L'obbedienza come
Sudditanza e l'obbedienza come Servitù
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Il modo di
obbedire dei sudditi, che costituisce il tipo di obbedienza richiesto dalle
autorità, è determinato innanzitutto dai fini dell'esercizio del loro potere
che ne diventa il movente. "
L'azione comandata, e cioè l'obbedienza, toglie bensì in un certo
senso la libertà, ma non rende senz'altro schiavi; è invece il movente
dell'azione che rende schiavi. Se il fine dell'azione non è l'utilità dello
stesso agente, ma quello dell'imperante, allora l'agente è schiavo e
inutile a se stesso." ( Trattato
teologico-Politico, XVI, pag.384). Il
movente dell'azione comandata distingue l'obbedienza come sudditanza
del governato , che è l'obbedienza di colui che è comandato
ad agire secondo il proprio utile, subordinatamente alla salute di tutto il
popolo ed alla sicurezza dello Stato1, dall'obbedienza
come servitù del suddito, che agisce nel solo interesse del sovrano, in
contrasto con il proprio sforzo ad autoconservarsi potenziandosi. Ed
è l'obbedienza come servitù che vuole imporre l'autorità del regime
monarchico dispotico, all'esame di Spinoza nella Prefazione del Trattato
teologico-politico, in opposizione alla " libera Repubblica2 (
d'Olanda), “se tutto il segreto e tutto l'interesse del regime
monarchico sta nell'ingannare gli uomini e nell'adombrare con il nome
specioso di religione il timore che serve a frenarli, così da indurli a
combattere per la propria schiavitù come se combattessero per la propria
salvezza e da far loro credere che, non solo non sia sconveniente, ma che sia
il massimo degli onori il sacrificare il proprio sangue e la propria
vita per la gloria di un solo uomo.........." ( Trattato
Teologico Politico Prefazione, pagine 3-4) Gli
apparati religiosi di culto che tale regime dispotico propizierà
consisteranno, in tal caso, in tutte quelle forme di Superstizione per
le quali gli uomini identificano il bene in ciò che per loro è nocivo, e la
religione e il diritto che osservano con lo stato d'impotenza della mente e
del corpo. Prevarrà
in particolare la Superstizione che deriva dall'invidia
della felicità altrui, e che con il pretesto della Religione, proibisce
il potenziamento del corpo e della Mente, elevando ad articolo di fede
l'infelicità umana ( Ethica, IV, 45, Scolio), e a valore salvifico la
sofferenza umana.. Questa
forma di Superstizione implica la concezione antropomorfica di un Dio
non solo ferocemente ambizioso, ma altresì lividamente invidioso, che trae
sollazzo dallo spettacolo dell'impotenza umana. " Nulla, invero, se non una torva e triste superstizione proibisce
di prendersi diletto. perché infatti, conviene meglio estinguere la fame e la
sete che scacciare la malinconia? Questa è la mia regola e così ha
disposto il mio animo. Nessun nume, o altro, se non è invidioso trae piacere
dalla mia impotenza e dal mio incomodo, e ci attribuisce a virtù le lagrime,
i singhiozzi, la paura ed altre cose siffatte che sono segni d'un animo
impotente; ma al contrario, quanto maggiore è la letizia da cui siamo
affetti, tanto maggiore è la perfezione a cui passiamo, cioè tanto più
è necessario che partecipiamo della natura divina"( Ethica, IV, 45, Scolio). Ma
quale passione è così forte da poter servire agli apparati di culto dei
regimi dispotici per rendere gli uomini degli schiavi inutili a se stessi e
fare loro compiere degli atti che vanno contro il loro stesso utile? E'
indubbiamente una forma di Timore o di Speranza, per le quali, a causa di un
male maggiore, reale o immaginario, che la stessa morte terrena, o per la
speranza di riceverne in cambio un bene futuro più grande, gli uomini consentono
alla loro stessa morte come a un male minore. Spinoza
non ne parla nella Trattazione del Trattato Teologico Politico, ed è
senz'altro una lacuna, ma deve trattarsi di una paura più forte che ogni
altra paura, in grado di frenare l'angoscia stessa degli uomini
avidi dei beni incerti della fortuna. Tale
paura, a mio avviso, non può essere che la paura dell'Inferno, che
