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  L' obbedienza come Spontaneità e come Coercizione 

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L'obbedienza, oltre  alla distinzione in obbedienza come sudditanza ed obbedienza come servitù. riguardo al fine dell'azione comandata, comporta in Spinoza un'ulteriore distinzione, sulla base della qualità  della determinazione all'obbedienza.
L' obbligazione può infatti  , come
spontaneità, essere determinata prevalentemente dalla Speranza di un bene maggiore, dall'amore, dall'ammirazione, oppure, come coercizione, può essere determinata prevalentemente dal timore di un male maggiore. La spontaneità dell'obbedienza costituisce il consenso passivo felice del suddito, la coercizione il suo consenso passivo triste..
La soggezione del suddito al sovrano in realtà è molto maggiore  se gli obbedisce con il consenso felice dell'animo, come chiarisce il seguente passo fondamentale del  capitolo XVII del Trattato Teologico Politico, che espone i termini di una teoria generale filosofico-politica  dell'egemonia

"L'obbedienza non è tanto un atto esterno  uanrto piuttosto una interna disposizione dell'animo, e perciò è maggiormente soggetto all'altrui potere chi decide in piena coscienza di eseguirne tutti gli ordini, e segue inoltre che detiene il massimo potere colui che  regna sugli animi dei sudditi; giacchè  se detenesseero  il sommo potere coloro che sono maggiormente temuti, certamente avrebbero il sommo potere i tiranni, perchè sono maggiormente temuti dai propri sudditi. Inoltre, benchè agli animi  non si possa comandare come alle lingue, anche gli animi, tuttavia, vanno in qualche modo soggetti all'autorità del Sommo potere, il quale può in molti casi far si che la stragrande maggioranza degli uomini acconsenta a credere, ad amare, e ad odiare, ecc., quel che essa vuole. E perciò, benchè ciò non avvenga per imposizione diretrta del sommo potere avviene tuttavia spesso, come l'esperienza abbondantemente attesta, per la autorità della sua potenza e sotto la sua direzione, e cioè in virtù del suo diritto, onde noi possiamo, senza alcuna ripugnanza dell'intelletto, concepire gli uomini che in virtù del solo diritto dello Stato credono, amano, odiano, disprezzano e in assluto si lasciano trascinare in ogni affetto" ( Trattato Teologico-Politico pgg. 413-414)

Se il potere egemonico di forza maggiore è quello che gode del consenso del cittadino che ne è potenziato, è pur vero che il regime monarchico dispotico, assoggettando i sudditi “ può adombrare col nome specioso di religione il timore che serve a frenarli, così da indurli a combattere per la propria schiavitù come se combattessero per la propria salvezza e da far loro credere che, non solo non sia sconveniente ma che sia il massimo degli onori sacrificare il proprio sangue alla propria alla propria vita per la gloria di un sol uomo” ( TrattatoTeologico-Politico, Prefazione pg.3-4).

Il potere dispotico di tale regime può esercitarsi in modo assoluto fino a esigere la stessa vita dei sudditi perchè costoro a seguito della loro trasgressione temono di incorrere in un male maggiore della loro stessa servitù, e della loro stessa morte, che solo se obbediscono in tutto al loro sovrano, anche devolvendogli la loro stessa vita possono sperare di evitare, un male che della giustizia criminale è una trasposizione ultraterrena spaventosa protratta all infinito, cioè l' inferno o l'Acheronte delle religioni, oppure perchè in cambio della loro adesione alla propria oppressione terrena si ripromettono un bene infinitamente più grande nell'al di là di questo male. o dello stesso male della morte, nel Paradiso celeste o nei Campi Elisi.

Nella sua attività immanente l uomo non tende alla tristezza o alla passività come scopo, la natura umana non si volge alla propria autodistruzione, e solo se le affezioni esterne modificano la natura del corpo al punto da renderlo contraria a quella precedente, per cui la sua idea non può più darsi nella sua Mente, essendole allo stesso modo contraria ( Etica IV, 20, Scolio), l' uomo può intraprendere il proprio suicidio, per cui non si spiega altrimenti come gli uomini possano giungere a battersi per la propria servitù, fino al sacrificio per il despota della propria stessa vita.

In tali termini, secondo Deleuze

Gille Deleuze, in memoria

Spinoza seppe porre il problema fondamentale della filosofia politica, “ perché gli uomini sopportano da secoli lo sfruttamento, l'umiliazione e la schiavitù al punto da volerla non solo per gli altri, ma anche per se stessi1




 

 

 

 

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1Deleuze 1972, edizione italiana pg.32