno in grado di prendere né intorno alla guerra né intorno alla pace né a qualsiasi altro negozio, se sono tenute a sentire il parere di altri, che insegni loro se ciò che esse giudicano utile sia pio o empio, lecito o illecito( ibidem)


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Quando il potere statuale non sia detenuto dai ministri del culto, - come accadde invece nel secondo Stato ebraico, che fu una clerocrazia, in cui il sommo potere era detenuto dai pontefici , - sulla Superstizione del volgo e sull'ambizione dei preti si esercita il potere politico dell'autorità laica sovrana.

Nell'ambito della politica e dello Stato la Superstizione del volgo è il presupposto permanente irriducibile non soltanto dello svolgimento del ministero ecclesiastico, ma dell'esercizio e della conquista stessa della somma potestà civile, da parte di chi ha il potere sul popolo.

Quanti tendono a conquistare il potere , o si sforzano di conservarlo, se già lo detengono, per ottenere l'obbedienza del volgo sono necessitati ad operare sulla sua Superstizione ineliminabile del volgo, incrementandola o depotenziandola, a seconda della natura della propria autorità.- Possono allora sussumere la Superstizione all'esercizio della propria autorità o in modo diretto, sacralizzando il proprio potere politico, o ricorrendo alla mediazione delle istituzioni religiose che già sussistono.

I culti esterni , nell'una e nell'altra relazione tra religione e politica, saranno comunque subordinati alle norme promulgate per la salute pubblica:

Tutti sanno infatti quanto il diritto e l'autorità circa le cose sacre abbiano importanza per il popolo e quanto ciascuno penda dalla bocca di colui che ne è investito; tanto che di colui, al quale compete tale autorità, si può dire che regna più di ogni altro sulla coscienza” ( T. T. P, XIX, pag.469)

Chi vuole usurpare il potere dell'autorità sovrana deve dunque impedire la subordinazione del sacro alla sua potestà, assumendo, in luogo del sovrano che intende spodestare, l'autorità di giudicare ciò che è onesto e ciò che è turpe, ciò che è pio e ciò che è empio

Colui, dunque, che vuole sottrarre al sommo potere questa autorità, vuole distruggere l'autorità dello Stato, provocando necessariamente, come una volta tra i re e i pontefici ebrei, controversie e discordie che non si possono mai placare. Colui, anzi, che cerca di sottrarre alla suprema potestà questa autorità, si apre la via ( come abbiamo già detto) all'usurpazione del potere stesso. Infatti, come possono esse legiferare, se si nega loro questo diritto? Nessuna decisione esse saranno in grado di prendere né intorno alla guerra né intorno alla pace né a qualsiasi altro negozio, se sono tenute a sentire il parere di altri, che insegni loro se ciò che esse giudicano utile sia pio o empio, lecito o illecito( ibidem)

 

 

   

  

 

 

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