nella sua lettera al giovane Burgh, Spinoza definisce " causa
unica di ogni superstizione", " Inferorum metus qui superstitionis
est unica causa" ( Lettera 76). La
paura dell'Inferno inculcata nel volgo consente agli apparati di culto
di tali regimi di "adombrare col nome specioso
di religione il timore che serve a frenare" i sudditi
ridotti in servitù, sacralizzando come Religione la coercizione rafforzata
degli apparati repressivi di Stato, anticamera e braccio secolare della
giustizia divina ultraterrena. L'azione
coercitiva degli apparati repressivi di Stato, inclusi quelli di culto,
che garantisce la riproduzione del regime monarchico dispotico, a detrimento
dei sudditi di cui attua il depotenziamento, se così si perpetua spegne
l'ansia di novità e l'inquietudine del volgo, e riduce gli uomini ad agire
secondo i soli principi di morte del timore di Dio e del sovrano, su cui la
forma di regime monarchico dispotico si regge e si consolida. Questa
forma estrema di asservimento superstizioso " riuscì
particolarmente bene ai Turchi,
resso i quali non è lecito neppure discuterne, essendo l'opinione
individuale subordinata a tanti pregiudizi, che alla retta ragione non è
lasciato nemmeno quel tanto di esercizioi che le occorre per dubitare" ( Trattato
Teologico Politico, prefazione, pg.3).
Per
Spinoza, secondo quanto scrisse a Burgh, la Chiesa musulmana ha esercitato
un'oppressione ancor più terribile del potere teologico-politico della
Chiesa Cattolica in Occidente. "
Ammetto che l'ordinamento della Chiesa Romana, da voi tanto lodata, presenta
vantaggi politici e profitti materiali per molti; e non crederei che ve ne
sia uno più adatto ad ingannare il popolo e a domare l'animo della
gente, se non esistesse anche la Chiesa maomettana, che lo supera di molto.
Infatti, dal tempo che questa superstizione ha incominciato ad esistere,
nemmeno uno scisma si è verificato in quella Chiesa" (Lettera
76). Il
potere politico raggiunto dagli ordinamenti della Chiesa Romana,
per effetto della Superstizione, è tale che i regni cristiani
dell'Occidente, particolarmente quelli tedeschi, anziché subordinare la
religione cattolica alla riproduzione del proprio dominio, caddero sotto il
potere della Chiesa cattolica apostolica romana. "
poiché questo diritto- “di giudicare e stabilire che cosa sia pio o
empio, lecito o illecito2- fu assolutamente riconosciuto al Pontefice Romano,
a poco a poco questi cominciò ad avere sotto la propria potestà tutti i re-,
afferma Spinoza nel capitolo XIX del Trattato Teologico-Politico-, finché
raggiunse il supremo fastigio dell'autorità. E tutto ciò che in seguito i
monarchi, e specialmente gli imperatori germanici cercarono di fare, non solo
non valse a diminuire anche di poco la sua autorità, ma anzi contribuì ad
accrescerla di molto. II Una
forma differente di Superstizione, che può essere sostenuta già
dagli apparati di culto di un regime monarchico non dispotico, in cui
l'obbedienza, nel senso precedentemente indicato, già è una forma di
sudditanza, anziché di servitù, in quanto è conforme nel suo fine
all'interesse del suddito, è la credenza di coloro che , guidati con il
ricorso alla Paura da altri uomini essi pure Superstiziosi, sia pure solo per
evitare il male sono condotti a fare il bene. A
differenza degli uomini ridotti in schiavitù, essi non identificano ciò che è
bene con ciò che è a loro nocivo, e che ad essi è comandato perché è invece
conforme all'interesse contrario del sovrano, e di chi dal suo potere trae
vantaggio. I
dominatori superstiziosi che li guidano con la Paura, non possono
educarli alla virtù, che ignorano, e possono condurre i sudditi a fare
il bene e a perseguire il proprio utile o con la Paura che suscitano del
male( che permane una conoscenza inadeguata di ciò che è nocivo), oppure
ricorrendo all'Indignazione civile anziché all'Amore della salute pubblica (
Ethica, IV, 63, 64) Ove
questa forma di Superstizione prevale, il male che il volgo e la plebe intendono
evitar volgendosi proprio malgrado a ciò che per la moltitudine è utile e
buono, e non è tanto, in sé, la Tristezza degli Appetiti eccessivi dei beni
