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 Le Profezie.

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La critica della sapienza di Mosè e della  prisca magia egiziaca

 

 La separazione di Rivelazione profetica e di Filosofia

 

 

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La funzione sociale della  conoscenza intellettuale e della rivelazione profetica

 

Come risulta dalle Scritture, e dalle opinioni stesse che attesta Mosè,  le profezie furono modellate, pertanto, all' interno dell' immaginario, su opinioni inadeguate e false di Dio, senza che la loro produzione trasformasse tali opinioni preconcette in nozioni adeguate della sua natura.

Inoltre, come attestano, ad esempio, le contraddizioni evidenti tra il pensiero di Mosè ed il pensiero di Ezechiele,  che invano il rabbino Anania tentò di ricomporre,  le opinioni speculative dei profeti risultano in contrasto profondo tra di loro, come accade soltanto nella sfera dell' immaginario, e a meno di non compiere falsificazioni ed arbitri interpretativi a catena, é impossibile trarne dogmi di verità comuni, nemmeno la tesi che esiste un Dio unico onnipotente, ed onnipresente, di perfezione suprema,  che Spinoza pone come obbligatoria in base alla rivelazione, per assicurare l'obbedienza del volgo, nel culto della giustizia e della carità verso il prossimo ( Trattato Teologico-Politico XIV). Spinoza può così trarre dalle stesse Scritture la conclusione fondamentale che " la profezia in nessun caso ha accresciuto la dottrina dei profeti, ma li ha lasciati sempre in opinioni preconcette, sicché noi, nelle stesse cose di carattere meramente speculativo, non siamo affatto tenuti a prestarle fede"  ( Trattato Teologico Politico , II, p.53).

L'immaginazione più viva che è necessaria  per profetare, non solo li lasciò nei loro pregiudizi, ma li rese in genere non meno atti alla speculazione intellettuale. Non è vero, pertanto, come credeva Maimonide, che l'intelletto e l'immaginazione potessero cooperare nella perfezione suprema della profezia. Il sapientissimo Salomone, infatti, non era profeta, mentre ebbe la facoltà di profetare Hagar, l'ancella di Abramo:

Rembrandt,  Hagar ripudiata da Abramo www.jhom.com/ topics/envy/art.html
Rembrandt

Hagar e l'angelo

www.uni-leipzig.de/ ru/bilder/erzvaet/

" Il che è in  accordo con l'esperienza e con la ragione, perchè coloro che hanno più vivace immaginazione sono meno adatti alla pura intelligenza delle cose, mentre quelli che hanno intelletto più acuto e più esercitato, posseggono una più moderata potenza immaginativa e riescono meglio a tenerla a  freno perchè essa non si confonda con l'intelletto"( Trattato Teologico-Politico, II, 47).

La profezia, sebbene fosse assai rara, era una facoltà presente anche in uomini rozzi ed incolti, e non costituiva affatto un privilegio particolare, per cui la nazione ebraica addirittura potesse considerarsi eletta rispetta alle altre , come credevano i Farisei. Era una peculiarità singolare individuale, non nazionale.

Secondo le scritture i profeti ebraici profetavano anche per gli altri popoli, ed esistevano profeti anche di altre nazioni, com'è il caso, attestato dalla Bibbia, di Balaam

Rembrandt, Balaam,  
www.artunframed.com/ rembrandtthumb.htm  

(Trattato Teologico Politico, III, pagine 86-90).

L'insegnamenti delle profezie dei profeti ebraici e non ebraici,  consiste dunque soltanto in dogmi di giustizia e di pietà eteronomamente professati dai profeti, che sono validi per gli ignoranti che non possono che obbedire, secondo il presupposto del diritto civile di ogni società umana, e non comporta dogmi di verità o leggi civili particolari.

" Poiché dunque è vero che Dio è ugualmente benevolo e misericordioso con tutti, ecc., e che il compito del profeta non fu tanto quello di insegnare le leggi particolari della patria, quanto piuttosto la vera virtù, e di esortare a questa gli uomini

non v'è dubbio che tutte le nazioni abbiano avuto profeti e che il dono profetico non sia stato riservato ai Giudei" ( Trattato Teologico Politico, p.86)

La verità prativa delle profezie ne costituisce dunque non solo il contenuto reale, ma lo stesso criterio di certezza "morale"; il costume di vita dei profeti, la loro inclinazione alla giustizia e alla virtù sono il " sigillum veri" della bontà delle regole pratiche che essi prescrivono.

