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La separazione di Rivelazione profetica e di Filosofia |
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La funzione sociale della conoscenza intellettuale e della rivelazione profetica |
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Profeti e teocrazia ebraica |
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Con la conoscenza intellettuale, la rivelazione profetica risulta contrastante non solo nei contenuti fittizi e nei criteri di certezza esteriori della sua natura immaginaria, bensì, appunto per tale sua natura, e per i rapporti di forza che vi esprimono, nella particolare funzione interpretativa che assolve. E' "profeta", infatti, colui che grazie alla sua sola autorità riesce a far accettare ad altri uomini dei precetti divini in cui costoro non ripongono alcuna certezza mentale, accreditando che siano stati a lui trasmessi da Dio mediante una rivelazione singolare. Ossia, è profeta " colui che interpreta la rivelazione di Dio per coloro che non ne possono avere una conoscenza certa e che, perciò, per sola fede possono accettarla". L'adorazione profetica del volgo si risolve in tal modo nell' eteronomia pratica dell'esecuzione di un decreto, per la sola ragione che è riconosciuta l'autorità di colui che lo trasmette. I profeti sono dunque i divulgatori, anziché di una comunicazione speculativa, di una rivelazione dei comandi dei voleri di Dio che è accolta dagli altri uomini non in virtù della testimonianza interiore della loro certezza, costituita dalla forza di affermazione delle idee adeguate nelle idee di cui sono l'oggetto, ma per effetto della loro stessa ignoranza, e per la fede che prestano pertanto all' autorità di chi ha ricevuto quella singolare rivelazione, che non è esplicabile altrimenti, per il volgo, che come manifestazione mirabile di un Dio sovrannaturale. ( " Profeti cioè interpreti di Dio. Interprete di Dio, infatti, è colui che interpreta i decreti rivelatigli da dio a coloro ai quali essi non sono stati rivelati, e che nell' accettarli si basano soltanto sull' autorità del profeta e sulla fede che hanno in lui. Chè, se gli uomini che ascoltano i profeti diventassero profeti a loro volta, così come diventano filosofi coloro che ascoltano altri filosofi allora il profeta non sarebbe l'interprete dei divini decreti, in quanto i suoi uditori si appoggerebbero non sulla testimonianza e sulla autorità del profeta stesso, ma, come lui, sulla divina rivelazione stessa e sulla testimonianza interiore. Così, le somme potestà sono interpreti del proprio diritto d'imperio, perchè le leggi da esse emanate sono garantite dalla sola autorità delle stesse supreme potestà e si formano esclusivamente sulle loro testimonianze" Trattato Teologico-Politico, 1, p. 20, Nota) E la profezia, appunto, non già la divulgazione delle scienze naturali e della filosofia razionale, la forma di testimonianza autorevole che più si presta nel corso degli accadimenti delle vicende umane, ad avvalorare la subordinazione irrevocabile di un volgo di seguaci , o di sudditi, alla autorità di cui non possono farsi partecipi di colui che si fa interprete dei decreti divini,. Innanzitutto per la scarsa considerazione in cui la scienza e la filosofia sono tenute dal volgo, per il fatto stesso che si pongono in contrasto con il suo modo superstizioso di adorare Dio, e di affrontare con il suo soccorso le difficoltà e le paure, cui tolgono terreno , quando cercano di spiegare i miracoli e le profezie , come tutti gli accadimenti, con le sole cause naturali. La conoscenza intellettuale, che è una peculiarità mentale di tutti gli uomini, anche se pochissimi sono coloro che riescono ad esercitarla, in sé non suscita affatto la venerazione subalterna degli uomini del volgo, che non la tengono in alcun conto effettivo, al pari di tutte le nostre disposizioni comuni.
La comunicazione delle scienze naturali, in ogni caso, a differenza della interpretazione profetica, non si presta in alcun caso a instaurare un rapporto di sottomissione fideista. Mentre la profezia è rivelata al volgo in un rapporto, nell' accesso alla verità divina, di disuguaglianza irreversibile tra il profeta e le moltitudini, un rapporto che la stessa divulgazione profetica avvalora, riproduce e rinvigorisce, la scienza naturale è appresa dagli altri uomini con la medesima certezza e capacità di chi la insegna, uguagliandoli a costui. " Ma benché la scienza naturale sia divina, tuttavia i suoi divulgatori non si possono chiamare profeti, perchè ciò che essi insegnano può essere appreso e compreso dagli altri uomini con uguale certezza e capacità e non con la sola fede" ( Trattato Teologico Politico, X, 20). Pertanto, mentre i divulgatori delle scienze naturali, comunicandole agli altri uomini li elevano al loro stesso grado di potenza, e la trasmissione della conoscenza naturale non può risolversi, in sé, nell' esercizio di un potere sugli altri, i profeti acquisiscono un'autorità carismatica per la loro funzione di interpreti dei decreti divini, in virtù sia della singolarità della loro esperienza profetica, che della ignoranza superstiziosa della credulità dei semplici nei loro riguardi.
Hobbes,
fermamente consapevole della volontà di dominio insita nell' insegnamento profetico, per arginare la limitazione all' assolutismo del sovrano che poteva derivare dall' esercizio della loro autorità dei " profeti spirituali" del suo tempo, aveva già ripreso in tale sua contestualità e rilevanza politica il problema del segno, quale conferma esteriore della verità della rivelazione dei decreti divini manifestata da chi assurge a profeta, nel Leviathano, http://www.dadalos.org/frieden_int/ Egli aveva sostenuto pertanto come legittimo profeta il solo sovrano cristiano, e quali regole del vero e del falso delle testimonianze profetica, unicamente la loro conformità ai suoi insegnamenti:
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