incerti-onore, piaceri sensuali, ricchezze-, o l'inutilità e la nocività dei
rapporti tra gli uomini di opposizione reciproca, ma pur sempre, come per i
Superstiziosi ridotti in schiavitù dal dispotismo monarchico, il
castigo temuto contro la turpitudine e la criminalità d'ogni genere da parte
dello Stato e della Divinità. “I più
infatti, a quel che pare, credono di essere liberi nella misura
in cui è lecito obbedire alle proprie voglie e di rinunziare al
proprio diritto in quanto sono obbligati a vivere secondo la
prescrizione della legge divina. Ritengono, dunque che la Moralità e la
Religione, e, assolutamente parlando, tutto ciò che si riferisce alla
Fortezza d'animo siano dei pesi che sperano di deporre dopo la morte, per
ricevere il premio della loro schiavitù, cioè della loro Moralità e
della loro Religione; e non per questa speranza soltanto, ma anche e
principalmente per paura di essere puniti dopo la morte con duri
supplizi, s'inducono a vivere secondo la prescrizione della legge divina, per
quanto lo permettono la loro pochezza e il loro animo impotente" ( Ethica,
V, 41, Scolio Costoro,
per i quali la libertà è la possibilità di obbedire alle proprie voglie, e la
pietà e la religione sono soltanto una schiavitù onerosa, che sopportano più
per ilo timore di un castigo ultraterreno se disobbediscono, che per la
speranza di ricevere in cambio da Dio il premio della salvezza eterna dopo la
loro morte, si sfrenerebbero subito licenziosamente, abbandonandosi allo
sregolamento totale dei sensi, se non fossero costretti a
comportarsi moralmente dal timor di Dio, e non credendo nell'immortalità della
propria anima, non avessero la paura d'essere severissimamente
castigati, per ogni
loro turpitudine, dall'indignazione divina. " E se gli uomini non avessero questa speranza e questa paura, ma
credessero invece che le Menti periscono insieme con il corpo e che agli
infelici, sfiniti dal peso della Moralità, non resta alcun'altra vita
ulteriore, essi ritornerebbero alla loro maniera originaria di sentire, e
vorrebbero governare tutto secondo le loro voglie, e obbedire piuttosto alla
fortuna che a se stessi. Il che mi sembra non meno assurdo
che se qualcuno, perché non crede di poter nutrire il suo Corpo in
eterno con buoni alimenti. volesse saziarsi piuttosto di veleni e di sostanze
mortifere, ovvero, perché crede che la mente non è eterna ossia immortale,
preferisce per questo essere pazzo e vivere senza ragione: cose talmente
assurde che a mala pena meritano di essere rilevate" ( ibidem). L'uomo
superstizioso, come asserisce a Lamberto de Velthuysen,
I
superstiziosi non sono assolutamente in grado di concepire che l'uomo libero
possa essere talmente soddisfatto dell'esercizio delle virtù intellettuali,
da ritrovarvi la somma beatitudine e la forza stessa di reprimere le proprie
voglie. Tuttavia
mentre nell'obbedienza come servitù la Superstizione induceva il volgo a
immedesimare la Religione e il Diritto con l impotenza d'animo dell'uomo
schiavo e inutile a se stesso, e a ritenere che sia un bene ciò che è
contrario al suo utile, nella obbedienza come sudditanza la Superstizione
induce gli uomini, per fuggire il male, a fare il bene, sia pure
indirettamente, ed essi obbediscono da sudditi in conformità con il proprio
utile, sussunto alla legge suprema della salute di tutto il popolo. Ma
anche così, la Moralità e la vera Religione permangono eteronome per il
volgo, che non comprende la ragione interna ed il rapporto di causa- effetto
delle norme di obbedienza con i vantaggi e i castighi prefigurati; e gli sono
imposte ancora coercitivamente, con la minaccia per ogni trasgressione della
punizione secolare ed ultraterrena degli apparati punitivi di Stato e
dell'Inferno.
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1A differenza dell'obbedienza del figlio, che effettua per
imposizione dei genitori ciò che è utile direttamente solo a se stesso, senza
che la sua sottomissione ne implichi la subordinazione dell'utile personale a
un interesse più generale ( Trattato Teologico Politico XVI, pg.384)