Le Scritture  attestano che i profeti non erano affatto certi della rivelazione divina in virtù della sua stessa manifestazione mentale, in se stessa, come il Saggio è certo della verità delle idee adeguate nell' idea stessa di cui tali idee sono l'oggetto, " poiché la semplice immaginazione non implica per sua natura alcuna certezza, quale è concessa ad ogni idea chiara e distinta,"( Trattato teologico-politico, II, p.48).

Essi ne acquisivano la certezza in virtù soltanto di qualche segno esterno associato, come ad esempio la predizione di u evento futuro,  che era persuasivo nel grado stesso in cui risultava adeguato alle opinioni dei profeti,  variando dall'uno all' altro di essi.

Ma anche le false rivelazioni potevano essere confermate con segni e prodigi apparenti; Mosè insegnò infatti al suo popolo che Dio si manifesta in sogni e miracoli anche per tentare il suo popolo.

Per gli uomini pii le profezie presentavano comunque un buon grado di certezza,  in virtù dei segni ad essi associati,  ma perchè la loro stessa virtù, le loro disposizioni alla giustizia e alla pietà, conferivano la certezza che il segno era la conferma di una profezia vera e benefica, comunicata da Dio ad uno dei fedeli e dei suoi eletti, anziché di una falsa rivelazione, attraverso la quale gli empi facevano rovinare il loro popolo , " perché dio si serve degli uomini pii come strumenti della sua pietà e degli empi come esecutori della sua vendetta" ( Trattato Teologico Politico, II, p. 49)

In conclusione, la vera filosofia della conoscenza intellettuale, ed i dati forniti dalle Scritture, che documentano quali fossero i mezzi delle profezie, i motivi su cui si fondava la certezza dei profeti, il rapporto di variazione reciproca che sussisteva tra la rivelazione profetica e la costituzione fisica, la forza immaginativa, le abitudini di vita e le opinioni dei profeti, consentono a Spinoza di dimostrare la sua tesi fondamentale sulla effettiva valenza speculativa delle profezie, e di confutare la concezione contraria di Mosè Maimonide:  che poiché la profezia non ha modificato le opinioni volgari dei profeti, noi non  siamo affatto tenuti a credere  alle loro dottrine, nelle cose di carattere meramente speculativo.

Steven Nadler in “Un libro forgiato all’inferno,” secondo un punto di vista contrario a consentire la possibilità di qualsiasi intuizione mistica di una trascendenza divina soprannaturale secondo Spinoza , puntualizza “come le molte cose che eccedono i limti dell’intelletto “ che i profeti percepirono “con l’aiuto dell’immaginazione” ( Trattato Teologico-Politico, 1) potessero consistere nell’ intuizione perspicace delle implicazioni pratiche di determinate situazione concrete, o delle modalità di applicazione di principi generali a casi particolari, ( pg.70 dell’edizione italiana), ribadisce la negazione spinoziana di ogni loro valenza cognitiva scientifica o filosofica o metafisica, attribuita al lume profetico da Mose Maimonide, secondi tesi apertamente confutate da Spinoza nel Trattato Teologico Politico, mentre trova un punto di contatto tra Spinoza e Maimonide nel riconoscimento della superiorità morale dei profeti. ( alle pagine 65-74 dell’edizione italiana.)
 

In tal modo la trattazione della rivelazione profetica rientra nello scopo fondamentale del Trattato Teologico politico di Spinoza: la separazione della Filosofia dalla Fede, e della Fede dalla Superstizione.

La dimostrazione dell'ignoranza speculativa dei profeti, e la confutazione puntuale della concezione della valenza iperfilosofica delle profezie , sostenuta da Maimonide e già prima da filosofi islamici quali Ibn Arabi, o Al Farabi, ne sono le pietre angolari.

" Dalle cose dette risulta dunque abbondantemente ciò che ci eravamo proposti di dimostrare , e cioè che Dio ha adattato le sue rivelazioni alla comprensione e alle opinioni dei profeti, e che i profeti poterono ignorare, e ignorarono di fatto, le cose attinenti la sola speculazione e non attinenti alla carità e alla pratica della vita, e che professarono opinioni contrastanti. E' dunque del tutto fuori luogo il voler attingere da essi una conoscenza delle cose naturali e spirituali. Concludiamo che noi non siamo tenuti a credere ai profeti se non in ciò che riguarda il fine e la sostanza della rivelazione; nel resto ciascuno è libero di credere ciò che preferisce" ( Trattato teologico politico , pp. 61-62)

 

 

 

 
 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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